martedì 30 settembre 2008

Cambio nome



Quando apersi questo blog, ricordo, m'arrovellai parecchio sul nome da dargli. Sono un indeciso di natura: prima lo chiamai L'asfodelo incerto, in onore dell'ultimo libro scritto da Sebastian Knight (personaggio-scrittore nato dal genio di Vladimir Nabokov, vedi La vera vita di Sebastian Knight, appunto); poi decisi di chiamarlo Il lestofante per ricordare il titolo di una mia lontana e isolata plaquette poetica. Infine, dopo vari tentativi, mi decisi semplicemente a mettere il mio nome nell'intestazione. Tuttavia, dopo circa un anno dall'apertura, ho avuto un ripensamento, frutto anche del ricordo di un racconto di Luis Sepùlveda (che parodiava Cortàzar) che si trova ne Le rose di Atacama (Guanda). Su questo testo c'è un ricordo particolare che prossimamente affronterò. Adessi basti dire che uno dei racconti s'intitola, appunto, Un tal Lucas. Bene, d'ora in poi questo sarà il titolo del mio blog.

P.S.
Un grazie all'amico Giulio senza il quale non avrei conosciuto tale libro e tale racconto. Spiegherò tutto, a tempo debito.

lunedì 29 settembre 2008

sCAI tv



Blob stasera, nel suo epilogo, ha raggiunto dei vertici di arte pura. Una meraviglia.

Fortezza 16.

Raunen, raunen
Ringhiare del muto antro
Boccadilupo tristo alveare -
Trapassano muri e buchi
Miei diavoli custodi mai non posso ghermirvi:
Clamate, freddi rasoi
Inganni di miele risa piene di scherni
Simulati gemiti e strepiti
Qui a graffiarmi minuscoli e crudeli:
Supino quando nel deserto della mente
Enumeravo miglia di minuti
E spiavo i rigagnoli del sonno
Aperte nel buio le braccia non abbracciavo che me

26 novembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

domenica 28 settembre 2008

A palle piene



Basta spargimenti di seme: ogni trombata deve svolgersi correttamente, come Dio comanda, senza coiti interrotti, barriere di plastica, o pillole varie che alterano il normale ciclo riproduttivo della femmina. I' Dio ci ha fatti per riprodursi e il trombare dev'essere finalizzato solo al concepimento. Tu maschio sparpagliatore ricorda: Colui che tutto vede, vede anche come troppo spesso l'orgoglio del tuo sesso vada a finire dentro al cesso (per parafrasare un verso di una vecchia canzone del mitico Piero Marras); e questo, sappi, non va per nulla bene.
Ora, siccome siamo in un certo senso una società del terziario avanzato lanciata nel terzo millennio dell'era moderna; ora, dicevo, io non posso fare proprio una fatwa come quel teologo marocchino che, giustamente, ha proposto di far sposare le bambine a partire della giovine età di nove anni perché il suo Dio con cui è in contatto diretto (essendo come tutti i teologi degli scienziati di Dio, cioè dei conoscitori del di Lui pensiero) gli ha detto: "Guarda, proponi quest'editto che sennò le giovani marocchine piglian tutte presto la via di Ceuta e dopo va' a ripigliale!, e mi diventan tutte delle Afef: e io un c'ho mica milioni Tronchetti disponibili!". Così, insomma, per farla breve, io che col mio di Dio son anch'io in contatto (m'è arrivata ieri una sua mail dov'Egli scrive: "No, Rino te un tu puoi fare come il tu' collega marocchino, perché da te in Italia, in fondo, le donne e le partoriscano anche dopo i quarant'anni; a nov'anni le bambine e le mi vanno ancora alle elementari, pardon, alle primarie e finché un n'hanno fatto la riforma scolastica come si deve e un gl'insegnan di nòvo i' punto croce e il manuale della brava casalinga ancora son traviate da tutta questa modernità del cazzo") insomma, dicevo, un posso far altro che dire: ragazzi, a trombare aspettate d'aver una ventina d'anni almeno, e soprattutto cercate sempre di far centro; ma la cosa più importante di tutte è di non spargere il seme vostro a destra e a manca: tenete le palle piene così come anch'io cerco di tenerle finché un sogno perverso provocato dal demonio mi costringe (e vi costringe) ad una polluzione. Tanto io sotto le lenzuola c'ho l'incerato.

sabato 27 settembre 2008

Pensieri in pillole



Mons. Fisichella, rettore dell'università lateranense e presidente della Pontificia accademia per la vita dichiara:
  • «La pillola anticoncezionale fa male ma non si vuole che venga detto.»
Monsignore, ma chi Le ha mai detto di prenderla?
  • «A 15 anni non è bene che si pensi ad avere un rapporto completo, perché l'amore è anche idealità».
Monsignore, Le confesso che io ebbi sì un rapporto completo dopo i diciotto ma, a ripensarci, ne pento e me ne dolgo. Di più: io anche a quattordici anni ci pensavo ad averne uno, eccome se ci pensavo... E l'era tutto un pensamento.

