lunedì 30 novembre 2009

L'italiano è il “ragionare”

«L'Italia è un paese che teme sempre di perdere ciò che non ha mai avuto. La cultura italiana è perciò ben decisa, e non da oggi, a difendere laragioneda ogni attentato. Ma non l'ha ancora scoperta».

Roberto Calasso, I quarantanove gradini, Adelphi, Milano 1991

30 novembre



30 novembre 1786: il Granducato di Toscana è primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte.
Dal 2001 è stata istituita, in questa data, la Festa della Toscana.
Dite al figlio di Pierluigi Celli (stupenda Federica) di venire a lavorare qui, una volta laureato.

domenica 29 novembre 2009

Trama preventiva

*

«La civetta [coquette] la sa più lunga di Freud sul desiderio. Non ignora che il desiderio attira il desiderio. Per farsi desiderare, dunque, bisogna convincere gli altri che ci si desidera da sé. È proprio così che Freud definisce il desiderio narcisistico, un desiderio di sé da parte di se stessi. La donna narcisistica eccita il desiderio, perché, pretendendo di desiderarsi da sé [...] presenta alla mimesi degli altri una tentazione irresistibile. [...]
La civetta cerca di farsi desiderare, perché ha bisogno di questi desideri maschili, rivolti a lei, per alimentare la sua stessa civetteria [coquetterie], per comportarsi da civetta. Non ha, in altri termini, maggiore autosufficienza dell'uomo che la desidera, ma il successo della sua strategia le consente di sostenere l'apparenza, offrendo anche a lei un desiderio che può copiare. Il desiderio che le è rivolto è per lei prezioso, perché fornisce l'alimento necessario a un'autosufficienza che verrebbe meno se fosse totalmente privata dell'ammirazione. Come, insomma, l'ammiratore preso nella trappola della civetteria imita il desiderio che egli crede realmente narcisistico, così la fiamma della civetteria, per poter splendere, ha bisogno del combustibile fornitole dai desideri dell'Altro.
La civetta è tanto più eccitante, e tanto più forte è la sua seduzione mimetica quanto più numerosi sono i desideri che attira».

René Girard, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Adelphi, Milano 1983 (pag. 448-9)

Terzismo pubblicitario

A pagina 36 il Corriere della Sera di oggi si riserva un'enorme auto-pubblicità (“creata” dall'agenzia Armando Testa) dal titolo «Liberi di pensare». Vi si legge:

«Solo un'informazione indipendente combatte contro l'immobilismo.
Un'informazione di parte crea persone ferme sulle proprie posizioni e impedisce al Paese di fare passi avanti. Per questo, ogni giorno, ci battiamo per un'informazione completa e indipendente che permetta ad ognuno di conoscere i fatti e di farsi la propria opinione
».

Splendido esempio di posizione “terzista” vero?
Ma tale pubblicità è subito confutata da un'altra pubblicità: a pagina 37, infatti, oltre a una recensione di Giorgio Montefoschi sull'ultimo libro di Nabokov, vi si trova in bella evidenza la réclame della nuova edizione de L'odore dei soldi, di Marco Travaglio ed Elio Veltri (Editori Riuniti).
Il terzismo pubblicitario non s'ha da fare: i soldi non hanno odore.

I' cco-marchetinghe

Leggo questo phastidioso post. Subito mi reco a vedere quanto costa, per esempio, un biglietto aereo Torino-Berlino: 99 euro a/r sia con Alitalia che con Lufthansa. Poi faccio una divisione veloce arrotondando a 100 euro; cioè 6.000.000:100=60.000.
Vale a dire: la regione Piemonte ha pagato circa sessantamila biglietti aerei ad Alitalia per promuovere il turismo con Mosca, Istanbul, Amsterdam e Berlino.
Continuo a pensare che Madoff sia uno straordinario eroe del nostro tempo e che in Italia avrebbe avuto più fortuna: probabilmente sarebbe un manager Alitalia.

sabato 28 novembre 2009

Il terzismo fludificante

A margine di questo ineccepibile post malviniano: ho sempre pensato che di fronte a Berlusconi non possa esservi una posizione terza; nemmeno una posizione di preconcetto ideologico: destra o sinistra, o altre categorie del linguaggio politico, non sono adeguate a spiegare il fenomeno. Il berlusconismo è, prima di tutto, un fenomeno esistenziale; in seconda battuta psicologico; in terza filosofico (etico-morale).
Io mi auguro solo che un giorno, fra qualche decennio, le cronache potranno parlare di Berlusconi solo perché una sua futura nipote leporina avrà comprato il posticcio capelluto del nonno su eBay.

venerdì 27 novembre 2009

Happiness is cigar called Hamlet



Fumo poco, ma fumo. Tre, massimo quattro American Spirit o Pueblo al dì (tabacco biologico, m'inquino biologicamente). Una di queste sigarette me la fumo, rigorosamente da solo, nel viaggio in auto lavoro-casa (raramente viceversa). Aspetto un semaforo rosso, accendo il cicchino, apro il finestrino - anche se piove o fa freddo - e fumo. E godo l'amaro della sigaretta con il gingle di Hamlet in testa.

