mercoledì 30 novembre 2011

Un giudice in albergo

«Anche un altro giudice, in servizio presso il tribunale di Palmi, è stato perquisito: si tratta di Giancarlo Giusti, indagato per corruzione in atti giudiziari: secondo l'accusa avrebbe usufruito di nove soggiorni gratuiti presso l'hotel Brun di Milano nel 2008 e nel 2009, per un controvalore di circa 27 mila euro, e anche di prestazioni sessuali con prostitute».*
Ah che bello arrivare a Milano e sapere dove andare. Il portiere d'albergo che ti accoglie con un buonasera dottore, la camera è pronta e ivi recarsi, bagaglio leggero, giusto un cambio di maglietta della salute (il sudore non lascia scampo), un paio di mutande e i calzini, il pc, un'agenda, un libro contro la noia del viaggio, spazzolino da denti e dentifricio, l’alito ci vuole fresco.
Ah che bello restare a lungo sotto la doccia, consumare ettolitri d'acqua sapendo che tanto rientra nel prezzo, prezzo che non pago, non pago niente, qualcuno paga per me. Che morbido accappatoio profumato mi hanno fatto trovare e questo balsamo dopo barba come spegne dolcemente il bruciore delle guance e del collo appena rasati, e come scivola bene dalle parti del perineo (chissà come profumo anche laggiù). Mi è venuta fame, ma non ho voglia di scendere, chiamo e mi faccio portare qualcosa da mangiare in camera. Che servizio, al limite della perfezione, ah come mi sento meglio, dài, tra poco arrivano, me lo hanno promesso, sono due, tutte per me. Eccole, che belle, che alte, che tacchi vertiginosi, che minigonna cortissima una, che jeans incollati al culo l’altra. Come vi chiamate, sì, che bello, sapete l’italiano, volete qualcosa da bere, perfetto, accomodatevi, il bagno è da quella parte. Sì, è ora, comincia lo spettacolo, oddìo, la bruna si sta lentamente togliendo i vestiti, mentre la bionda mi passa una mano sul petto, gesù, mi sento male, fatemi respirare, non è possibile la bruna è un trans, non era possibile accorgersene, meglio, non ho mai provato, che bello, venite qua, io nel mezzo, sono pronto, metterlo e prenderlo, do ut des, la giustizia dev’essere equanime.

Uno e tutti

A Olympe de Gouges, per completezza di ragionamento
L'italiano è un popol strano.
Se gli parli a tu per tu
chi di lui libero è più?
Ha un padrone sol: se stesso.
Se lo prendi nel complesso
è di tutti schiavitù:
popol servo e nulla più.
L'italiano è un popol strano.

Curzio Malaparte, L'arcitaliano, Vallecchi, Firenze 1963

martedì 29 novembre 2011

Le ideologie sono degli alibi

«Quando mi dicono che la giustizia socialista non esiste e che negli stati socialisti regnano la forza cinica e l'arbitrio, non stento a crederlo. Ma mi è difficile credere che la giustizia borghese fosse migliore: almeno, in quei paesi dell'est dell'Europa dove per l'appunto si è installata la tirannia socialista sostituendosi alla tirannia e all'ingiustizia borghesi, il che significa semplicemente che le ideologie si adattano alle abitudini tiranniche ancestrali, costitutive dei temperamenti di certi popoli, e che le ideologie non possono far nulla contro gli usi acquisiti ereditariamente. Ancora una volta, le ideologie sono degli alibi».

Eugène Ionesco, Passato presente, Rizzoli 1970 (ed. orig. Présent passé passé  présent, Paris 1968, traduzione di Gian Renzo e Jole Morteo).

Sì, le ideologie sono degli alibi che confortano e deresponsabilizzano l'essere umano. Quali che siano - e la storia né ha conosciute di tutti i tipi - esse sono state le maschere che hanno protetto la faccia feroce dell'uomo, o la sua indolenza. Per esempio, esiste per l'Italia un'ideologia salvifica che affranchi gli italiani dalle loro responsabilità? Una maschera dietro la quale nascondere le loro manchevolezze? Fascismo, comunismo, centrismo-democristiano, partitocrazia, berlusconismo... gli italiani sono sempre gli stessi animali capaci di adattamento politico. Basta arrangiarsi, ci saranno sempre degli spazi per coloro che hanno furbizia e sanno arrivare primi e/o al momento giusto. L'importante ora, però, è non farsi la guerra tra poveri. È inutile puntare il dito, per esempio, su quei baby pensionati che vent'anni fa con 19 anni  6 mesi e un giorno andarono in pensione e ora, a poco più di 60 anni, osservano che coloro che ne hanno 40 si fumano una canna per distendersi prima di cominciare a bestemmiare sul contributivo. Sono cicli storici. Io, per esempio, per restare in tema, ho sempre pensato di essere in pensione quando facevo l'università (peccato sono stato soltanto un anno fuori corso).
Avete presente la favola della cicala e della formica? Ecco, soltanto che da noi sono le formiche che chiedono da mangiare d'inverno alle cicale. Quest'ultime, infatti, dicono: «Noi non abbiamo fatto un cazzo per ottenere tutto questo; e voi formiche, invece, cosa avete fatto durante la lunga estate italiana?». «Abbiamo lavorato», rispondono le formiche. «Beh, allora cazzo volete? Continuate voi, visto che lo sapete fare benissimo».

Boot & Boot


Mi permetto umilmente di suggerire alla signora Soncini di comprarle qui quest'altra volta le chaussures. Sono made in Philippines, ma cosa vuoi che importi oggi, è la globalizzazione, bellezza.

Pregate italiani perché il vostro sacrificio sia gradito a Dio

«Sollecito i responsabili della cosa pubblica a trovare soluzioni adeguate al grave indebitamento del bilancio nazionale». Bagnasco sollecita, solletica, che ridere, che strano, per un momento ho pensato che parlasse al Vaticano, d'altronde quando parla di bilancio nazionale  il Cardinale è legittimo ritenere che si riferisca al suo di stato, lo Stato Pontificio, sapete, anch'esso ha una bandiera e anche un Inno ufficiale, zumpa zumpa, non son pronti alla morte, nonostante essi credano che di là si stia meglio, ma perché non ci vanno, via Exit, sapete, tramite le Guardie Svizzere loro hanno il lasciapassare. E poi, mi consenta sua Eccellenza Presidente della Cei di proporle qualcosa di veramente generoso e non tanto oneroso: no, non dico di rinunciare per un anno (un solo misero anno) all'8x1000. Non le chiedo questo sacrificio. Le propongo soltanto di investire in Btp italiani l'intero ammontare annuo dell'ottopermille, appunto. Scelga lei se a due, a cinque, oppure a dieci anni. Cosa vuole che siano dieci anni faccia all'eternità.

Cose da Ciappazzi


*

Secondo voi questi due signori con tre dita sul mento e l'indice puntato su una guancia avranno un po' meno potere e influenza sul sistema bancario italiano? E ancora: io non credo che sconteranno la pena in carcere e nemmeno glielo auguro, date le condizioni in cui versano gli istituti carcerari italiani. Certo, i domiciliari sarebbe troppo comodo, considerate le condizioni del domicilio. E allora? A fronte dell'impossibilità di ottenere in Italia un sistema carcerario tipo quello norvegese, occorrerebbe rivedere il codice di procedura penale per inventare pene più pertinenti, magari commisurate sulle condizioni socio-economiche del reo.

