giovedì 30 giugno 2011

La rinascita di un Paese

Domani la Polonia diverrà presidente di turno dell'Unione Europea*.
Andrea Tarquini, su R2, racconta come la nazione polacca sia diventata in poco tempo «la locomotiva d'Europa».

A fine lettura uno si domanda perché a Tarquini sia sfuggito che cosa abbia dato il via alla primavera polacca. 
E poi si capisce anche il perché Berlusconi usi elicotteri e piloti personali.

*L'acronimo Ue è da cambiare, necessariamente. Porta sfiga. Ue, ue, ue, va da sé, ricorda pianto e stridore di denti. E l'Europa ha bisogno di gioia. Proposta: UnEuro: vale a dire: caccia li sòrdi.

Odor di Bergamini

Profumo di Rai. Un grandissimo Bucchi.
Deborah: Ciao Nicchi, come stai?
Niccolò: Bene, insomma, bene una sega.

En attendant le bruit de la chute

Io, istintivamente, fraternizzo con queste analisi politiche e relative previsioni. E forse ho scoperto anche perché: per esorcizzare il fatto che tale tipo potere inverecondo, che Berlusconi e la Lega rappresentano, è ancora lì a comandare (leggi: fottere) e legiferare impunemente. Ma soprattutto: anche se questo governo dovesse presto cadere, il dramma è che non cadrà com'è caduto il fascismo, o come è stata spazzata via la real Casa di Savoia, ossia in maniera irreversibile. Ma - come scrive giustamente Leonardo -  il problema è che se il sistema berlusconian-leghista non sarà definitivamente deligittimato, esso si ripresenterà come se niente fosse accaduto, come se tutto debba ancora accadere.

Meduse nucleari


Ieri Electricité de France ha annunciato di aver chiuso martedì sera i due reattori della centrale di Torness, in Scozia, perché i filtri del circuito ausiliario di raffreddamento sono intasati da meduse, la cui specie non è stata comunicata. I reattori torneranno in funzione quando ne sarà calata la densità. Non c’era un rischio immediato, i reattori sono raffreddati a gas, ma il personale ha deciso di applicare il principio di precauzione.
Ocasapiens ci ricorda che i fattori emotivi riguardo al nucleare hanno ben ragione di essere.

L'abito non fa la monaca

*
Gentile Ministro Tremonti, anche i pick-up usati avranno una sovrattassa?

mercoledì 29 giugno 2011

Anche se un po' fuori dalla mia portata

Bvlgari lancia nuove montature per occhiali da sole. Dai 44000 ai 92000 dollari a paio.
Compagno Tremonti, per favore, abbia un rigurgito proletario.

Eugenetica per i pachidermi

C'è un articolo oggi sul Foglio a firma V.F. Ne parla Giglioli.



A margine mi chiedo: se un giorno gli atei devoti fossero a rischio estinzione, Giuliano Ferrara accetterebbe questo tipo di procreazione assistita? 
(Attenzione: video ad alto contenuto sessuale).

video scoperto grazie a Maïa

Un asfodelo peccaminoso

Ieri, lo Scorfano ha segnalato, opportunamente, la svista della Ministra che, presa da struggimento, ha confuso Corazzini con Fogazzaro (colpa delle zeta).
E Sergio Corazzini, il poeta crepuscolare per eccellenza che figura in tutte le antologie de' poeti italiani del Novecento, merita una rilettura e una riattualizzazione. E riportarlo tra noi, coi suoi versi delicati e suadenti, «tutt[i] rivolt[i] verso il futuro» per dirla con Sergio Solmi, è doveroso e, oserei quasi dire, necessario. Certo, come scrive Mengaldo nella sua celebre Antologia, in Corazzini si nota una «presenza assai minore di reagenti ironici». Egli non è mai blasfemo e irriguardoso nei confronti della tradizione. La piglia per il culo diversamente, diciamo così. Con più serietà, di modo che i benpensanti potevano (e possono) leggerlo senza accorgersi che la sua poesia piangevole in realtà reclama la goliardia.
Sto esagerando, lo so. Ma prendiamo a mo' d'esempio la lirica Asfodeli e sfogliamola, sostituendo, in cuor nostro, senza dirlo a nessuno, con la mano sulla bocca che ci impedisce di dire cazzo! al posto di cuore - e vedremo come tutto si chiarifica e dispone per annullare la malinconia crepuscolare e salutare i fuochi d'artificio della notte.


Madonna, se il cuore v’offersi,
il cuore giovine e scarlatto,
e se voi, con un magnifico atto,
lo accettaste insieme a’ miei versi

di fanciullo poeta, e se voi
con l’olio del vostro amore
teneste vivo il suo splendore
e lo appagaste de’ suoi

capricci assiduamente,
perché ieri lo faceste
sanguinare, lo faceste
lagrimare dolorosamente?

Tutte le sue gocce rosse
caddero a terra, mute,
e poi che furono cadute
il cuore più non si mosse

e come per incantamento
in ognuna fiorì un asfodelo,
il triste giglio del cielo
da l’eterno ammonimento.

Effetto Calabrò

*
La porcheria dell'Agcom fa cadere le braccia, ma non la voglia di camminare. Se per un attimo volgiamo il guardo a terra è perché qua da noi, in Italia, ancora ci dobbiamo occupare dei solerti censori di regime.

Splendido Mamet?

Sono quasi sicuro che domani, su Il Foglio, qualche solerte fogliante (forse Meotti?) replicherà a questa splendida stroncatura di Christopher Hitchens pubblicata su Rep. di oggi.
Ne riporto un brano.
Mamet rifugge dall'ironia, per i suoi precetti preferisce restare sul letteral-tradizionale. Nel caso non ci fosse mai capitato di leggerla, ci propina due volte la definizione della regola d'oro e dell'essenza della Torah offerta dal rabbino Hillel: «Ciò che non è buono per te non lo fare al tuo prossimo». Come per l'hayekiano imperativo della scelta, l'apparente ovvietà di questo concetto non basta a preservarlo interamente dalla contraddizione. Al colonnello Gheddafi, a Charles Manson e a Bernard Madoff mi piacerebbe che succedessero cose che non sono buone per me. Di che utilità è un principio che vale solo per la persona che lo pronuncia? 

