sabato 31 ottobre 2009

Meteorismo provocato



Quant'è buono il minestrone con le verdure fresche dell'orto! Quant'è buona la cicoria tagliata, lavata, scottata, saltata con aglio e olio e peperoncino! Quanto sono buone le caldarroste (qui da me si chiamano le bruciate) unite a un buon bicchiere di giovane Chianti. Quant'è bello dipoi lasciarsi andare nell'aria libera tra boschi e castelli a piccoli peti pensando a Rutelli.

Imago Christi



Io penso che la Chiesa Cattolica abbia oggi, purtroppo, una grande occasione di riscatto, soprattutto le gerarchie vaticane che la formano e compongono, in primis il Papa, vescovo di Roma: fare del corpo di Stefano Cucchi una nuova imago Christi. È lui, suo malgrado, la nuova incarnazione di Cristo oggi; è la rappresentazione vera del Crocifisso, del cadavere esposto, della solitudine, della totale vittimizzazione, della folla scatenata contro uno. È lui che ci ricorda la Passione, la violenza, la barbarie di cui sono capaci gli uomini. Fare di Stefano lo Stefano (primo martire della Chiesa) reincarnato: esporre il suo corpo in San Pietro, onorarlo, santificarlo, mostrare lo scandalo. Santo subito, senza indugi (altro che madonne sparse in luoghi persi).
Nel corpo di Stefano si ritrovano tutte le vittime di ogni tempo e luogo: sia ricordato per questo, venga celebrato come nuova rivelazione delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo.

La Chiesa dovrebbe sentire quest'obbligo nei confronti dell'Italia, dell'Europa, del mondo intero: dato che si considera la vera erede del messaggio cristiano non può che fare questo. Lo faccia è avrà di nuovo senso il suo vuoto perpetuarsi nella storia. Ci sono tante occasioni per redimersi, per essere di nuovo fulminati sulla via di Damasco.
Non lo farà essendo troppo occupata a fermare pillole e a imporsi in biechi giochi di potere. Sappia che non c'è tempo da perdere.

venerdì 30 ottobre 2009

Io uccido

Hanno massacrato di botte un giovane in carcere e io non c'ero.
Hanno ucciso a freddo con una revolverata un uomo a Napoli e io non c'ero.
Io dov'ero?

Oggi un tepido sole pomeridiano ha dato forza ad alcune mosche che, approfittando della finestra aperta, sono entrate in casa. Erano mosche fastidiose che subito si sono posate sulla tovaglia alla ricerca di molliche pane o altri resti di cibo. Con la paletta facilmente le ho schiacciate; dipoi le ho prese con un piccolo pezzo di carta e le ho gettate nel fuoco della stufa per incenerirle.
Io ho ucciso, deliberatamente, degli esseri viventi.
Io penso che, nel momento stesso in cui quel piccolo pezzo di carta si è infiammato, tutto il senso della loro esistenza sia svanito nel nulla. Le povere mosche sono nate, avranno vissuto lo spazio di qualche giorno e io le ho uccise, ripeto, deliberatamente.
Uccidere è come spazzare le foglie e l'autunno ritorna.

giovedì 29 ottobre 2009

Come diosperi



Mi preparo a fare il baro,
a ingannare me stesso truccando le carte
facendomi perdere, andare sul verde
del prato bagnato di rugiada d'ottobre.
Sono bravo a giocarmi, a farmi rimbalzare come ciliegie
della slot-machine; ma compaio sempre da solo, non sbanco.
Qualcuno mi dica se sbaglio, se vado controcorrente;
mi dica se vivo da vivo o da deficiente,
obnubilato, obliterato, ottenebrato nella mente
dai richiami dello sfacelo occidentale.
Mi giro in vetrine, mi sbrino nei megafrigoriferi da ipermercato,
mi sforno, mi affetto, mi faccio due etti di me stesso.
Mi peso, m'impacco e mi presento svoltato alla tua tavola,
bambina, spero tu abbia appetito.
Son pronto, sono nelle tue mani: adesso addentami,
fammi entrare nella tua bocca
così finalmente parlerai di me.
Masticami lentamente, manducami,
fammi circolare nelle tue vene
quelle stesse tue di un tempo in cui mi abbeveravo
provocandoti dolci salassi.
Prova a dirmi se il mio ricordo è ancora buono
o se sa di benzene; in questo caso sputami,
fa' due passi tra il rosso del cinorrodo
e ricicla quel bene perso nel tempo.
Che qualcuno lo colga anche più tardi,
va bene lo stesso, come fosse un diospero maturo.

Dalle palle alla pelle



Vale anche per gli abbronzati?

lunedì 26 ottobre 2009

Anche in politica?

«Quando diciamo che i bugiardi sono sapienti e capaci, intendiamo dire che solo quelli che sanno e hanno competenza di una cosa, se vogliono, sono in grado di mentire, mentre gli ignoranti, non avendo alcuna competenza intorno alla cosa, non sono in grado di mentire. [...] Così ad esempio, in geometria, solo il geometra competente e capace sarebbe in grado di dire il vero e di mentire a proposito delle figure geometriche, non l'inesperto. [...] Allo stesso modo in astronomia, se mai c'è un mentitore, questi sarà il buon astronomo che, grazie alla sua competenza, è in grado anche di mentire, non l'ignorante che, a causa della sua ignoranza, ne sarebbe del tutto incapace».

Platone, Ippia minore, 366a-368a.

Stessa cosa anche in politica?