«Tu non pensavi ch'io loico fossi»


(via)

lunedì 28 novembre 2011

Scalare il monte Pascal



821-252 Car il ne faut pas se méconnaître, nous sommes  automate autant qu'esprit. Et de là vient que l'instrument par lequel la persuasion se fait n'est pas la seule démonstration. Combien y a(-t-)il peu de choses démontrées? Les preuves ne convainquent que l'esprit, la coutume fait nos preuves les plus fortes et les plus crues. Elle incline l'automate qui entraîne l'esprit sans qu'il y pense. Qui a démontré qu'il sera demain jour et que nous mourrons, et qu'y a(-t-)il de plus cru? C'est donc la coutume qui nous en persuade. C'est elle qui fait tant de chrétiens, c'est elle qui fait les Turcs, les païens, les métiers, les soldats, etc. Il y a la foi reçue dans le baptême de plus aux chrétiens qu'aux païens. Enfin il faut avoir recours à elle quand une fois l'esprit a vu où est la vérité afin de nous abreuver et nous teindre de cette  créance qui nous échappe à toute heure, car d'en avoir toujours les preuves présentes c'est trop d'affaire. Il  faut acquérir une créance plus facile qui est celle de l'habitude qui sans violence, sans art, sans argument nous fait croire les choses et incline toutes nos puissances à cette croyance, en sorte que notre âme y tombe naturellement. Quand on ne croit que par la force de la conviction et que l'automate est incliné à croire le contraire ce n'est pas assez. Il faut donc faire croire nos deux pièces, l'esprit par les raisons qu'il suffit d'avoir vues une fois en sa vie et l'automate par la coutume, et en ne lui permettant pas de s'incliner au contraire. Inclina cor meum deus

Perché non possiamo negare di essere al tempo stesso automi e intelletto. Da ciò viene che il mezzo della persuasione non è la sola dimostrazione. Ci sono ben poche cose dimostrate! Le prove convincono solo l'intelletto, è l'abitudine che rende le nostre prove più forti e più credute. Essa orienta l'automa, che trascina l'intelletto senza che questo ci pensi. Quale dimostrazione c'è che domani farà giorno e che noi moriremo, ma c'è qualcosa a cui crediamo di più? È dunque l'abitudine che ce ne persuade. È lei a fare tanti cristiani, turchi, pagani, professioni, soldati, ecc. È a lei infine che dobbiamo ricorrere una volta che l'intelletto ha visto dov'è la verità, per abbeverarci e impregnarci di questa credenza che ad ogni istante ci sfugge; sarebbe  davvero troppo faticoso averne sempre davanti le prove. Bisogna acquisire una credenza più facile, che è quella dell'abitudine, che senza violenza, senza artifici, senza argomentazioni, ci fa credere le cose e inclina ogni nostro impulso verso questa fede, così che la nostra anima vi si abbandona spontaneamente. Se si crede solo per la forza della convinzione, mentre l'automa spinge in direzione contraria, non è sufficiente. Dobbiamo dunque far credere le nostre due parti, l'intelletto con le ragioni che gli basta aver visto una volta nella sua vita, e l'automa con l'abitudine, non permettendogli di andare in direzione contraria. «Inclina cor meum deus»

Pascal fa sempre bene la sera, costringe il pensiero all'azione, tiene su le palpebre che sarebbero pronte a cercare rifugio nell'oblio di brutte immagini televisive.
Vedi questo pensiero a tutta prima faticoso, indubbiamente faticoso. Scaliamolo, a mani nude, cerchiamone la vetta. 
Provo a dire cosa vedo da quassù? Questo: noi occidentali siamo abituati al mondo in cui viviamo. Lo diamo per scontato, e tutti gli accadimenti che subiamo li crediamo accidenti, abitudini. Siamo abituati alle crisi economiche su vasta scala e al fatto che, quando c'è una crisi economica, dobbiamo fare dei sacrifici. Ma il sacrificio ha smesso da un bel po' di tempo di essere sacro. Il sacro è precipitato tutto a terra, pioggia acida che corrode le nostre menti, cosi malate di abitudine.
Sbaglierò, ma questo di Pascal mi sembra un pensiero reazionario: un pensiero cioè da piccolo borghese soddisfatto, che nasconde sotto il tappeto del proprio salotto, la verità fondamentale che riguarda noi umani: gli uomini sono mortali, e noi siamo uomini. Di fronte a questo scandalo dobbiamo, secondo il Nostro, volgere la testa altrove, mangiare una buona scorta di abitudini, digerirle, assimilarle, enunciarle. 
Già, perché se noi umani avessimo tutti i giorni in testa la fissa che un giorno moriremo, beh, difficilmente saremmo dei buoni automi che seguono abitudini consolidate di buona educazione. Soprattutto: cominceremmo ad avere in uggia l'acquisire credenze facili, sorvegliate, “senza argomentazioni”. Chiederemmo conto di tutto, persino sulle crisi economiche che non ci appartengono vorremmo sapere altre verità. In poche parole: vorremmo andare nella direzione contraria delle abitudini. Dove? In quel luogo in cui non si sta ad aspettare di prenderlo nel culo senza volerlo. È per questo che stasera sono salito su questa cima. Stavano volando bassi.

Leggere la Bibbia per i dettagli


e soprattutto non abbiate i piedi freddi.


(via)

Nuovi paganesimi


Gillis Congnet, The Rape of Europe


Se almeno il toro bianco si chiamasse Zeus anziché Spread.

Qui altre rappresentazioni del ratto.

domenica 27 novembre 2011

Il sangue d'Europa

Non potendo andare all'Opera, stasera ho ripensato al Macbeth di Polanski, al fatto che il regista polacco scelse due giovani attori per interpretare il ruolo dei protagonisti perché più facilmente soggetti a scandalizzarsi a vicenda e cadere vittime del desiderio e della violenza.
E subito mi sono tornate in mente le mani di Lady Macbeth, mani lordate di un sangue che non se vuole andare.
Lady Macbeth può essere una buona metafora di molte situazioni storico-politiche. Pensiamo alla crisi economica, alla caduta di vari tiranni nel 2011, al cambio di governo. Chi, dei protagonisti, si sveglia la notte con gli stessi incubi tremendi di Lady Macbeth? Chi tenta di pulirsi invano le mani? 
Il discorso sarebbe ampio, è tardi, mi giustifico così. Ricordarsi solo che l'Europa, come il vecchio Duncan, ha già versato ed ha ancora tanto sangue nelle vene, e chiunque la pugnali sarà macchiato a vita.



Macbeth, Atto Quinto, Scena Prima


(Entrano un Dottore e una Dama della Regina)

DOTTORE: Ho vegliato due notti insieme con voi, ma non riesco a scorgere nulla di vero nel vostro racconto. Quando è stata l'ultima volta che essa si è levata a passeggiare?
DAMA: Da quando Sua Maestà è andata al campo, io l'ho vista alzarsi dal letto, gettarsi addosso la sua veste da camera, aprire con la chiave il suo scrigno, trarne fuori una carta, piegarla, scrivervi, leggerla, poi suggellarla, e tornarsene a letto. E tutto ciò mentre era nel più profondo sonno.
DOTTORE: Gran perturbamento dell'organismo, questo di godere ad un tempo il beneficio del sonno, e compiere gli atti della veglia. In questa agitazione del sonno, oltre al camminare e al compiere altri atti, le avete mai sentito dire qualche cosa?
DAMA: Ciò che io, messere, non voglio ripetere.
DOTTORE: A me lo potete, anzi è sommamente opportuno che lo facciate.
DAMA: Né a voi né ad alcun altro, poiché io non ho un testimone che confermi le mie parole. Guardate! eccola qui che viene.