Un Dio masochista

«Siccome Dio poteva creare una libertà che non consentisse il male (cfr. lo stato dei beati liberi e certi di non peccare), ne viene che il male l'ha voluto lui. Ma il male lo offende. È quindi un banale caso di masochismo». 
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 1952 (scritto datato 13 maggio 1938)
- Pronto Dio?
- Sì, ho capito, ho capito, vuoi sapere cosa ne penso, se Pavese ha ragione, se io sono masochista... Ma come diceva il saggio? Il sadico è un masochista che applica la regola aurea. Io faccio agli altri ciò che vorrei fosse fatto a me stesso. È che a me non arrivano col male. Inutile che mi bestemmino contro: on me ne frega un fico, io sono tutto e il contrario di tutto. È inutile che producano sacrifici nel mio nome: io non bevo il sangue animale, ma il latte delle stelle (no, non stalle: il latte della Lola bevetelo voi umani che dovreste venerare la mucca, mica me, dato che bevete copiosamente il latte vaccino, unico caso - o quasi - di mammiferi che si nutrono dopo lo svezzamento col latte di un'altra specie).
- Sì Dio, scusa se ti interrompo, ma il punto è: se potevi (e tu potevi!) "creare una libertà che non consentisse il male", allora perché non hai voluto ciò?
- Ma chi l'ha detto che potevo?
- Come chi l'ha detto? O non sei onnipotente?
- Calma ciccio. Questa storia dell'onnipotenza m'ha bell'e rotto i santissimi. Io non sono onnipotente secondo i vostri desideri di potenza. La mia potenza non coincide con le vostre aspirazioni. Il mio svolgersi nel tempo e nello spazio segue ragioni che voi umani non potete comprendere e che io non posso esprimere dato che per farlo devo usare un linguaggio che non è stato ancora inventato. Tutto è caso e necessità. Io sono lì dentro, avviluppato, imprigionato in delle logiche che qualcuno potrebbe, a giusto titolo, definire assurde. Ma l'assurdo è un concetto che svanisce se disteso nel miliardesimo. Voi umani fate sempre lo sbaglio di far uscire la vostra mente dalla partizione di tempo e spazio concessavi. Tenete a freno le fantasie, non immaginate, state calmi, concentratevi sui vostri limiti, state nel segmento, lasciate perdere le linee rette sennò vi diventano i capelli bianchi e scompigliati come un pazzo; occupatevi di orologi svizzeri e di puttane, girls e trans, depilatevi i coglioni prima che prendano la forfora con questo caldo fottuto e non fidatevi delle geniali intuizioni dei poeti. Date retta a me: state nell'ovile, seguite il buon pastore che il mondo è pieno di lupi.
- E chi sarebbe il buon pastore, se è lecito dimandare?
- Ve sono di vario tipo, sparsi per il mondo. Ognuno fa riferimento a un'Entità che può essere ricondotta al mio nome. Uno vale l'altro, segui pure la tradizione locale.
- Ma io non me la sento di seguirti religiosamente.
- Allora seguimi politicamente. Ce ne sono tanti di esempi di pastori politici. Trova quello che più fa per te. Meglio sarebbe se tu ne seguissi uno che porta scritto il nome nel suo simbolo elettorale. E che si faccia chiamare Presidente anziché segretario.
- Wow, Dio, sono steso. Vado a letto subito. Ma prima volgerò gli occhi al cielo, puntando a nord ovest dove si trova il Grande Carro. Mi rilassa.
- Bravo. Fai così. Abbronzati con la luce delle stelle. Sogni d'oro.

martedì 28 giugno 2011

Nozze di diamante

Sessant'anni di sacerdozio domani per il Papa. Già hanno scritto gli auguri. Interessanti questi del card. Bagnasco. Soprattutto alla fine quando scrive:
«Il Signore lo sostenga, lo faccia vivere beato sulla terra, non lo consegni a ciò che hanno in mente i suoi nemici».
Ecco, sarei davvero curioso di sapere chi sono, secondo Bagnasco, i veri nemici del Papa; e a chi o a che cosa essi vorrebbero consegnarlo. Io penso che qualcuno si limiterebbe a farlo salire su un carro festante di un Gay Pride, con il bianco abito talare con lo spacco e un frustino per impartire la benedizione.

P.S.
Si vede che ho imparato a catturare la schermata?

Chi comanda chi

«Ancora mi risuonava nell'orecchio la frase con cui mi aveva invitato a entrare senza indugi nella trattoria Occhio di Dio, accennando a un'iniziazione in una questione più o meno filosofica che per lui era importante come nessun'altra, frase pronunciata dopo che, dal lato opposto della strada mi aveva fatto cenno di avvicinarmi alzando in aria la stampella destra, e io, come mi venne da pensare anche stavolta, avevo eseguito automaticamente l'ordine di raggiungerlo sull'altro lato della strada e poi di andare con lui all'Occhio di Dio, nei tanti anni in cui ci siamo frequentati mi ero ogni volta riproposto di non obbedire ai suoi ordini, qualunque fossero, ma poi ogni volta avevo eseguito i suoi ordini e immediatamente, non avevo altra scelta, i suoi ordini andavano eseguiti e basta, io ero incapace di sottrarmi al suo potere di impartire ordini».