domenica 25 ottobre 2009

Uno scritto ritrovato



Quali sono le basi su cui si fonda l'esistenza umana?
Aria, acqua, terra.
L'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo, la terra coi suoi “frutti” che ci nutre.
E com'è lo stato di queste tre componenti fondamentali del nostro esserci?
Pietoso. Pietà e sconforto e suprema compassione.
Di chi è la colpa, quale la causa di tutto ciò? Dell'uomo stesso, anzi: dell'essenza costitutiva dell'uomo, ossia la techne.
La tecnica ci fa stare nel mondo, fuori dal mondo. La tecnica ci porta (o sembra portarci) ad una condizione di voluta (compiuta?) indipendenza dai vincoli della natura e dell'ambiente. La tecnica crea l'illusione di una emancipazione dallo sfondo naturale nel quale siamo immersi, giacché essa, logorando le basi suddette, s'ingegna affinché l'uomo si affranchi (si liberi) da tali presupposti. La tecnica ci fa credere di poter vivere senza respirare, senza bere, senza mangiare; essa ricrea un mondo nel mondo, dove ci s'illude di esserne i padroni, mentre invece ci si prepara a una nuova schiavitù.
La tecnica dimentica che essa stessa è figlia della natura; e anche se essa ha di mira il suo continuo, incessante perfezionamento, questo non la rende autonoma, libera. Il guaio è che rende prigioniero l'uomo, suo dipendente.
La tecnica: suo obiettivo è di sbarazzarsi dell'uomo per dominare il mondo. L'uomo, mettendosi al servizio della tecnica, si rende suo schiavo. Dentro gli allevamenti intensivi di carne da macello ci finiremo presto noi. Tutto questo è natura.
La suddivisione elementare in mondo naturale e mondo artificiale è falsa in partenza. Non si sfugge alla logica di Spinoza: sub specie aeternitatis è sub specie necessitatis. Sotto questo cielo né si vince, né si perde: si partecipa. Ogni elemento, ogni frammento, è comprimario. Il disincanto pensante, o il rincoglionimento pervasivo sono le uniche, concrete armi amletiche che l'uomo ha a disposizione nel gioco della vita.
Tuttavia, ancora si respira, si beve, si mangia, si vota alle primarie.

Un'epistola ritrovata

Mi piacerebbe che qualcuno “trovasse” una lettera simile indirizzata a Veronica L.

Un approccio elitario


Ai miei amici blogger

«Ritengo che uno dei lati negativi più tipici e più ingenui del mio carattere sia che parto sempre dal presupposto che la gente è ragionevole. Forse questo è un approccio elitario, o forse è un atteggiamento condizionato dal bisogno di essere accettato dagli altri. In qualche modo sono portato a pensare che le persone, se solo avessero la possibilità di sedersi tranquillamente e concedersi il tempo di considerare la situazione obiettivamente per quella che è, diventerebbero ragionevoli. È sottinteso che vedere le cose in modo ragionevole vorrebbe dire vederle a modo mio».

Breyten Breytenbach, Le veritiere confessioni di un africano albino, Costa&Nolan, Genova, 1989.

sabato 24 ottobre 2009

Piovono tranny



Bravo Piergiorgio, proprio così. Il desiderio umano è insondabile, o sondabilissimo. Purtroppo ancora indossa i panni sporchi dell'ipocrisia. Non siamo liberi di desiderare perché incapaci di riconoscere che non siamo proprietari dei nostri desideri. I nostri desideri più o meno non esistono: sono i desideri dell'Altro quelli che ci comandano. E chi è l'Altro? Il modello-ostacolo, colui che agli occhi nascosti del nostro inconscio incarna l'Assoluta desiderabilità, la garanzia d'essere, il successo, il prestigio, la fottuta felicità con cui lo vedo rivestito e che non riesco a fare mia.
Cosa significhi andare a tranny non lo so: forse è una prova di ricongiunzione con se stessi; è una sfida, un brivido inconfessabile, un gesto di suprema trasgressione nei confronti di quel modello che ci ossessiona. Spero solo che il desiderio sessuale, quale esso sia, venga presto rubricato alla stessa stregua degli altri desideri umani: bere, mangiare, dormire, leggere, pensare, scopare... E che l'attenzione abbagliante verso i supposti scandali o debolezze venga da ognuno di noi rivolta verso quel modello che ci dice segretamente cosa desiderare al posto nostro e che ci priva di una qualsiasi parvenza di autenticità. È quello il nostro nemico, venga fuori a viso aperto, combatteremo come Don Chisciotte della Mancia combatté contro i mulini a vento. Vinceremo rovinosamente.

Vicende tremendamente diverse

Su Marrazzo la penso come Federica.

Cose 5.

ero alla Love-Parade, il 13 luglio, sulla 17 giugno, ai piedi, proprio, della Siegessaule,
presente (e quasi partecipante) al Mega-Party, in quel ballonzolante mucchio balordo
di Techno-Fans di quella Techno-Music (tra Chicago-House e Goa-Trance), quando ci apparve
il negro con due femmine:
stavo in giacca e cravatta, là con un'italiana (una giornalista
parlamentare perbene): e non volevano mica, quelli, essere lì da noi fotografati, anzi
fotografarci noi due, invece, insieme, così spaesati pateticamente (e così erotici, dunque,
tra i seicentocinquantamila (e passa), che si masturbavano in massa solitaria:
ergo,
si è fatta rubescente, quella Rita: io le ho messo una mano sulla spalla, smorfieggiando
il mio migliore sorriso: (tutto qui: la foto fu scattata, e gutenacht):

Edoardo Sanguineti, Cose, Pironti, Napoli 1999

venerdì 23 ottobre 2009

L'insicurezza finale

«Oggi le porte sono spalancate per gli aspiranti letterati, per i dispensatori di parole stampate; tutti sono disponibili come spettatori, e in cambio vogliono recitare una piccola parte, ricevere un piccolo applauso: ma proprio ora, dietro il grande spettacolo, serpeggia la grande paura. Già preoccupante è la spensierata bonomia, la totale assenza di timore con cui i potenti guardano agli uomini della cultura: per questo concedono, con evidente disprezzo, la più sfrenata libertà alle loro esibizioni, nonostante che esse fingano di essere pericolose e incontrollabili. È il rovesciamento della posizione oscurantista: più si diffonde e si scatena la fabbrica delle parole, meno c'è da temere da lei. Ma la schiera sempre più folta di coloro che svolazzano attorno al miele della cultura è invece sgomenta, nell'oscuro presentimento che i suoi inganni verranno svelati, i suoi gusci saranno infranti, e che alla fine prenderà la parola un rappresentante dell'autorità: non sappiamo più che farcene di questi uomini dell'intelletto, se non come utili schiavi, brutalizzati e terrorizzati; è meglio per la società che costoro vadano in rovina. Questo è stato già detto, ma non da chi ha il potere di mettere in atto la minaccia.
Ogni espressione dell'intelletto oggi è debole e sa di esserlo. Si è incapaci di non reagire con violenza, quando la propria posizione è attaccata, anche lievemente. Per contro si è molto indulgenti verso le idee e le opere altrui, per poter essere a tempo debito risparmiati. È uno spirito corporativo, che mira a creare l'illusione della potenza, proprio perché la potenza non c'è, e tende a presentare come sommamente desiderabile l'appartenenza a questa comunità, mentre la verità è che ciascuno si sente abbandonato in un deserto di desolazione, avverte la propria sterilità e impotenza, intesse interpretazioni cavillose a danno delle gioie del mondo, e soprattutto ha il terrore di essere spazzato via da un momento all'altro».

