giovedì 31 marzo 2011

Siamo gli uomini vuoti V [finale]

Qui noi giriamo attorno al fico d'India
Fico d'India fico d'India
Qui noi giriamo attorno al fico d'India
Alle cinque del mattino.

Fra l'idea
E la realtà
Fra il movimento
E l'atto
Cade l'Ombra
Perché Tuo è il Regno
Fra la concezione
E la creazione
Fra l'emozione
E la responsione 

Cade l'Ombra
La vita è molto lunga
Fra il desiderio
E lo spasmo
Fra la potenza
E l'esistenza
Fra l'essenza
E la discendenza
Cade l'Ombra

Perché Tuo è il Regno
Perché Tuo è
La vita è
Perché Tuo è il

È questo il modo in cui finisce il mondo
È questo il modo in cui finisce il mondo
È questo il modo in cui finisce il mondo
Non già con uno schianto ma con un lamento.


T.S. Eliot, The Hollow Men, traduzione di Roberto Sanesi, Garzanti, Milano 1975

Parole definitive, versi sui quali il Novecento ha meditato, dai quali sono scaturite riflessioni, immagini, altri versi. Ma che non riusciamo a trasportare nel nuovo secolo, noi, che facciamo cadere l'ombra là dov'era luce piena. Non vediamo più la luce gettata dalla sofferenza della Storia e ci chiudiamo nell'ombra. Perché Tuo è il Regno e tua la Potenza, tua la Gloria nei Secoli. Tuo... dimenticate per un attimo Dio, sostituitelo con colui che l'ha creato. L'Uomo ha creato la Potenza, la Gloria e il Regno ma, fra la concezione e la creazione, fra l'emozione e la responsione, fra desiderio e spasmo, fra potenza ed esistenza, fra essenza e discendenza cade l'ombra.
E quando l'ombra si sarà allungata definitivamente sul nostro cammino - e il dì sarà indistinguibile dalla notte -, ecco che potremo finalmente piangere, e ci accorgeremo, in colpevole ritardo, che il Regno era nostro, la Vita era nostra e non di Dio e non di Berlusconi.
Non so dire di più su questi versi, né mi permetto di vaticinare quando il mondo finirà. Ma ha ragione Eliot. Il mondo non finirà con uno schianto, ma con un piagnisteo in cui tutti si diranno innocenti e piangeranno le loro false miserie. Saranno (saremo) tutti innocenti, tanto che non ci sarà più nessun colpevole da vittimizzare. Sarà il momento in cui ci autoespelleremo dal mondo in un'unica grande soluzione finale - e faremo la fine di Edipo, ma non avremo più alcuna Colono per andare esilio.
Per ora comunque stiamo bene. Sappiamo ancora distinguerci.


Patatona

Tramite Ocasapiens scopro la Terra come non si era mai vista. A me piace molto anche così, una grossa patata variopinta. Andate sul sito dell'ESA per vedere l'animazione.

Alluci

Una Kate Moss in grande spolvero.
Si può notare dall'alluce sinistro ben eretto.

mercoledì 30 marzo 2011

Siamo gli uomini vuoti IV

Gli occhi non sono qui

Qui non vi sono occhi
In questa valle di stelle morenti
In questa valle vuota
Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti


In quest'ultimo dei luoghi d'incontro
Noi brancoliamo insieme
Evitiamo di parlare
Ammassati su questa riva del tumido fiume

Privati della vista, a meno che

Gli occhi non ricompaiano
Come la stella perpetua
Rosa di molte foglie
Del regno di tramonto della morte
La speranza soltanto 
Degli uomini vuoti.

T.S. Eliot, The Hollow Men, traduzione di Roberto Sanesi, Garzanti, Milano 1975

Il Parlamento, ultimo dei luoghi d'incontro, è da molti, da troppi anni in Italia il primo dei luoghi di "scontro". Noi brancoliamo insieme. A volte mi domando a cosa serva dibattere in Parlamento tra opposte fazioni, quando non esiste un linguaggio comune, quando ogni parte ha un diverso referente linguistico. Per cui: evitiamo di parlare ammassati sulle sponde di Montecitorio. Se alle parole "processo breve, prescrizione per gli incensurati" una parte intende (io sono fra questi): "si vuole bloccare il processo a Berlusconi", mentre l'altra parte si ostina a dire che non è così, e che la riforma riguarda l'interesse generale dei cittadini - ecco, ditemi a cosa serve discutere, dibattere. Secondo me, di fronte a tanto squallore che vede impegnati importanti ministri della repubblica a votare in Parlamento - mentre sarebbe stato loro più urgente essere stati presenti in altri "luoghi" di lavoro (o "teatri" di scontro) - occorre, per l'opposizione, un cambiamento di strategia. Del tipo: cominciare a fingere. Bluffare. Cominciare a dichiararsi d'accordo su certi temi. Votare a favore di certe leggi che comunque passerebbero. Privarsi della vista. Tutto questo con un unico obiettivo: al momento buono, quando i numeri lo permettono, aprire gli occhi e votare per dare la mazzata. 

Sono andato su internet e non ho comprato una casa a Lampedusa

Una delle ragazze dell'Olgettina fotografata mentre prova uno dei bagni della Villa delle Palme, nuovo acquisto immobiliare del presidente del consiglio dei ministri onorevole Silvio Berlusconi.
Alle spalle della ragazza si può notare un bicchiere contenente un collutorio per disinfettare il cavo orale (presumibilmente dal vomito post-fellatio).
Da rilevare, infine, come la ceramica del bagno suddetto, richiami lo stile bianco e blu della casa.