P.S.
Non ho la Ferrari. Molto divertenti sono anche questa serie di spot; alcuni vere chicche.

giovedì 26 novembre 2009

Contrizioni & Costipazioni

A Piero Marrazzo: su col morale, suvvia! (1, 2, 3, 4,)

«Un giorno, ritornando dal W.C., trovai la porta della mia camera chiusa a chiave, e le mie cose ammucchiate davanti alla porta. Questo vi dice quanto ero stitico a quell'epoca. È l'ansietà che mi rendeva stitico, credo. Ma ero davvero stitico? Non credo. Calma, calma. Eppure lo dovevo essere, perché altrimenti come spiegare quelle lunghe, quelle atroci sedute al gabinetto, al water? Non leggevo mai, là non più che altrove, non fantasticavo né riflettevo, guardavo vagamente l'almanacco appeso a un chiodo davanti ai miei occhi, ci si vedeva l'immagine a colori di un giovane barbuto circondato di pecore, doveva essere Gesù, mi aprivo le natiche con le mani e spingevo, uno! ah! due! ah! con dei movimenti da vogatore, e non avevo che una preoccupazione, rientrare in camera mia e sdraiarmi. Era proprio stitichezza, vero? O forse confondo con la diarrea? Mi s'imbroglia tutto nella testa, cimiteri e nozze, e le diverse specie di scariche».

Samuel Beckett, Primo amore, Einaudi, Torino 1972

Col senno di poi

Agli amici filosofi

«Durante un consiglio di facoltà appare all'improvviso un angelo che dice al preside del dipartimento di Filosofia: “Ti concederò uno di questi tre doni: saggezza, bellezza o dieci milioni di dollari. A te la scelta”.
D'impulso, il professore sceglie la saggezza.
C'è un lampo di luce e il professore sembra trasformato, ma se ne sta lì, a fissare il tavolo. Uno dei colleghi gli sussurra: “Di' qualcosa!”.
Il professore: “Avrei dovuto scegliere i soldi!

T. Cathcart - D. Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano 2007

mercoledì 25 novembre 2009

Il presente è un dono

Pochi giorni fa ho visto in tv Kung fu Panda. Varie le perle di saggezza che il divertente film contiene. Mi ha colpito questa, pronunciata dal maestro Oogway:
«Il passato è storia, il futuro è un mistero, e il presente è un dono; per questo si chiama presente».
Sì è vero, niente da eccepire. Nulla di nuovo sotto il sole. Ma quanto di questo dono-presente cogliamo immersi come siamo dentro la nostra giungla che ci limita lo sguardo? Riusciamo ogni tanto a conquistare la cima di un albero, o la vetta di una montagna per vedere meglio questo presente?

«Colin Turnbull (1961) portò un suo amico pigmeo, Kenge, fuori dalla foresta per la prima volta nella sua vita e, insieme, scalarono una montagna, e dalla cima guardarono verso le pianure. Kenge vide alcuni bufali pascolare pigramente molte miglia lontano, molto più in basso. Si voltò verso di [lui] e disse: “Che insetti sono quelli?” Sulle prime [a Colin] fu molto difficile capire, poi [si] rese conto che nella foresta il campo visivo è così limitato che non era necessario fare una correzione automatica per la distanza quando si giudicava una grandezza. Fuori dalla foresta Kenge per la prima volta poteva guardare per chilomteri e chilometri di praterie a lui ignote, senza un albero conosciuto che gli potesse dare una base di comparazione. Quando [infine Colin] disse a Kenge che quegli insetti erano bufali egli scoppiò in una risata e [gli] disse di non dire tali scempiaggini».

Richard Dawkins, Il fenotipo esteso, Zanichelli, Bologna (pag. 13).

Se lasciamo da parte il presente del nostro governo [insetti, anche col binocolo], e allarghiamo lo sguardo al pianeta intero, come continuare a ridere di fronte allo spettacolo di governi dispotici come quelli arabi (in salsa religiosa), russi, asiatici, africani, sudamericani? Quante poche migliaia di persone tengono il tacco sulla testa della moltitudine? E quanto durerà ancora questo? E il tarlo religioso quanto ancora roderà le menti di noi sapiens sapiens?

martedì 24 novembre 2009

Strofe novembrine

Novembre mi si stinge tra le mani
la notte che presto tutto inghiotte
la nebbia che dipinge tutti i rami
che nudi riscrivono nel cielo nuove rotte.

Se per caso volessi fare a botte
col reale o con alcuni scarsi umani
che s'affrettano alle case quando notte
diventa e fuori restano solo cani

tu dimmi fermo non cedere alle cotte
resta calmo come fanno i sacrestani
quando suona la prima mezzanotte:
chiudi gli occhi e stringimi le mani

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Come se...

«Se una lezione ho imparato riguardo a questa cosa strana che è la vita, è che conviene viverla. Come se... Come se fossero reali tutti i fantasmi che ci siamo inventati (amore, amicizia, famiglia, gloria, Dio...) di cui si maschera il niente».

Gesualdo Bufalino, Nodi gordiani, da Nuovi Argomenti n. 21, gennaio-marzo 1987

lunedì 23 novembre 2009

La ragion comica


«Se esiste una critica della ragion pura e una critica della ragion pratica, in qualche anfratto del pensiero deve acquattarsi anche una critica della ragion comica a giustificare l'enorme spazio occupato non solo dal riso, ma dalla angolatura comica, umoristica, satirica, ironica nella vita e nell'arte. Una vita senza la dimensione tragica è intollerabile; una vita senza la dimensione comica è, a mio avviso, invivibile. Si immagini di passare la propria esistenza in una banca, o in un ufficio, o in una scuola, o in un ministero, o in un partito politico, o in famiglia, e di seguire le regole del gioco seriosamente, tenendo a distanza il tragico e mettendo al bando il comico: questa è una dimensione manifesta dell'inferno, vero? Ebbene, forse ciò che ci mancherebbe di più non è l'emozione violenta del tragico ma la titillazione leggera del comico, la cui privazione sarebbe fatale. Ciò nonostante, il colossale processo ipocrita di sublimazione che si chiama cultura continua a privilegiare il serio sul suo contrario (che i nemici chiamano faceto), il tragico sul comico, la mutria sul sorriso, le ciglia aggrottate sull'ironia. Errore gigantesco che ha da sempre traviato la nostra visione di ciò che è cultura, cioè di ciò che è precipuamente umano nell'uomo: non solo il poter dire, io ho una prova irrefutabile dell'esistenza di Dio; ma poter anche dire, io ho una prova irresistibilmente comica dell'esistenza o dell'inesistenza di Dio (per esempio, “L'impotenza di Dio è infinita”, Anatole France). I grandi giri di boa della cultura corrispondono fatalmente - e gli storici delle idee se ne stanno rendendo conto - alle grandi innovazioni nell'ambito della scrittura comica (Rabelais, Cervantes, Sterne, Joyce, Formamentis e così via)».