Giorgio Colli, Dopo Nietzsche, Adelphi, Milano 1974

giovedì 22 ottobre 2009

Strofe pietroburghesi 3.



La natura è Roma, Roma rispecchia la natura.
Vediamo immagini del suo potere civile
nell'aria trasparente come in un circo azzurro,
nel foro dei campi, nel colonnato dei boschi.

La natura è Roma - e non è il caso, sembra,
di disturbare ancora gli dèi:
ci sono le viscere delle vittime per divinare le guerre,
schiavi per tacere, pietre per costruire.

[1914]

Osip Ėmil'evič Mandel'štam, Strofe pietroburghesi, trad. Serena Vitale, da Nadezda Mandel'štam, Le mie memorie, Garzanti, Milano 1972.

Strofe pietroburghesi 2.




Nella taverna la cricca dei ladroni
ha giocato a domino per tutta la notte.
La padrona ha servito la frittata,
i monaci hanno dato fondo al vino.

Sulla torre han scommesso le chimere:
chi è il mostro in mezzo a loro?
E al mattino un grigio banditore
chiamava ai chioschi la gente.

Nel mercato vagano i cani,
schiocca la chiave del cambiavalute.
Tutti son ladri dell'eternità,
ma è come la sabbia del mare:

continua a scivolare giù dal carro,
non basta nemmeno per un sacco di stuoie;
e insoddisfatto un monaco racconta
calunnie sulla locanda.

[1913]

Osip Ėmil'evič Mandel'štam, Strofe pietroburghesi, trad. Serena Vitale, da Nadezda Mandel'štam, Le mie memorie, Garzanti, Milano 1972.

Strofe pietroburghesi 1.


con profondo, ma rispettoso disaccordo

È avvelenato il pane, bevuto l'ultimo sorso d'aria.
Com'è difficile curare le ferite!
Giuseppe venduto in Egitto
non dovette soffrire nostalgia più forte!

Sotto il cielo stellato i beduini
a occhi chiusi, sul dorso del cavallo,
improvvisano libere ballate
sul loro giorno confuso.

Per trovare lo spunto basta poco.
Chi ha perso nella sabbia una faretra,
chi ha scambiato il cavallo. Degli eventi
lentamente si dissipa la nebbia.

A cantare davvero
e in pienezza di cuore, finalmente
tutto il resto scompare: non rimane
che spazio, stelle e voce.

Osip Ėmil'evič Mandel'štam, Strofe pietroburghesi, trad. Serena Vitale, da Nadezda Mandel'štam, Le mie memorie, Garzanti, Milano 1972.


mercoledì 21 ottobre 2009

Un vero posto fisso

Potere d'acquisto

«Mamma ho avuto il posto fisso!»
«Finalmente figliolo, compra il lesso
e, mi raccomando, fatti dare un osso
che il brodo viene meglio e cotto basso
che borbotti sul gas come me quando russo.

Era l'ora permettersi qualche lusso
e magari pure mettersi all'ingrasso
che siam secchi tanto che si sente l'osso
a toccarci il corpo sottomesso
dopo anni attaccati al chiodo fisso».

La Chiesa non può che...

«La Chiesa non può che essere reazionaria; la Chiesa non può che essere dalla parte del Potere; la Chiesa non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza; la Chiesa non può che approvare le società gerarchiche in cui la classe dominante garantisca l'ordine; la Chiesa non può che detestare ogni forma di pensiero anche timidamente libero; la Chiesa non può che essere contraria a qualsiasi innovazione anti-repressiva (ciò non significa che non possa accettare forme, programmate dall'alto, di tolleranza: praticata, in realtà, da secoli, aideologicamente, secondo i dettami di una “Carità” dissociata - ripeto, aideologicamente - dalla Fede); la Chiesa non può che agire completamente al di fuori dell'insegnamento del Vangelo; la Chiesa non può che prendere decisioni pratiche riferendosi solo formalmente al nome di Dio, qualche volta magari dimenticandosi di farlo; la Chiesa non può che imporre verbalmente la speranza, perché la sua esperienza dei fatti umani le impedisce di nutrire alcuna specie di speranza»...

Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano 1975 (da «La Chiesa, i peni e le vagine», Il tempo, 1° marzo 1974.

Per fortuna, nonostante altri temi scottanti d'attualità, Malvino ce lo ricorda

martedì 20 ottobre 2009

La caduta


*

Rileggere ogni tanto questo mito fondatore è un rilassante esercizio allegorico.
Soprattutto dopo che le ultime mele del pomario prospiciente casa mia sono state colte. Per una mela tutto quel casino. Che Dio irascibile. Come diceva Benigni: «Dio bono! un t'incazzare, e te le pago!». Devo aggiungere che, se Qualcuno stamani mi avesse chiesto: «Dove sei?» non avrei certo avuto paura di essermi presentato nudo dal freddo che faceva.
Infine, se invece di lanciarsi in inutili maledizioni Yahweh avesse pronunciato queste parole sarebbe stato più simpatico.

Godi se il vento ch'entra nel pomario
vi rimena l'ondata della vita:
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie,
orto non era, ma reliquario.

Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell'eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.

Un rovello è di qua dall'erto muro.
Se procedi t'imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.

Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine...¹


¹In limine
. E. Montale, Ossi di seppia.

Cose 4.

aggiungo, adesso, che più tardi, a terra, senza autorizzazione preventiva, con tatto
e con contatto, ho intrattenuto, astuto, un dialoghetto ossuto, sbrigativo ma dolce,
senza sblocco né sbocco (e prescindendo dalla verde bocca, e prescindendo dalla gonna
verde), con un arto inferiore, il sinistro, di una sehr kleine Hexe, scampata in fretta
alla sua Teufels Küche:
(ma mi è scappata, poi, tra le quinte, struccata, con il migliore
pseudomacho, tra i suoi puppenstudenti, gonfiati ad arte nei loro calzoni, da autentica
omotaverna lipsiana):
(e così, a notte alta, sono qui, dentro il mio caldo nido
in Lützowplatz, che mi massaggio, saggio, con la rabbia, il mio penoso piede cavallino):

Edoardo Sanguineti, Cose, Pironti, Napoli 1999

lunedì 19 ottobre 2009

Das Ding an sich

La segretaria: « Herr Doktor, c'è una Ding an sich in sala d'attesa».

L'urologo: «Un'altra Ding an sich! Se oggi ne vedo solo un'altra mi metto a urlare! Chi è?»

La segretaria: «Come faccio a saperlo?»

L'urologo: «Me la descriva».