Thomas Bernhard, I mangia a poco, Adelphi, Milano 2000 (pag. 69, traduzione di Eugenio Bernardi)

lunedì 27 giugno 2011

Meglio goda uno solo che molti

Io credo che tanta ostilità, che ancora persiste, contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sia dovuta al fatto che, là dov'esso è consentito, la coppia omosessuale mostra scandalosamente la possibilità di essere felice. È la felicità altrui che dà noia, la felicità diffusa, condivisa. 
Non si sa perché certa classe politica e dirigente preferisce ostacolare la felicità altrui; forse per soddisfare il sentimento di rivalsa dei risentiti, di coloro che soffrono perché qualcuno gode e loro no, e per questo sono contratti, repressi, insoddisfatti, pronti solo a concedere, a volte ad applaudire, il godimento di uno solo che loro percepiscono grande e degno di massima lode. È così difficile sentirsi uguali per certuni, che è meglio per loro rifugiarsi nell'odio del diverso. Solo lo stronzo può permettersi di fare quel che gli pare, ma loro lo chiamano Presidente.

P.S.
Pare che, in un primo momento, la Carfagna avesse dovuto indossare questo vestito ideato appositamente dal suo caro Presidente.

Non sono pazzi

«No, non sono pazzi questa gente che si diverte, che gode, che viaggia, che fotte, che combatte - non sono pazzi, tanto è vero che vorremmo farlo anche noi».

Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, (21.11.1937), Einaudi, Torino 1952

[...]

I blogger devono cedere alla tentazione di cadere nel privato? Non lo so, io ci cado e chiedo venia. È che sono triste, sono scosso per un accadimento, una tragedia familiare vera e propria, che ha toccato la comunità ove vivo.
Un uomo che conosco, 29 anni, figlio di amici di famiglia, è morto ieri mattina in un incidente stradale. A bordo della sua Panda c'era la moglie, maestra di danza delle mie figlie, era incinta, è stata sbalzata fuori dall'auto e ha perso il bambino, che non è stato possibile salvare. Era al settimo mese di gravidanza. Ora è a Careggi in terapia intensiva. Stavano andando all'Ikea a comprare il lettino. Ad andargli addosso con la sua Opel Antara è stato un altro uomo, un carabiniere (ma non vuol dir niente) che stava correndo in ospedale perché la moglie l'aveva chiamato che aveva perso le acque e stava partorendo. Lui è uscito illeso. 
Stamani sono stato alla misericordia, alla stanza mortuaria, così per salutare la famiglia. E ho visto Nicola, 29 anni, dentro la bara, con la foto della moglie e del bambino vicine sopra la sua testa. E sai che piangere è  inutile, che le parole non ci sono, che domani in chiesa chissà a quali santi si voterà il prete per giustificare l'assurdo, per nominare quella parola che spaventa la nostra società fatta per tutto, tranne che per il dolore.

domenica 26 giugno 2011

Gli spettri di Marx

Finalmente capisco qualcosa sulle vere cause della crisi finanziaria che attanaglia l'Europa (e il mondo).
Grazie a questa acuta analisi economico-politica, che sarà anche scritta a matita, ma il suo tratto - a mio avviso - è indelebile e illuminante.
Ha un solo difetto: mi fa scivolare a sinistra, a me, che sono uno sporco individualista che tutto vorrebbe fuorché vivere in un kibbutz.

Dello svaporare


«Il destino di Narciso è dunque, per Rilke, il destino dell'uomo che rifiuta i limiti della propria condizione, che si perde nel tentativo di raggiungere la forma di esistenza concessa solo all'angelo. O, detto altrimenti, gli angeli sono per Rilke nature alle quali , in quanto «opera prima felice» e «beniamini […] del creato», è concessa la forma d'esistenza che l'uomo, al quale è totalmente contrapposta, brama nell'intimo. Così l'immagine di Narciso, che si perde nell'anelito di superare i limiti dell'esistenza umana, non rimanda soltanto alla perfezione degli angeli, ma anche all'imperfezione dell'uomo. E il passo della seconda elegia, tra la seconda e la terza strofa, in cui l'angelo non viene nominato, è il punto in cui si realizza il ribaltamento dell'inno agli angeli nel lamento sulla condizione umana.

Poiché noi sentendo svaniamo; ah, noi
esaliamo fino ad estinguerci; un legno che di ardore
in ardore dà sempre più tenue profumo. Uno dice:
sì, tu mi sei dentro nel sangue, questa stanza, la primavera
è ricolma di te... A che giova, non ci può trattenere,
in lui, intorno a lui dileguiamo. E quanti son belli,
o, chi li può trattenere? Senza posa sorge sembianza
sul viso loro e dispare. Come rugiada dalla tenera erba
ciò che è nostro svapora da noi, come il calore da una
calda vivanda. O sorriso, ove tendi? O sguardo:
nuova, calda onda che sfugge dal cuore –;
ahimè: eppure questo lo siamo. L'universo in cui dilaghiamo,
dissolti, ha forse sapore di noi? Afferrano gli angeli
solo del proprio che da loro promana
o talora, per una svista quasi, vi s'insinua un poco
dell'essere nostro? Siamo forse nei tratti loro
frammisti quanto il vago nei visi
di gravide donne? Non lo notano, nel turbine
del loro ritorno a se stessi. (E come notarlo.)

Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, (Seconda elegia, vv 18-36. Traduzione Anna Lucia Giavotto Künkler per Einaudi editore)

[…] Quando l'uomo sente, quando si apre al sentire, svanisce. Non diventa più ricco, ma si dissipa, si esaurisce. E questo non accade soltanto in quel particolare dischiudersi del proprio essere. Già il respiro è un esalare. Ciò che dall'uomo effluisce, non torna mai più a lui. In tal modo si indebolisce sempre più l'intensità della sua esistenza, come se egli fosse un focolare che non conosce il vero fuoco, ma soltanto la brace, e che anche così, di ardore in ardore, diventa sempre più flebile, esala un sempre più tenue profumo.»

Peter Szondi, Le «Elegie duinesi» di Rilke, SE, Milano 1997 (ed. originale, Frankfurt Am Main 1975, traduzione di Elena Agazzi).