(Entra LADY MACBETH con una candela)

Questo è il suo modo di fare consueto; e, sulla mia vita, essa è profondamente addormentata. Osservatela: non vi movete.
DOTTORE: Come si è procurata quel lume?
DAMA: Oh, lo aveva accanto al letto: essa ha sempre un lume vicino al letto; è un ordine suo.
DOTTORE: Vedete, ha gli occhi aperti.
DAMA: Sì, ma sono chiusi al senso.
DOTTORE: Che cosa fa ora? Guardate come si stropiccia le mani.
DAMA: E' un atto a lei consueto, questo di fare come se si lavasse le mani. Io l'ho vista continuare a far così per un quarto d'ora.
LADY MACBETH: C'è ancora una macchia qui.
DOTTORE: Zitti! parla: voglio prender nota di quanto le esce di bocca, per imprimermelo più fortemente nella memoria.
LADY MACBETH: Via, maledetta macchia! Via, dico Una... due: ecco, allora è il momento di farlo. L'inferno è buio! Vergogna, mio signore, vergogna! un soldato che ha paura! Che ragione abbiamo di temere che qualcuno lo sappia, quando nessuno può chiamare la nostra potenza a renderne conto? Ma chi avrebbe mai pensato, che quel vecchio avesse dentro tanto sangue?
DOTTORE: Sentite?
LADY MACBETH: Il signor di Fife aveva una moglie: dov'è ora? Come!
Queste mani non verranno mai pulite? Basta di ciò, mio signore, smettete: voi rovinate tutto con questi vostri sussulti.
DOTTORE: Andiamo, andiamo; voi avete saputo ciò che non avreste dovuto sapere DAMA: E' lei, che ha detto ciò che non avrebbe dovuto dire, ne sono sicura: lo sa il cielo, ciò che sa lei.
LADY MACBETH: Sempre odore di sangue, qui! Tutti i profumi dell'Arabia non basteranno a rendere odorosa questa piccola mano. Oh.... oh... oh!
DOTTORE: Che sospiro! Il suo cuore è dolorosamente oppresso.
DAMA: Io non vorrei avere nel petto un cuore come quello, per la dignità di tutto il resto della persona.
DOTTORE: Bene, bene, bene...
DAMA: Pregate Dio che sia così, messere.
DOTTORE: Questa malattia va al di là della mia esperienza: nondimeno, io ne ho conosciuti che nel sonno camminavano, e che poi son morti santamente nel loro letto.
LADY MACBETH: Lavatevi le mani, mettetevi la vostra veste da camera:
non siate così pallido. Ve lo dico ancora una volta: Banquo è seppellito; non può uscire dalla sua tomba.
DOTTORE: Proprio così, dunque?...
LADY MACBETH: A letto, a letto: bussano al portone. Venite, venite, venite, venite, datemi la mano. Ciò che è fatto non può esser disfatto. A letto, a letto, a letto. (Esce)

Vedersi alla virgola


«E mentre era lì che pensava, d'un tratto Fidelman ebbe l'impressione di vedersi com'era, alla virgola, di dentro e di fuori, non senza un piacere agrodolce, e mentre la ben nota immagine del suo viso sorgeva dinnanzi a lui, fu colpito dagli occhi, voragini di puro sentimento, un po' ingranditi dalle lenti, dalla sensibilità delle narici allungate e delle labbra, spesso tremanti: narici e labbra separate da un paio di baffi di recente produzione che, secondo lui, parevano scolpiti sul posto e accrescevano la naturale distinzione della sua figura, che pure tirava un po' sul piccolotto. Quasi subito, quella inattesa e vivissima percezione di sé - era più di una visione - si disperse, perché l'esaltazione se n'era andata dove di solito se ne va l'esaltazione, e Fidelman si accorse che c'era una causa esterna alla strana, quasi tridimensionale proiezione della sua persona che aveva visto, oltre che percepito».

Bernard Malamud, Pictures of Fidelman: an exhibition, New York 1958, ed.. it. La Venere di Urbino, Einaudi, Torino 1973 (traduzione di Ida Omboni)


Non so voi, ma a me càpita spesso la sensazione che il mio corpo non mi appartenga, che sia scollegato, che sia qualcosa che non c'entri con quello che sono e che penso. Sono momenti brevi, certo, ma reali, in cui per un attimo mi sento diviso. Anche oggi, seduto sul water, mentre pensavo e ponzavo, à la fois, un brivido mi ha percorso la schiena. Ho chiuso gli occhi ed è come se quello che succedeva non rientrasse a far parte della mia vita. La carta igienica che stava per finire mi ha riportato alla realtà. Ho preso quella usata come segnalibro sui dieci libri che tengo sullo scaffale Ikea del bagno. È più brutto perdere il senno che il segno. Tanto non sono uno che legge a diritto. Sono uno che salta (saltimbanco dell'anima mia) e, di solito, salta su pagine necessarie.
Per ritornare alla questione del corpo sospeso, staccato, e collegandola al pensiero che è stato prodotto e si produce in forma varia, soprattutto scritta: ogni frase di senso più o meno compiuto che produce una sensazione, o emozione, o semplicemente uno stimolo intellettuale è frutto della mente e del corpo di altri umani che, come me, forse anche loro per un attimo, hanno vissuto questa sensazione di separatezza. Per carità, niente di che, è come la questione dell'elettrone che gira intorno al protone e al neutrone e insieme (tutti e tre) formano l'atomo. Pensiero banale: la mente è l'elettrone e il corpo è il protone-neutrone e insieme formano l'io. È per questo che, a volte, i pensieri assomigliano tanto al giramento dei coglioni.

Intervista a Fabio Strazio


Mi ero già stancato di vederlo la passata stagione, ma con la presente Che tempo che fa mi è diventato pressoché insopportabile. Non credo per la paraculaggine di Fazio, in fondo cosa deve fare, prendere a pesci in faccia gli ospiti? Fabio Fazio è uno dei migliori presentatori nostrani, non c'è dubbio; e, nonostante egli dica che tutti sono i suoi miti, basta poco per accorgersi chi, per lui, lo sia veramente. Infatti, quando Fazio aziona quella risatina imbecille, inconsciamente sottolinea che la battuta (mot d'esprit) di chi gli è davanti fa davvero cagare. Ma a parte questo, ripeto, non è tanto la trasmissione in sé a essermi venuta a noia, bensì gli ospiti, gli ospiti famosi soprattutto (e 99 su 100 lo sono), chiunque essi siano, stimabili professionisti nei vari campi di azione umana: politica, letteratura, musica, cinema, religione, solidarietà, giustizia, teatro eccetera eccetera. Mi sono venuti a noia tutti, perlomeno: non ho più voglia di ascoltare nessun personaggio famoso, quale che sia, perché loro hanno già avuto abbastanza quarti d'ora di celebrità. Mi sono rotto le palle, insomma, di ascoltare, nel breve spazio di un'intervista, parole e pensieri che possono essere trovati facilmente altrove, magari anche in forma migliore. Nessun personaggio famoso ha qualcosa da dire più di quello che la fortuna e il merito gli hanno concesso già di dire attraverso la forma espressiva da lui utilizzata. Sia chiaro: non sono infastidito dal fatto che il personaggio famoso quasi sempre sia invitato per promuovere il suo ultimo lavoro; non è questo il punto. Questa cosa mi sembra abbastanza normale, in fondo.
Secondo me, quindi, per dare un nuovo slancio a una trasmissione stanca come Che tempo che fa, al posto degli ospiti famosi, sul quel divano, dovrebbero essere invitate persone non famose, non necessariamente semplici, non tanto per raccontare la loro vita, quanto per rispondere alle domande “intelligenti” di Fazio. Non certo sul genere degli inguardabili programmi verità, dove ospiti sono coloro che sono vittime di disgrazie o ingiustizie sociali o che raccontano casi particolari, comunque eccezionali. No, Fazio dovrebbe chiamare cittadini che hanno voglia di raccontarsi nella loro particolare normalità di umani. Direte: sai che palle. Può essere, ma vorrei vederlo sperimentare. Supponiamo di ascoltare un'intervista a un giudice di pace, a un comandante della polizia municipale della città di x, al cantante di piano bar di y, al poeta pubblicato da Einaudi (qualcuno ancora c'è), a un attore navigato di teatro che fa sempre parti da non protagonista, ad un dentista, a un notaio, a un carabiniere, a un disoccupato semplice, a un operaio della piccolo e media impresa, a uno studente, a una maestra dell'asilo, a un macellaio, a un meccanico, ad un ambulante di libri usati, a un infermiere e a un chirurgo, a una spia, a Maria, a me. Già, me. Cosa direi io da Fazio? Che Filippa Lagerback, nonostante la bellezza, non serve a un cazio (certo che se riesce a vendere pannelli solari allora...)