Fortezza 15.

Pace della tua voce -
Pensiero che ti rifà e le mie guance
A tentarti frusciando
Trepidi tuoi sotto la maglia sòmmoli
Espansi placidi seni:
Tana, lana
Di te farmi asilo in questa infinita paura -
O ingordo cielo dentro il quale mi inabisso
O mie mani aggrappate all'aldiquà onde sei viva

25 ottobre-5 novembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

venerdì 26 settembre 2008

Fortezza 14.

Avesse modo Lei
Non dirò di parlargli ciò essendo impossibile
Ma una vita che capisca
La trappola in quei frangenti:
Due bicchieri e subito
Come succede anche tra nemici
Straparlare ricordi
Tale che quasi aperta sembri un'uscita:
Per l'amor di Dio non ci caschi
Perso per perso resista mutezza e dolore -
Almeno se non voglia altro da sé far per sempre
L'anima e il nome.

9-11 ottobre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

mercoledì 24 settembre 2008

Educazione civica a uso proprio



Politica
: arte di governare la Polis, la città, lo Stato.

Repubblica
: la cosa pubblica; forma di governo nel quale la sovranità risiede nel popolo, che la esercita direttamente o indirettamente per mezzo di rappresentanti scelti liberamente; lo Stato in cui vige tale forma di governo.

Democrazia:
forma di governo nel quale la sovranità spetta al popolo che la esercita mediante i suoi rappresentanti liberamente eletti.

Dunque, il popolo (cioè, tutti noi cittadini italiani) è sovrano - è il re insomma; i governanti sono invece coloro che, tramite elezioni libere, abbiamo scelto per essere al nostro servizio, nell'interesse esclusivo dello Stato. In teoria, i politici sono i nostri servitori e, invece, noi popolo i padroni. E in pratica?
In pratica è una dura vita quella del sovrano oggi.
Della dialettica schiavo-padrone s'è avuto solo uno scambio nominale.
Sono gli schiavi ad essere padroni, e noi padroni ad esser messi a quartabuono.

Se sarà femmina, la chiamerò Troia.

Piccolo pensiero: sarei curioso di sapere come, fra cent'anni o giù di lì, sarà ricordata la nostra attuale storia italica, come sarà interpretato storicamente questo periodo superberlusconiano (ammesso e non concesso che, tra un secolo, sarà finito e consegnato alla storia). Lo so, sono preoccupazioni futili: è che mi girano talmente le palle esser governati da questo sfacelo di classe dirigente che guardo volentieri a un possibile futuro migliore per le nuove generazioni a venire; sempre che la storia non riservi a questa povera Italia un'altra intollerabile e ancor più brutta compagine governativa.

Caffè freddo bollente.



Sentita stamani, in un bar.

Cliente: "Mi scusi, ha mica del caffè freddo?"
Barista: "Certo."
Cliente: "Me ne potrebbe scaldare una tazzina?"

martedì 23 settembre 2008

Vengo dopo il PD



D'improvviso chiedersi: ma saremmo pronti noi umani per un'autentica pace perpetua, per una concordia concreta e duratura, per una redistribuzione totale delle ricchezze sì che nessuno sia più ricco o povero? Saremmo pronti a mettere in atto ora, in questo momento, gli ideali concreti di libertà, fraternità, uguaglianza, solidarietà, amicizia, amore così come essi sono disponibili, realizzabili e sperimentabili direttamente da noi terrestri, senza mediatori divini a confonder le idee? Chissà perché mi chiedo questo, chissà. Forse perché sento tutto questo davvero realizzabile? O forse no?
Stasera mi sento vicino a Walter, stasera m'iscriverei al partito democratico. Di quale paese però?

Non sedetevi, cittadini, su queste scomode berlusconiane panche: restate in piedi ad aspettare le dolci promesse del ma anche.

lunedì 22 settembre 2008

Saper vendere, saper comprare



Il nostro vecchio aspirapolvere non funziona più. Così abbiamo deciso di comprarne uno nuovo.
Siamo andati in un grande negozio di elettrodomestici e abbiamo cominciato a guardare i modelli esposti. Ce n'erano così tanti che non riuscivamo a deciderci. Spazientito, ho chiamato un giovane addetto del reparto, il quale ci ha illustrato le caratteristiche dei vari modelli, soprattutto promuovendo un nuovo modello parecchio sofisticato (e parecchio caro).
Finalmente, mia moglie si è decisa e ha detto:
"Suvvia, prendiamo questo".
E il commesso: "Vedrà signora, questo aspirapolvere le dimezzerà il lavoro".
Mia moglie: "Benissimo. Me ne dia due, allora".