Golpe letterari

[...] La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori.
Se le cose stanno così, la domanda è: cosa si fa in un caso del genere, in cui la democrazia si annulla da sé invece che per una brutale spinta esterna? Di sicuro l'alternativa che si presenta è: o si lascia che le cose vadano per il loro verso onde garantire il rispetto formale delle regole democratiche (per es., l'esistenza di una maggioranza parlamentare tetragona a ogni dubbio e disponibile ad ogni vergogna e ogni malaffare); oppure si preferisce incidere il bubbone, nel rispetto dei valori democratici superiori (ripeto: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la difesa e la tutela del «pubblico» in tutte le sue forme, la prospettiva, che deve restare sempre presente, dell'alternanza di governo), chiudendo di forza questa fase esattamente allo scopo di aprirne subito dopo un'altra tutta diversa.Io non avrei dubbi: è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come? Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente. Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d'emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale[...]

Ogni tanto ripenso alle parole sopra scritte di Asor Rosa e alle critiche che gli piovvero addosso - e giustamente. E ci ripenso perché mi pare impossibile che un intellettuale del suo "spessore" sia incorso in un simile abbaglio.
Chiedere in Italia, da sinistra (dalle pagine de Il Manifesto poi!) il ricorso ad un golpe militare... è come se gli omosessuali chiedessero aiuto al Vaticano per avere concesso il diritto al matrimonio.
In Italia, se mai un colpo di stato sarà possibile (anche se, come dice Corrado Guzzanti, ne è già in corso uno da diciassette anni) lo sarà solo da destra - e mi sembra strano che ad Asor Rosa sfugga questo particolare.

Facciamo un'ipotesi assurda: se Berlusconi avesse portato al governo i post-comunisti anziché i post-fascisti e i leghisti, e il suo esecutivo avesse avuto un'impronta sinistrorsa à la Chavez, non dubitate: non ci sarebbe stato bisogno di aver invocato le forze dell'ordine affinché Palazzo Chigi, Montecitorio, Palazzo Madama e anche la Rai fossero stati occupati dall'Esercito.
In breve: un simile governo fogna sarebbe già stato "spurgato" con la forza, e la cintura di sicurezza dei celerini intorno ai palazzi del potere si sarebbe allentata e rivolta contro i governanti stessi anziché contro il "popolo" che protesta.

E qui andrebbe fatto - ne fossi capace - una seria disanima sull'attuale tenuta democratica dei quadri dell'esercito italiano. Certo, sessantacinque anni di Repubblica a qualcosa saranno serviti. Ma, nel loro intimo, i comandanti di alto grado dei vari reparti come la pensano politicamente? Se sentono un fischio, corrono da Napolitano o da La Russa (o Gianni Letta)? E ancora: da quando - e meno male - la leva obbligatoria è stata sospesa, quali classi sociali e di che ispirazione politica vanno a fare il mestiere militare? Se non ricordo male, fino a qualche anno fa, anche solo aver avuto come cugino di secondo grado un esponente di un partito di sinistra escludeva l'accesso all'arma dei Carabinieri e della Polizia, o sbaglio?
Nelle Accademie militari quali libri, quali riviste, quali quotidiani sono letti? La Letteratura Italiana di Asor Rosa sta nello scaffale di qualche comandante? Viene preferito Giorgio Bocca o Giampaolo Pansa come libro dell'estate?

[Ecco perché, forse, Roberto Saviano fa paura a questo governo: perché è l'unico intellettuale in grado di esercitare un'influenza positiva nei confronti dei quadri di comando dei vari reparti dell'esercito e delle forze dell'ordine, in favore della Repubblica e della democrazia, ma negativa per il potere berlusconiano. Ecco una possibile ipotesi di lavoro per capire le ragioni della rottura di Saviano con la Mondadori prima, e con la Rai poi.]

Insomma, l'auspicio di Asor Rosa avrebbe qualche credito solo se coloro che s'incaricano del golpe fossero suoi allievi, che nel nome di Ungaretti, di Pasolini e di Calvino schiacciano la testa definitivamente al despota usurpatore.

sabato 25 giugno 2011

Essere narcisi

Fossi Berlusconi, andrei a New York a sposare me stesso.

Il lestofante

E non mi sembra vero
rimanere accanto a te
ad ascoltare parole
urlate, confuse, sole -
a fare compagnia a te
che non sei mai stato sincero.

Il motivo vero
è la ragion di credere che male non fa
udire disperazioni altrui
intelligibili anche nel volto buio
di una mosca che volare non sa.

Applicare sorrisi
su labbra illese
da continui movimenti di apertura:
anche per mangiare
fatichi
da fa paura.

Scaffali stipati, sbiaditi,
complessi, compressi, complicati
senza molti ideali.
Varietà di colori, di inchiostri
e finestra aperta, poco o niente,
esposta a ponente.

Crisi di riposi salutari
per la mancanza
di panchine nei viali solitari
e la noncuranza
della viabilità dei binari
su treni ormai ritardatari.

Pendii leggeri affaticano
il cammino:
sfiancato da asperità diafane
sciogli il cane
ma non s'allontana
dalla bestia-padrone.

Finalmente fontane!
Getti chiari, limpidi
rimbalzano, zampillano su pietre
fradice, consumate da gelide
acque di neve. Purtroppo un piede
finisce tra le decine di rifiuti
della discarica abusiva:
la sete è finita.

Vento: ti arrampichi a stento
in cima
ad un'improbabile collina:
e lo scompigliamento
ti piglia
in men che non ti dico.

Vento: discendi di corsa
giù per il campo arato:
ti fermi in fondo alla scesa
respiri col fiato sospeso
sorridi senza anima viva:
peccato per le scarpe sporche
di mota radioatttiva.

E mi è sembrato vero
restare accanto a te
ad ascoltare parole
pacate, decise, non più sole -
a fare compagnia a te
che non eri mai stato sincero.