A parte.
Ieri sera ho visto Tiziano Ferro cantare in playback e mi sono vergognato per lui, molto, molto di più che far vedere quel suo bigliettino di auguri natalizi personalizzato.

sabato 26 novembre 2011

Recedo, quindi sono

*
Stamani sono stato in due biblioteche e ho preso otto libri quasi a caso, voglio dire senza premeditazione. Volevo fare un ordine su Amazon o Ibs ma dacché avevo da poco ripreso l'auto dal meccanico per il tagliando e il cambio gomme, al quale ho lasciato 400 euro di cui 84 di Iva, mi sono detto che questo mese no, non compro libri, riduco i consumi, in quanto ho già stimolato abbastanza l'economia per oggi. Appena entrato due giovini mi chiedono di firmare il registro per le presenze, e io lo firmo, e alla voce professione ci scrivo blogger per motivi di elezione. Di solito chiudo gli occhi e mi lascio guidare dai colori di una parola, e stamani era la p di pensieri, poesia, porcamiseriaccia infame. Devo dire: ho trovato qualcosa che mi ha reso felice, una raccolta di versi inediti di Fortini che avevo perso, l'Arcitaliano edito da Vallecchi del 1963, un Malamud (La Venere di Urbino, Einaudi 1973), l'Aline e Valcour di de Sade edito da Sugar Milano 1968, e una raccolta di pensieri di Eugène Ionesco, Passato presente, Rizzoli 1970. Ah, una bella scorta. Spero di sognare a gambe levate, come la fanciulla.

Prova del braccio

Facciamo la prova del braccio, Dio, la prova del braccio.
Chi è che va di sotto? chi si piega?
E chi si piega è più piccolo? è più grande?
E chi è più grande più vale? o vale meno?
E chi più vale è meglio, o invece è smeglio?
Chi smeriglia più il mondo? chi à più rosa?
Dio dammi il tuo braccio.
Dio dammi il tuo braccio non il laccio.
Non fare il falso Dio dammi il tuo braccio
Dio dammi il tuo braccio, non la coda.
Non fare il gatto: voglio la Tua prova.
(1928)

Ferdinando Tartaglia, Esercizi di verbo, Adelphi, Milano 2004

venerdì 25 novembre 2011

Forse un giorno faremo l'amore

Le sette di sera, uscita dall'aula cinque, finita la lezione di psicologia generale. Com'è buio qua fuori, vuoi una sigaretta, no grazie, ho la gola che brucia. Cosa fai lì, tentenni, perché non prendi l'auto e te ne vai a casa? È il tuo primo anno accademico, non conosci nessuno o quasi, non è che puoi andare fuori al ristorante, i buoni mensa non valgono. Ah, aspetti che esca quella ragazza con i capelli chiari raccolti, pantaloni di velluto che  fasciano le gambe in modo sensuale e gli stivali da cavallerizza. Cosa lei vuoi dire, non fare lo scemo, ti presenti così passi male, ci vuole una scusa, lo sai come funzionano queste cose. Sì, così va meglio, cerca di incrociarne lo sguardo e abbozza un sorriso; basta questo, vedrai, è più che sufficiente. Ecco, se n'è andata. Puoi partire anche te.
«Ciao Carlo», ti senti chiamare di spalle.
«Anna, anche tu qui? Non ti avevo vista. Anche tu frequenti questo corso?».
«Sì, l'avevo sempre rimandato perché ho preferito seguire e sostenere altri esami importanti. Ma quest'anno mi tocca. Ma tu piuttosto. Non credevo ti fossi iscritto, ti sapevo già al lavoro». 
«Mi sono licenziato. Era un lavoro di merda. E Daniela mi ha lasciato. Ho deciso d'iscrivermi, lavorerò d'estate. Ci vediamo allora, la prossima settimana».
«Sì, ciao, d'accordo. Ma dimmi: abiti sempre dai tuoi?»
«Sì, purtroppo».
«Me lo daresti un passaggio visto che anch'io stasera devo tornare al paese dai miei?».
«Volentieri. Ti fidi di me?».

L'auto è piena di fogli, libri e giornali. Carlo si scusa, fa niente, basta un piccolo spazio per me. Carlo accende la radio, i Pink Floyd vanno bene o preferisci De Gregori? Cosa vuoi, qualsiasi cosa va bene. 
La canzoni si susseguono, a volume basso. L'intenso traffico richiede concentrazione.

«Beh, scusa. Devi scusarmi».
«Scusarti di cosa?», dice lei.
«Beh, quella volta, ricordi. Ti avevo invitata a casa a fare i compiti, insieme a Barbara e Paolo, ma Barbara non venne».
«Ho capito. Non continuare».
«Perché? Ti prego di scusarmi, ero giovane, non sapevo cosa dovevo fare, avevo visto dei giornaletti porno dove facevano così, e poi Paolo era così insistente nel volerci provare».
«Stai zitto, ti prego, smettila, ti scongiuro».
«Volevo dirti che sono profondamente dispiaciuto per quello che ti abbiamo fatto».
«Basta!».

Anna si avventa sul volto di Carlo, l'auto sbanda, quasi urta un'auto che arriva in senso inverso, Carlo riesce a schivare l'impatto, frena, si ferma, si libera dalle mani di lei sul suo viso, scende, respira.
«Cazzo fai, cazzo hai fatto, che ti prende, sei impazzita?»
«Ti avevo detto di smetterla», grida Anna, piangendo.
«Ma io volevo solo chiederti scusa».
«Scusa un cazzo. Sono dieci anni che vado in analisi per colpa vostra, per colpa di quei cazzi di fuori sbandierati davanti a me bambina, capisci brutto testadicazzo? No, non capisci, non capisci la paura, lo spavento, l'orrore che ogni volta mi si ripresenta quando un ragazzo prova a fare l'amore con me. Rivedo quella scena ogni volta, con quello stronzo che mi mette le mani sul collo mi dice di stare zitta, mentre tu mi sbottoni, ti tiri fuori l'uccello e ti fai una sega su di me. Io ero una bambina, capisci, non sapevo niente di niente e mi fidavo di te. Per me eri come un fratello».

«Ma perché non me ne hai parlato prima?»
«Perché mi facevate schifo, e perché mi vergognavo. Tutte le mie amiche più sveglie a dirmi che non era niente, che i maschi sono così, e invece per me era qualcosa di velenoso, di appiccicoso come la pece. Quel vostro cazzo pugnale ritorna sempre davanti per ferirmi. Avete umiliato il mio corpo e devastato i miei sogni. Ma ce la farò, ce la devo fare. Ma devi stare zitto perdio. 
«Non credevo... rivederti, riparlarti... volevo riuscire a liberarmi da questo peso, da quella che sento come una colpa»
«Vaffanculo, no. Devi stare zitto. Non esiste il perdono in queste cose, dato che nessuna parola o azione potrà mai lavare via la cicatrice che porto. Solo l'oblio. E ci ero quasi riuscita, giuro. Ero salita in auto proprio perché stavo quasi per non ricordare, o meglio, per non sentire come una vergogna i segni che  sono impressi nella mente. Stai zitto quindi, ti scongiuro».
«Va bene».