La segretaria: «Ma sta scherzando?».

T. Cathcart, D. Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano 2007

Cose 3.

io sono, nel mio complesso, un corretto signore complessato: (anche se poi, sovente,
in certi casi, sono corretto come un caffè, con qualche spruzzo, così, di alcunché):
(sono analogo, allora, a un irish coffee, esattamente, spiritoso e cremoso): (sono,
allora, persino, finalmente, policorretto politicamente): (il che è certo un eccesso,
ma qui eccedo):
e alla Brigitte (o giù di lì, direi), che mi affiancava nel mio folle volo,
un'angelina, me 9C, al 9A, berlinesina in tulle e in taffetà, con quattro cuoricini,
agli orecchini argentini, e con due gambe bionde, ignude tanto, ero sul punto, quasi,
di inoltrarle, cerimoniosissimamente, reverente richiesta di licenza di molestarla,
sessualmente, un poco:
ma era molto attirata dall'oblò, lassù, tra cirri, cirrostrati
e cirrocumuli, nembosa e sfilacciata, acido e acerbo micromanichino:

Edoardo Sanguineti, Cose, Pironti, Napoli 1999

domenica 18 ottobre 2009

Una domanda a Brachino


Mia mamma legge La Repubblica, L'Unità e fa colazione coi Gran Turchese. Però non lavora nella magistratura, è una semplice pensionata. Mi devo preoccupare lo stesso?

Luca 8, 16-18

«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere».

Cose 2.

siamo una doppia coppia, all'asso di cuori:
così dice (e si diceva) e dico:
in prima istanza, siamo due ricami: ti sfioro, azzurro, appena, con la destra:
(la sinistra, sull'anca, mi fa un'ansa): non ho una testa, ma un preservativo, a tronco
di cono, che è come un pesce plissettato e rugoso: (e ho una flanella da vegliardo): e tu
sei nera nera, voluttuosa, la coscia rigonfiata, ridondante, lavorata di bianco, con minimi
piedini incrocicchiati, a punto croce:
nella seconda stazione, io ti vedo, invece,
che ti reclini il capo (che è nuvoloso, che ti sta tra le nuvole, nuvoletta mia dolce,
cielo mio): (sono la sagoma tua, sagoma mia): ci stanno, dentro, due tavoloni sgomberati,
in noi: ci è stata fatta una piazza pulita:
siamo clessidre, con la sabbia in fondo:

Edoardo Sanguineti, Cose, Pironti, Napoli 1999

sabato 17 ottobre 2009

Voglio essere elogiato

«Se ognuno di noi confessasse il suo desiderio più segreto, quello che ispira tutti i suoi progetti e tutte le sue azioni, direbbe: “Voglio essere elogiato”. Nessuno però vi si lascerà indurre, giacché è meno disonorevole commettere un abominio che proclamare una debolezza così miserevole e umiliante, nata da un sentimento di solitudine e di insicurezza del quale soffrono, con uguale intensità, i reietti e i fortunati. Nessuno è sicuro di ciò che è, né di ciò che fa. Per quanto convinti dei nostri meriti, siamo rosi dall'inquietudine e, per vincerla, non chiediamo che di essere ingannati, di ricevere approvazione ovunque e da chiunque. Un buon osservatore scopre sempre una sfumatura di supplica nello sguardo di chi abbia portato a termine un'impresa o un'opera, o semplicemente si dedichi a un genere qualsiasi di attività. La malattia è universale; se Dio ne sembra indenne, è perché, ultimata la creazione, non poteva aspettarsi lodi, per mancanza di testimoni. È vero però che se le è tributate da sé, e alla fine di ogni giornata!».

E.M. Cioran, La caduta nel tempo, Adelphi, Milano 1995

Suggerimento assurdo per Repubblica e altre testate giornalistiche antiberlusconiane: perché non provate profondervi in elogi sperticati dell'uomo in questione cominciando a lisciargli il pelo (rifatto) ancor più e meglio di quanto facciano un Bel[?]pietro o un Capezzone? A mio avviso tale condotta provocherebbe, in breve tempo, effetti devastanti.

Trombare oggi

Proposta allo Stato Vaticano: adotta anche tu un liceo pubblico americano.

venerdì 16 ottobre 2009

Cose 1.

il meno peggio ragnettino, qui, praticantesi un rude rinopiercing, mi hanno ammonito
d'urgenza, era piuttosto saffico: (una cosa sottile, scura: congiunta, pare, a un'acre
e molto asprigna indonesiana piatta):
non è il caso di ridere, così (anche se ridono
i remoti semiti medesimi), se hanno singolarmente scaricato, dentro la singola 69,
il mio singolo me:
ho assunto un brodetto di tartaruga, adesso, qui all'Alexander,
in memoria di Popa: ho pianto i giorni delle crude aringhe, che masticammo lentamente
insieme, in questo porto, da queste parti:
(ma il paesaggio è in biodegradabile degrado:
sono più cupe le strade, più frigide e fragili: questo però è pure il mondo, e mi piace,
che è un dappertutto ormai dovunque, in cui ti manifesti e ti comunichi, quando un po'
tu ci ri riesci, con afrogesti e anglogemiti):
succhiami in blocco, mia tarantola eterna:

Edoardo Sanguineti, Cose, Pironti, Napoli 1999

giovedì 15 ottobre 2009

Tempi ritrovati

Stasera mi sento perso, poco propenso a calmarmi con frasi, calembour, mirabili immagini. Trepido, mi sento come l'Italia in balia della maggioranza degli italiani, in particolare in balia dell'italiano medio basso che guida la presidenza del consiglio dei ministri. Ho letto l'articolo di Gustavo Zagrebelsky, La democrazia deligittimata: stupendo, ma non servirà a nulla, anche perché il finale, seppur auspicabile, è un po' deludente. Ma non voglio parlare di questo. Voglio parlare invece di come l'individuo, a volte, si senta accerchiato e non veda vie di scampo. Di più: di come il cerchio velocemente si stringa e lo soffochi se, rapido, non trova un pertugio, una via d'uscita minima. Io la trovo spesso qui, ma non ora, non stasera.

Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia
da te.

E l'inferno è certo.




La partitura montaliana è per me una calda compressa confortante. Un occhio mi si chiude e vaga nei dintorni del lago artificiale che vide un tempo recitati questi versi a voce alta nella solitudine, tra gracidii di rane e ginestre. Lo so, il tempo non esiste se non nella nostra immaginazione. Il tempo è una scusa per ricordare che si è stati felici, un tempo. Ai tempi di Craxi imperante

Craxi a Calcutta
rutta rutta
un pranzo biascicato
al ritmo dello Stato.
Craxi a San Patrignano
applausi a spellamano
dalla platea dei cuccioli
del rigido, ma giusto, Muccioli.