Aprile 1987



venerdì 24 giugno 2011

Soprattutto il popolo italiano

«Al popolo io non ho mai guardato con entusiasmo, non l'ho mai visto in una scala di valori, ma sempre nell'ambito di princìpi ordinativi e di suddivisioni in gabbie, sempre con un carico di oppressione e perdite addosso. (Ma evidentemente ci sono stati solo due popoli che si "sono compiuti": i Dori e i Francesi, mentre tutto il resto è stato solo velleità)Lettera a Olze, 2 febbraio 1934

Gottfried Benn, Pietra, verso, flatuto, Adelphi, Milano 1990 (trad. di Gilberto Forti).

Un maestro in cattedra

The Party of Love

La sacra discarica 2

 Daughter - Landfill (taken from the 'His Young Heart' EP) by ohDaughter 

Throw me in the landfill
Don't think about the consequences
Throw me in the dirt pit
Don't think about the choices that you make
Throw me in the water
Don't think about the splash I will create
Leave me at the altar
Knowing all the things you just escaped

Push me out to sea
On the little boat that you made 
Out of the evergreen
That you helped your father cut away
Leave me on the tracks
To wait until the morning train arrives
Don't you dare look back
Walk away, catch up with the sunrise

This is torturous
Electricity between both of us
And this is dangerous
'cause I want you so much
But I hate your guts
I hate you

So leave me in the cold
Wait until the snow covers me up
So I cannot move
So I'm just embedded in the frost
Then leave me in the rain
Wait until my clothes cling to my frame
Wipe away your tear stains
Thought you said you didn't feel pain

Well this is torturous
Electricity between both of us
And this is dangerous
'cause I want you so much
But I hate your guts

I want you so much
But I hate your guts

Well this is torturous
Electricity between both of us
And this is dangerous
'cause I want you so much
But I hate your guts

I want you so much
But I hate your guts

Artisti al palo

Peccato che Lele Mora sia in carcere, altrimenti avrebbe scritturato la ragazza per uno spettacolo di fine giugno a Villa Certosa.
(via)

La sacra discarica


Our question of a place of origin hangs
Like smoke: how we picnicked in pine forests,
In coves with the water always seeping up, and left   
Our trash, sperm and excrement everywhere, smeared   
On the landscape, to make of us what we could.

Il nostro interrogativo su un luogo d'origine aleggia
come fumo: il modo in cui facevamo scampagnate in pineta,
in vallette dove l'acqua affiorava sempre, e lasciavamo
i nostri rifiuti, sperma ed escrementi ovunque, spalmati
sul paesaggio, per fare di noi quello che potevamo.*

John Ashbery, Street Musicians

A volte, in certe poesie, trovi certi versi che rivelano, anzi: gettano luce su realtà lontane nel tempo e nello spazio, senza che questo sia, per ragioni ovvie, nelle intenzioni dell'autore. È il caso di questi cinque finali della poesia di John Ashbery sopra riportati.

Il nostro interrogativo su un luogo d'origine aleggia come fumo

E pensi a Bossi e a tutti coloro che riempiono i prati verdi delle Pontida del mondo. Non esiste alcun luogo d'origine a cui valga la pena attaccarsi per dare un senso alla propria esistenza. Ogni nostra marcatura di territorio è fumo. Sì, per un po' lo schizzetto d'orina agli angoli delle contrade emanerà un odore acre che darà l'impressione di salvaguardare le proprie 

«vallette dove l'acqua affiora[va] sempre».

Solo una cosa di noi resterà a presidiare il territorio sacro delle nostre origini:

«i nostri rifiuti, sperma ed escrementi ovunque, spalmati / sul paesaggio, per fare di noi quello che potevamo».

Proprio così, noi diventeremo ciò che potremo diventare: cellule spalmate sul territorio come polvere, come polline per fare "starnutire" chi verrà dopo di noi.

*Traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan, in Un mondo che non può essere migliore, Poesie scelte 1956-2007, Luca Sossella Editore, Roma 2008

P.S.
Mi permetto di rimandarvi a questo mio componimento di qualche anno fa.

Categorie del male

Sono tentato dalla stregoneria.
(via)

giovedì 23 giugno 2011

Chiamate Frattini

Nuovo tentativo di mediazione sul Nagorno Karabakh | euronews, mondo

Nella vita quasi tutto è passatempo

«Si potrebbe vedere il reale dal disotto recluso, dove non resti che il meditabondo sprofondarsi e allargarsi nell'acqua. La compagnia non sarebbe che l'irriducibile resto della società, paragonabile alla casacca e all'abitudine dei sensi - vedere un muro, sentire una voce, respirare il cielo. Il sostrato della vita di chiunque fatto presente, e penetrato con fermezza, stante che chiunque può capitare in quel posto e qualcuno c'è sempre, anche se sia un altro; e la vita non consiste che in adornare variamente questo eterno reale. Lo sforzo sarebbe di raggiungere subito l'adattamento senza sbavatura residua.
Si scopre così che nella vita quasi tutto è passatempo, onde il proposito che formerebbe il prigioniero di vivere, se uscirà, come l'eremita, succhiando il suo passatempo, cavandone tutto il midollo. Che si propongono tutti i prigionieri. E la vita passata risulterebbe spensierata e febbrile, per le disordinate pretese che l'hanno viziata. qui il pensiero ridotto a superfluità, rivela quanto nella vita sia strambo vivere per mezzo suo lottando e progettando. Non mai dimenticare che, sotto tutto, l'uomo è nudo. C'è un caso in cui ci si spoglia nudi e ci si mostra: ed è per fare la cosa meno ragionevole e più vergognosa della vita.»

Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, (28 dicembre 1936), Einaudi, Torino 1952

Lucas, ti aggiri nel sottobosco, leggi, implodi. Le tue palle ancora ci sono, dilatate dal caldo. Soffri, le ascelle rispondono acidamente, mentre una testadicazzo davanti inchioda senza un perché. Ruggisci. Vorresti fare un bagno nel tuo sudore, mentre Malika ti canta Controvento. Pensi di passata all'Italia, ai suoi misteri squallidi. Urli. Non c'è nessuno che sorride in questa tangenziale. Solo uno che piange senza sapere perché, o forse sì, ma non osa confessarselo. 
Hai visto un muro, ma hai frenato. Hai sentito una voce, ti ci sei bagnato. Ma non hai potuto respirare il cielo perché ancora lordato dai fetidi miasmi di un potere che da troppi anni ormai, forse da sempre, ammorba l'Italia.

mercoledì 22 giugno 2011

Buonanotte Sole


«Con la messa a punto della nozione di irreversibilità la termodinamica presenta i conti alla teoria del progresso, semplice filosofia della storia, come 'filosofia' della storia del sistema solare. L'asimmetria del tempo, mentre dà ragione di ciò che in termini di storia si chiama progresso, lo individua come un momento del processo generale di dissoluzione, di cui il progresso è l'irruzione precipitosa nel cuore stesso della storia. Nella sublimazione del progresso a redenzione in cui verrebbe coinvolto il mondo, che non ne sa nulla, è come se agisse l'impulso stesso della termodinamica, spietata erede dei problemi della 'salvezza'. La seconda legge della termodinamica è “la più metafisica fra le leggi della fisica” [H. Bergson, L'evoluzione creatrice], ma nello stesso tempo la più fisica. Volentem ducunt fata, nolentem trahunt: saremo tutti salvati a forza. I redenti si dissolveranno nel sistema solare come gli ebrei dal tubo del camino. La salvezza schernisce l'individuo che l'invoca, mostrandosi. L'idealismo mondiale, che il misero idealismo id scuola persegue come grandezza del sognatore, trattiene con la rappresentazione ciò che già sub specie aeterni è scomparso. L'idea della fine del mondo nasce nella comunità scientifica come segno ecclesiale. Li unisce nel suo nome l'angelo sterminatore della fisica. Dal dolore della fisica nasche l'eschaton: il promesso annientamento del mondo. Per caso esso realizza la giustizia.»
Manlio Sgalambro, La morte del sole, Adelphi, Milano 1982

Invocazioni del cazzo


Sacro Cuore di Gesù,
non passa giorno che una gerarchia ecclesiastica dimentica di te non mi avvilisca con insulsi interventi in materia politico-economico-istituzionale, e questo rende ancora più indispensabile la tua presenza che invece è squisitamente mistica. Dalla Puglia sono appena venuto a conoscenza dell'esemplare vicenda di un ricco settentrionale, fresco proprietario di un antico trullo. Subito decide di sradicare la vigna circostante per metterci la piscina e poi, osservando all'interno un altarino con la tua cara immagine, davanti alla quale hanno pregato generazioni di contadini murgiani, esclama: “Ma che roba è, Medioevo superstizioso? Qui ci faccio un secondo cesso”. Uscito dal trullo infarto fulminante. Morto. Sacro Cuore di Gesù, maestà infinita, tempio santo di Dio, generoso verso coloro che ti invocano, grazie.
Camillo Langone, Il Foglio, 22 giugno 2011 

Quando ero piccolo, in casa era mia zia che si occupava di educazione religiosa (ho una mamma “agnostica”). E mi ricordo che, quando passavamo davanti a un'edicola religiosa, bisognava farsi il segno della croce (sapete? Ancor oggi, quando mi càpita di passarci davanti mi sorprendo a segnarmi). Mi ricordo anche quando mia zia raccontò di un tizio che petò di proposito davanti a una madonnina, e leggenda volle ch'egli rimase, seduta stante, paralizzato.
Capite bene che, per un bambino, certe immagini si imprimono a fondo nella memoria.
È la ragione per cui il meme religioso è così difficile da debellare. Per questo è comprensibile, ma non giustificabile che i chierici di ogni religione tengano molto ad educare religiosamente i bambini. Come diceva il gesuita Francesco Saverio? «Datemi un bambino di sette anni e vi mostrerò l'uomo».
Ma i tempi sono cambiati. Nella nostra società secolarizzata non ci credono più nemmeno i preti a certe cose. Continuano a crederci gli stronzi che invocano a posteriori il dio per l'accaduto.
Se le maledizioni avessero una qualche efficacia non ci sarebbe bisogno dell'intervento della Nato in Libia o in Afghanistan, non ci sarebbe bisogno della magistratura, non ci sarebbe bisogno di uccidere il coniuge in favore di un'amante, non ci sarebbe bisogno di questa fottuta attesa della rivoluzione.

martedì 21 giugno 2011

Oh, yes

La sofferenza delle parole

«Il presidente del consiglio ha fatto bene a richiamare all'ordine l'unità dei riformisti e dei moderati che si riconoscono nel popolarismo europeo».
È passata circa una mezz'ora da quando il ministro Sacconi ha pronunciato questa frase a Ballarò. Io non guardo Ballarò, ero fuori e una finestra era aperta e ho udito Floris dare la parola a Sacconi, e Sacconi dire questa frase, e questa frase mi è rimasta in mente nonostante, nel frattempo, abbia fatto due passi, abbia mangiato due lamponi, abbia salutato due lucciole e sentito il lontano dlin dlon delle mucche al pascolo. Ecco, nonostante molte distrazioni bucoliche questa frase mi è rimasta in mente e soffro e invoco il cielo e le stelle e i grilli che cantano di non farmi mai pronunciare frasi simili, mai, mai e poi mai.
Lo so che avere l'ardire di pronunciare frasi simili è il viatico più sicuro per diventare qualcuno nella politica, nell'economia, o in qualche altro posto di rilievo dell'establishment. Ma io sono allergico a questo tipo di linguaggio, lo sono sempre stato. Ma perché sono così sensibile? Perché i miei geni e i miei memi non si sono adattati a queste forme di linguaggio stereotipato? Ecco perché non occuperò mai posti di potere: perché non riesco torcere la lingua a dei bassi fini, non so far male alle parole, non riesco a mandarle in giro piene di travestimenti e inganni, non riesco a prostituirle affinché possano riportarmi indietro qualcosa, a me che tutto ho tranne la vocazione del magnaccia.
Povere parole offese: possa, nel mio piccolo angolo di rete, offrire un rifugio alla vostra voglia di essere libere, non tanto dalla finzione, quanto dalla turpitudine.