Dolce & Giubbata


Modesta proposta per Dolce & Gabbana, Armani, Versace e tutto il resto dell'establishment modaiolo italiano: perché non organizzate una bella passerella estemporanea a Lampedusa per promuovere le vostre collezioni autunno-inverno-primavera-estate eterne stagioni della miseriaccia infame?

martedì 29 marzo 2011

Siamo gli uomini vuoti III



Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto
Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo.

È proprio così
Nell'altro regno della morte
Svegliandoci soli
Nell'ora in cui tremiamo
Di tenerezza
Le labbra che vorrebbero baciare
Innalzano preghiere a quella pietra infranta.

T.S. Eliot, The Hollow Men, traduzione di Roberto Sanesi, Garzanti, Milano 1975

Analisi minima di alcuni versi della terza strofa. Vi si legge facilmente Lampedusa nell'attacco: terra morta, terra dei cactus, immagini di pietra che sorgono e ricevono la supplica della mano di un morto. Chi è il morto? Lo Stato Italiano? Per certi versi. Ma non perché io voglia accusare questo governo di ciò che sta accadendo: poteva succedere anche con un altro governo, la situazione sarebbe stata medesima. Il punto non è questo. Io non ho soluzioni da dare. Vedo anch'io che la maggioranza assoluta dei profughi sono giovani uomini. Vedo anch'io che - se sono tunisini - scappano da un paese liberato (si vede non è liberato abbastanza. Come si chiama il socio tunisino di Berlusconi? Tarak Ben Ammar , già. Ecco, perché non chiamarlo in causa per sapere le ragioni dell'esodo... Sempre che le sappia). E tutto questo accade sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo (quale? Il Sole? O piuttosto l'Europa?).

Sfuggire alla fame, alla miseria, per un'altra miseria: da un regno della morte all'altro, svegliarsi, soli, nell'ora in cui tremiamo di tenerezza/ le labbra che vorrebbero baciare/ innalzano preghiere a quella pietra infranta. Ecco, uno Stato che avesse a cuore se stesso e non la miseria delle proprie prigioni mentali, uno Stato che non avesse paura, sarebbe felice di apporre un timbro di cittadinanza sulla moltitudine dei nuovi ri-nati per insegnargli un nuovo linguaggio che non sia preghiera, ma amore per una terra che offre accoglienza, amore per delle regole umane di convivenza, di rispetto per quelle costruzioni di senso chiamate leggi che garantiscono il debole dalla minaccia del prepotente. 

Siamo gli uomini vuoti II


Occhi che in sogno non oso incontrare
Nel regno di sogno della morte
Questi occhi non appaiono:
Laggiù gli occhi sono
Luce di sole su una colonna infranta

Laggiù un albero ondeggia
E voci vi sono
Nel cantare del vento
Più distanti e più solenni
Di una stella che si spegne.

Non lasciate che sia più vicino
Nel regno di sogno della morte
Lasciate anche che porti
Travestimenti così deliberati
Pelliccia di topo, pelliccia di cornacchia, doghe incrociate
In un campo
Comportandomi come si comporta il vento
Non più vicino –

Non quel finale incontro
Nel regno del crepuscolo


T.S. Eliot, The Hollow Men, traduzione di Roberto Sanesi, Garzanti, Milano 1975

Un aiuto alla difesa

Nell'imminenza del 6 aprile, si dà qui un contributo alla linea difensiva del premier.

Luigi Vuittone è un permaloso

Nadia Plesner, Darfunica, 2010

Non mi so spiegare perché a certa gente bruci così tanto il culo.
Oh se solo sapessi dipingere come mi divertirei!

Percentuali


Ma in Italia, forse, è un'altra cosa... Chissà cosa ne pensa il De Mattei.

lunedì 28 marzo 2011

Siamo gli uomini vuoti I




Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell'erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina

Figura senza forma, ombra senza colore,
Forza paralizzata, gesto privo di moto;

Coloro che han traghettato
Con occhi diritti, all'altro regno della morte
Ci ricordano – se pure lo fanno – non come anime
Perdute e violente, ma solo
Come gli uomini vuoti
Gli uomini impagliati.

T.S. Eliot, The Hollow Men, traduzione di Roberto Sanesi, Garzanti, Milano 1975

Medaglia di bronzo 3

Siamo arrivati terzi su 189 partecipanti. Non male però come internauti.

Il treno azzurro

Io sono qui di nascosto, seduto
in un treno azzurro. Le rotaie
arrugginite cigolano e piano
piano arriverò alla stazione
grigia e fredda, dove un facchino
immoto non esprimerà alcun segno
di esistenza – vera ed unica,
accessoriata di sogni nitidi,
tersi come immagini riflesse
in un video inossidabile e piatto,
telecomandato. Senza
prospettive distribuirò speranze
gratis e fiori colti in giardini
pensili: speranze invisibili,
inservibili, beffarde, fittizie.
E fammi pure un caffè di rose
nere o rosse, poca importanza
ha.