Riecco la memoria riportarmi questi versi scritti senza uditorio: ora lo trovano, ma non trovano più il diretto interlocutore. Povero Craxi: quanto sarebbe stato meglio ragionare oggi con lui invece che col suo protetto. E mi chiedo, forse impropriamente ma non importa: se avesse previsto quello ch'è successo l'avrebbe potretto fino in fondo? L'avrebbe salvato dall'oscurità? Ma non dovevo parlare di lui, il rompicazzi, il tritapalle, il buono e giusto: “è veramente cosa buona e giusta” mi pare si dica in un passo della messa - ma non ricordo: quant'è che non vado a una messa? Ho smesso la messa da quando mi sono accorto che volevo replicare all'officiante: più facile interrompere Berlusconi che un prete all'altare. Allora uscii, non mi segnai, non presi l'acqua santa, presi aria. Vidi il mondo fuori ch'esisteva lo stesso e che non potevo restare lì a chiedere scusa di che? Di vivere? Tre seghe padre, quattro paternostri figliolo. Affare fatto. Cin cin. Le ragazze cin cin. Meno male che ai tempi delle mie seghe (ammesso e non concesso che siano finiti) non c'erano i mezzi e le possibilità che ci sono oggi, altrimenti sarei diventato cieco davvero. Le ore si dividevano in quattro cinque amici, e l'ultimo doveva scortecciare le pagine per vedere le meglio fighe. Che tempi. Erano tempi, come cantava Vecchioni. Ma stasera basta. S'è fatto tardi, un po' di strada l'ho ritrovata.

Un'annata da God



Risalendo i magnifici vigneti del Marchese Frescobaldi si scorge questa opportuna cartellonistica propiziatoria.

Il senso del grottesco

«Così, tra ejaculatio precox e priapismo la storia universale gioca il suo gioco grottesco».

Gottfried Benn, Pietra, verso, flauto, Adelphi, Milano 1990

mercoledì 14 ottobre 2009

L'effigie degli dèi

«Cosa intendevano gli Ebrei per “Facciamo l'uomo a nostra immagine”? Quello che intendeva tutta l'antichità:

Finxit in effigiem moderantum cuncta deorum. Ovidio, Metamorfosi I, 83
[Lo formò a effigie degli dèi che tutto governano]

Non si fanno immagini se non di corpi. Nessuna nazione immaginò un Dio senza corpo, ed è impossibile rappresentarselo altrimenti. Si può ben dire: “Dio non è nulla di tutto ciò che noi conosciamo”; ma non si può avere nessuna idea di quello che egli è. Gli Ebrei credettero sempre Dio corporeo, come tutti gli altri popoli. Anche tutti i primi padri della Chiesa credettero Dio corporeo, finché non ebbero adottato le idee di Platone».

Voltaire, Dizionario filosofico, Einaudi, Torino 1969.

La baronessa rossa

Da non perdere perGod.

martedì 13 ottobre 2009

Dialogo con il terribile partner

«Calmarmi è forse la ragione fondamentale per cui tengo un diario. Si stenta a credere quanto la frase scritta calmi e domi l'uomo. La frase è sempre un Altro¹ rispetto a colui che la scrive. Gli sta dinanzi come qualcosa di estraneo, una subitanea, solida muraglia, di là dalla quale non si può saltare. Si potrebbe forse aggirarla; ma prima ancora che si sia giunti dall'altra parte, ecco sorgere ad angolo acuto con essa una nuova muraglia, una nuova frase, non meno estranea, non meno solida e alta, che essa pure alletta affinché la si aggiri. Gradualmente viene componendosi un labirinto, in cui chi l'ha costruito si orienta a stento. Girando e rigirando, egli si calma».

¹ Ein anderes: letteralmente “un qualcosa di diverso” [N.d.T.]

Elias Canetti, Potere e sopravvivenza, (trad. Furio Jesi), Adelphi, Milano 1974 (pag. 55-6)

La scrittura blogghistica come una “composizione di labirinto” per perdere e ritrovare se stessi.

lunedì 12 ottobre 2009

La saggezza è nel bosco

Potevo redimere la questione:
non ci sono riuscito, ho messo da parte
rancore, ho ingoiato una maledizione,
ho dormito.
La mia arte di non contendere
si faceva più fina, ma ero solo.
Tu mi dicevi: «Caro, stamattina
prima di svegliarmi ti ho sognato
che con una mano mi tenevi il gomito:
sono venuta». È un sogno, la mia
una spinta di ferrovia e non so
se finisco di crederci ai tuoi sogni
inopportuni come una goccia di limone
sul mio dito ferito sul filo spinato
che ho scavalcato nel sogno
per fuggire la prigione del nostro
amore. Ma no, la prigione è fuori,
è il mostro scamiciato che troneggia
su palchi video piedistalli e scorte
scoraggianti proteggenti: tu ci fai caso
a loro? Io guardo loro che guardano,
io non guardo mai Lui, guardo
i sorveglianti protettori e penso
che tornino a casa forse di rado.
Portami via da questa acidità,
da questo ghiaccio che si scioglie
e rende freddo il mio cammino. Io
non sarò mai contento di me stesso:
io non riuscirò mai a confessare le mie colpe
le mie assenze, le mie pavidità. Io ho smesso
di mordere il reale: lo subisco, anche se
cerco di schivarlo con un abbraccio
che ti serra, che ti ruba quel poco
di calore che il corpo emana.
Non son colui che credi
non siamo coloro che credevamo.
Sono sceso dalle mie fedi,
le ho perse per strada, qualcuno
le raccolga: mi riporti indietro le illusioni,
i sogni minimi, la preghiera per l'indomani,
un padre, un angelo, una luce,
un'avvocata nostra che mi renda
gli occhi che guardai e in cui
credetti di vedere altrove.
Fuori non piove più, il fuoco
è acceso. C'è tanta legna da raccogliere
e bruciare. Io amo il carpino,
l'acacia, il cerro e il faggio.
La saggezza è fuori nel bosco.