Guido Almansi, La ragion comica, Feltrinelli, Milano 1986

L'Amleto ch'è in me



Dalle pagine di Giornalettismo, mio nuovo articolo (Critica amletica) che, mi auguro, abbiate la bontà di leggere con un filo di benevolenza.
Buona lettura.

domenica 22 novembre 2009

Alcuni opposti

L'Italia tiene insieme tanti opposti. Per citarne uno: da una parte abbiamo un ingordo editore che si pasce del proprio dominio esercitando anche la funzione pubblica governativa (anche se al vertice dell'azienda vi è la figlia); dall'altra v'è chi sta ai margini, indifferente ma non tanto (credo), ancora al vertice (chissà attraverso quali marchingegni finanziari) di una casa editrice di cui andare orgogliosi e fieri.

Silvio/Marina Berlusconi (Mondadori, Einaudi [sigh!] eccetera) vs Roberto Calasso (Adelphi).

In balia di sé

«Io domino solo il linguaggio degli altri. Il mio fa di me quello che vuole».

Karl Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano 1972

sabato 21 novembre 2009

La messa è finita


*

P.S.
Il giorno che saranno convocati i primi 260 blogger italiani mi piacerebbe fosse Malvino a leggere qualche brano, o Formamentis, più sintetico; di sicuro sarebbero molto più divertenti che ascoltar quell'uggioso di Castellito (e Ravasi farebbe meno lo spiritoso).

Un breve attimo illuminato

«Com'è strano, com'è terribile, eppure com'è tranquillizzante - pensò riponendo il quaderno - che il tempo continui a passare. Prima siamo qui e siamo in un certo modo, e poi, poco dopo, abbiamo perso ogni traccia di quel tempo e di com'eravamo allora, finché un'inezia ci riporta a quel periodo per un breve attimo illuminato, e poi di nuovo indietro, nel presente».

James Purdy, Il nipote, Einaudi, Torino 1963

venerdì 20 novembre 2009

Un giunco pensante


«L'homme n'est qu'un roseau, le plus faible de la nature, mais c'est un roseau pensant. Il ne faut pas que l'univers entier s'arme pour l'écraser; une vapeur, une goutte d'eau suffit pour le tuer. Mais quand l'univers l'écraserait, l'homme serait encore plus noble que ce qui le tue, puisqu'il sait qu'il meurt et l'avantage que l'univers a sur lui. L'univers n'en sait rien.
Toute notre dignité consiste donc en la pensée. C'est de là qu'il nous faut relever et non de l'espace et de la durée, que nous ne saurions remplir. Travaillons donc à bien penser : voilà le principe de la morales».

Blaise Pascal, Pensées.

Una morale per tutti



Presto, dunque sono.

P.S.
La soluzione ai problemi del mondo non è data «da nessun individuo in particolare, ma deve emergere dalla vita di tutti, esser vissuta prima che formulata; e potrebbe anche darsi che [stia] emergendo senza che noi ce ne avvediamo¹».

¹Nicola Chiaromonte, Credere e non credere, Il Mulino, Bologna 1993

giovedì 19 novembre 2009

Il tramonto della funzione intellettuale

«La funzione dell'intellettuale conservava così qualche elemento di disinteresse e di dedizione alla causa. Ma quest'epoca eroica [1935-1950], che sfiorava anche molti milanesi invisi a Pavese, è tramontata per sempre, oggi i manager dell'editoria pongono la loro esperienza al servizio di chi li paga meglio e migrano senza pudore da un editore all'altro poiché possono identificarsi con qualsiasi progetto produttivo»¹.

A me che la casa editrice Einaudi sia finita nelle mani di Berlusconi m'ha fatto sempre girare i.
Congiungo tale riflessione a questa di Phastidio e noto che Marina Berlusconi, attuale presidente della Mondadori, è stata insignita dell'Ambrogino d'oro (insieme ad altri personaggi di spicco del mondo intellettuale italiano come il direttore di Libero Maurizio Belpietro).


¹Cesare Cases, Repressione l'è morta, (recensione a Cesare Pavese, Il mestiere di vivere 1935-1950, Einaudi, Torino 1990), L'Indice dei libri del mese n°10, dicembre 1990.

mercoledì 18 novembre 2009

Un euro in meno

Renderei volentieri a me stesso la patente di uomo sereno
ma sono obbligato a rifare gli esami perché ho perso da scemo
tutti i punti durante gli scontri irrisolti e le tensioni non dette:
tra la coscienza seconda e la prima vorrei un pareggio
ma le parole rimangon sospese e la rabbia non esce, solo sigarette
spezzate per risparmiare il fiato e i soldi per un parcheggio.

Io vorrei conquistarmi, divenire un berlusconiano dentro
uno che si comanda con tredici discorsi a cazzo al giorno
e quindici scagnozzi pronti a prendere pistole e far centro
casomai un cavalletto roteasse di nuovo a mezz'aria sul corno
di questa mia testa di cazzo che deve smettere di pensare
che deve abbaiare per ottenere rispetto e mangiare.

Sono stato morso da un ambulante che mi chiedeva un euro
che voleva il carrello con tutta la spesa e io no non volevo
cedere il carrello la fame è mia io ho speso io ho mille euro
e tu non hai niente arraggiati lasciami vattene nel tuo medioevo
vai a mordere orecchie a quei pezzi da novanta in bella mostra
alla Fao dal Papa a Gheddafi al principale esponente di casa nostra.