Gennaio 1987

domenica 27 marzo 2011

Attenzione: c'è una scoria al CNR

Per chi non se ne fosse accorto, oggi su il Corriere della Sera, lo storico Roberto De Mattei, intervistato da Antonio Carioti, offre una “replica” alle critiche “ingiustamente” piovutegli addosso dalla dittatura del relativismo¹, come acqua sparata dai pompieri sulla centrale di Fukushima. 
Egli ha reagito, purtroppo, come la centrale nucleare giapponese sotto gli effetti dell'acqua salata: ha inacidito e inasprito la sua posizione. De Mattei, infatti, non parla: emette radiazioni. Per cui vi avviso: indossate adeguata attrezzatura per leggere cosa dice, altrimenti vi si fonde il cervello, vi si rattrappiscono gli organi genitali, vi viene la bava alla bocca e diventate come un X-men (se vi va bene), altrimenti sono cazzi vostri. Io, da bravo epidemiologo, mi sono premunito: ho indossato tuta e guanti speciali e, soprattutto, occhiali che filtrassero la massa ingente di cazzate espresse nel giro di poche righe di giornale. 
È quindi con molta cautela e dopo previo trattamento anti-radioattivo che ripropongo all'attenzione del lettore alcuni stralci delle nuove dichiarazioni esplosive del vicepresidente del CNR:
«Innanzitutto, non parlavo come vicepresidente del Cnr, ma da cittadino e da credente. Mi sono limitato a riprendere un libretto del 1911 scritto da monsignor Mazzella, arcivescovo di Rossano Calabro, che commentava il terremoto di Messina del 1908 riflettendo sul mistero del male. Il punto è che, come insegnano san Tommaso e sant'Agostino, nell'universo non accade nulla che non sia voluto, o almeno permesso, da Dio per precise ragioni. E tra di esse non è da escludere l'ipotesi di un castigo divino, anche se in materia non vi è certezza».
Dunque, abbiamo un De Mattei uno e trino: a) vicepresidente del Cnr; b) cittadino; c) credente. Hanno parlato i suoi due terzi di persona, mentre il terzo ha mantenuto un sobrio atteggiamento scientifico di fronte alla sciagura giapponese. E poi scusate: uno che "si limita a riprendere un libretto del 1911 scritto" da quel luminare della scienza e della teologia applicate che fu il monsignor Mazzella, deve giocoforza avere un credito illimitato sulle possibili incomprensioni derivanti dalla complessità del suo pensiero criptico-veterotestamentario. 
Di seguito, alla giusta obiezione dell'intervistatore («Ma il Dio cristiano non è amore?») De Mattei risponde con un acume straordinario, tale che mi sono subito toccato le palle per rincuorarmi e sentirvi vivo. Ecco a voi, depurate dalle scorie, queste sublimi parole
«Certo, infatti nel mio discorso non c'è alcun compiacimento. Esso nasce, al contrario, dalla convinzione che uno dei modi per aiutare spiritualmente chi soffre sia trovare una ragione alta e nobile per le disgrazie che l'hanno colpito, spiegando che anche le catastrofi sono originate dall'amore divino, che trae sempre il bene dal male».
Sempre con una mano sulle palle penso intensamente alle ragioni "alte e nobili" che il Signore ha per far tribolare le sue creature. Lo so che è maleducato, ma quasi quasi comincio a bestemmiare a iosa, tante volte Iddio non pensi che gli voglia troppo bene. Cristo santo!, ma non ci sono altri modi più semplici e meno invasivi per manifestare l'amore divino? Che ne so: una fellatio o un cunnilingus paradisiaci? Ci pensate un po' se in questo stesso momento tutta l'umanità fosse sottoposta a questo contatto orale con Dio? Mezz'ora di estasi universale... altro che sbattere la placca terrestre e muovere le acque...
Tuttavia, quello che più colpisce delle dichiarazioni di De Mattei, è questo duro attacco che riserva, non tanto agli atei (c'è anzi un colpimento a Odifreddi, l'unico a suo dire che ha avuto il coraggio di confrontarsi con lui), quanto ai cattolici evoluzionisti che non credono alla verità letterale dell'assunto biblico. Monsignor Ravasi è l'epicentro del suo scuotimento. Sentite qua, cosa risponde alle domande di Carioti (indossate tuta, mascherina e occhiali):
Alcuni teologi infatti spiegano le sciagure naturali con una meccanica propria del mondo, non riconducibile alla volontà di Dio. «San Paolo scrive che il male e la morte sono entrati nel mondo attraverso il peccato originale di Adamo ed Eva. Da quella colpa derivano tutte le lacrime e i dolori dell'umanità. Oggi però nel mondo cattolico è penetrata una visione evoluzionista e poligenista, per cui il genere umano non proverrebbe da una coppia primordiale. Ma Pio XII nell'enciclica Humani Generis ha riaffermato che l'esistenza personale di Adamo ed Eva fa parte del magistero della Chiesa. Questa è una delle tante ragioni per cui un cattolico non può accettare le teorie di Darwin. Perciò mi stupisce che un semievoluzionista come il cardinale Gianfranco Ravasi presieda il Pontificio consiglio per la cultura». 
Secondo lei non è adatto all'incarico? «Si chiede a me di lasciare la vicepresidenza del Cnr, ma sarebbe più logico che si dimettesse Ravasi, che sostiene in campo esegetico e scientifico posizioni non del tutto coerenti con la tradizione della Chiesa. Oltretutto l'evoluzionismo è indimostrabile sul piano sperimentale: di fatto è un mito che si sta sgretolando. Sono sempre più numerosi gli scienziati che lo rigettano, come quelli che ho riunito a Roma due anni fa. Ma Ravasi non ha invitato nessuno di loro al convegno a senso unico su Darwin organizzato nel marzo 2009 alla Gregoriana: neppure Josef Seifert, che è membro della Pontificia accademia per la vita».
Avete letto vero? Bene, non che mi piaccia tanto firmare gli appelli, ma adesso vado subito a farlo.

¹«Gli attacchi contro di me sono un tipico esempio della dittatura del relativismo denunciata da Benedetto XVI. Perché non ho fatto altro che riaffermare la tradizionale dottrina cattolica sulla provvidenza»

Il canto popolare

 Il canto popolare ( Pier paolo pasolini) by Mar en casa

Qui il testo scritto.
Segnalo poi anche questo post di Morena.