sabato 20 settembre 2008

Diventare un Capezzone



Non so quali congiunture astrali ringraziare per non essere diventato un Capezzone qualsiasi, uno sciupìo d'uomo che frequenta diuturnamente i palazzi Chigi e Madama e beve caffellatte alle buvette, e gode del dolce refolo settembrino d'una Roma schiava del potere. E penso: possibile sprecare se stessi a fare il portavoce per raccontare una miriade di puttanate di cui nemmeno si è convinti - ché se si è convinti de' propri comunicati si è imbecilli - possibile, dicevo, mettere al servizio il proprio ammasso cellulare e il proprio grumo intellettivo in queste cause perse, che certo ora son vincenti, ma che il senno di poi - semmai poi dovesse venire, il senno - farà vedere quanto si è stati stronzi e farà vomitare se stessi come degli Edipi, che appena scorgeranno la terribile verità della propria miseria andranno presto ad acceccarsi e ad esiliarsi?
Io sono qui, ai margini dell'impero, colgo lamponi e pomodori, sforbicio lavanda e penso che forse (dico forse) non mi pentirò della mia inessenzialità.

venerdì 19 settembre 2008

Evviva il sindacato



Un rappresentante sindacale si trova a Parigi per una convention e decide di andare in un bordello. Chiede alla tenutaria: "Questa casa ha una rappresentanza sindacale?"
"No" risponde la maîtresse. "E le ragazze, quanto guadagnano?" chiede il sindacalista.
"Lei mi paga 100 euro, 20 vanno alla ragazza."
"Questo è sfruttamento bello e buono!" esclama l'uomo e se ne va.
Alla fine trova un bordello in cui la tenutaria gli dice che c'è una rappresentanza sindacale.
"Se io pago 100 euro, quanti ne vanno alla ragazza?" chiede.
"80."
"Magnifico" dice. "Vorrei Colette."
"Non avevo dubbi," replica la matrona "ma tocca a Thérese. Per anzianità".

Thomas Cathcart e Daniel Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano, 2007

P.S. per Malvino: a volte il web riserva delle sorprese

giovedì 18 settembre 2008

Fortezza 13.

Pieno di grazia -
Non mi dica così
Se no mi fa piangere
Ben che flebile sia delusa fede:
Anima chiusa schiusa nostalgia
Che al caro abbindolìo s'intemerisce:
Vieni, sii di noi -
Ma sovrattutto nella fattispecie
Essere cauti ché peggior nemico
Non v'è del convertente convertito:
In paradisum
In paradisum

28-29 settembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

mercoledì 17 settembre 2008

Lo spirituale si realizza nell'economico



La vita spirituale (...) rimane inseparabile dalla solidarietà economica con gli altri - il donare è in qualche modo il movimento originale della vita spirituale; il comportamento messianico non potrebbe sopprimerlo. Esso ne permette solo il pieno dispiegamento e la più alta purezza e le più grandi gioie, scongiurando la violenza politica che falsifica il donare. Non che i poveri debbano sussistere perché i ricchi abbiano la gioia messianica di nutrirli. Si deve pensare in un modo ancora più radicale: l'altro è sempre il povero, la povertà lo definisce in quanto altro, e la relazione con l'altro resterà sempre offerta e dono, mai avvicinamento "a mani vuote". La vita spirituale è essenzialmente vita morale e il suo luogo prediletto è l'economico.

Emmanuel Lévinas, Difficile Libertà, Jaka Book, Milano, 2004, pag. 87

Bravo G.O.D.

Copio e incollo da G.O.D. questo mirabile post.

La Chiesa anglicana ha dichiarato che non esiste incompatibilità tra Darwin e Fede. Diverse le reazioni all' affermazione : Darwin si è rivoltato nella tomba, Emilio Fede ha invece telefonato a Berlusconi per sapere se per caso conoscesse questo Darwin. Non lo conosceva, gli ha risposto, ma ha detto di stare, comunque, in campana perché magari aveva a che fare con il caso Mills.

Fortezza 12.

Nel letto che gli è dimora
Steso su un fianco si sporge
Dal chiuso dell'arduo sonno -
A faccia a faccia cautamente sfida
Il NO della tenebra:
E di là in alto ecco
Gioco di tutte le notti
Lento pietoso lume posarsi giù
In un grigio sfumando
I contorni del vuoto e delle cose -
Avanti e indietro il nudo piede annaspa
Il fruscìo del lenzuolo
Gli serve a esserci gli basta:
Io qui solo - qui solo

21-22 settembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

lunedì 15 settembre 2008

Essere puttane oggi al tempo delle pari opportunità

Lui: "Verresti a letto con me per un milione di dollari?"
Lei: "Un milione di dollari? Wow! Credo di sì.
Lui: "E che ne dici di due dollari?"
Lei: "Sparisci, amico. Per chi mi hai preso?"
Lui: "Quello l'abbiamo stabilito. Adesso stiamo tirando sul prezzo".

Thomas Cathcart e Daniel Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano, 2007

Fortezza 11.