Buongiorno farfalline

lunedì 20 giugno 2011

Buonanotte lucciole

via

La ricchezza non è una malattia contagiosa


Non è finita oggi con le utopie. Pensavo a come far sì che, gradualmente, l'idea di essere ricchi diventi un'idea fuori moda, un po' come non avere tatuaggi. In breve: non servono tanto le rivoluzioni, gli scontri, gli sconvolgimenti a sovvertire l'idea che è normale che un individuo abbia spropositatamente più di un altro. No, occorre far sì che l'idea di ricchezza coincida con l'idea di bruttezza, di sconvenienza, di fuori posto, di cafoneria, di alitosi esistenziale. Destinare la ricchezza esorbitante nella solitudine. Essere ricco come essere reprobo. Attenzione: io non voglio mica che il merito non sia riconosciuto. Voglio solo che sia stabilito un limite oltre il quale la ricchezza non è tollerabile, oltre il quale chi ne è posseduto perde i tratti minimi di umanità. Via i super-ricchi dal consorzio umano. Abitino pure il loro iperuranio senza però aspettarsi di essere osannati, idolatrati.
È giusto che un individuo percepisca in un mese quanto percepiscono mille altri individui quale che sia il suo merito (un premio nobel per la medicina) o il suo demerito (un presidente del consiglio dei ministri)? Ecco, stabiliamo un limite  per stabilire cosa è giusto e cosa no. Concordiamolo insieme, quale che sia: una persona ha diritto ad avere in un mese mille, diecimila, centomila volte di più di un'altra..., basta però che, a un certo punto, ci sia un limite. Perché è insopportabile non tanto che ci siano i ricchi, quanto che ci siano individui che trovano tutto questo "normale", e che magari applaudono i ricchi perché hanno comprato il calciatore xy per la loro squadra, o anche perché si candidano a governatori dell'Amaccionia.
Che idea però. Quasi quasi la faccio circolare su Facebook. Chissà lo Zuckerberg non lanci una nuova moda.

La Grecia in vendita

Idea di salvataggio per la Grecia.
La compri la Cina. Tutta. Isole comprese.
In fondo, se la Cina diventasse azionista di maggioranza della Grecia, ci sarebbero molte ricadute positive: innanzitutto, l'economia europea avrebbe una boccata di ossigeno notevole; e poi si potrebbe far diventare la Cina un membro della UE ancor prima della Turchia (già, 'sti turchi. Se si offrissero loro di ripianare il debito greco, sarebbero accolti con l'inchino su tappeti rossi a Bruxelles. Tutta colpa dei cattivi rapporti di vicinato). Questo avrebbe come conseguenza che la Cina, per restare in Europa, dovrà rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, e quindi sarà costretta a diventare democratica per la gioia di Galli Della Loggia.

P.S.
Mi sono alzato con un sacco di utopie in testa stamani.

Manie pilifere


«È da anni che aiuto delle ragazze a tagliare i peli ad altre ragazze. [1] Non sapevo fosse un crimine. Se lo è, chiedo scusa [2]».


Desiderio vuol dire

Desiderio vuol dire
attesa che si inoltra
di poco - nelle spire
irrisolte di un'altra

eterna scelta: latte?
limone? Con astuzia
provvedo che la sorte
non esca dalla tazza.

Toti Scialoja, Qui la vista è sui tigli (1978-1985), in Poesie, Garzanti 2002.

Dice Morena: «La felicità altro non è che il piacere senza rimorso». È una definizione che sento penetrare il mio quieto vivere. Una ragione in più per confermarmi che non si può dire "sono felice", ma soltanto che "sono stato felice".

Innocenti evasioni

Questa mattina mi son svegliato materialista dialettico.
Poi, nel farmi la barba, mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: ma se io avessi la possibilità di evadere le tasse, le evaderei o invece no, sarei integerrimo e dichiarerei tutto, ma proprio tutto?
E facile, per noi poveri, criticare i ricchi o coloro che faticosamente cercano di arricchirsi contravvenendo alle regole del patto sociale. Ha ragione Olympe per questo. Lo seguo anche nel suo auspicio di avere un giorno la possibilità per tutti i lavoratori "dipendenti" di pagare le tasse in modo indiretto, a fine anno (o un paio di volte all'anno). Busta paga lorda per capirsi. Sarebbe una rivoluzione e sapete perché? Perché dopo i lavoratori terranno per le palle lo Stato, ovvero la politica. Infatti, se al momento di pagare le tasse una massa ingente della popolazione si rifiuta* per valide ragioni politiche (per es: cercate gli evasori e fateli pagare altrimenti non vi paghiamo nemmeno noi; oppure: ritirate le truppe dall'Afghanistan e non comprate più carriarmati del cazzo), cosa fa lo Stato? Manda l'esercito ad accompagnare Equitalia per riscuotere i tributi?


P.S.
Non rivendico la paternità di questa idea rivoluzionaria ma ora mi sfugge dove e quando l'ho letta o sentita. Se qualcuno lo ricorda nei commenti mi fa un favore.

domenica 19 giugno 2011

Incontri in edicola

Stamani, in edicola, ho incontrato una mia professoressa d'italiano delle superiori, da diversi anni in pensione.
- Buongiorno professoressa, come va?
- Buongiorno Massaro, bene. Cosa compriamo stamani di bello?
- I soliti. Oggi prendo anche Il Sole 24 Ore. Ha visto? La Domenica è ritornata grande; e c'è anche abbinato Nòva, il bell'inserto settimanale su innovazione e tecnologia.
- Sì, e c'è anche la Metamorfosi con 50 centesimi in più. Quasi quasi lo prendo lo stesso anche se, come immaginerai, a casa ho diverse edizioni del racconto kafkiano. Ma in fondo, sempre meglio avere un copia in più di un capolavoro che riempirsi la casa di quei raccontini "inediti di autore".
- Si riferisce all'iniziativa del Corriere della Sera, vero?
- Sì. Ieri c'era quello della Daria Bignardi, L'amore del mondo. Una cagata pazzesca.
- Ma professoressa!
- Sì, un racconto di una banalità sconfortante. Guarda: stamani «mi sono svegliata con un herpes sul labbro». Tutta colpa della Bignardi che me lo ha appiccicato.

