martedì 17 agosto 2010

Camicie Verdini

Umberto Bossi, su Verdini dichiara: «Chi è? Ma che ne so io. Non lo conosco abbastanza bene [...] Vedo che è abbastanza astuto quando ci sono le trattative, non è facile metterlo nel sacco. È uno che ha fatto strada. Ha banche, tutto, sue. [Comunque io di Verdini] non so un cazzo».

Giuliano Ferrara scrive: «Non ho competenze in materia di diritto bancario [leggi: “non so un cazzo di diritto bancario”], e questo giornale non ha alcuna relazione con la banca di credito cooperativo presieduta dal nostro partner editoriale Denis Verdini [leggi: “noi de Il Foglio non c'entriamo un cazzo con la banca di Verdini”], ma so abbastanza di politica, e di abuso mediatico-giudiziario della politica, per capire certi delinquenziali titoli di giornale seguiti all’ispezione della Banca d’Italia (“Così Verdini svuotava il forziere”), certi bassi toni corsivistici, certe ridicolaggini ben mascherate da atti d’accusa [leggi: “certa stampa cerca di mettere un cazzo in culo a Verdini”]. Ho già detto che non metto la mano sul fuoco per Verdini [leggi: “non sia mai che me la bruci, e che cazzo!], non avendone titolo nemmeno come suo amico (dagli amici deve attendersi amicizia, non omertà, che è l’amicizia tra complici o la sottomissione a una legge tribale), e Verdini ha correttamente risposto che ci pensa lui, a mettere la mano sul fuoco. [leggi: “mi sa che per spengerlo tal fuoco gli ci vorrà un cazzo d'estintore”]. Ma che sia in atto la mostrificazione, l’ennesima, di un uomo pubblico, e che codesto procedimento sia di natura strumentale e politica, difficile dubitarne [leggi: “provo a usar la mia proboscide per spenger il propagarsi delle fiamme intorno a 'sto cazzo di Verdini”].

Ora Cossiga è morto («requie a l'anema soja...» ovvero «i morti non fanno paura»). Verdini può stare tranquillo tre giorni. Non di più, mi auguro, sennò perde le sembianze “mostruose” e non lo "sacrificano" più.

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