Chiedimi qualcosa di più significativo semmai, chiedimi un canto
pisano, una mano, un caffè corretto, non ti accontentare via
della mia miseria, parti, sorridi cerca un guanto un materasso la scia
di un falso profumo uscito in incognito da Coin come un incanto
addenta il bosco comincia a cantare canzoni a noi sconosciute
lascia perdere fazzoletti accendini calzini cerotti amenità mute.

Racconta che son qui per ascoltare e anche se ho furia.
Racconta la tua storia, la tua fatica, la rabbia e l'ingiuria:
io vorrei avere il coraggio per darti la mano fratello e non congedarti
io vorrei avere la forza di guardarti negli occhi e vedermi riflesso
e invece la confusione, una guardia giurata, la paura di far tardi
mi portano via senza una moneta senza un caffè senza me stesso.

martedì 17 novembre 2009

Passare accanto alle cose

«Ovunque si vada non si fa che passare accanto alle cose, - disse il pittore, - e poi si lasciano dietro alle spalle, mentre invece ogni cosa, ogni oggetto, tutto ciò che si è rapidamente appreso costituisce l'intera preistoria. Più s'invecchia e tanto meno ci si sofferma sui rapporti che si son già conosciuti, studiati, sviscerati una volta. Tavolo, mucca, cielo, ruscello, pietra e albero, tutto questo è stato già analizzato. Tutto ormai viene solo maneggiato. Gli oggetti, l'intera armonia delle invenzioni, completamente incompresa... non ci s'interessa più di ramificazioni, approfondimenti, sfumature. Ormai ci si preoccupa soltanto di collegare le cose in grandi linee. Tutt'a un tratto si dà un'occhiata all'architettura del mondo e si scopre cos'è: un'ornamentazione universale dello spazio e null'altro. Dai minimi rapporti e dalle riproduzioni più grandi - tanto, si scopre che si è sempre stati perduti. Con l'età il pensiero si riduce al meccanismo di tortura del toccare il tasto. Non c'è nessun merito. Io dico: albero e vedo enormi foreste. Dico fiume e vedo tutti i fiumi. Dico: casa e vedo i mari delle case delle città. Così dico neve ed ecco gli oceani. Un pensiero in fin dei conti mette in moto tutto. La grande arte sta nel pensare in grande e in piccolo, nel pensare sempre simultaneamente in tutti i rapporti...»

Thomas Bernhard, Gelo, Einaudi, Torino 1986 (pag. 19).

Ragnatele di novembre



Se novembre viene
e tu non sei presente
il tempo si umidifica
e trasforma cose in tempre:
se un raggio buca il cielo
di nebbia ispessito
puoi prendere il tuo dito
e colorare dal vivo in ognidove.
Bilioni di gocce impercettibili risaltano
la tela incerta di un ragno baldanzoso.
Io mi moltiplico qui
con questa scrittura bruma
e lancio un bacio come una noce
per masticare il presente.

lunedì 16 novembre 2009

Cercasi escort per filosofi di provincia



«Carità romana, titolo idiota o fatto per sviare, di una divina pittura di Guido Reni [...], dove una donna offre da tettare a un vecchio avido di conoscenza (o di vita: ma non c'è vita vera che nella conoscenza). Il gesto e il volto della donna sono un cantico dell'amore infinito, si tocca una delle profondità del mistero erotico, il legame tra il Vecchio e la Bella Fanciulla, in un dilatarsi d'onde della pura Bellezza. Chi ha mammelle così deve offrirle a chi ne ha bisogno intellettuale, non riservarle a lattanti incapaci di capire».

Guido Ceronetti, Un viaggio in Italia, Einaudi, Torino 1983 (pag. 64)

Interest will not lie

Pubblicato un altro mio articolo su Giornalettismo.
Buona lettura, se vi va.

domenica 15 novembre 2009

Tutto è vanità

«Questa frase è un sofisma: infatti, se è vera, è essa pura “vanità”, e se invece non lo è, allora quel “tutto” è sbagliato. Lei [l'intervistatore] dice che potrebbe essere il mio motto. Mi chiedo se davvero nella mia narrativa vi sia tanta catastrofe e “frustrazione”. Humbert è frustrato, questo è ovvio; anche altri dei miei “cattivi” sono frustrati; gli Stati di polizia sono orribilmente frustrati nei miei romanzi e nei miei racconti; ma le mie creature predilette, i miei personaggi più fulgidi - nel Dono, in Invito a una decapitazione, in Ada, in Gloria, eccetera - alla lunga escono vittoriosi. In realtà credo che un giorno qualcuno rovescerà il giudizio e proclamerà che, lungi dall'essere stato un frivolo uccello di fuoco, ero un rigido moralista che prendeva a calci il peccato, dava schiaffi alla stupidità, metteva in ridicolo ciò che è volgare e crudele - e attribuiva poteri sovrani alla tenerezza, al talento e alla fierezza».