Sangue che parla

Attraverso misteriosi salti nella rete, stamani, tramite il sito Paulus 2.0, sono atterrato su 30Giorni, il mensile internazionale diretto da Giulio Andreotti (!), dove ho trovato una preziosa intervista (risalente al n° di giugno/luglio 2008) di Gianni Valente al cardinale gesuita Albert Vanhoye in vista di un immente Sinodo.
Stralcio alcuni passi significativi.
 Secondo lei, cosa può suggerire un Sinodo del genere a tutta la Chiesa?  
 VANHOYE: L’instrumentum laboris lo dice molto bene: non si deve identificare la Parola di Dio con la Bibbia. Al tempo di san Paolo non c’era niente di scritto del Nuovo Testamento. Ma san Paolo era consapevole di predicare la Parola di Dio, e si congratulava con i Tessalonicesi perché avevano ricevuto il messaggio proclamato da lui non come discorso umano, ma come Parola di Dio che opera in chi crede. La Parola di Dio è una cosa viva, la Bibbia è un testo scritto. Ha un’importanza speciale perché è un testo ispirato. Ma la nostra fede non è una religione del Libro, non è la religione biblica. La nostra fede è una religione della Parola di Dio viva, accolta, che ci mette in relazione personale con Gesù Cristo, e, per mezzo di Cristo, con Dio Padre. 

Parola viva. Benissimo. Chi la parla oggi? O meglio: chi è colui, o chi sono coloro oggi che hanno il dono di intendere (se esiste, claro) tale parola viva? Gli uomini di chiesa, i religiosi, in ispecie i cattolici, hanno accesso privilegiato a tale parola? Hanno un iPod diretto con l'aldilà dal quale scaricano (non so quanto gratuitamente) la parola del Signore? Insomma, Dio Padre parla ancora? E se sì, perché soltanto alcuni riescono ad udirlo e, solo pochissimi, poi, sono autorizzati ad esserne portavoce ufficiali?
«Parola di Dio, ultima e definitiva, è Gesù Cristo», sta scritto nella parte prima dell’instrumentum laboris del Sinodo. Vengono in mente alcune pagine del suo confratello Henri de Lubac...  
      VANHOYE: De Lubac ha scritto che in Gesù Cristo Dio ha reso breve la sua Parola, l’ha abbreviata. Il Verbo si è abbreviato. La Bibbia non è una collezione di trattati filosofico-teologici, non è un percorso didascalico-simbolico per acquisire un set di verità religiose eterne. La Bibbia racconta l’iniziativa di Dio per entrare in contatto con gli uomini, nella nostra storia. Per questo l’incarnazione di Cristo è il “riassunto” di tutta la Parola di Dio. Che non rende inutili le altre parole ispirate, ma definisce il loro senso preciso. La Parola dell’Antico Testamento prende il suo senso preciso grazie alla sua relazione con Gesù Cristo. Ormai noi leggiamo l’Antico Testamento illuminati dalla venuta e da ciò che opera Cristo. Come dice Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni, «voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza». Questo si vede nell’apparizione ai discepoli di Emmaus: Gesù spiega tutto ciò che nell’Antico Testamento riguarda la sua persona e il suo mistero. È stimolante anche l’espressione della Lettera agli Ebrei dove si dice: ormai è un sangue che parla, «con voce più eloquente di quella di Abele». La Parola di Dio si è fatta sangue versato. E parla di un’offerta di amore che vince tutti gli ostacoli all’amore. Se uno dice: Parola di Dio, la formula può trasmettere un’idea intellettuale. Ma se si dice che è un sangue che parla, si capisce che non si tratta di un discorso, di un ragionamento. 

Sangue che parla è la Parola di Dio. Sangue versato. Da parte di chi? Da parte delle vittime (quelle autentiche). E a chi dovrebbero parlare, tali vittime? Ai persecutori. Per dirgli che cosa? Che il sangue versato dalle vittime non può riconciliare più i persecutori. Che le ragioni del conflitto che lacera una comunità, una società, un pezzo di mondo, non sono più da ricercare in un unico responsabile. Far fuori il capro espiatorio di turno non porta più pacificazione tra le genti (anche se a volte aiuta: io per esempio, Berlusconi... Gheddafi... Putin... Chavez...). Confusione: oggi i persecutori assumono, tutti, atteggiamenti vittimari. Nessuno al mondo sbandiera più di essere carnefice. Tutti si fanno la guerra per autodifesa. Nessuno si lascia vittimizzare volentieri, però. Figuriamoci crocifiggere. Anche la Chiesa Cattolica, poverina - a parte gli autentici vittimizzati nelle zone in cui i cristiani sono in pericolo di vita (Pakistan e altri paesi a maggioranza musulmana) - non può dirsi autenticamente, da diversi secoli (millenni oramai) una vittima. Eppure la Chiesa ha la pretesa di essere la portavoce ufficiale della Parola di Dio. Ma se la Parola di Dio è sangue che parla, avete mai visto voi, ultimamente, qualche Papa o qualche Vescovo col sangue alla bocca?¹
Sarà retorica la mia, ma prendiamo, ad esempio, la questione attuale dei profughi: perché il Vaticano non si sdà interamente, perché non comincia a bere quel sangue che è la parola di persone disperate di fame, miseria e infamia? Ovvero: sangue che parla?
Qui mi fermo. Ho sermoneggiato abbastanza. Comincia la mia domenica profana.

¹A parte le rare eccezioni, nel Secondo Novecento per es., di un Romero, di un Giovanni Paolo I (la sua fine misteriosa), di un Giovanni Paolo II (quando ricevette una pallottola dall'Agca e nelle sue ultime ore di vita quando rifiutò di essere mantenuto in vita "artificialmente"), e di altri sacerdoti (o religiosi) vittime di associazioni criminali (don Puglisi).

sabato 26 marzo 2011

Pensieri di una fanciulla

*

THOUGHTS OF A YOUNG GIRL

It is such a beautiful day I had to write you a letter
From the tower, and to show I’m not mad:
I only slipped on the cake of soap of the air
And drwoned in the bathtub of the world.
You were too good to cry much over me.
And now I let you go. Signed, The Dward.”