L'auto riparte. Il profilo scuro delle loro spalle e delle loro teste, viste da dietro, illuminate dai fari di un'auto che seguono, si direbbero quelle di due innamorati, per me che torno a casa con una piccola mela.

Noti presentatori

*
State tranquilli: Bruno Vespa non l'avrebbe fatto.

giovedì 24 novembre 2011

Dio nuvola


Osservate la nuvola in primo piano. Chi potrebbe averla creata? Il padre guardiano della Verna. Potrebbe essere un'ipotesi. Pensiamolo, il caro frate, mentre meditabondo medita nella solitudine novembrina del Sasso Spicco. Parla con Francesco, poi squilla il cellulare, cazzo non l'aveva spento, chi sarà, è Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore che della Verna è amico, essendo un cattolico liberale e ti credo, alla Verna sono tutti liberali i cattolici, tienili prigionieri un giorno lassù in un giorno come questo di novembre privo di mondanità e poi li vedi come sognano Rue Pigalle, di frequentarla.
Ma dicevo della nuvola e del padre guardiano, suo possibile creatore. Insomma, prima della telefonata di Napoletano che gli suggerisce investimenti (capirete, il Santuario è una macchina da soldi e in qualche modo vanno investiti), il padre pensa a Dio e lo vede ed Egli gli appare sotto forma d'una bianca nube, a sfilatino, o piuttosto a fragrante baguette di manna. 
«Altissimo mio Signore, benedetto sia il tuo Nome. Io ti invoco».
«Perché m'invochi? Di che hai bisogno? Hai fame?»
«Beh, insomma, sono digiuno, sono le nove e mi sono alzato alle cinque».
«Che fai, penitenza? Per forza mi pensi a forma di pane. Non sono io quella nuvola».
«E io che lo credevo... perdona la mia stoltezza».
«Non c'è nulla da perdonare, come non c'è nulla da pregare. Se tu mi preghi mentre il tuo stomaco brontola, quale che sia lo stomaco e quale che sia la fame, mi vedi sotto forma di cibo, qualsiasi cibo (della mente o dello stomaco, del desiderio o della rabbia). Ma scusa, se io fossi, pensi davvero che le preghiere sarebbero per me fonte di considerazione? Cazzo me ne farei delle preghiere se ci fossi veramente e fossi ciò che voi religiosi pensate che io sia? Essendo onnipotente, tuttoabbracciante, infinitamente saggio e misericordioso, cazzo me ne farei delle tue e delle altre miliardi di preghiere che vengono sprecate tutti i giorni verso qualcosa che non sapete nemmeno se esiste, o no? La respirazione è l'unica preghiera, il sorriso l'unica l'ode. Tu pensi quella nube come se fossi io. Doppio errore: dato che se fossi pane sarei anche companatico, giacché se ci fossi non lesinerei gioia.»
«Signore, e la mia vita intera passata a pregare ed amministrare la fede?»
«L'hai scelta tu la tua vita, non dare la colpa o il merito a me, nessuno te l'ha imposta. Desideri qualcosa d'altro che sognare nubi? Spogliati e corri in mezzo alla gente. Scrivi un libro dicendo che mi hai visto, tutto intero nella mia gloria, a forma di panino col lampredotto. Cristo santo, han pubblicato quel citrullo di Brosio, possibile che non pubblichino un fine teologo come te, che hai anche gli accosti culturali giusti e, magari, Napoletano convince il card. Ravasi a farti una recensioncina sulla Domenica?».
«Eh, Signore, sapessi quante volte, nella mia infinita presunzione c'ho provato, ma sempre esitante, insicuro di non essere all'altezza, ho riempito cassetti inutilmente alla ricerca di un soggetto giusto».
«Beh, ora ce l'hai. Ti suggerisco l'incipit: “Dio è come una nuvola: appena lo si pensa e lo si definisce Egli non è più quello che si è pensato e definito. Dio esiste solo nelle nostre menti. E le nostre menti, molte volte, non hanno ragione”. Ti piace? Ah, se potessi avere un editor come Faletti, sapessi i best sellers che scriverei, mica discorsi. E mangia qualcosa la mattina, dammi retta».

Accarezzare cristantemi


Stamen (fashion film) from Calum Macdiarmid on Vimeo.


L'attrice protagonista si chiama Katie Ball, una bella mira.

mercoledì 23 novembre 2011

Un Book fotografico per Monti

Se Monti avesse un guizzo di genio, domani a Strasburgo, alle 12,30, si presenterebbe alla colazione di lavoro con la Merkel e Sarkozy con questa foto di Sirte.
Chiedendo loro: è questo l'unico modo che abbiamo per rilanciare l'economia? 
Tanto per ricordare Parigi
oppure Berlino
e infine Roma
e l'elenco di immagini potrebbe continuare.

Ok, non esistono soluzioni quando l'immaginazione è ferma all'esistente, quando lo sguardo non si solleva dai propri piedi, e il domani è solo una parentesi dell'oggi.
Quando il potere è tiepido, quando si aspetta che gli eventi ti cadano addosso per reagire, per capire che c'è qualcosa che si è rotto ed è andato in frantumi.
La polvere del capitale
da spazzare, raccogliere, ridistribuire.

Ieri Napolitano ha detto quella cosa sui figli degli immigrati, oggi Monti (o ieri, boh) ha detto quella cosa che «l'unione si ottiene con la cessione delle sovranità da parte degli stati membri a favore dell'UE» e mi sembrano due cose intrecciate.

Più di Napolitano dico: è una follia che nasciamo tutti costretti a una cittadinanza particolare, quando oramai dovrebbe essere chiaro che siamo soltanto umani, con dentro delle differenze dovute al caso e alla circostanza. Umani e basta, parlanti la lingua madre x, educati nella cultura y, sotto le regole dello stato... e qui viene il bello. Lo Stato dovrebbe essere uno, non l'Europa, non l'America, la Russia, la Cina eccetera. Cittadini del mondo...
Ma la nostra mente è localista, comicamente leghista, tragicamente razzista. Ci dobbiamo evolvere, tutto qui, e non è che sia così scontato. Ci vogliono pressioni evolutive particolari, ma la nostra mente è troppo vigile per accoglierle e favorirle. Non ci lasciamo andare, abbiamo paura di perdere  il poco (o il tanto) che abbiamo, guardiamo i nostri piedi, e l'orizzonte fatto di croci, sole delle alpi, minareti, bandierine da spillare ai nostri doppiopetti (chi ha inaugurato infatti la ridicola abitudine che i capi di stato debbano portare la bandierina a spillo della propria nazione? Bush? Già, un imbecille, con molti che gli sono andati dietro). Appendete il pianeta ai vostri occhielli, abbiamo solo questo, azzurro, e non è di forzaitalia.

Io sono un ingenuo, ma vedete: oggi un collega mi domandava come uscirne dalla crisi. Io balbetto sempre che non ho soluzioni, solo visioni.

iPad


Kate Moss fotografata da Irving Penn, 1996

P.S.
A Olympe. Foglie d'autunno, continua la raccolta

Punti di vista dell'io

«Qual è ora il punto di vista dell'io? Non ne ha alcuno. È lecito a qualunque cosa prenderlo d'assalto? È lecito. Forse che la banderuola di una chiesa o un aquilone in confronto sono un Gaurisankar? Si può ben dirlo. Passare come un'avventura dell'anima, scaturita dal nulla, cui noi sfuggiamo, dissolvendosi nel nulla che si rinchiude sulla nostra testa - sorgere come un blues e svanire come un raggio o una magnolia - così caduca, ephemer: segno profondo della sua anima! Un sirihpriem sotto la lingua, un pezzetto di cotognata su una foglia di pisang, per i giavanesi è tutto - così leggero sconfinato - e un nulla, senza rimedio - questo è il suo insegnamento!»