Vladimir Nabokov, Intransigenze, Adelphi, Milano 1994 (pag. 236-7)

Laura c'è



Oggi sulla Domenica di Repubblica pagine inedite dell'incompiuta opera nabokoviana Original of Laura.
Lo comprerò? Sì, credo di si.
Ma comprandolo e, ancor più, leggendolo non trasgredirò alle volontà dell'Autore che avrebbe voluto fosse bruciato il manoscritto? Mi macchierò anch'io di un piccolo parricidio? No, sono d'accordo col figlio Dmitri.
Della mente nabokoviana non va persa nemmeno una briciola. Ogni sua parola, ogni frase, ogni suo pensiero è un dono che questo pianeta ha avuto la fortuna di raccogliere.
Grazie quindi signor Dmitri. Spero un giorno di aver la fortuna d'incontrarla passeggiando d'estate au bord du lac. Ero anche tentato di telefonarle, ma per dirle che? Che voglio bene a lei e a suo padre (e a sua madre, naturalmente)?

sabato 14 novembre 2009

Un altro guanto

«[Mi torna in mente la famosa prova che il filosofo] G. E. Moore adduceva dell'esistenza del mondo esterno. Egli levava in alto una mano e diceva: "Ecco una mano". Poi levava in alto l'altra e diceva: "Ecco un'altra mano. Le mani sono oggetti, dunque gli oggetti esistono".
Mi sovviene pure di una conversazione che ebbi con il positivista logico O. Bowsma. In quella circostanza assunsi una posizione estrema, sostenendo che la mente è essenzialmente indipendente dal corpo.
"Non ho difficoltà a immaginarmi in un altro corpo", dissi. "Sono assolutamente preparato all'eventualità di trovarmi, la settimana ventura, in un corpo totalmente diverso, poniamo uno che abbia tre braccia".
"Sei davvero preparato?" chiese Bowsma.
"Assolutamente!" risposi.
"Dimmi", ribatté Bowsma "ti sei procurato un altro guanto?"

Raymond Smullyan, 5000 avanti Cristo, Zanichelli, Bologna 1987

Stasera ho visto su Blob uno spezzone, tratto - credo - da una trasmissione di Canale5 condotta da B. D'Urso, in cui la bella Efe viene vanamente sbeffeggiata da un villico che la invita a farsi un nodo al pisello qualora le prendesse il desiderio di avere un figlio.

Traduzione simultanea

Come si dice in serbo rincoglionito?

venerdì 13 novembre 2009

Battaglia a campo chiuso



«Una nuova tecnologia non aggiunge e non sottrae nulla: cambia tutto. Nell'anno 1500, cinquant'anni dopo l'invenzione della stampa, la vecchia Europa non era la stessa con in più la stampa: era una Europa diversa. Dopo la televisione gli Stati Uniti non furono più l'America con in più la televisione: la televisione dette nuovi connotati a ogni campagna politica, a ogni casa, scuola, chiesa, industria. Per questo la lotta fra i media è così feroce. Ogni tecnologia è circondata da istituzioni la cui organizzazione - per non dire la loro ragion d'essere - riflette la visione del mondo sostenuta da quella tecnologia. Per questo, quando una vecchia tecnologia subisce l'attacco di una nuova, le istituzioni sono minacciate; e quando le istituzioni sono minacciate una cultura entra in crisi».

Neil Postman, Technopoly, Bollati Boringhieri, Torino 1993 (pag. 24)

Quante generazioni passeranno affinché la cultura televisiva (soprattutto quella italiana) entri in crisi? Quesito scaturito dopo la lettura degli ultimi post di Mantellini (1, 2, 3).

Tormento




Spero che Berlusconi visiti questa mostra e rimanga folgorato (sulla via di).

giovedì 12 novembre 2009

Ditemi ch'è vero

*

Chissà cosa resterà di questa Repubblica quando tutto questo sarà passato.
Perché un giorno Berlusconi finirà, vero?
Perché un giorno la Lega perderà consenso e sarà liquidata come parentesi politica, vero?
Perché una destra repubblicana decente comparirà sulla scena, vero?
Perché un Partito Democratico a sua volta decente si formerà, vero?
Perché al Vaticano non sarà più consentito di pesare sulle spalle di questo paese, vero?
Perché un giorno un velo sottile di decenza, di minimo pudore vestirà questa povera serva piena di dolore, di sconforto, di stupidità, di arroganza, di maleducazione e volgarità, vero?

Ma perché questa povera Italia mi fa soffrire? Perché non provo a pensarla diversamente da come la penso? Perché ho scelto cavalli sbagliati nella corsa della propria identità sociale e politica?
Se Berlusconi mi desse un milione di euro, la penserei diversamente? La mia “coscienza civica” bandirebbe questi foschi pensieri? Perché non riesco a essere un Capezzone? Io vorrei tanto essere un Capezzone: avere il sorriso sereno, la faccia beata, la replica pronta, lo specchio del bagno di casa che mi dice sei il più bello e il più bravo del reame. Io invece mangio mele avvelenate. Ho letto libri sbagliati. Mia mamma non mi portava alla messa la domenica mattina. Che cosa è successo? Potrò mai diventare uno di loro? Esiste una scuola, una paga speciale, un contributo alla mia rottamazione personale? Io mi voglio nuovo. Altrimenti voglio essere esiliato. Aiutatemi.

Una strofa


IX.

L'uomo riflette sulla propria vita,
come la notte sulla lampada. A un momento dato
oltrepassa i confini di uno dei due emisferi,
il pensiero, e scivola via, come fosse una coltre,
denudando qualcosa, forse un gomito; la notte
è ingombrante, questo è vero,

ma non così smisurata da pensare che ricopra
entrambi gli emisferi. E l'asia e l'europa
del cervello, e le altre gocce di terra in mare, e l'africa,
a poco a poco scricchiando sull'asse secca, ruotando,
esibendo la loro vizza gota,
verso l'airone elettrico.

Guarda un po': Aladino dice «sesamo» ed ha davanti l'oro;
chiamando Bruto, Cesare vaga nel deserto foro;
nel chiosco al Figlio del cielo parla d'amore l'usignolo;
una fanciulla dondola sotto il lume una cuna;
accenna sulla sabbia un papuaso nudo
un boogie-woogie.