Autunno

Col suo pugnale di foglie morte l'autunno ti trafigge
per quale torto? quale ira? dopo quanto rincorrerti?
il colpo dal basso in alto è sgarro da cui non si sfugge
irrompe un fruscio sommerso un transito di giorni persi
intinti nel mormorio durante una estate sleale

Inizio una trafila sottratta ad ogni dilazione
capriccio di un calendario destinato al suo precipizio
hai avuto in dispregio di volta in volta le buone stagioni
strappandone a viva forza le felicità rannicchiate
ora il giorno può appannarsi la slealtà ti ha messo le ali.

Toti Scialoja, Le costellazioni (esametri 1993-1996) in Poesie, Garzanti, Milano 2002

Per una volta...

... sono d'accordo con il Ministro Carfagna.

domenica 11 ottobre 2009

Persecuzioni

E Iob parla e dice

Fino a quando mi darete dolore
Tormentandomi con le parole?
Mi avete offeso ripetutamente
Mi frastornate senza pudore
Fosse anche vero che ho peccato
Sarebbe cosa mia il mio peccato
Ma voi che m'insultate
Rinfacciandomi la mia vergogna
Sappiate
È Dio che pecca contro di me
E mi soffoca nella sua rete
VIOLENZA io grido
E nessuno risponde
Io imploro una giustizia che non c'è
La sua mano mi sbarra la strada
Perché non passi
Fa nei miei vicoli il buio
Di ogni mia gloria mi ha spogliato
Dalla testa mi ha tolto la corona
Pezzo per pezzo mi demolisce io muoio
La mia speranza come un albero
Ha sradicato
Contro di me si è acceso il suo furore
Mi tratta come suo nemico
Le sue falangi mi piombano addosso
Lungo linee fissate per colpirmi
E bivaccano intorno alla mia tenda
I fratelli mi ha allontanato
Dai congiunti mi ha separato
I miei amici mi hanno lasciato
I miei cari dimenticato
Per gli ospiti della mia casa
Per le mie serve un ignoto sono
Ai loro occhi diventato
Straniero
Grido al mio servo la mia bocca lo implora
Ma non risponde
Il mio fiato ripugna alla mia donna
Il mio fetore ai figlio del mio ventre
Anche i bambini mi schifano
Se cerco tirarmi su
Mi gettano contro le loro parole
La gente mia più fidata mi aborre
I più amati da me li ho contro
Nella mia pelle la carne marcisce
Carne e ossa li tengo coi denti
O miei amici pietà di me
Colpito dalla mano di Eloàh
Perché mi date anche voi la caccia
Come Dio?
Della mia carne non siete pieni ancora?
Vorrei fossero scritte le mie parole
Incise nel bronzo le vorrei
Con un bulino di ferro nel piombo
E nella pietra per sempre scolpite
Chi mi difende è forte io so
E l'Ultimo oltre la polvere sta
E dietro la mia pelle strappata
Vedo con la mia carne Dio
E proprio io lo vedo
I miei occhi lo vedono e altri no
I reni mi si squagliano nel ventre
Quando voi dite che mi perseguitate
Perché in me è la radice del mio male
Guardatevi dalla faccia della spada
Perché chi vendica le colpe ha una spada
Saprete che c'è Shaddai

Il Libro di Giobbe, a cura di Guido Ceronetti, Adelphi, Milano, 1972

Può anche Berlusconi parlar così di sé?

Un consiglio al Presidente del consiglio

So che l'uomo appare, a tutta prova, irredimibile. Tuttavia, il mio innato ottimismo mi porta, per l'ennesima volta, ad offrire un suggerimento all'incorreggibile Presidente del Consiglio dei Ministri.

«Tra Socrate e il magistrato che gli fece bere la cicuta, quale dei due è oggi disonorato?» (Diderot)

E ancora: tra Gesù e Caifa chi dei due è oggi venerato? E via discorrendo.
Quindi, si faccia giudicare tranquillamente, che, qual che sia l'esito, la Storia (talvolta) restituisce onore ai veri perseguitati.
Già, la Storia. Purtroppo, per un uomo proiettato interamente nel presente, la Storia è un malinteso.

Andare a sputtana

Se un mezzano
mi porta una puttana.
e la puttana viene,
io pago il mezzano
e pago anche la puttana.
Poi la puttana mi sputtana.
Indi un tribunale mi sputtana
la Mondadori e la Consulta
mi sputtana il lodo Alfano.
Porca puttana.
Infine la stampa estera,
sputtana me, la democrazia
e il nostro paese
.
È una raffica di sputtanamenti
di cui assolutamente
non sono responsabile.

sabato 10 ottobre 2009

La morale dominante 2

«Il legislatore, che oggi così sprovvedutamente pasticcia intorno alla vita sessuale, potrebbe rendersi utile se mettesse in mezzo al libero campo del piacere lo spaventapasseri dei paragrafi, ma solo per proteggere tre beni: la salute, la libertà del volere e la minore età. Che il procuratore generale faccia catturare come cane rabbioso l'individuo che continua la propria attività venerea sapendo di avere una malattia venerea, che egli perseguisca l'uso della violenza e l'abuso dei bambini. Ma non tocchi quello che fanno tra loro persone dotate di volontà e maggiorenni. La moralità individuale non può mai essere un bene giuridico, al massimo lo può essere la pubblica decenza. Ciò che accade entro quattro pareti non può suscitare scandalo, e il potere dello Stato non è tenuto a mettersi davanti al buco della chiave. È sempre come se lo si dicesse per la prima volta: l'indiscrezione di una giustizia che vorrebbe regolamentare il commercio dei sessi ha sempre prodotto la peggiore immoralità; l'incriminazione dell'istinto sessuale è un incoraggiamento statale al delitto. Il delatore e il ricattatore sono gli alleati del giurista che perseguita il costume».

Karl Kraus, Die Kinderfreunde (Gli amici dei bambini), in Morale e criminalità, Rizzoli, Milano 1976.


A un anno e un mese dopo la legge Carfagna.

La morale dominante

«Il nesso tra morale corrente e criminalità non si può risolvere se non trasformando la rivolta morale in rivolta politica e creando le basi di una democrazia effettiva, poiché non si può sceverare nello Stato la funzione repressiva utile da quella dannosa, entrambe essendo connaturate alla sua essenza di classe. Solo quando gli uomini determineranno da sé le proprie condizioni di vita e quindi metteranno le museruole ai cani, se del caso, senza bisogno di coercizione statale, spariranno giudici e delatori di reati di costume. La sfera privata servirà da pietra dello scandalo finché la sfera pubblica non sarà essa stessa autoregolata e il piccolo borghese non avrà bisogno di consolarsi delle frustrazioni quotidiane scoperchiando con occhio ingordo le case altrui [...] È nella sfera dell'autoconsapevolezza borghese, con tutti i suoi limiti, che va ancora cercata la denuncia della morale corrente come fonte di criminalità.
La maggior vittima di questa morale è la donna».