Gottfried Benn, Romanzo del fenotipo, Einaudi, Torino 1973.

martedì 22 novembre 2011

Competitività sui mercati

Ditemi se sbaglio. In Germania undicimila dipendenti di una società verranno licenziati. Essi, per un certo periodo, riceveranno un'indennità di disoccupazione statale (abbastanza cospicua per sopravvivere). Lo Stato tedesco pagherà questo con i suoi buoni del tesoro. I buoni del tesoro tedeschi hanno bassi tassi di interesse e, ciò nonostante, non incontrano difficoltà di vendita sul mercato. Chi è che acquista i buoni del tesoro tedeschi? Soprattutto i grandi investitori. Tra questi vi sono, sicuramente, anche gli azionisti e gli amministratori delegati della suddetta società, i quali, grazie alla ristrutturazione aziendale, incassano dei cospicui benefit. E come li utilizzano soprattutto tali accresciuti introiti? Comprando buoni del tesoro tedeschi.

Il problema di fondo è che, in questo circolo vizioso, le parti non sono e non saranno mai invertite. Coloro che raggiungono il vertice - vuoi per merito, vuoi per fortuna, vuoi per ereditarietà, vuoi per raccomandazione - non  ritornano mai ai piedi della montagna, se non per piatire al governo e alle parti sociali affinché i loro piani industriali vengano accettati,  pena la mancanza di competitività. Petitività, Titività. Tività. Vita, la loro.

Un governo in bianco

Lo so, lo so. Questo governo è molto papalino e vedere Monti andare subito a salutare il Papa (quando fu, sabato scorso?) bene non m'ha fatto, anzi. Come bene non mi fa questo continuo, anche se non ostentato, andare a messa la domenica, cazzo pregano i fedeli governanti quando si mettono inginocchioni? D'essere all'altezza del loro compito? Di saper mantenere un alto profilo istituzionale? Vale a dire: pregano per l'ora o per il poi? Che fatica dev'essere restare cattolici quando si è adulti, quando tutto intorno cospira per dirti ma non ti senti un po' a disagio? Non lo vedi che il cielo è vuoto e che Dio è qualcosa che, se esiste, non può essere dentro la verità di alcuna religione? Lo so, lo so. Il rito, la fede, il credere in un solo Dio, capisco, non voglio offendere, solo difendermi. Il Vaticano, vero potere forte abbarbicato all'Italia come una sanguisuga, non si capisce bene a cosa miri con questo beneplacito, con questa permanenza. Mettono avanti Cristo diventato nelle mani il loro buffone. Tornasse il Cristo, quello vero, per dire cazzo succede, cos'è questa roba, chi è quello lì bianco vestito, e quelli rossi poi detti porporati, ma non si vergognano ad andare in giro così? E naturalmente non sarebbe riconosciuto, due dita negli occhi e via, ricoverato, reparto malati di mente al San Raffaele a Milano, mi raccomando, via aerea, con l'aereo di don Cavolo Verza il bucaiolo che frega la finanza.
Scusate, dicevo del governo... Se per ora non critico molto e non dico nulla è perché aspetto e godo, godo perché Berlusconi è decaduto, fatemi godere ancora di questo, e tornasse pure in pista non importa, cosa c'è di bello è che il digitale terrestre ti fa vedere anche tele norba, insomma, cambiare canale è facile, e poi lui, suvvia, nonostante chili di cipria lo si vede bene e lo si sente ch'è smerdato, e se poi la maggioranza italiana non ne percepirà l'odore e lo eleggesse a preside, va be'... ci siamo abituati, vero?
Ringrazio Napolitano? Ringrazio Napolitano (Olympe mi brontolerà, sigh). Ma vedi, io alle persone mi ci affeziono, soprattutto quando riescono, con i mezzi di bordo, a tirare fuori l'impossibile. E Napolitano è riuscito in questo. È vero, è vero: le prospettive sono cupe per i salariati, per i disoccupati che han perso lavoro e sono magari a un passo dalla pensione, a questo cambiamento di regole che penalizza sempre il ceto medio-basso. Lassù, dove osano le aquile, poche preoccupazioni ancora. Segnale per la crescita: black bloc, andate a Porto Cervo ad affondare qualche panfilo, così alla Fincantieri non chiudono cantieri. Passo e chiudo.
Finisco questo post barboso lasciando spazio a quanto scritto ieri dal “cattolico” Anskij.
resta il grido di dolore dell’Assuntina Morresi, che lancia gli occhialacci oltre l’ostacolo e si dichiara ancora fervida paladina del nostro [Berlusconi], lui che “ci ha salvato dalla gioiosa macchina da guerra di Occhetto” (ma non era vent’anni fa?) e “ha cercato di impedire che venisse uccisa Eluana Englaro” (ovvero ha cercato di impedire che venisse applicata la legge). Ora, io all’Assuntina voglio un bene dell’anima, però un bene solo fraterno: se da giovane Eugenia Roccella era veramente una bella topina – guardatevi l’immagine postata da Malvino con le maniche a laccetto – l’Assuntina con tutta la buona volontà è proprio una culona inchiavabile, per usare un’espressione del suo eroe.
Avete capito questi cattolici, nella fattispecie cattoliche, che ricordano Berlusconi come colui che cercò d'impedire che Eluana fosse uccisa, senza ricordare, però, che egli disse anche che Eluana poteva rimanere incinta. Dello spirito santo.

Vendemmia tardiva


Tra i vigneti dell'emisfero boreale càpita, a volte, di cogliere ultimi tralci dimenticati da frettolosi vignaiuoli. Fortunati i passanti a cui piacciono l'autunno e le foglie.

via

Pure sappiamo

a un'amica tra i laghi

Trafigge la luce questo nido di penombra, fragile più di un guscio
d'uovo, esile apostrofo nel cuore dell'acquata - e già
si articola il cotone chiaro della camicia, il nastro 
annodato con furore, lo sfiocco di fumo della pipa che sollecita
la quiete. Pure sappiamo quanto sia difficile mantenere
la parola data per timore, per prudenza: quanto sia facile
irridere le titubanze altrui, le temerarie azioni. Così ci diciamo
sottovoce nel rifugio, se insospettabili cuciamo parole
e ricuciamo come il ragno che teme l'inganno del tempo.

Angelo Casè, Al dunque, Il trespolo, Locarno 1986
in AA.VV., Cento anni di poesia nella Svizzera italiana, Armando Dadò, Locarno 1997