Afa. Calciando al buoi col ginocchio scoperto, in sonno,
capisci all'improvviso, a letto, che è un matrimonio:
che s'è voltato su un fianco a mille miglia di distanza
un corpo, con il quale da gran tempo
hai in comune solamente il fondo
dell'oceano e l'esperienza

delle nudità; ma non per questo ci si alza in due.
Perché mentre laggiù c'è chiaro, qui nel tuo
emisfero fa buio. Per così dire, un astro solo
non basta per due corpi ordinari. Ossia
il globo è stato messo insieme, come voleva Iddio.
E non bastava un sole.

Iosif Brodskij, Ninnananna da Cape Cod, da Poesie, Adelphi, Milano 1986 [trad. Giovanni Buttafava]

mercoledì 11 novembre 2009

A colpi d'ascia 2*

Eschaton giustamente si esercita e ci educa: non bisogna essere sprovvisti di retorica fosse caso esser ospiti a Porta a Porta o intervistati, di volata, da una troupe televisiva.

*2 perché il primo colpo era qui.

martedì 10 novembre 2009

Raccogliamo le firme

Sostengo la mozione Malvino.

P.S.
Come si fa a raccogliere le firme? È tanto che non capito da Beppe Grillo... qualcuno mi aiuta?

Insegnare la contraddizione

Come Loredana, anch'io sono rimasto basito da quanto affermato da Giorgio Israel nel suo articolo I bambini addestrati a venerare lo Stato.
Il prof. Israel s'inerpica in triti discorsi sul buonsenso, sulla trasmissione delle conoscenze, sullo Stato liberale leggero. Ma, per Elohim!, chi governa da otto anni circa questo paese? I catto-comunisti dossettiani? Riguardo alle conoscenze: anche il maggiore Midal Malik Hasan ne aveva di conoscenze: era o non era uno psichiatra?
Per carità, la Costituzione è un contratto non è un feticcio: essa è criticabile e perfettibile. Ma le premesse per il miglioramento non vengono certo da questi discorsi a cazzodicane che negano in partenza la validità d'insegnare i fondamenti costituzionali a partire dalla Scuola primaria. Il problema è, semmai, come i docenti possano insegnare Cittadinanza e Costituzione nelle scuole statali di fronte alle palesi contraddizioni in cui incorrono poteri rilevanti della Repubblica (l'Esecutivo in primis, ma anche la quasi totalità del Legislativo), i quali si esprimono, governano e legiferano con toni e modi che vanno contro il dettato costituzionale (vedi, non ultimo, il caso del Crocifisso negli edifici pubblici e l'articolo 8 della Costituzione).
A me questi neoliberali italiani mi fanno rimpiangere Altissimo. O Altissimo ritorna fra noi.

lunedì 9 novembre 2009

Travi negli occhi

«Non cessiamo forse di provare compassione quando la distanza o la piccolezza dell'oggetto producono su di noi lo stesso effetto che la privazione della vista ha sul cieco? Tutta la nostra virtù dipende perciò dal nostro modo di percepire con i sensi e dalla misura in cui le cose esteriori ci impressionano. Per questo non dubito affatto che molti, senza il timore del castigo, sarebbero più disposti a uccidere un uomo tanto lontano da apparire davvero grande quanto una rondine, che non a sgozzare un bue con le loro mani. Non è forse lo stesso principio che ci guida quando proviamo compassione per un cavallo che soffre, ma schiacciamo senza scrupolo alcuno una formica?»

Denis Diderot, Lettera sui ciechi a uso di quelli che vedono 1749.

Le parole di Giovanardi non devono stupire: sono le parole di un uomo che vede in Stefano Cucchi non un altro uomo che ha avuto la tremenda sventura di venire ammazzato di botte per una sciocchezza madornale come quella di possedere venti grammi di fumo; per Giovanardi, Stefano Cucchi non è altro che una rondine lontana che, durante la migrazione, ha perso l'orientamento ed è rimasta sola, una semplice formica sperduta che non riesce a trovare la casa. Le sue ali sono state spezzate: che importa. Il suo corpo è stato pestato: pazienza.

La vita continua: ognuno ha la vista che si merita.

domenica 8 novembre 2009

Un reportage degno di nota

Segnalo da La Domenica de La Repubblica un superbo reportage di Jonathan Littell, Ritorno in Cecenia.
Leggere cosa accade da quelle parti e tirare un respiro di sollievo per aver avuto in sorte di nascere, vivere, abitare altrove. Al confronto, cosa accade nel sud d'Italia con la presa sulla società della criminalità organizzata sembra addirittura più accettabile e vivibile.
La prosa di Littell è pregevole per stile e contenuto: occhio vigile e perspicace, grande padronanza dell'argomento, afflato, partecipazione e distacco. Appena posso leggerò Le Benevole.
Sentite qui:

« È raro riuscire a rendersi conto di quanto le nostre rappresentazioni condizionino le nostre esperienze: in teoria lo sappiamo, ma ce lo dimentichiamo costantemente, e il nostro spirito vuole sempre credere che ciò che abbiamo visto, sentito e compreso concorra a creare una rappresentazione fresca e “obiettiva”. Quando Aleksandr Cherkassov mi dichiarava, a giugno: «L’inferno è diventato confortevole, ma è pur sempre l’inferno», o quando Oleg Orlov mi diceva che «il risultato di questa guerra interminabile, di questa colossale quantità di sangue versato, della violenza, è che ora laggiù stanno costruendo un sistema di tipo totalitario», io pensavo tra me e me: «Sì, forse, ma magari esagerano un po’, è talmente tanto tempo che sono dentro a queste faccende, gli manca la prospettiva». Tutti siamo invischiati nelle nostre rappresentazioni, questo lo sapevo bene: il mio errore era di pensare che le mie fossero più vicine alla realtà delle loro. E chi è che sa qualcosa della realtà? La realtà sono due pallottole in testa. E solo quelli a cui è successo hanno potuto vedere, per un istante più o meno lungo, la realtà piombargli addosso con tutto il suo peso, schiacciando qualunque rappresentazione, per sempre».