La Forestiera arrivata oggi
È certo della sua parte ma è sola
Stargli addosso è facile - non potrà
In questa polveritudine che frugare contatti:
Quieta non movere, proceda pure
Le vie sono le solite e ben guardate
Lei non ha l'aria di una che sa sbrogliarsi -
Se ha da scambiare notizie
Offrirgli subito il tramite necessario:
Tutti sappiamo leggere e scrivere
Tutti sappiamo inventare

18 settembre 1988


Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

POSTILLA:
Con somma modestia chiedo ai grammatici: "stargli" al terzo verso si riferisce a "la Forestiera"? E se sì, è corretto? O andava forse scritto "starle"? Chiedo scusa, in primis a Giudici, ma chiedo questo solo per capire e non certo per giudicare... :-)

Fortezza 10.

All'udirsi dei passi pare che va e torna
Tra letto e scrittoio però niente lettere
Da giorni e giorni:
Graffi sul legno sì o lo stiletto
Che gli fu allora lasciato -
Nessun indizio dunque di messaggio
Riportano le serventi analfabete:
Poi lo intravvedono, dicono, le guardie
Che Vostra Altezza ha comandate sulle rive
Ombra di ombra inoltrarsi
Fin quasi ai vetri dove gli è proibito
Di guardare o mostrarsi:
Schermarli, un bel panno nero, troppo corto
È il salto

13 settembre-16 ottobre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

domenica 14 settembre 2008

Sul tappeto ho trovato Gesù, ET e Mons. Ravasi



Nell'inserto culturale Domenica del Sole24Ore di oggi, nella rubrica Fermo Posta, Monsignor Gianfranco Ravasi, rispondendo a una lettrice che chiede, in sintesi, se anche un eventuale ET "avrebbe bisogno della redenzione attraverso Cristo", scrive:

...È ormai acquisizione comune che i testi sacri non offrono adito a questioni più o meno "scientifiche", come quella dell'ipotetica esistenza di altri esseri viventi negli spazi siderali. La Bibbia si interessa dell'umanità terrestre, della sua identità antropologica, spirituale e morale e del suo destino ultimo. Ciò non toglie che ci si possa liberamente interrogare sull'esistenza di altre "umanità", basandoci sulla verità teologica fondamentale del Dio creatore di tutto l'essere, verità sostanzialmente condivisa da tutte le religioni.
Le questioni principali che, in questo caso, rimarrebbero da approfondire sarebbero due. Da un lato, quella antropologica, ipotizzando analoghi o differenti statuti umani. Tuttavia, trattandosi sempre di creature, permarrebbero in pratica gli stessi elementi strutturali del limite, della finitudine, della moralità. D'altro lato, per il cristianesimo, sarebbe sul tappeto anche la questione cristologica. Ora, se stiamo al messaggio di riferimento capitale, quello neotestamentario, una risposta previa sarebbe già offerta. A più riprese si ribadisce che la funzione di Cristo non è solo protesa alla redenzione della nostra umanità, ma che essa ha una dimensione salvifica cosmica.


Di tutto questo discorso, a me interessa sottolineare due o tre cose:
  • ammesso e non concesso che Dio abbia scritto la Bibbia e considerato che, quest'ultima, s'interessa di noi umani, perché allora Dio ha smesso di scriverla e l'ha licenziata una volta per tutte lasciandola commentare storicamente, di volta in volta, da sacerdoti, teologi, papi vari? O se, com'è ovvio e scontato, Dio non l'ha scritta e solo ispirata (sic!) perché allora Egli oggi non ispira più nessuno a scrivere salmi, preghiere, parabole, esodi e controesodi; perché non ci sono più Giobbe o Geremia o Isaia Ecclesiasti in giro a gridare: "Cazzo d'un popolo d'Israele, o popolo della terra, ascoltami!"? E perché, infine, ci si deve basare (o condizionare) per fondare la nostra morale, la nostra politica tout court, da ciò ch'è stato scritto due o tremila anni addietro da pastori semiti o dal commento prelatizio ad essi?
  • complimenti per l'onesta ammissione che il creazionismo è la verità teologica fondamentale di tutte le religioni. Ecco svelato d'incanto perché Darwin fa paura.
  • e se, ipotesi per ipotesi, eventuali extraterrestri che venissero in contatto con noi fossero più avanzati tecnologicamente, biologicamente, culturalmente e moralmente? E se fossero essi arrivati alla conclusione d'essere il frutto naturale di una evoluzione di caso e necessità perché arrivati a tale conclusione solo scientificamente, come gliela si porrebbe, esimio Monsignore, la questione cristologica?
Scusate la lunghezza e forse la confusione; sono agli inizi della salita di un lungo ragionamento e devo farmi il fiato.

P.S.
Come Ceronetti ha fatto sapientemente notare, non capisco perché le questioni importanti siano sempre sul tappeto. Sul mio, di tappeto, trovo spesso briciole di pane e biscotti, capelli, unghie tagliate, eccetera e per questo
io o mia moglie passiamo spesso l'aspiratore ... ma non abbiamo mai aspirato questioni. Da oggi però ho cominciato a prestare più attenzione ed ecco qua una bella questione.