I passed by late in the afternoon
And the smile still played about her lips
As it has for centuries. She always knows
How to be utterly delightful. Oh my faughter,
My sweetheart, daughter of my late employer, princess,
May you not be long on the way!

PENSIERI DI UNA FANCIULLA

La giornata è tanto bella che dovevo scriverti una lettera
dalla torre, e dimostrarti che non sono folle:
è solo che scivolai sulla saponetta dell'aria
e affogai nella vasca da bagno del mondo.
Fosti fin troppo cortese a piangermi tanto.
Ora ti lascio in libertà. Firmato, Il Nano”.

Passai di là nel tardo pomeriggio
e il sorriso ancora la giocava sulle labbra
com'è stato per secoli. Lei sa sempre
come essere assolutamente deliziosa. Oh figlia mia,
mio tesoro, figlia della mia ex-padrona, principessa,
che il cammino non ti sia interminabile!

© John Ashbery
From The Tennis Court Oath, Wesleyan University Press, Middletown, Connecticut, 1962. Edizione Italiana, Un mondo che non può essere migliore, Luca Sossella Editore, Roma 2008 (traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan).


Scatenate l'Ora

Una volta che ci sia concesso di disubbidire al test di profittabilità di un contabile, cominceremo a cambiare la nostra civiltà.
John Maynard Keynes

«Perché ci riesce tanto difficile anche semplicemente immaginare una società diversa? Perché sembra al di sopra delle nostre forze concepire un assetto diverso, che vada a vantaggio di tutti? Siamo condannati a oscillare all'infinito fra un “libero mercato” disfunzionale e i tanto sbandierati orrori del “socialismo”?»
Tony Judt, Guasto è il mondo, Laterza, Roma-Bari 2011 (traduzione di Piero Galimberti). 

Il problema di fondo è che, molte volte, noi umani non siamo all'altezza della nostra immaginazione. Non siamo capaci di abitare i nostri castelli in aria. Quei pochi, furbi o prepotenti, che li abitano più o meno abusivamente, gratificano soltanto la propria crapula. (Si grattino le terga, i bucaioli). 
Siamo malati di pensiero sincronico. Non riusciamo più a distanziarci da noi stessi. Siamo immersi in un eterno presente, che non riusciamo a cogliere, perché non sappiamo fare un passo indietro per vederlo in prospettiva. Dacché senza un pensiero diacronico non esiste vera cattura dell'attimo, e quindi la felicità possibile, la gratificazione personale e il benessere comunitario, vanno persi nelle reti fognarie dei nostri falsi desideri. Desideri mediati. Da chi? Dai falsi modelli che parassitano la nostra pigrizia mentale. 
Ma cosa sto dicendo esattamente? Il mio è solo un vago desiderio che l'ondata rivoluzionaria, che investe il mondo arabo, arrivi anche in Europa e, soprattutto, in Italia? Può darsi. Sono qui da diverse ore in attesa che anche il web italiano chiami alla rivolta, ma dispero che, se accadrà, accadrà stanotte tra le due e le tre.

venerdì 25 marzo 2011

Manifesto dei Responsabili

via Boing Boing

Come va stasera?

 Mozart Symphony #29 In A, K 201 - 1. Allegro Moderato by user6025289

La finzione è più necessaria della verità

«La modernità, in voi, succhia e assorbe tutta la linfa del passato, come la modernità della nuova Italia; e qualunque avvenire valga la pena di avere, dovrà nascere da uomini come voi, non da intellettuali grami e stentati o da puritani pieni di autoinibizioni. La fortuna non arriderà mai a coloro che sconfessano le forze vive della natura. Potete ben permettervi che qua e là un vecchio filosofo sperimenti in anticipo la morte, e viva, per quanto è possibile, nell'eternità. La verità non potrà non trionfare nel giudizio finale. Forse, non può trionfar prima. Forse, finché la vita dura, per riconciliare gli uomini con la realtà, la finzione, in certi sensi, può essere più necessaria della verità».

George Santayana, L'ultimo puritano, [The Last Puritan, 1939, prima edizione italiana, 1952], Baldini Castoldi Dalai, Milano 2005, pag. 636 (traduzione di Camillo Pellizzi).

Non fate leggere quanto scritto sopra a Giuliano Ferrara: potrebbe credere di aver ragione con le sue ridicole accuse di neopuritanesimo.

Tuttavia, in questo brano di Santayana, sono nascoste (ma mica poi tanto) le ragioni del successo di Mussolini prima, e di Berlusconi poi. E altresì le ragioni dell'insuccesso, del fallimento quasi continuo della sinistra italiana. La sinistra non sperimenta in anticipo la morte: medita troppo, non getta se stessa oltre l'ostacolo, non si mette alla prova, tentenna, esita, non grida forte le proprie ragioni, giuste o sbagliate che siano. La sinistra deve rivendicare la sua idea di egualitarismo (per esempio), sbatterla in faccia a questa fottuta modernità che provoca, in questi ultimi anni soprattutto, miseria estesa. Deve rivendicare e difendere con le unghie e coi denti la conquiste sociali ottenute a prezzo di lacrime e sangue nel corso degli ultimi due secoli. Di cosa hanno paura? Di esser di nuovo rinfacciati del fallimento del comunismo sovietico? Ma cazzo! Cos'è il berlusconismo se non un fascismo rimodernizzato, con le uniche varianti di non rischiare, per noi cittadini, il carcere o purghe per dire queste cose, e con un capo del governo che fa  prima i suoi interessi che quelli collettivi (sì: tra tante infamie commesse, Mussolini - se non erro - non si è mai fatto votare dal parlamento leggi ad personam)? Se Berlusconi ha vinto è perché ha illuso gli italiani con una finzione che nascondeva loro la verità delle sue intenzioni. Per questo alla sinistra occorre una nuova finzione. Più efficace e meno intrusiva (sapete come, sapete dove) per la nostra penisola di pena.

giovedì 24 marzo 2011

Segnalazioni evolutive

Due libri che vorrei presto tradotti in italiano:
Matt Ridley, The Rational Optimist
James Gleick, The Information
(qui due recensioni via Boing Boing 1, 2).