lunedì 21 novembre 2011

Perché tutta a terra è un punto

“Si cercano un luogo di ritiro, campagne, lidi marini e monti; e anche tu sei solito desiderare fortemente un simile isolamento. Ma tutto questo è proprio di chi non ha la minima istruzione filosofica, visto che è possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principî tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere sùbito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore. Quindi concediti continuamente questo ritiro e rinnova te stesso; e siano brevi ed elementari i principî che, appena incontrati, basteranno a purgarti da ogni nausea e a congedarti senza che tu provi fastidio per le cose a cui ritorni. Che cosa, infatti, ti infastidisce? La cattiveria degli uomini? Considerati i termini del problema - e cioè che gli esseri razionali esistono gli uni per gli altri; che la tolleranza è parte della giustizia; che sbagliano senza volerlo - e considerato quanti già, dopo aver nutrito inimicizia, sospetto, odio, giacciono trafitti, ridotti in cenere, smettila, infine! O forse il tuo fastidio è anche per la sorte che, nell'ordine universale, ti viene assegnata? Ritorna col pensiero all'alternativa: «O provvidenza o atomi», e a tutti gli argomenti con cui fu dimostrato che il cosmo è come una città. O forse ti sentirai toccato dalle cose del corpo? Torna ancora a pensare che la mente non si immischia con i movimenti dolci o aspri del soffio vitale, una volta che abbia isolato se stessa e preso cognizione del proprio potere; e poi pensa a tutto quello che hai ascoltato intorno al dolore e al piacere, e su cui hai espresso il tuo assenso. O sarà forse la preoccupazione di una misera fama a fuorviarti? Guarda la rapidità dell'oblio che investe tutto, l'abisso dell'eternità che si estende infinita in entrambe le direzioni, la vacuità della rinomanza, la volubilità e la sconsideratezza di chi sembra tributare elogi, e l'angustia del luogo in cui la fama è circoscritta. Perché tutta la terra è un punto: e quale minuscolo cantuccio della terra è questa dimora? E, qui, quanti e quali sono gli uomini che ti elogeranno? Ricorda, allora, che puoi ritirarti in questo tuo campicello, e soprattutto non agitarti e non darti troppa pena, ma sii libero e guarda la realtà da uomo, da essere umano, da cittadino, da essere mortale. E tra i principî che più dovranno stare a portata di mano quando ti ripiegherai su di essi, vi siano i due seguenti. Il primo: le cose non toccano l'anima, ma stanno immobili all'esterno, mentre i turbamenti vengono soltanto dall'opinione che si forma all'interno. Il secondo: tutto quanto vedi, tra un istante si trasformerà e non sarà più; e pensa continuamente alla trasformazione di quante cose hai assistito di persona. Il cosmo è mutamento, la vita è opinione.”

Marco Aurelio, A se stesso (pensieri), Garzanti, Milano 1993, Libro IV, 3. Traduzione dal greco di Enrico V. Maltese

Soupe aux haricots blancs

Tornare a casa dal lavoro e, in sequenza, togliere la cenere, prendere la legna dalla legnaia, accendere il fuoco nelle stufe, preparare una rapidissima soupe aux haricots blancs, alimentare le stufe, andare da un vicino per sintonizzargli il ricevitore digitale terrestre sennò non vede un cazzo, grazie Luca molto gentile, di niente, ma le pare, accident'a Gasparri e chi gli vuol bene, concordo si figuri ma altrimenti stasera non posso vedere un cazzo, sa mi piace la Lilli, mi addormento pensando alle sue labbra, non si preoccupi, oddìo la minestra sul fuoco, cazzo è andata di fuori, e il fuoco langue e io, io penso sempre più che il vero lusso sia avere personale di servizio che pensa a tutte queste facezie mentre tu pensi solo ad altre facezie, queste, ma forse queste non verrebbero fuori così, mi riempirei la testa sol di seghe mentali, eh già, la vita che passa cedendo tempo alle cose futili e quando hai tempo invece disperderlo nei rifiuti indifferenziati della mente, oddìo, è vero, la mente ha bisogno di distrazione operante e non nonuncazzofacente, forse, non lo so, sparo a caso, è la fretta, è la voglia di presenza, considerate questo post come se non fosse stato scritto e passate oltre, mentre io vado a passare i fagioli.


domenica 20 novembre 2011

But I want to stay here


Myrtle                                                                              Mirto

How funny your name would be
if you could follow if back to where
the first person thought of saying it,
naming himself that, or maybe
some other persons thought of it
and named that person. It would
be like following a river to its source,
which would be impossible. Rivers have no source.
They just automatically appear at a place
where they get wider, and soon a real
river comes along, with fish and debris,
regal as you please, and someone
has already given it a name: St. Benno
(saints are popular for this purpose) or, or
some other name, the name of his
long-lost girlfriend, who comes
at longlast to impersonate that river,
on a stage, her voice clanking
like its bed, her clothing of sand
and pasted paper, a piece of real technology,
while all along she is thinking, I can
do what I want to do. But I want to stay here.
       Quanto sarebbe comico il tuo nome
       se riuscissi a risalirlo fino a dove
       la prima persona pensò di pronunciarlo,
       chiamandosi così, o può darsi
       altre persone lo pensarono
       e lo imposero a quella persona. Sarebbe
       come risalire un fiume fino alla sorgente,
       impossibile. I fiumi sono senza sorgente.
      Appaiono automaticamente e basta, in un posto
      in cui si fanno più ampi, e d'un tratto un vero.
      fiume discende, con i pesci e i detriti,
       regale quanto vuoi, e qualcuno
      gli ha già dato un nome: san Benno
      (i santi vanno forte a questo scopo) o, o
     un altro nome, il nome della
     fidanzata persa da tempo immemore, che arriva
    dopo infinita attesa a impersonare quel fiume,
    su un palcoscenico, con la voce che sbatte metallica
    come il suo letto, le vesti di sabbia
    e cartapesta, esempio di tecnologia reale,
    mentre lei non smette di pensare, posso
    fare quello che voglio. Ma io voglio restare qui.


John Ashbery, Un mondo che non può essere migliore, poesie scelte 1956-2007, Luca Sossella editore, Roma 2008, traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan.

Pensa alle aziende

A leggere l'intervista di Aldo Cazzullo all'ex premier sia ha l'impressione che quest'ultimo non gli risponda di persona, ma via mail, come Elena Ferrante (vedi La lettura del Corsera di Oggi, ove la scrittrice risponde con tale modalità alle domande di Paolo Di Stefano). 
Per il resto, niente da dire, a parte notare che Berlusconi ha la solita faccia di bronzo di sempre. Peccato che Cazzullo non gli abbia chiesto se, riguardo alle sue dimissioni, abbia pesato più l'amore per l'Italia o quello per le sue aziende. Vero che, in un passaggio, dice di essersi dimesso «per un atto di responsabilità e di amore verso il [suo] Paese». Ma voi credete più alle sue parole o alle indiscrezioni sulle giornate della crisi raccontate oggi da Claudio Tito su Repubblica? Leggete qua cosa sarebbe accaduto durante la giornata del 9 novembre


Galeotto fu il vivavoce e chi lo mise.

Critica letteraria preventiva


Scritta di pugno.

sabato 19 novembre 2011

Pornografia e rottura di coglioni


Come per la maggior parte dei maschi della mia generazione (credo), la mia educazione sessuale si è basata sui giornali e giornalini porno più qualche film dello stesso genere (visto al cinema con degli amici, tutti minorenni: all'epoca facevano entrare, nei giorni feriali, naturalmente).
Per dire: a parte quando nacqui (purtroppo non ne ho ricordanza), i genitali femminili la prima volta li vidi in fotografia. Per la verità non ricordo nemmeno bene perché certi giornali dovessero per forza provocarmi eccitazione, ma lo facevano... – ma non voglio parlare di questo, ora (ne parlerò, forse, tra poco).

È che, per vie traverse, ho letto prima questo articolo (The Porn Mith) di Naomi Wolf, nota femminista americana, e sono rimasto impressionato favorevolmente, a parte l'epilogo (ne parlerò alla fine). Accanto ad esso, mi sono imbattuto in questo fatto di cronaca, sempre legato al porno, avvenuto negli Stati Uniti.

Metto subito le mani avanti: riguardo alla sfera sessuale, sono dell'opinione che ognuno è libero di avere i gusti che vuole purché il loro esercizio non leda la libertà e la volontà altrui, sempre nella scrupolosa salvaguardia dei minori.

