lunedì 24 gennaio 2011

Foglie secche


Il gioco funziona così: c'è un editorialista affermato in fase calante della sua considerazione pubblica (politica) che, per fare l'eccentrico e per far sì che qualcuno se lo fili, scrive una stronzatina politicamente scorretta, cosciente di averla scritta per attirare su di sé l'attenzione. È vero che poi molti – per riflesso condizionato – si indignano e lanciano appelli non facendo altro che abboccare ad un'esca intellettualmente poco invitante, dando così visibilità al modesto pescatore
Ma andiamo avanti. Ecco che a difesa del suddetto “pescatore liberale” si erge un altro fine elzevirista, il quale, per sostenere la sua tesi difensiva, tira in ballo un colosso del pensiero come Montaigne. E tra culi filosofici e altri cazzi metafisici ci viene a ribadire che il politicamente corretto è una farsa, come se non l'avessimo capito e ci volesse e ci voglia sempre e solo lui tutte le volte a ripeterlo, sennò magari ce lo scordiamo - e non si rende conto, il poverino, ch'è proprio questo suo ricordarcelo che diventa il coretto del politicamente corretto corretto – davvero nauseante.

La base del discorso, in soldoni, è questa: chiunque si appresta a difendere o a giustificare Berlusconi sappia che non potrà mai e poi mai avere una pezza d'appoggio intellettuale degna di questo nome. Visto che sono chiamati in causa, a sproposito, Montaigne, Macchiavelli, Croce, Bobbio vorrei che si provasse a immaginare davvero un famoso pensatore del passato che, se fosse stato alle prese col fenomeno berlusconiano, lo avesse giustificato. 
Avete cercato? Trovato qualcuno? Io credo che nemmeno quel geniale filosofo nazista e piccolo-borghese coi pantaloni alla zuava che fu Heidegger avrebbe speso una parola in difesa del grande cialtrone. Qui non ci sono destra/sinistra, liberale/integralista, conservatore/progressista che tengano. Il fenomeno Berlusconi travalica i limiti dell'intelligenza: è una lotta estenuante contro qualcosa che supera l'umana comprensione. All'ombra dell'albero Berlusconi ci sono molti, tanti (troppi ancora, forse) che mangiano i frutti; ma la moltitudine mangia solo le foglie accartocciate che si apprestano a concimare il terreno. Ogni tanto spicca qualche ghianda, boccone prelibato per i cinghiali.

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