Mi chiedi sempre



Mi chiedi sempre come faccio

A mantenermi così bello
& a non ammalarmi mai - anzi a stare uno splendore.
Beh, visto che sei un uomo di mondo
& produci spettacoli
& io sono un attore
(quando recito)
Te lo dirò.

Sono andato giù dal Diavolo
Voglio dire: giù davvero.

Ora è chiaro
Perché sono così in forma
Per non dire - giovanile?

E soffermandosi a strofinare la guancia
Liscia come pelle di pesca, continuò:

Lo so, ti stai chiedendo come mai
Non mi becco la Peste
Con tutti quei tipi ad accendere candele
Sotto i miei piedini rosa.

Beh, sono andato giù dal Diavolo
& lui mi ha dato in cambio l'eterna bellezza.
Ma quel che il Diavolo non sa
È quel che io gli ho dato in cambio!

Di che si tratta? chiese il produttore

Ah vacci tu giù al Diavolo
A chiederglielo! rispose.

& scomparve in una nuvola della sua polvere d'oro.

James Purdy, 1986

[testo trovato in Nuovi Argomenti, n° 22, aprile-giugno 1987. Trad. Edoardo Albinati]

sabato 7 novembre 2009

La mi ribolle

Mi piacerebbe, domattina, avere il dono dell'ubiquità per partecipare a tutte le messe che si svolgeranno nelle chiese d'Italia e sentire, in contemporanea, tutte le prediche sacerdotali che saranno rivolte ai fedeli. Tutte. Per capire se c'è almeno un sacerdote, dal vicario di Cristo al più umile prete di provincia, che avrà il coraggio di ripetere il “possono morire” sbraitato in televisione dal Ministro della Difesa La Russa. “Possono morire”: cosa c'è di più anti-cristiano da dire?

Autodisciplina

Ha ragione Tommy David: l'autodisciplina bloggeristica è una specie di dolce schiavitù, è una sorta di tributo alla quotidianità, alla resistenza, alla partecipazione inconscia di un sapere collettivo. Ognuno secondo i propri mezzi, ognuno secondo le proprie possibilità, concedere la propria intelligenza o la propria bêtise, farla andare in giro per i viali peripatetici del web a cercar clienti, a offrirsi impudicamente spalancando le proprie inibizioni.
Sono certo di questo: nel mio piccolo e per la prima volta da quando ho il vezzo e il vizio di buttar giù righe, sento di fare qualcosa di buono, qualcosa che serve, prima di tutto a me stesso. La completa gratuità della cosa è un falso: io ricevo più di quanto do. E il ghigno o il sorriso, l'approvazione o il dissenso su quanto manifesto e pubblico (sia cosa mia o d'altri non importa: tutto è mio e tutto non lo è) è la moneta che mi permette di esistere, di essere qui e ora presente nella forma di me che prediligo: il pensiero, il mio “balbo parlare”:

Potessi almeno costringere
in questo mio ritmo stento
qualche poco del tuo vaneggiamento;
dato mi fosse accordare
alle tue voci il mio balbo parlare: —
io che sognava rapirti
le salmastre parole
in cui natura ed arte si confondono,
per gridar meglio la mia malinconia
di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.
Ed invece non ho che le lettere fruste
dei dizionari, e l’oscura
voce che amore detta s’affioca,
si fa lamentosa letteratura.
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s’offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Ed il tuo rombo cresce, e si dilata
azzurra l’ombra nuova.
M’abbandonano a prova i miei pensieri.
Sensi non ho; né senso. Non ho limite.
*

*Eugenio Montale, Ossi di seppia.

venerdì 6 novembre 2009

Mancato acquisto

(Sul Grave,
ma appena)

Entrai dal mio già abituale
fornitore, dopo
non so che lunga assenza.

Tutto era mutato.

Quasi
non riconoscevo il locale.

Nessuno al banco.

Diedi
una voce.
Aspettai
Aspettai a lungo.
Battei,
fuor di pazienza, le mani.

Apparve (sulla trentina,
di strano colorito) un tizio
(certo, di razza non latina)
da me mai prima visto
né conosciuto.

«Mi chiamo»,
mi fece, «Gesù Cristo.

Da tempo qui è cambiata gestione.

Venni con mio padre.
Sono anni.

Mio padre è morto.
Ora,
come voi stesso vedete,
son solo nella conduzione
dell'esercizio.
Comunque,
eccomi a voi.
Chiedete,
e cercherò d'esser pronto
a soddisfarvi.

Il conto
non vi preoccupi.

È un pezzo
che, specie s'è alto il prezzo,
oramai uso far credito.

Ditemi.
Salderete
come e quando vorrete».

....

Lo guardai.
Crollai il capo.

Aveva pur parlato,
è indubbio, a chiare e oneste note.

Ma allora, perché uscii a mani vuote? ...


Giorgio Caproni, Res amissa, da Tutte le poesie, Garzanti, Milano 2007

giovedì 5 novembre 2009

L'homme qui chavire



Per un soffio (500 miseri dollari) non mi son potuto aggiudicare questo mirabile capolavoro di Alberto Giacometti venduto da Sotheby's a New York per soli 19.346.500 dollari.
Peccato, l'avrei volentieri utilizzato per compagnia entrando negli edifici pubblici addobbati di Crocifisso.

P.S.
Mi si perdoni l'autocitazione. Ma questo mio laconico post mi sembra più azzeccato oggi che due settimane fa ai tempi dell'elogio tremontiano del posto fisso.

Senza titolo, 1

Pensiero fisso:
il vero debellatore
di Dio, è lui, il Crocifisso?

Giorgio Caproni, Versicoli del Controcaproni, da Tutte le poesie, Garzanti, Milano 2007

mercoledì 4 novembre 2009

Parla con me



IO Pronto Signore?