Ma i nostri gusti sessuali da dove vengono? Sono un miscuglio di nature e nurture (geni e ambiente), ok. Ma se così è, lasciando da parte i geni, perché il nostro ambiente occidentale secolarizzato post-moderno ha dato e dà sempre maggior spazio alla pornografia? Ovvero, perché la pornografia è un industria che produce così tanti soldi e non conosce crisi* nonostante la ripetizione continua degli stessi gesti compiuti da altri
Naomi Wolf fornisce una risposta alla quale, nella mia ingenuità (leggi: rimozione) non avevo mai pensato:
After all, pornography works in the most basic of ways on the brain: It is Pavlovian. An orgasm is one of the biggest reinforcers imaginable. If you associate orgasm with your wife, a kiss, a scent, a body, that is what, over time, will turn you on; if you open your focus to an endless stream of ever-more-transgressive images of cybersex slaves, that is what it will take to turn you on. The ubiquity of sexual images does not free eros but dilutes it.
Questo flusso interminabile di immagini sempre più trasgressive che è facilmente alla portata di chiunque, in modo sia gratuito che a pagamento, produce dipendenza, un po' come leggere Libero il Giornale e il Foglio dopo le dimissioni di Berlusconi: a ogni pagina una sega, riflesso condizionato.

Scherzi a parte, la pornografia è oggettivamente un disastro riguardo alla liberazione del desiderio sessuale. Senza essere assolutamente bacchettoni, e - ripeto - nel rispetto delle preferenze altrui, vedere come si trattano gli umani nello svolgimento di tali filmati è veramente aberrante. Al confronto, la pornografia del passato è un film della Walt Disney. A volte si ha l'impressione che alla donna non resti altro che praticarsi un foro in qualsiasi altra parte del corpo per dare un ulteriore modo di esser penetrata. 
Vero, ci sono diverse categorie, più o meno soft, più o meno hard, più o meno extreme. Ma qui torna la domanda di fondo con la quale ritorno ai miei dubbi iniziali: perché, infatti, dovrei eccitarmi al vedere una giovane donna fare un pompino ad un pene che non è il mio? Perché le immagini pornografiche attivano neuroni che smuovono il mio sesso alla ricerca dell'orgasmo? Perché questo difficilmente càpita osservando una nuvola che passa? Forse perché, oggi
For the first time in human history, the images' power and allure have supplanted that of real naked women. Today, real naked women are just bad porn
E qui entra in gioco la necessità di introdurre quanto prima nelle scuole una sana ora di educazione sessuale come bisogna. Lezioni serie, effettuate da docenti preparati. Ma non una tantum, no. Settimanalmente, almeno quanto le ore di Religione Cattolica. Magari a partire dalla Scuola Secondaria di Primo Grado (ex Media).
Questo non per impedire all'industria del porno di lavorare, per carità. Soltanto per offrire al sesso la possibilità di ritornare dentro i corpi e non restare solo là, fuori, nei fantasmi della mente.

A parte.
Avrei dovuto scriverci un racconto su tale tema, ma stasera m'è presa così, versione moralista. Comunque adesso vado su youporn a vedere gli aggiornamenti. Poi vi racconto.
Ah, dimenticavo. L'epilogo dell'articolo della Wolf non mi convince perché è un elogio a un'ortodossia religiosa, anche se questo non è nelle sue intenzioni. Solo che, raccontando della sua amica israeliana che ha abbracciato la fede ebraica ultraortodossa (la quale nasconde i capelli per mostrarli solo al marito e come questo possa richiamare una sana eccitazione sessuale tra coniugi), beh, questo mi scoraggia più che confortarmi, dato che m'aspetto un'evoluzione culturale che prescinda dalle limitazioni della fede. Insomma, per scopare bene non deve essere necessario ottundersi il cervello con qualsivoglia fede religiosa, anche se vedo neocatecumeni felici che fanno figli a tutto spiano... È gente che va a diritto.

*Anche la Chiesa, in Germania, pare abbia una partecipazione di una casa editrice a luci rosse.

Addirittura la Dedra

*
La Dedra è stata l'ultima berlina di casa Lancia in grado di competere sullo stesso piano delle omologhe berline tedesche dell'epoca. Me lo ricordo bene: il parco auto degli italiani non si era ancora così massicciamente esterofilizzato. E la Dedra aveva un alto indice di gradimento, forse superiore all'Audi 80. Voglio dire: l'Audi cominciava in quegli anni ad avere un apprezzamento sul mercato, soprattutto con il modello Audi 80 B3. E la Dedra, addirittura, riusciva vendere metà produzione nella stessa Germania, infatti,
di circa 250mila esemplari prodotti dal 1989 al 1992, il 50% fu venduto in Germania, dove l'auto è stata particolarmente apprezzata.
La pigrizia m'impedisce di fare una ricerca su quante Fiat-Lancia-Alfa Romeo siano state vendute in Germania negli ultimi tre anni, in rapporto a quante Audi-Bmw-Mercedes in Italia per lo stesso periodo. Pigrizia sì, unita alla presunzione di sapere già la risposta, non credo molto gradita dalle parti di Detroit... ops, Torino.

Quindi, fare dell'ironia sul fatto che il parco macchine della presidenza del consiglio sia fermo alla Croma e alla Dedra è molto rischioso, dato che, probabilmente, tali modelli hanno una valutazione sul mercato dell'usato molto superiore alle Croma o alle... come che si chiama l'erede della Dedra? Ah già, non è stata fatta - di pochi anni fa.

Il destino dei figli




Piersilvio, diversamente da Saif al Islam, è stato sicuramente più persuasivo nel convincere il padre a desistere dalla lotta; egli sapeva che sia lui che il padre rischiavano grosso, che a rinchiudersi in un bunker prima o poi si viene stanati, che più importante dell'amor di patria è, sicuramente, l'amore per la propria società.
Col senno di poi, anche Gheddafi forse avrebbe accettato Monti come presidente del consiglio libico. Meglio una boccata di ossigeno che la sabbia in bocca.

P.S.
Chissà se entrambi i figli hanno acquistato gli occhiali dallo stesso ottico.

P.S. 2
«Il potere, qualunque sia, acceca con facilità, soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi» e «non è facile vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti». Lo ha detto il Papa, in questi giorni in visita in Benin ricordando le figure di Gheddafi e Berlusconi.

venerdì 18 novembre 2011

La triste vita dell'ex presidente del consiglio dei ministri

E finalmente Berlusconi potrà, in queste settimane, dedicarsi alla sua vita privata, preparare le partecipazioni per sposare quel fantasma di fidanzata che, nell'ultimo anno soprattutto, l'ha sostenuto con una discrezione e una dedizione ammirevoli che nemmeno Capezzone; oppure potrà dedicare più tempo al suo svago preferito, ovverosia organizzare dei festini all'insegna della più assoluta eleganza ai quali parteciperanno giovani peripatetiche dei sette continenti, pinguine comprese (è chiaro che, dopo la caduta in disgrazia dei suoi lenoni nostrali - Mora e Tarantini - egli si dovrà affidare ai servigi di agenzie internazionali di maggiore prestigio).
Sì, ok, ha detto che moltiplicherà il suo impegno politico da deputato e da presidente di partito: lo vedremo così in Parlamento tutti i giorni in cui esso sarà aperto, a far la fila per votare a favore o contro i provvedimenti del nuovo governo, oppure per partecipare ai vari dibattimenti e presenziare alle varie commissioni. E poi, subito dopo cena, presidiare e dirigere la sua nuova bella piccola tv fatta in casa, nata sulle ceneri di quella del suo omologo D'Alema. Un Berlusconi tutto uscio e bottega, dunque, bello pimpante e pronto a infondere energia nei cuori dei suoi cari sostenitori. Un Berlusconi che, nell'attesa che passi la tempesta (finanziaria) e le sue aziende, prima che il Paese, ritrovino porti sicuri, ha chiesto e ottenuto l'iscrizione a questa pagina Facebook: 
voglio tornare vergine ogni volta che io ce n'ho voglia.