Avignone facci un piacerone



O Avignone, Avignone

perché un tu lo ripigli

sia pure per poco

(mezzo secolo, diciamo)

il successore di Pietro

sul groppone?

sabato 13 settembre 2008

L'intelligenza degli elettricisti



Madonna quanta gente c'era alla Esplanade des Invalides! Duecentosessantamila: nemmeno Vasco Rossi e Johnny Hallyday messi insieme arriverebbero a tanto. Alcuni scrivono addirittura che la corrente è passata tra Benedetto XVI e la folla. Càspita, un Papa elettricista! Se si trattiene parecchio oltralpe, i francesi lo nazionalizzano e ne fanno una centrale nucleare.

Fortezza 9.

E certe notti un pensiero:
Non sanno non sanno che tu
Resisti infinito infinita
Pazienza del cuor-di-gesù:
Mio tra crescermi e dormienza
Pulviscolo d'onnipresenza -
Non nato imprendibile spacco
Tra esserci ancora e mai più:
Di crinale in crinale
Estranei regni a un minimo volare
Bruciare alla speranza
Breve lume, nuda stanza

5-13 ottobre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Fortezza 8.

Non difettino carta e penna - essenziale
È che a vivi defunti
Persista a scrivere e scrivere
Lucignolo delle sue veglie:
Nessuna risposta - spiegargli
Come grandissime siano le distanze
Piogge sole e pulviscoli
Slavarono nel viaggio i più nobili alfabeti:
Si ammucchiano le missive - non sappia
Esser stato lui uno di loro

1° settembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

venerdì 12 settembre 2008

Papamobile



Al tg delle 20 su France 2 han trasmesso un servizio approfondito sulla sicurezza del Papa per la sua attuale visita in Francia. La cosa più curiosa è che la Papamobile è arrivata a Parigi in autostrada da Città del Vaticano: l'hanno fatta vedere viaggiare sol soletta, camuffata solo da quel telo bianco. Avrà pagato il pedaggio?

Fortezza 7.

Se no strappa via bende e crosta
E in boemia per sempre!
Non bastano dieci ergastoli!
Tapparsi occhi e orecchi stretto a te
L'orrore è la gazzarra del disastro:
Là - nell'intermedio
Spazio dei placidi passi
Eclissarsi eludere
Celarsi al fruscìo d'ogni vista sterminata
Tra veglia e sonno esile strada al tremare

22/31 agosto-18 ottobre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Fortezza 6.

Mia solezza - mia
Amaritudo senectus
Lacrime in gola e nodo al petto
Sorso a sorso vi mando giù:
Ultimo orpello maschera appartenenza
Intanto che la mente si prepara al distacco
Sogni monatti la scortano fanno ressa le voci -
Non gli servi più vieni via

20-21 agosto 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

giovedì 11 settembre 2008

Urgenze creazioniste



Ma cosa aspetta il Vaticano a proporre qualcosa di simile anche per noi, povere pecorelle italiche? Forza Pontificia Accademia delle Scienze, dàtti daffare che un s'ha tanto tempo da perdere.

Fortezza 5.

Prima e più di ogni altra
Usuale cautela tagliargli
Canali vie spiragli di pensiero
Al sospetto che appena un vizio di visione
Dove il nero è più nero
In questa prigione lo chiuda -
Unico lembo di respiro non proibito
Lasciandogli il fatuo infinito
Grembo a cui torna e torna
Stupida bestia a sfidare
L'Altro Sé dello specchio nel chiaro aldilà
Altrove del cuore di lei -
E poi subito e sempre ricominciare persuadendosi:
Ma esiste e quasi ci sei

18-20 agosto 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

mercoledì 10 settembre 2008

Fortezza 4.

Ha chiesto sembrerebbe un taccuino una biro
Non che parlasse ma era da uno spiraglio di palpebra
E un rantolante della mano vago segno
Un forse volere scrivere da dove sta
Esiliato da mesi e noi
Senza speranza più nel ritorno
Che a volte ci domandiamo se là
È notte o una specie di giorno.

30 luglio-31 agosto 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

martedì 9 settembre 2008

Fortezza 3.

Nella taverna venerdì sera boati
Di birra e scomposte risa e poi cori di silenzio
Partiti dalla sobria lettura del proclama
Sulla patria divisa
Di lei caducamente già bambina
In lei che morde stretto e ti disama -
Stessa crudezza di lacrime
Nel sonno di tarda mattina

30-31 luglio 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Fortezza 2.

Non così - più probabile
Sia invece che stanchi di studiare tormenti
Tentino amiche foschìe per uscirne
Assediati assedianti -
Cuori e furori si sfanno
Lente derive svuotano i corpi della paura
Morti figli di morti seppelliti
Non chiederanno svaniti anch'essi la resa.

