venerdì 21 ottobre 2011

Disonoranze funebri

Stamani sono stato alle Nuove Cappelle di Commiato a cercare un morto, così, giusto per sentirmi vivo. Mi sono presentato e l'usciere, come se mi conoscesse da anni, mi ha chiesto: 
«Chi cerchi?».
«Cerco il morto», gli ho risposto, ma lui voleva sapere nome e cognome, però me li sono scordati e lui ha detto che forse doveva arrivare, il morto, dato che l'ultimo carico dall'ospedale non è ancora arrivato, «oggi è tutto ritardato, c'è lo sciopero dei treni, piove come Dio la manda, l'è tutto un macello, guarda che acqua, le fogne non ce la fanno più ad inghiottirla».
Aspetto il morto allora. L'usciere mi fa accomodare nella saletta d'attesa, situata al centro delle due ali adibite, appunto, per le varie cappelle. A una colonna vi è affisso un elenco dei morti presenti, scritto con una biro dall'inchiostro nero. Dev'essere la calligrafia dell'usciere, lo si nota dall'inclinazione dello stampatello maiuscolo. L'uscire è basso, come Scilipoti, ma coi capelli più lunghi e molto più simpatico, per questo inclina la scrittura, mica come quei tapini presuntuosi alti un metro e un cazzo che scrivono grosso e disteso per darsi un tono. 
Mi sono seduto e mi sono messo a leggere delle istruzioni appese a un'altra colonna. Non si possono accendere lumini, ma si possono dire preghiere, e ceri di madonne
Tre signore anziane mi passano accanto cogli impermeabili fradici di pioggia e una di loro mi sgocciola sulle scarpe il suo ombrellino portatile. 
«Dio bestia signora, stia attenta, non vede cosa sta facendo?». 
«Oh, mi spiace, abbia pazienza, non l'avevo vista, mi perdoni» e subito s'infila nel corridoio, inseguendo le altre due che manco si sono accorte di questo dialogo su una riva dello Stige. 
Passa un'ora. Meno male avevo un salvagente.

«Tutti muoiono, ma non tutti sono d'accordo su che cos'è la morte. Alcuni credono che sopravviveranno alla morte dei loro corpi, per andare in Paradiso, o all'Inferno o in qualche altro luogo, diventando uno spirito, o ritornando sulla terra in un corpo differente, forse non più come essere umano. Altri credono che cesseranno di esistere - che il sé si estingue quando il corpo muore. E tra coloro i quali credono che cesseranno di esistere alcuni pensano che questo è un fatto terribile, e altri no.
Si dice talvolta che nessuno può concepire la sua non esistenza e che quindi non possiamo davvero credere che la nostra esistenza arriverà a un termine con la nostra morte. Ma questo non sembra vero. Naturalmente tu non puoi concepire la tua non esistenza dall'interno; non puoi concepire come sarebbe l'essere completamente annullato perché non c'è niente del genere dall'interno. Ma in questo senso non puoi concepire come sarebbe essere incosciente, anche temporaneamente. Il fatto che tu non possa concepirlo dall'interno non significa che tu non possa concepirlo affatto: devi soltanto pensarti dall'esterno, dopo essere stato messo fuori combattimento, o immerso in un sonno profondo. E anche se devi essere cosciente per pensarlo non significa che tu stia pensando a te stesso come cosciente».*

Niente da fare. Un'ora dopo il morto non era ancora arrivato. Forse ho sbagliato Cappelle di Commiato. Forse ho sbagliato città, nazione. Forse ho sbagliato presidente.

*Thomas Nagel, Una brevissima storia della filosofia, Il Saggiatore, Milano 1989

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

Un'ora dopo il morto non era ancora arrivato.

bellissima