Non so esattamente chi sia stato per primo a pronunciare questa frase:
«Ma cos'altro deve fare ancora quest'uomo perché tu smetta di difenderlo, di giustificarlo, di votarlo»?
(C'è anche un Gruppo su Facebook che sia chiama così).
Fatto sta che, forse anche perché è stata la domanda sospesa che Beppe Severgnini avrebbe voluto fare al Ministro Carfagna, - se fosse rimasto in studio a Matrix (vedi video trasmesso da Le invasioni barbariche qui dal 2'20'' alla fine) -, tale proposizione è diventata, in questi giorni, il cavallo di battaglia, la frase fatta di tutti coloro che si trovano a discutere con dei berlusconiani indefessi, in specie durante i “dibattiti” televisivi. Ripetiamola: ma cos'altro deve fare ancora quest'uomo [Berlusconi] perché tu [intelocutore berlusconiano] ti renda conto chi è [Minetti dixit]?
Bene, nonostante sia una domanda ineccepibile, mi sembra che, se usata a sproposito, essa perda il suo alto valore retorico. Soprattutto andrebbe usata solo alla fine della discussione, come “arma di riserva”.
Pensavo a questo, oggi, quando mi sono imbattuto in questa strofa dell'ode As One Put Drunk into the Packet-Boat (Come uno caricato ubriaco sul postale) di John Ashbery, nella traduzione di Aldo Busi*.
A look of glass stops you And you walk on shaken: was I the perceveid? Did they notice me, this time, as I am, Or is it postponed again? The children Still at their games, clouds that arise with a swift Impatience in the afternoon sky, then dissipate As limpid, dense twilight comes. | Un riflesso di vetro ti arresta e procedi infiacchito: fui io lo scorto? Si sono accorti di me, stavolta, come sono, o la cosa è di nuovo rimandata? I bambini tuttora ai loro giochi, nubi che s'alzano con celere impazienza nel cielo pomeridiano e poi si disperdono quando sopraggiunge la limpida, densa luce crepuscolare. |
*John Ashbery, Autoritratto in uno specchio convesso, Garzanti, Milano 1983
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