30 luglio 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Fortezza 1.

Da quale parte il primo fuoco accenda
Il nemico un va-e-vieni
Carri salmerie certe nere
Auto schermate ai finestrini e sbarcano
A grappoli stolte facce severe:
Non fossero loro di pieno potere investiti
Messi dell'esarca e noi
chiamati pronti a firmare.

30 luglio 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

lunedì 8 settembre 2008

Sessantacinque anni dopo

Stasera ho incontrato un tizio:
gli ho chiesto un armistizio
sebbene non avessi alcun pregiudizio.
Poi ho salutato Fabrizio
e ho completato l'esercizio.
Mi son tolto uno sfizio
e qualche anno fa pure un dente del giudizio.
Ho preso un caffè al bar Maurizio
e aspetto con calma dell'autunno il solstizio.
Ho commesso un abuso edilizio.
Ho fatto visita al museo egizio
situato in un bel palazzo gentilizio.
Tosto è venuto il momento propizio
per andare a letto, mio unico vizio.

Il rilancio di Alitalia visto da Rododentro



Magnifica vignetta, Rododentro

domenica 7 settembre 2008

Mi faccio assessore



Ho deciso: stasera mi eleggo, mi voto, mi faccio poi subito assessore all'urbanistica. Ho bisogno di costruire una variante su me stesso. Promuovo un una gara d'appalto. Fo un salto. Vince un ditta di Canicattì. Cominciano senza indugi a spennellare bitume dai piedi ai capelli; e giù ad asfaltarmi, a farmi quattro corsie sull'addome. Le vene mie gioiscono per la nuova circolazione. Comunque mi dovrò attrezzare a far pagare un pedaggio a chiunque voglia passare sul mio corpo. Voglio fare come Benetton che dai maglioni è passato alle autostrade, tanto che indossare Benetton e viaggiare in autostrada son diventati la stessa cosa. Mi confondo, ma non importa. Con questo cazzo di capitalismo non ci capisco più un cazzo. Solo che i soldi vanno sempre di più dove ci sono i soldi e, a costoro, i soldi vengono dati (non si sa come) da chi, come me, non ha i soldi. Ma se i soldi vanno ai soldi, perché Benetton non fa i saldi tutto l'anno anche per i pedaggi autostradali? M'infreno, ma non importa. E penso ai Russi. Meglio: penso a quei pochi Russi che hanno i soldi. O agli sceicchi. E penso: ci sono poche (eppur tante) persone che hanno i soldi perché fanno i soldi con delle cose che sono in fondo di tutti della natura del mondo - e solo perché queste cose sono sotto il terreno di questi manigoldi pieni soldi, allora noi diamo loro i soldi affinché facciano più soldi per comprare per comprare per comprare. Ma comprate comprate; anzi, venite a investire i vostri cazzo di soldi sulle mie variantine, sul mio smodato bisogno di darmi un regolamento urbanistico, sulla mia necessità di farmi piazza, strada, marciapiedi, portico, palazzo signorile, fontana, giardino, parco; sulla mia impellente necessità di farmi città. Allora siamo d'accordo: invece d'investire sempre su tenute in campagna, squadre di calcio, yatch, campi da golf, e via discorrendo, ecco, investite sul mio concetto di cittadinanza, sulla mia repubblica mentale. Vi accorgerete presto della necessità di mandarvi a fanculo da voi stessi. Scusate, adesso il consiglio comunale mi chiama in causa per esporre il mio progetto. Siate pronti, vi garantisco, non vi pentirete.

sabato 6 settembre 2008

Una sera in piazza

Mi metto in disparte e aspetto che passi
la vita sui sassi a gettare dei semi -
e poi mi disseto e aspetto che arrivi
un minimo soffio, un refolo d'assi

Mi dice Levante di alzarmi ch'è tardi
deve chiudere il bar prima dell'alba
prima che il sogno si spenga e che passi
la mano che calda accompagna la notte

Mi chiudo dentro dei quadri perduti
in un atrio di vento che scuote la palma
l'unica traccia di verde, unica opera
di vita che spenta riporta la luce

In queste tele malcerte non trovo riposo
ritrovo la piazza, la birra ed i passi
lenti di gente che passa tra i chioschi
e chiedo a un passante di darmi dei boschi

E m'intreccio le mani di spine e di frasche
mi graffia la faccia una giovane acacia
una volpe mi scansa, un istrice avanza
ripiglio l'asfalto con le scarpe bucate