Cesare Cases, Introduzione a Karl Kraus, Morale e criminalità, Rizzoli, Milano 1976.

venerdì 9 ottobre 2009

Differenti escort



Ai miei amici linkati


«Bel tempo o brutto che sia, è mia abitudine andare a passeggio, verso le cinque di sera, al Palais-Royal. Sono io quell'uomo che si vede sempre solo, seduto a fantasticare sulla panchina d'Argenson. Converso con me stesso di politica, d'amore, d'arte o di filosofia. Sbriglio la mente a tutti i libertinaggi. La lascio padrona di seguire la prima idea savia o pazza che si presenta, come, nella Allée de Foix, si vedono i nostri giovani dissoluti tallonare una cortigiana dall'aria sventata, il viso ridente, l'occhio vivace, il nasetto all'insù, e poi abbandonarla per un'altra, attaccandole tutte e non attaccandosi a nessuna. Le mie puttane sono i miei pensieri».

Denis Diderot, Il nipote di Rameau, Garzanti, Milano 1974

Se invece di essersi affidato a lenoni pugliesi il Presidente del Consiglio dei Ministri, primus inter pares, si fosse affidato a quei procacciatori di pensieri che sono i blogger, non si sarebbe impantanato in scandali di malaffare e avrebbe certamente reso un migliore servigio alla nazione. Avrebbe trombato poco? Forse, ma avrebbe trombato meglio, perlomeno col pensiero.

Nobel d'argento

Nobel per la pace al Presidente americano Barack Obama.
Delusione da parte del candidato Berlusconi che, appresa la notizia, dichiara:
«Shit jag blev tvåa!»¹

¹trad. dallo svedese di google: «Merda, sono arrivato secondo!»

giovedì 8 ottobre 2009

Un sogno vale un altro

Fiat, Massaro: «Sogno di ridurre jeep in città italiane».

La dedizione ideologica della massa

«Molto si discorre, e non senza ragione, della tecnica del dominio delle masse. Ma bisogna guardarsi dall'idea che i demagoghi che ne usano sorgano ai margini della società, e poi quasi per caso o mercè l'impiego abusivo di strumenti tecnici ottengano un potere sugli altri uomini, per il resto pacifici e giusti - e siano insomma dei briganti, che assaltano sulla strada maestra la diligenza del progresso. In realtà questi demagoghi non corrispondono mai alla figura del “tamburino isolato” che vorrebbero assumere, e neppure sono semplici folli o psicopatici riusciti a penetrare nel recinto della società normale - ma esponenti di forze e interessi sociali più potenti, che riescono a prevalere contro le masse con l'aiuto delle masse. Il successo o insuccesso del demagogo non dipende dalla sola tecnica del dominio della massa, ma dalle possibilità e capacità che esso ha di integrare le masse agli scopi dei più forti. Sempre, poi, i demagoghi seminano su un terreno già arato, ed è per questo che non esistono metodi assolutamente sicuri per la seduzione di massa: il metodo varia con la disponibilità alla seduzione. Si sente spesso affermare che i moderni mezzi di comunicazione di massa [...] offrono a chiunque ne disponga la sicura possibilità di pervenire al dominio delle masse mediante manipolazioni tecniche: ma non sono i mezzi di comunicazione di per sé il pericolo sociale, e il loro conformismo non fa che riprodurre e amplificare le preesistente disponibilità alla dedizione ideologica, che trova poi il suo oggetto nell'ideologia presentata dai mezzi di comunicazione di massa alle vittime, consapevoli o inconsce [...]
La massa è un prodotto sociale - non un'invariante naturale; un amalgama ottenuto sfruttando razionalmente fattori psicologici irrazionali - non una comunità posta in originaria prossimità dell'individuo. Essa dà agli individui un illusorio senso di prossimità e unione: ma proprio questa illusione presuppone l'atomizzazione, alienazione e impotenza dei singoli».

Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, Lezioni di sociologia, a cura di Max Horkheimar e Theodor W. Adorno, Einaudi, Torino 1966 (pag. 95-96).

mercoledì 7 ottobre 2009

In galera


E se tali persone avessero inteso questa di “galera”, che bisogno c'era di portarli forzatamente al commissariato per denunciarli?
Bisogna girare armati di dizionario, finanche il demauro per cellulari.

P.S.
A Bracardi cos'hanno dato? L'ergastolo?

Riguardo al Demauro: vergogna davvero. Professor Tullio, ci dia una spiegazione.

martedì 6 ottobre 2009

La strada

Assorto, le mani dietro la schiena,
cammino sulla ferrovia,
la strada più diritta
possibile.

Alle mie spalle, a gran velocità,
viene un treno
che non sa nulla di me.

Questo treno - Zenone il vecchio mi è
testimone -
non mi raggiungerà mai,
perché io avrò sempre un vantaggio
sulle cose che non pensano.

Ma anche se, brutalmente,
mi travolgerà,
si troverà sempre un uomo
che gli cammini davanti
pieno di pensieri,
con le mani dietro la schiena.

Come me ora
davanti al mostro nero
che si avvicina a velocità spaventosa
e che non mi raggiungerà
mai.

Marin Sorescu, Nuovi poeti romeni, a cura di M. Cugno e M. Mincu, Vallecchi, Firenze 1986.

Lo D'Addorio (-mn)

Siccome da parte berlusconiana è ritornato attivo il mantra del grande perseguitato dagli oscuri e forti poteri eversivi sinistri giudicantigiudicigiudaici cazzocomunisti filosalomonici radicalscicche che vogliono scalzarlo dal potere esecutivo di cui è, vox populi vox dei, legittimo titolare, allora anche io voglio crearmi il mio piccolo refrain da intonare qualora m'imbattessi malauguratamente negli audaci sostenitori di Berlusconi mandando a mente questa voce wikipediana sul Lodo Mondadori.