Infine, riporto l'epilogo di un post molto interessante, da meditare:
Anyway: what I've been working up to saying is — democracy doesn't fit this model of human relations. In fact, I'm beginning to think democracy (direct democracy, not the bastardized democracy/primate dominance game that is representative democracy) is a third, and so far uniquely human, mode of primate conflict resolution (after direct dominance behaviour as practiced by chimpanzees or baboons, and sexual conflict resolution among bonobos). It can't work without language and (on a large scale) writing or other persistent media of record. It works better with a well-informed (or rather, meme-infested) population. And while it's useful for small (under 200) social groups, it really comes into its own for managing conflict resolution within meta-groups so large that not everybody can know everyone else. Its rival modes might include monarchism (of which dictatorship is a specialized subset), the direct descendant of the traditional primate dominance behaviour practiced on a larger scale, but there's no obvious way to scale bonobo-style sexual grooming across a nation of millions. (Porn, maybe? What do you call a system of government that works by federated bonobo-style sexual grooming?)*
*A quest'ultima domanda io risponderei: Bunga Bunga's Democracy

Un Dio Intelligente. Come le bombe.

Se un popolo si allontana da Dio, provocherà la nascita di pagani... allora bisogna colpirli tutti. Peggio per quel popolo se degli innocenti ci andranno di mezzo. Mosé non domandò forse a Dio: «Perché quando una città commette un errore o cade nel peccato, tu colpisci tutti gli abitanti, sia i buoni che i cattivi, sia gli innocenti che i colpevoli, sia i puri di cuore che i peccatori?». Dio non gli rispose e Mosé si addormentò sotto un albero. Durante il sonno, delle formiche salirono su un piede di Mosé e una di esse lo punse. Egli si svegliò di soprassalto e cominciò a schiacciarle tutte. Allora Dio gli chiese: «Perché schiacci tutte le formiche quando solo una ti ha punto?». Mosé rispose: «Beh, non potevo scoprire chi mi ha morso, per questo le ho uccise tutte». Dio gli rispose che anche Lui agiva nella stessa maniera. «Se un uomo è colpevole, io colpisco tutta la sua famiglia, proprio come un terremoto decima una popolazione senza distinzioni tra buoni e cattivi». Per questo, allora, quando Dio colpisce un popolo vuol dire che se lo merita.*
Non so perché, anzi: so perché. Ma questo brano (trovato in André Glucksmann, La troisième mort de Dieu, NiL èditions, Paris 2000) mi fa tornare di nuovo in mente il professor De Mattei. Forse il vicepresidente del CNR crede davvero che qualche formica dispettosa, del formicaio umano dell'arcipelago giapponese, abbia punto Dio mentre dormiva e che Costui, in preda alla rabbia per esser stato svegliato dal sonno eterno, si sia talmente incazzato da aver provocato il maremoto e la conseguente devastazione. Insomma, il De Mattei voleva solo dirci di non stuzzicare il Dio che dorme. Altrimenti son maremoti nostri.
Confesso che immaginare un Dio siffatto equivalga a considerarLo più stupido delle bombe intelligenti, le quali centrano sì il bersaglio, ma sempre a prezzo di qualche vittima collaterale.
Infine: un Dio che fa suo il motto dell'abate Arnaud Amaury (non il centravanti oriundo della Juventus), che per debellare i catari, indistinguibili dai cattolici, disse alle sue truppe: «Uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi».

*Patrick Forestier, Confession d'un émir du GIA, Grasset, Paris 2000 (traduzione mia)

Descobri que te amo

Mi chiamo Barbara, sono laureata in filosofia (una tesi sociopolitica su Amartya Sen), e sono ricca. Mio padre ha tanti soldi e io di conseguenza. Ho un padre generoso, non mi ha mai negato niente. Tranne i libri (soprattutto quelli Mondadori). Non so perché, ma io, nonostante sia filosofa, ultimamente mi sono data al calcio. Ci sono tante malelingue. Tanti neopuritani. Non sanno che il calcio è, in sé, è una filosofia. E i brasiliani sono i migliori interpreti (con i funambolici argentini) della filosofia del calcio. E i poi i brasiliani sanno leggere Pessoa in lingua originale. 
Così ho ingaggiato un giovane lettore, Alexandre Rodrigues da Silva, per farmi un corso breve, accelerato, di filosofia calcistica (e di lingua portoghese). Il punto è che, frequentandolo, descobri que eu amo. Almeno fino a fine stagione.

mercoledì 23 marzo 2011

Interno notte

Parigi, interno notte. Primo incontro, leggero imbarazzo. 
«Fa caldo oggi...», mi fa notare giudiziosamente...