Polemos di tutte le cose è padre

In Siria aumentano i profughi e l'esercito siriano avanza coi carri armati sopra la popolazione.
A Tripoli intanto, con intermittenza, cadono ancora bombe umanitarie.
Domanda: cos'ha di diverso Assad da Gheddafi? Il fatto che veste all'occidentale?

L'autoctonia è una patologia

«Per un osservatore lontano e vicino, tuttavia, è proprio nella penisola italiana che si può vedere dal vivo come s'inventa un'autoctonia locale, certo, ma altrettanto ricca e complessa di quella del Francese di razza o dell'Ateniese della fine del V secolo a.C., che ci ha lasciato il suo marchio identitario attraverso una parola, autoctono: una parola greca, appunto.
1989, caduta del Muro di Berlino, ma anche creazione di una Lega del Nord, ribattezzata ben presto Padania. Guarda un po'! Il mondo stupito scopre che i Padani, nati dalle terre limacciose del dio PO, sono stati, come i Sioux dello Smtihsonian Institute, invasi da Genti straniere che hanno rubato loro non solo la loro terra, ma anche i loro costumi, il loro modo di vivere, tutte le loro ricchezze, chiamate oggi "etniche". Questo fanno gli Stranieri.
Nel giro di qualche anno, un'etnia fino allora silenziosa - era stata ridotta al silenzio, non c'è dubbio - fa scoprire la forza e lo splendore della Padanità. Dei Puri Celti, nati liberi, e che non hanno mai conosciuto la cancrena di un'autorità centrale, fosse il Leviatano o un embrione malaticcio. Una minoranza, dunque, fiera e libera che ha superato vittoriosamente il lungo inverno di un'occupazione a "maggioranza meridionale", a partire dalla sciagura di Roma e del suo impero tentacolare [...]
I veri Padani l'hanno capito subito: nel contesto attuale - ondate di stranieri, minaccia dell'Islam, violenza dello Stato accentratore -, era urgente creare un "Ministero dell'Identità culturale della Memoria" che definisse i criteri certi dell'identità padana e difendesse, con l'aiuto di storici e antropologi autorevoli nel mondo scientifico padano, il riconoscimento dell'eredità genetica inseparabile dal patrimonio culturale. I fabbricanti di Autoctonia ad Atene restano a bocca aperta. Un buon lavoro, davvero».

Marcel Detienne, Essere autoctoni. Come denazionalizzare le storie nazionali, Sansoni, Milano 2004 (traduzione di F. Tissoni. Ed. or. Paris, 2003)

P.S.
L'Oracolo di Pontida non dice né nasconde, ma accenna (1, 2)

sabato 18 giugno 2011

Siamo uomini sessuali

Non passa giorno che qualche politico italiano od europeo parli dell'omosessualità. Le più volte a sproposito e da testadicazzo (1), o per smentire di averne parlato (2), o per parlarne così a babbo morto senza riflettere sulle conseguenze di simili dichiarazioni. È il caso, quest'ultimo, del neo sindaco di Bologna, Vittorio Merola.
Attenzione a tutti coloro che sperano in rapide elezioni anticipate e in possibili nuovi governi del centrosinistra: educate i politici a saper rispondere sulle questione "diritti civili, "bioetica", "omosessualità", prima di infognarsi di nuovo sui questi temi, giacché essi mettono sempre in crisi il centrosinistra. Dunque sia occasione questa di prepararsi bene sull'argomento ed avere una linea chiara, precisa.
Il mio auspicio è che venga adottata la posizione di Zapatero: matrimonio per tutti, compresi gli omosessuali (allora, e solo allora, il sindaco di Bologna potrebbe non avere tutti i torti). Ma il mio, lo so, è un pio desiderio, visto che siamo in Italia e che abbiamo il Vaticano sul groppone, peggio del macigno di Sisifo. Appunto: come Sisifo, il centrosinistra tornerà sempre lì, a faticare e a sbattere il muso sulla questione ecclesiastica. 
Altro auspicio: dopo la disinfettazione del morbo berlusconiano (che pare destinato a fare la fine del vaiolo, pare almeno eh?), altro tipo di liberazione sarà quella di togliere il giogo Vaticano dal collo della politica italiana. Impresa improba, ma necessaria e urgente, che in fin dei conti farebbe tanto bene anche alla Chiesa stessa. Sembra impossibile anche solo da pensare vero? Ma perché inibirsi dal dirlo, dall'auspicarlo?

Prendiamo la Spagna: qualcuno sa dirmi se la Chiesa ha perso prestigio, potere, vocazione spirituale con la legge sul matrimonio omosessuale? Cosa è accaduto in Spagna di così terribile da sconquassare l'istituzione ecclesiastica? La famiglia tradizionale si è sfaldata e non si sposano più uomini e donne e non si fanno più figli e ci sono più pedofili e violenze sessuali?
 Niente, non è accaduto niente che non sia accaduto anche da noi. Le ostie vengono ancora consacrate e il cammino verso Santiago è sempre pieno di gente. Chi ha sete di preghiera non è costretto a bere orina omosessuale. Cattolici guardate bene fino in fondo: dietro la modernità, dietro la secolarizzazione non ci sono corna che spuntano, odore di zolfo e tenebre. Lasciate che il mondo si compia e non vi mettete di traverso coi vostri anacronismi. Tenetevi saldi in Dio: lui sa chi è, lui sa com'è, lui sa perché.