DIO Signore a chi? Come ti permetti. Io sono Dio, e basta.

IO A volte ancora mi sovviene chiamarti così, per rispetto.

DIO Suvvia, figliolo: falla poco lunga e parla. Qui a mezz'aria piove e tira vento.

IO Sarò breve. Volevo solo interpellarti sulla recente sentenza europea che vorrebbe schiodare i crocifissi dalle pareti degli edifici pubblici italici. Che ne pensi? Ti sentirai offeso se saranno tolti?

DIO Offeso? Sarebbe l'ora che fossero tolti! Sono d'accordo con le ragioni di Fabristol. E poi, alla corrente cattolica del culto che mi tributa onore e gloria vorrei ricordare che mio figlio, in croce, ci stette solo qualche ora. Dopo la morte, venne deposto e portato in un sepolcro. Il terzo giorno pare sia resuscitato.

IO Come pare? Resuscitò o no?

DIO Se te lo dico, cambia qualcosa? O ci credi o non ci credi. In molti ci hanno creduto. Comunque, dicevo (mi fai perdere il filo), a essere simboleggiato ed esposto in ognidove dovrebbe essere qualcos'altro, e cioè la Resurrezione

IO Ma circa la simbologia della Croce? Che mi dici?

DIO A me delle simbologie non m'importa nulla. Già è tanto complicato leggere la realtà, studiarla, analizzarla, conoscerla a fondo. La Croce avrebbe un senso se ogni volta, al posto di mio figlio, ormai schiodato, fosse messa una nuova vittima: ovverosia ogni figura umana che continuamente viene vittimizzata da uno o da molti dei suoi simili. Il Crocifisso così com'è, e come e dove è esposto, non ha più alcun senso.

IO Ma perché non dici queste parole ai tuoi rappresentanti in terra?

DIO Io con loro ho smesso di parlare da tempo. Anzi, non ci ho mai parlato. Loro dicono di rappresentarmi: in realtà, rappresentano se stessi.

IO E perché parli con me allora? Chi sono io per meritarmi tanto onore come tuo interlocutore?

DIO Tu non sei nessuno, come me in fondo. Io parlo al desiderio. Tu mi desideri così: c'è chi mi desidera diversamente e chi non mi desidera affatto. Io parlo a eventuali solitudini. Io pavento gli assembramenti, le ricorrenze, i luoghi a me consacrati. Io sto a mezz'aria e ora sto prendendo troppo umido per continuare a ragionare con te.
Adesso me ne vado, me ne torno al nulla eterno: questo reo tempo m'ha rotto, e poi non voglio arrugginirmi.

martedì 3 novembre 2009

Regole elementari

*

«La proibizione dell’incesto non è tanto una regola che vieta di sposare la madre, la sorella o la figlia, quanto invece una regola che obbliga a dare ad altri la madre, la sorella o la figlia. Le regole della parentela e del matrimonio ci sono apparse come tali da esaurire, nella varietà delle loro modalità storiche e geografiche, tutti i possibili modi di assicurare l’integrazione delle famiglie biologiche nel seno del gruppo sociale. Abbiamo così constatato che numerose regole, in apparenza assai complicate ed arbitrarie, possono ridursi a pochissime… Al limite, tutto l’imponente apparato delle prescrizioni e delle proibizioni potrebbe essere ricostruito a priori in funzione di una e una sola domanda: qual è, nella società in causa, il rapporto tra la regola di residenza e la regola di filiazione?»

C.Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, Milano, Feltrinelli, 1969, (pp. 613-17, 631)

Tristi coccodrilli



È morto Claude Lévi-Strauss.
Finita l'attesa per i coccodrilli.

Stato di marzapane

Ho scritto questo per i tipi di Giornalettismo.
Buona lettura, se vi va.

lunedì 2 novembre 2009

Un aiuto alla riflessione



«Ritengo che sono anche troppe le cose che, al mondo d'oggi, la gente riesce a capire. Quindi, se io gliele prospetto in modo che non le capiscano, ecco che essi hanno di che riflettere. E se la riflessione li tiene lontani dalle sale da biliardo¹, a me basta. Ne sono soddisfatto. È giusto quel che avevo in mente quando, fin dal principio, spiegavo la radio a Guglielmo Marconi».

Groucho Marx, da I fratelli Marx legali da legare, Bompiani, Milano 1989

¹Secondo voi, oggigiorno, per far rifletter la gente occorre tenerla lontana da che cosa? Dalla tv? Da Facebook? Si accettano suggerimenti.

domenica 1 novembre 2009

La prima regola

Illustrissima Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo della Repubblica Italiana,

«La prima regola di ogni patto costituzionale sulla convivenza civile non è che su tutto si deve decidere a maggioranza, ma che non su tutto si può decidere (o non decidere), neanche a maggioranza. Nessuna maggioranza può decidere la soppressione (o non decidere la protezione) di una minoranza o di un singolo cittadino. È questo il paradigma dello stato di diritto: la limitazione legale dei pubblici poteri, altrimenti assoluti, a garanzia dei diritti fondamentali. Anche la democrazia politica più perfetta, rappresentativa o diretta, è infatti un regime totalitario se il potere del popolo è in essa illimitato. Le sue regole sono senz'altro le migliori per determinare chi può decidere, ma non bastano a legittimare qualsiasi decisione o non decisione. Neppure all'unanimità un popolo può decidere (o consentire che si decida) che un uomo muoia o sia privato senza colpa della sua libertà, che pensi o scriva o non pensi o non scriva in un dato modo, che non si riunisca o non si associ con altri, che sposi o non sposi una data persona o resti ad essa indissolubilmente legato, che abbia o non abbia figli, che faccia o non faccia il tale lavoro, o altre simili cose».

Luigi Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Laterza, Roma-Bari 1989, pag. 899.