Roberto Saviano e la fine della pedagogia

"Roberto Savinio"
Io non ho il culto di Roberto Saviano. Tuttavia mi piace come persona. Mi sembra una brava persona. Mi rimane bene, soprattutto come personaggio pubblico. Mi piace come parla, come pesa silenzio e parole. Mi piace meno il suo indice continuamente puntato sulla sua testa mentre parla (gestualità eccessiva, ma sono banalità). Come scrittore ho letto poco per giudicarlo. Solo qualche articolo. Per esempio: non ho letto Gomorra (non tiratemi uova, vi prego). Ho visto sprazzi di film (che è un'altra cosa, d'accordo). Ho visto alcune sue apparizioni televisive. Ho visto alcune puntate di Vieni via con me, ma non comprerò né leggerò il libro uscito da Feltrinelli. Sono tuttavia molto contento che Gomorra sia un best-seller, e spero che lo diventi anche Vieni via con me. Vorrei che Saviano diventasse un politico? Non necessariamente. Non mi scandalizzerei se lo diventasse ma nemmeno lo tirerei per la giacca per farglielo fare. Una cosa vorrei soprattutto: che un giorno possa tornare a vivere tranquillo la sua vita, pubblica e privata, senza bisogno della scorta. Vale a dire che egli non corra più il rischio di essere ucciso dalla camorra o altro tipo di mafia.
Detto questo, mi accorgo anche che il fenomeno Saviano produce numerose questioni. Ed giusto così. È giusto, per esempio, criticarlo nel merito quando egli dice una cazzata. Ed è giusto, altresì, dissacrarne la sua eventuale portata oracolare, ridimensionarne profetismo e retorica. Roberto Saviano, insomma, merita di essere trattato alla stregua di qualsiasi altro intellettuale, operando su di lui un attento e a volte anche severo esame critico, sia delle sue opere che delle sue dichiarazioni. Dato che Saviano è uno dei pochi fenomeni seri di questo paese, è giusto che esso sia trattato seriamente. Per questo apprezzo molto coloro che sottopongono il suo dire (scritto od orale) ad un'attenta analisi dove, talvolta, capita che ne esca ridimensionato.
Ma perché sto scrivendo questo post?
Perché volevo dire che, se alcuni giovani (1, 2) vanno a scuola con in testa le parole di Saviano e sentono l'urgenza di ripeterle, mostrale, riscriverle o ridirle, questa per me è una buona cosa. 

Sapete, non c'è niente di meglio che delle buone guide per invogliare le menti alla ricerca. E Saviano può essere una buona guida per i giovani fintanto che resta un tramite, un trampolino che permette di passare da lui ad altri autori, altri stili, altri pensieri. Perché così funziona la trasmissione delle idee. E per quanto criticabile sia il modello Saviano, esso è di gran lunga superiore rispetto a moltissimi altri modelli ad alta esposizione mediatica che ci sono in questo paese. 
I giovani che leggono o ascoltano Saviano trovano il primo referente che li indirizza, senza il gravame dell'imposizione scolastica e/o familiare, verso altri pensieri, altri libri, altri cantanti, altri artisti. E queste nuove scoperte, poi, rimanderanno ad altre, e ad altre ancora, addirittura (a volte capita) per ritornare al punto di partenza, magari per criticarlo, ignorarlo, e passare oltre. Per "uccidere" i padri occorre un esercizio autodidattico. Ogni generazione fa i conti con quel passa e che sfugge ai modelli prestabiliti dalle generazioni precedenti. Che tutto sia un cerchio ce ne accorgiamo poi, quando proviamo o a diventare, malgré nous, dei modelli noi stessi; oppure quando ne proponiamo altri, come riflesso inesatto della nostra immagine. La nostra vocazione pedagogica ha il limite di essere interessata alla propagazione delle nostre ragioni. Per questo è necessaria la fine di ogni pedagogia: per lasciare liberi gli altri di diventare ciò che noi non abbiamo potuto essere. Che la si smetta di rinfacciarsi tra generazioni il fallimento di essere umani. 

martedì 22 marzo 2011

Terremoti divini

Sull'ultima esternazione del professor Roberto De Mattei, vicepresidente del CNR, c'è poco altro da aggiungere allo sputtanamento definitivo ch'egli si è meritato di ricevere per opera di molti commentatori (segnalo questi tre: Stukhtra, Leucophaea, Malvino).
Ritorno oggi sulla questione perché, leggendo sul mensile Linus (cartaceo) il fumetto Antitipo di Ralf König - che narra la storia sessuofobica e schizofrenica di San Paolo - ho ri-letto un passaggio dagli Atti degli Apostoli che avevo dimenticato, ove si racconta (come ben riassume lo stesso König) quando «Paolo evangelizzò Filippi [città romana della Macedonia] e guarì una schiava posseduta dal demonio e sfruttata dal suo padrone per le sue profezie. Il padrone, non potendo più guadagnare grazie alla ragazza, portò Paolo e Sila dai giudici. I due furono picchiati e incarcerati, ma mentre cantavano e pregavano Dio...
d'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti (Atti, 16, 26)
...il carceriere ebbe paura e si convertì e la mattina dopo i due furono liberati», dopo aver preteso, e ottenuto, pubbliche scuse dagli stessi magistrati che li avevano imprigionati.

Cosa c'entra tutto questo con De Mattei? C'entra, nel senso che, per uscire da quella moderna prigione di Filippi che è Radio Maria, al professor De Mattei e al suo interlocutore, Monsignor Manzella, occorreva un terremoto di parole di notevole intensità della scala Stronzer, tale da sciogliere le loro catene. Catene? Sì, quelle degli sciacquoni delle loro teste... fondamentaliste. 

