venerdì 18 maggio 2012

Do ut facias

Stamani sono stato dall'igienista a farmi la pulizia dei denti. Amo andarci, soprattutto quando mi sveglio all'alba e non riesco a riaddormentarmi. Così mi sdraio sulla comoda poltrona elettronica, chiudo gli occhi sotto il riflettore e mi affido alle sue mani. Che mani. Prima di cominciare mi ha persino spalmato burro cacao sulle labbra. Le ho successivamente domandato se avesse per caso intenzione di candidarsi alla regione, ma gliel'ho chiesto dopo il trattamento, sono un tipo pavido io, non avrei certo rischiato di farmi togliere il tartaro dalla lingua. Comunque, era per scherzare e lei lo ha subito intuito, non ho mica la faccia a merda io e lei nemmeno. Quindi ci si capisce al volo, basta un cenno. E mi ha fatto persino i complimenti perché ho mantenuto una discreta igiene orale, dato che, dall'ultima volta che ci siamo visti, il tartaro ha avuto poca presa sui miei denti. Sono un maestro del filo interdentale, le ho spiegato. Comunque cento euro più 1,91 per l'imposta di stocazzo di bollo applicata adesivamente sulla ricevuta. L'ho salutata con un sorriso, do ut facias, e lei ha fatto bene.
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Che giorni impolitici, nemmeno una parola da parte mia sulle lacrime bossiane. Mi rincresce, mal voluto, ma che vuoi, il bestia ha avuto paraculi di peggior fattura, figli compresi, rispetto al faccia di catrame, appena tornato dalla patria madre di tutte le democrazie moderne: la Russia putiniana. Ieri, esso (pronome personale di faccia di catrame), ha placato il malcontento de' suoi scagnozzi parlamentari per sostener ancora il governo, in quanto i mercati rischiano di sputtanare, oltre allo Stato, anche e soprattutto le sue di finanze. Da quando lavora meno è diventato più lucido, più della sua fronte, soprattutto poi da quando cominciano a fioccare assoluzioni in cassazione.

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