Capisco coloro (e sono tanti) che hanno convenienza a sostenere e ripetere il ritornello privo di fondamento di Berlusconi. Capisco poi la percentuale fisiologica di persone (e sono tantissimi) che lasciano da parte la ragione per un amore viscerale o fiducia incondizionata verso il PresConsMin. Quello che non capisco, però, è come una sentenza, che riguarda una vicenda finanziaria, comprovante azioni dimostratesi illecite per acquisire il più grande gruppo editoriale italiano, possa essere vista da normali persone di buon senso di destra di sinistra di centro di nulla, come un'azione eversiva che voglia scalzare dal governo Berlusconi (ma quanti sono questi?)
C'è da pagare una multa: la si paga, non la si paga, o si aspetta l'amnistia.
Cioè: se gli euro fossero 75 invece di 750 milioni ci sarebbe tutta questa indignazione da parte sua? In fondo i giudici, a me pare, son stati anche fin troppo buoni: mica gli hanno chiesto di dover cedere la Mondadori!

lunedì 5 ottobre 2009

La vita va avanti



«Io vado avanti», grida Berlusconi, come la vita.

«La vita va avanti! La fita fa afanti!»
gridavan di naso novanta elefanti
o meglio sessanta, di cui trenta affranti,
tra anziani ed infanti non erano venti,
un sol pachiderma barriva tra i denti,
nessuno fiatava: da sempre era immerso
nel pieno silenzio l'immenso deserto.

Toti Scialoja, La mela di Amleto, Garzanti, Milano 1984

Bruttata per sempre

«Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva [per quel che concerne l'imposizione di particolari modelli da imitare] come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto al trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre...».

Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari, Garzanti, Milano 1975

domenica 4 ottobre 2009

Pro-vocazioni

Leggendo questo interessante post di Fabristol, ho pensato: ma perché parte, anche minima, di quell'85% di giovani uomini del sud non sceglie di diventare sacerdote, invece di militare? C'è troppo da studiare? C'è troppo da fingere? Paura del voto di... ehm... castità? Che cosa, insomma, spinge queste persone a preferire le caserme al seminario prima, alla canonica poi?

«Fu chiesto un giorno a un tale, se esistessero dei veri atei. Credete, fu la risposta, che esistano dei veri cristiani?», Diderot, Pensée philosophiques, aforisma XVI

Autunno in Italia



Io credo che siamo un popolo vegetale.

Donde se no la calma

Con cui aspettiamo la sfogliatura?

Ana Blandiana, Credo, poesia tratta da Nuovi poeti romeni, Vallecchi, Firenze 1986

Servi pubblici

Ciò che scrivono Federica e Feliciano conferma i miei sospetti: un “giornalista” così o ci è o ci fa (dalle mie parti, in senso generalizzato, si direbbe: “o l'è strullo o fa da strullo”). Bene: se Minzolini “è” così, anche se è ingiustificabile diriga il tg1, c'è poco da fare: la logica politica berlusconiana vuole circondarsi di servi ed yesmen e Minzolini ricopre tale ruolo alla perfezione data la sua notevole vocazione fideistica¹; se invece Minzolini non è così e, sotto sotto, non crede in quello che dice e che fa, allora come Federica che si chiede come faccia a guardarsi allo specchio, io mi chiedo quanto pelo sullo stomaco possa avere; e altresì quanta poca considerazione della sua dignità “professionale” abbia; e, soprattutto, come possa giustificare moralmente la sua condotta nei confronti di chi non la pensa come lui, considerata la sua posizione di direttore del principale telegiornale del servizio pubblico (se questo aggettivo ha ancora un senso).

¹Ogni riferimento al direttore del tg4 è puramente causale.

sabato 3 ottobre 2009

I taluni

Io sono un taluno, della corrente “silenzio”.

Despair

«Parlavi dell'Italia, vecchio mio. Vuota il sacco. L'argomento mi piace»¹.

«Il Fondo Monetario Internazionale non ha una specifica opinione al riguardo. Quello che penso io come ex politico ed ex regolatore è che più gli interventi sono frequenti e meno sono efficaci. Se uno ricorre a tali misure lo deve fare solo in circostanze eccezionali. Le amnistie fiscali vanno adottate solo per disperazione»².

«Oh, piantala [Marek]... hai capito benissimo dove vado a parare. Prestami [25 milioni di euro] e pregherò per la tua anima in tutte le chiese di Firenze»¹.



¹ Vladimir Nabokov, Disperazione, Adelphi, Milano 2006 (pag. 144-5)
² Marek Belka, capo del dipartimento europeo del Fondo Monetario Internazionale.

venerdì 2 ottobre 2009

Fondamentali



«L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo. La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall'eterodirezione (naturaliter maiorennes), tuttavia rimangono volentieri minorenni per l'intera vita e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. È tanto comodo essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene, ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero per me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno di pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione.
A far si che la stragrande maggioranza degli uomini (e con essi tutto il bel sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltreché difficile, anche molto pericoloso, provvedono già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l'alta sorveglianza sopra costoro. Dopo averli in un primo tempo instupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste pacifiche creature osassero muovere un passo fuori dei girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo mostrano ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Ora questo pericolo non è poi così grande come loro si fa credere, poiché a prezzo di qualche caduta essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio di questo genere rende comunque paurosi e di solito distoglie la gente da ogni ulteriore tentativo. È dunque difficile per ogni singolo uomo districarsi dalla minorità che per lui è diventata pressoché una seconda natura. È giunto perfino ad amarla, e attualmente è davvero incapace di servirsi del suo proprio intelletto, non essendogli mai stato consentito di metterlo alla prova».

Immanuel Kant, Risposta alla domanda: che cos'e' l'Illuminismo?

giovedì 1 ottobre 2009

Mezzo italiano

Com'è difficile essere italiani, quasi impossibile. L'essere italiano non trova corrispondenza con il concetto di cittadinanza, di riconoscimento unitario: o si è italiani a metà o italiani e mezzo¹. L'italiano è un soggetto completamente lacerato, diviso, separato, sdoppiato. Pagani e cristiani, guelfi e ghibellini, monarchici e repubblicani, fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti, clericali e anticlericali, berlusconiani e antiberlusconiani, bianchi e neri, ecc. Noi viviamo da sempre in una sorta di guerra civile, per fortuna oggigiorno depotenziata, vale a dire sgravata, nella maggioranza dei casi, della sua belluinità.
Io mi rendo perfettamente conto che non riuscirò mai a trovare una sintesi, uno straccio di accordo con uno che ha la faccia e la loquela di Belpietro (ed è solo un esempio). Io sono destinato a rimanere un mezzo italiano.
Ma chi sarà mai stato o sarà l'italiano e mezzo, ossia colui che ha superato o supererà tale contraddizione dando l'illusione di unitarietà (nella schizofrenia)?

¹«L'aforisma non coincide mai con la verità; o è una mezza verità o una verità e mezzo». Karl Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano.

Squali a branchi tra i banchi

Se lo squalo va alla scuola
c'è un maestro che si sgola

Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, Torino.