lunedì 30 agosto 2010

Il Fuoco sacro. Introduzione (i)

Una storia mediologica delle invenzioni cruciali, dalla ruota alla scrittura alfabetica, ci ha permesso di chiarire l'emergenza, ieri mattina (VII sec. a.C.), di un Padre eterno e uno solo¹.

Tale storia ha lasciato nell'ombra la fonte dove si abbeverano le illusioni elettrizzanti – Deutschland über alles, France éternelle, Società senza classi, Regno dei Diritti dell'Uomo, Nuovo Ordine internazionale, Comunità delle Nazioni – venute in seguito a galvanizzare delle società sazie, alleggerite da ogni Assoluto. Anche in Europa dove, in controtendenza col mondo, l'individuo-re non riconosce più niente che gli si imponga o che lo obblighi e in cui il deperimento del sistema cristiano relega la fede alla sfera privata, l'avanzata del sacro e del santo, nel discorso pubblico, non si è certo fermata. L'eclissi proclamata delle trascendenze ha più stimolato che scoraggiato la nostra ricerca dei «valori indivisibili e universali», delle «referenze intangibili», dei «principi supremi», o dei «padri fondatori», di cui una modernità tanto presuntuosa quanto ingenua ci prometté un tempo di sbarazzarci.

Non è più la persona ma la funzione dio che si vorrebbe interrogare. La prima è instabile e mutevole, la seconda è motrice. E stabile. Riguardo al Sapiens sapiens sia d'Occidente che d'Oriente, del silicio o del bronzo, se c'è qualcosa in lui d'indomabile è la sua incapacità di accontentarsi non tanto di ciò che ha, quanto di ciò che è (e questo pare poco comprensibile e, probabilmente, senza speranza). Questa stimolante insoddisfazione si attesta nell'Homo religiosus, che ci ripete in tutte le lingue: «Ciò che voi siete non è, allo stato, accettabile. L'apparenza che voi percepite non il Reale (il velo di maya, v'impedisce di accedere all'Uno). E ciò che voi credete di essere oggi non è quello che voi dovrete essere domani per uguagliare ciò voi sarete all'inizio della vostra carriera». Un cambiamento nell'essere è dunque necessario, che farà morire l'ingrato dimentico della fede per farlo rinascere alla sua verità, per far di lui un risvegliato, un consacrato, un riunificato, in breve: un uomo riconciliato con se stesso. Questa insoddisfazione può servire da minimo denominatore comune al brahmano, al buddista, al cristiano, al musulmano, e altresì al taoista, giacché anche nella più ottimista delle religioni, che fonda la trascendenza nell'immanenza, l'essere unico e integrale è ancora da raggiungere. Se ci si lascia andare, si perde la propria vocazione. Raggiungere il principio creatore del cosmo esige sforzo e tensione costanti. Come fu detto fin dall'impero di Mezzo, le armonie celesti non cadono dal cielo.

Questa incompiutezza, questo deficit da colmare ispirano al povero diavolo convinto della propria insufficienza il desiderio di operare un lavoro su se medesimo, ricorrendo a una regola o a una disciplina. Queste disintossicazioni che mirano ad alleggerire il corpo e lo spirito dai cattivi grassi della mondanità vengono chiamate ascesi. Esse possono essere fisiche (digiuni, mortificazioni, danze o ginnastiche rituali), mentali (preghiere, meditazioni, esami di coscienza, letture), e più comunemente di entrambi i tipi. Si parlerà allora di conversione, di iniziazione o di santificazione. Sia che si miri ad abbracciare i ritmi naturali (il taoismo), o a disfarsi di una individualità illusoria (il buddismo), o a riassorbirsi nel tutto primordiale (l'induismo), o a obbedire a un Profeta (l'islam), o a redimersi dal peccato originale (il cristianesimo), nonostante vi siano differenti vie per pervenirvi [all'Essere], rimane evidente che resta sempre e ancora del cammino da fare. Infine, questi debitori in difetto occupati a risalire la loro china avrebbero bisogno di guide abilitate, mediatori o intercessori, gobetweens distinti che indossano un costume riconoscibile. Si ritroveranno questi professionisti dell'incantesimo – indovini, stregoni, sciamani, maestri yoga, preti e commissari del popolo – sotto diversi colori e regimi, qualsiasi epiteto gli si affibbi – poli, mono, pan-teisti o anche atei (società senza classi, lavoro militante e partito d'avanguardia usano strumenti simili).

Régis Debray, Le Feu sacré, Fayard, Paris 2003 (pag. 13-14 trad. mia)

¹ Vedi R. Debray, Dio, un itinerario, Raffaello Cortina, Milano.

3 commenti:

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

L'argomento mi coinvolge assai. Un altro francese, Marcel Gauchet, dava una definizione affatto diversa dell'homo religiosus. Ma aspetto il seguito per commentare.

Gians ha detto...

Una sana anarchia ci salverebbe da tutto questo.

Anonimo ha detto...

tempo sprecato
io non cerco dio
mi trovi lui, se ce la fa
è o non è un dio?
WW