Non freddo, non sonno, non voglia
di tiepido latte. Soltanto il silenzio
assordante dei grilli parlanti disposti
a non dare consigli a non stilare decreti

venerdì 5 settembre 2008

Era meglio



Era meglio se facevo giurisprudenza; era meglio se, dopo laureato, andavo a Reggio Calabria a fare l'esame di stato. Era meglio se aprivo uno studio, pigliavo la tessera di Forza Italia, andavo a qualche congresso con la bandierina e la voce chiara per cantare meno male che Silvio c'è. Era meglio, così forse avevo qualche opportunità in più per diventare ministro della Pubblica Istruzione. E se lo fossi diventato davvero, a quest'ora avrei cominciato a girare nelle scuole di tutta Italia, giorno per giorno; visitare ogni realtà, parlare con Provveditori, Dirigenti Scolastici, Docenti, Alunni, vedere, toccare con mano questa nuova realtà che prima avevo conosciuto solo come studente o poco più. E avrei cominciato a registrare, a riflettere, a valutare, a considerare. Solo alla fine del mio viaggio, da Noto a Trasquera, mi sarei messo a tavolino, e con l'aiuto dei migliori esperti, avrei cominciato a scrivere un decreto legge da presentare al Parlamento e al Presidente della Repubblica. Era meglio, ma non l'ho fatto. Sono troppo schopenhauriano. Tengo a bada la volontà.

giovedì 4 settembre 2008

Double bind



Una volta soddisfatti i suoi bisogni primordiali, e talvolta anche prima, l'uomo desidera intensamente, ma non sa esattamente che cosa, poiché è l'essere che egli desidera, un essere di cui si sente privo e d i cui qualcun altro gli sembra fornito. Il soggetto attende dall'altro che gli dica ciò che si deve desiderare, per acquistare tale essere. Se il modello, già dotato a quanto pare di un essere superiore, desidera qualcosa, non può trattarsi d'altro che di un oggetto capace di conferire una pienezza d'essere anche più totale. Non è con le parole, è col suo stesso desiderio che il modello indica al soggetto l'oggetto supremamente desiderabile.
(...)
C'è nell'uomo, al livello del desiderio, una tendenza mimetica che viene dal più essenziale di se stesso, spesso ripresa e rafforzata dalle voci esterne. L'uomo non può obbedire all'imperativo "imitami" che dappertutto risuona, senza vedersi rinviato quasi immediatamente a un "non imitarmi" inspiegabile che lo getterà nella disperazione e farà di lui lo schiavo di un carnefice il più delle volte involontario. Il desiderio e gli uomini sono fatti in modo tale da inviarsi di continuo reciprocamente segnali contraddittori, ciascuno tanto meno cosciente di tendere all'altro un tranello in quanto sta per cadere egli stesso in un tranello analogo. Lungi dall'essere riservato a taluni casi patologici (...) il double bind (doppio vincolo), il doppio imperativo contraddittorio, o piuttosto il reticolo di imperativi contraddittori in cui gli uomini non cessano di rinchiudersi vicendevolmente, deve apparirci come un fenomeno estremamente banale, il più banale di tutti forse, e il fondamento stesso di tutti i rapporti tra gli uomini.
(...)
Se il desiderio è libero di fissarsi dove vuole, la sua natura mimetica lo trascinerà quasi sempre nell'impasse del double bind. La libera mimesis si getta ciecamente sull'ostacolo di un desiderio concorrente: genera il proprio fallimento e questo, di rimando, rafforzerà la tendenza mimetica. C'è qui un processo che si nutre di se stesso, che va sempre più esasperandosi e semplificandosi. Ogniqualvolta il discepolo crede di trovare l'essere davanti a sé, si sforza di raggiungerlo desiderando quel che l'altro gli indica; e ogni volta incontra la violenza del desiderio che gli sta di fronte. Con sintesi ad un tempo logica e delirante, deve presto convincersi che la violenza stessa e il desiderio sono ormai collegati l'una all'altro. Il soggetto non può subire la prima senza veder risvegliarsi il secondo.
(...)
La violenza diviene il significante del desiderabile assoluto, dell'autosufficienza divina, della "bella totalità" che non sembrerebbe più tale qualora cessasse di essere impenetrabile e inaccessibile. Il soggetto adora tale violenza e la odia; cerca di dominarla con la violenza; si misura con essa; se per caso è lui a trionfare, il prestigio di cui quella gode presto svanirà; egli dovrà cercare altrove, una violenza più violenta ancora, un ostacolo davvero insormontabile.
René Girard, La violenza e il sacro, Adelphi, Milano, 1980, pagg 193-197

