lunedì 2 gennaio 2012

Calderoli e il senso del ridicolo

In una repubblica democratica il diritto di critica è sancito dalla costituzione. Nessun cittadino è esente da critica, neanche il presidente della repubblica; e se non si è d'accordo con quello che costui dichiara, si ha il diritto di manifestare il proprio dissenso. Nessuno può, quindi, negare alla Lega Nord di criticare il presidente o il capo del governo. Non si tratta di questo. Sta a ciascun cittadino valutare se, tali critiche, siano pertinenti o delle gigantesche stronzate.
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Premesso tutto questo, è indubitabile che paragonare Giorgio Napolitano a Cetto La Qualunque è una cosa talmente imbecille e fuori della realtà che è come se qualcuno avesse il coraggio di paragonare Calderoli al Marco Paolini interprete della tragedia del Vajont. 
Forse Calderoli aveva in canna questa battuta da tanti anni, ma finché è stato servizievole ministro del governo Berlusconi (ovvero ministro del governo presieduto da colui che, psicologicamente ed esistenzialmente, si avvicina più di chiunque al personaggio inventato da Antonio Albanese), non ha potuto mai spararla, dacché sarebbe stato come darsi un calcio nelle palle da soli: così Calderoli ha sparato a vuoto, con una scelta di tempo inarrivabile, da vero artista della comicità involontaria che copre di ridicolo se stesso in una misura tale che, se ne avesse la percezione, sarebbe corso a crocifiggersi sul Canto Alto.

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