lunedì 21 marzo 2011

La balena verde

Gian Antonio Stella recensisce oggi* sul Corriere della sera un libro dedicato «al lungo cammino percorso dal partito del Carroccio dai matrimoni celtici fino all’accanita difesa del crocefisso nelle aule scolastiche» per i tipi dell’Editrice Missionaria Italiana. «L’ha scritto Paolo Bertezzolo, veronese, docente di storia e filosofia, ha in copertina una Chiesa col rosone occupato da un grande sole delle Alpi e s’intitola, con un gioco di parole, Padroni a Chiesa nostra. Vent’anni di strategia religiosa della Lega Nord.»
Dev'essere un libro interessante, che conferma quello che ormai è un dato certo: la Lega Nord è diventata una balena verde, una mutazione politica di quella che era, un tempo, la vecchia Democrazia Cristiana. In questi vent'anni di presa del potere, Bossi e soci hanno capito, sotto sotto, che fondare una nuova religiosità non serve a granché, soprattutto quando ce n'è una bella pronta, consolidata, al potere da millenni. Non s'insegna mica niente ai preti. Sanno benissimo che i “valori” e i “principi” della Lega sono diametralmente opposti a quanto andò predicando il Nazareno. Ma chissenefrega, in fondo. Di uomini della provvidenza che si arenano, dopo tanto naufragare, sulle sponde ecclesiali, la storia offre ottimi esempi. La Chiesa offre il suo beneplacito a chiunque si dimostri "sensibile" ai suoi temi più cari. Non avendo più territorio effettivo da difendere, la Chiesa difende oggi quello che ritiene di diritto suo: le vite e le coscienze degli altri. E la difesa della vita è la nuova loro questione romana; e l'autodeterminazione dell'individuo è la nuova Porta Pia da proteggere, costi quel che costi. Dato che dall'altra parte c'è il partito della morte... facile vincere, facile conquistare posizioni quando il nemico è così brutto e cattivo.
Infine, sia detto di passata e sia ripreso da mani più esperte: io credo che il collante tra Lega Nord e Chiesa Cattolica si chiami Comunione e Liberazione. O sbaglio?


*L'articolo non è ancora disponibile online sul sito del Corriere. Chi fosse interessato può trovarlo in formato pdf: «Tutte le conversioni della Lega».

Le Supplici Amazzoni


strofe
CORO: O monti o terra giusta e venerata,
che patiremo? dove
in questa terra di Apis fuggiremo,
dove è un cammino buio?
Fossimo fumo nero
confuso tra le nubi di Zeus,
polvere che senza ali si dissolve.
antistrofe
L'anima è un brivido,
batte il mio cuore nero.
La vista delle navi mi ha rubata,
di paura sono smarrita,
vorrei il cappio, la fune della morte,
prima che uno degli uomini maledetti
sfiorasse la mia pelle:
l'Ade prima mi sia padrone.
strofe
Non c'è per noi un seggio nel cielo
dove l'umida nube si fa neve:
o una liscia roccia sospesa
che l'occhio non afferra, solitaria,
raggiunta da capre e da avvoltoi,
e di lassù precipitare
perdutamente, per testimoniare,
prima delle nozze
che violentano il cuore e che dilaniano?
antistrofe
Cibo ai cani e agli uccelli
di questa terra, noi lo accettiamo.
Perché la morte libera
dal dolore che urla:
venga la morte
prima del talamo nuziale.
Non ci apriremo la via
alla fuga, alla liberazione?
strofe
Il grido riempia il cielo,
il canto invochi gli Dei:
saremo esaudite? Padre,
guarda, liberaci , battiti,
dannano la violenza i tuoi giusti occhi.
Le tue supplici onorale,
signore della terra, onnipossente
antistrofe
Zeus. Insopportabile ingiuria
è questa dei figli di Egitto,
la torma dei maschi in caccia di noi
furiosa pazza urlante.
Tu reggi la perfetta giustizia del mondo,
senza te nulla agli uomini s'avvera.

Eschilo, Le Supplici, Terzo Stasimo, traduzione di Enzo Mandruzzato, Newton Compton Editori, Roma 2007.


I casi in cui il Grande Fratello serve a qualcosa

Vai Veena

Ministro della Fusione

Via Sylvie Coyaud vengo a sapere che il Ministro della [Pubblica] Istruzione, Maria Stella Gelmini, è in visita a Mosca per l'anno della cultura italiana. Più che parlare di cultura e istruzione, Ella parla di fusione. Fusione nucleare. D'altra parte, ne ha ben donde: una più esperta di lei nel fondere, sciogliere, liquefare quel che resta della scuola e dell'università pubbliche non se ne trovano da centocinquantanni a questa parte.

Pronto, Scarlett?

Oggi pomeriggio sono libero. A che ora passo da te?

Non sono stupidaggini

Un paio di cose sulla Libia che avrei voluto scrivere.
Qui e qua. Bravi.

Un dromedario senza padrone

«Nel deserto dello Higiaz, un dromedario senza padrone vagabondava tra le colline di sabbia, sempre più avvicinandosi, come un fedele e un sottomesso, alle mura della Mecca.
Quando già era in vista della Mecca cambiò direzione, per misteriosa decisione di Dio, e camminando camminando arrivò a Zurigo, città nordica, svizzera, dove si stampa il quotidiano «Neue Zürcher Zeitung», tra i più autorevoli d'Europa - se mai possa essere autorevole un giornale, in cui non esistono, come nel deserto le oasi, pagine interamente bianche - e qui si fermò per bere e dopo bevuto si addormentò sulle rotaie del tram, costringendo il guidatore a chiamare il capolinea con richiesta di istruzioni.
Le istruzioni furono di lasciar dormire il dromedario e di far scendere i passeggeri.
Alcuni si sedettero per leggere la «Neue Zürcher Zeitung», altri guardavano il dromedario con invidia e ammirazione. Tra questi c'era un giovane distinto che ad alta voce disse: - Ma perché questo dromedario non si è fermato alla Mecca ed è arrivato invece fin qui, a Zurigo?
Quel giovane era completamente ottenebrato. Non arrivava neppure ad immaginare che se il dromedario non si era fermato alla Mecca era per volontà di Dio, che aveva voluto che arrivasse fino a Zurigo e qui, soltanto qui, si pigliasse un meritato riposo.»

Guido Ceronetti, D.D. Deliri Disarmati, Einaudi, Torino 1993

P.S.
Speriamo che anche il dromedario di Gheddafi sbagli strada. Certo Zurigo e la Svizzera in genere non sono molto indicate, ma chissà se magari voglia fermarsi a Roma per ritrovare la sua sella.