mercoledì 3 settembre 2008

Gli occhi degli altri



ACHILLE: Che stai leggendo?
ULISSE: Un tipo balzano mi scrive qui: "L'uomo, per quante rare doti possieda, e ricchezza di beni esteriori o interiori, mai non potrà vantarsi di avere quello che ha, né può avere il senso di quel che possiede se non per rifrazione: come quando le sue virtù dardeggiano sugli altri, li arroventano, sicché poi rimandano quel calore alla sua prima fonte".
ACHILLE: Questo non è affatto balzano, Ulisse! La bellezza che noi portiamo sul volto, non la sa chi la porta, ma è affidata agli occhi degli altri: e neppure l'occhio, il più squisito dei nostri sensi vede se stesso, ché di se stesso non può uscire: ma se due occhi si trovano di fronte, l'uno saluta l'altro con la propria immagine contrapposta, ché la contemplazione non si volge in se stessa finché non sia trasferita e accolta là dove possa contemplarsi. Questo non è affatto balzano.
ULISSE: Io non mi impunto già sul dato, che è palmare, quanto sulla conclusione dell'autore che, nel suo assunto, sostiene in modo esplicito che nessuno è padrone di nessuna cosa - per quanta consistenza sia in lui o per mezzo di lui - finché delle sue doti non faccia partecipi gli altri: né può da sé farsene alcuna idea, finché non le veda riflesse nell'applauso che le propaga come riverbera la voce un archivolto; o una porta d'acciaio, opposta al sole, ne riceve e rimanda forma e calore.

William Shakespeare, Troilo e Cressida, Atto III, Scena 3, trad. Cesare Vico Lodovici, Einaudi, Torino, 1965.

martedì 2 settembre 2008

Nascita di una religione



Il cristianesimo non è nato come religione (e con ragione, se la nozione del termine era impensabile nella cultura ebrea). Esso non si è sviluppato, durante i suoi primi due secoli di vita, teologicamente decisivi, con lo stampo di una religione, poiché pensava e scriveva in greco - lingua, questa, che ignorava, necessariamente, tale categoria concettuale latina. Il cristianesimo è diventato religione all'inizio del III secolo, attraverso una sorta di patto col diavolo, usando la stessa terminologia del suo oppressore. Esso era considerato, fino ad allora, come una superstitio fra le tante che circolavano nell'Impero Romano. Una superstitio era, agli occhi dei filosofi, il contrario di una religio, e cioè una moda passeggera, illecita e marginale, senza ancoraggio nazionale. Il Giudaismo, sotto questo punto di vista, era allora una religione locale lecita, ufficialmente riconosciuta, corrispondente a un'etnia e a un territorio preciso, la Giudea. Al contrario, il cristianesimo (la parola, ricordiamolo, appare mezzo secolo dopo Gesù di Nazareth) era una dissidenza ebrea senza fissa dimora, un'epidemia di monaci mendicanti senza statuto giuridico.
Religio era laudativo, superstitio, peggiorativo. Nel 197, nel capitolo XVI della sua Apologetica, Tertulliano azzarda uno stratagemma: inverte i termini. Battezza superstizione la religione romana, e la sua superstizione cristiana, "la vera religione del vero Dio". Piccolo gesto, grande effetto. Una religione è fatta per reprimere; una superstizione, per essere repressa. Cohibeatur superstitio: "che la superstizione pagana sia perseguita", proclamerà l'editto di Costanza del 341, instaurando il regno della Religio christiana romanaque come sola religione lecita.

Régis Debray, Les communions humaines. Pour en finir avec "la religion", Fayard, Paris, 2005, pagg. 47-49 (traduzione mia, chiedo venia)

A Eluana



Mi metto in fila, cammino, incontro Beppino, mi dice:
- Mia figlia vorrebbe partire, ma non vogliono lasciarla partire, la vogliono tenere attaccata a un'alimentazione forzata, la vogliono supina, imbambolata, esposta. Vogliono farne loro vessillo e feticcio, e non si rendono conto che così, veramente, ammazzano la vita, distruggono tutti i vissuti da mia figlia avuti; la vogliono rapire, farne vita loro, strapparla da se stessa, impadronirsene, tenerla incollata, prigioniera della volontà altrui. Mia figlia ha bisogno di terra, ha bisogno di fuoco, di aria montana, di un temporale che le sciolga i capelli da troppo tempo tenuti legati. Capite? Non ne può più di questo gelido ospedale condizionato, di camici, di letto, di fili-catene e di impedimenti vari. Non ne può più. Lasciatela volare, vi prego, lasciatela tornare a casa.

lunedì 1 settembre 2008

Il senso del cristianesimo



Ciò che il cristianesimo ha da offrire al mondo, oggi, è la proposta della carità. Dio che non ci chiama più servi, ma amici. Non chiede più sacrifici, perché Gesù, come spiega René Girard, è venuto proprio per svelare l'impostura dell'idea sacrificale della religione, per la quale essa è sempre stata un affare di violenza. Il cristianesimo che io, come molti altri oggi, professo è religione di carità, e lo è divenuto non scoprendo la propria verità assoluta, ma secolarizzando se stesso sull'esempio di Cristo che si è lasciato crocifiggere. Ciò che san Paolo chiama kénosis, l'abbassamento di Dio, la sua desacralizzazione, è il senso del cristianesimo così come oggi si può e si deve pensare.

Gianni Vattimo


P.F. d'Arcais, M. Onfray, G. Vattimo, Atei o credenti?, Fazi, Roma, 2007, pag. 56

P.S.
Lettura ispirata e ricercata grazie allo splendido articolo di Malvino pubblicato su Giornalettismo