venerdì 28 gennaio 2011

Un fragore di cordiale ilarità

Mi sono alzato con un nervoso addosso, una rabbia intensa, vera, forte¹. Oh se solo potessi colpirlo con qualche oggetto contundente, se solo potessi essere sicuro di centrarlo con un'incudine sulla crapa incatramata. Bum, colpito e affondato mezzo metro nel selciato. Ma il mio timore è che lui la scampi ancora come quell'antipaticissimo struzzo e io faccia la fine del nostro caro Willy
Ma perché somatizzare questa stronzaggine infinita? Cosa posso fare per non pensarci? A cosa posso pensare per non pensare a lui? Come posso estirpare dalla mia mente il mostro
C'è una soluzione:
Uccidere il tiranno [è] impresa tanto facile che [potrei] compierla senza muovermi da[lla mia] stanza. Per l'attentato potrei usare o una vecchia rivoltella ben conservata, oppure un gancio, sopra la finestra, che un tempo doveva servire per l'asta delle tende. Meglio questo che quella, poiché avevo i miei dubbi sull'efficienza d'una cartuccia vecchia di venticinque anni. Uccidendo me stesso avrei ucciso anche lui, poiché egli era totalmente dentro di me, ingrassato dall'intensità del mio odio. Assieme a lui avrei ucciso il mondo da lui creato, tutta la stupidità, la codardia e la crudeltà di quel mondo che, con lui, era cresciuto a dismisura dentro di me [...] Poi, d'un tratto, l'incredibile intensificarsi di tutti i sensi che m'aveva sopraffatto subì una metamorfosi strana, quasi chimica.² 
«Non è un paese libero quello in cui quando si alza [Egli alza la cornetta] il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle nostre conversazioni. Non è un paese libero quello in cui un cittadino può trovarsi sui giornali delle proprie conversazioni che fanno parte del proprio privato e che non hanno nessun contenuto penalmente rilevante. Non è un paese libero [Egli riaggancia la cornetta con difficoltà] quello in cui una casta di privilegiati può commettere ogni abuso a danno dei cittadini senza mai doverne rendere conto». (Ultimo videomessaggio di S.B.).
Il riso, in effetti, mi [ha salvato]. Dopo aver sperimentato tutti i gradi dell'odio e della disperazione, io [salgo] a quell'altezza donde lo sguardo spazia sul ridicolo. Un fragore di cordiale ilarità mi [ha guarito], così come succede in quella fiaba a un certo signore, «nella cui gola un ascesso scoppiò alla vista di un buffo cagnetto ammaestrato».³
¹Discutendo con una mia collega poco informata sui fatti, la quale ribatteva al mio livore riassuntivo con il solito qualunquista “ma sono tutti uguali”, ho replicato: «Sono tutti uguali un cazzoCi vorrebbe un golpe militare, le ho detto. «Sì, proprio così. È che un De Lorenzo oggi dove lo si trova». 
²Vladimir Nabokov, La distruzione dei tiranni, (Istreblenie Tiranov, 1938), Guanda, Parma 1990 (traduzione di Pier Francesco Paolini).
³Ibidem. 

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