venerdì 11 maggio 2012

Normalità

Anch'io mi sono sentito (e a volte sento) inadeguato agli standard occidentali; anch'io, a volte, mi vedo non conforme ai parametri ISO: mi peso, mi misuro, mi squadro in lungo e in largo davanti allo specchio, indago la mia mente e le mie volizioni (per quanto possibile, chiaro) e mi dico che no, non non rientro nella norma.
In poche parole: a volte non mi sento normale. Càpita.
Sono i momenti in cui ringrazio il cielo (o la terra, meglio) di abitare relativamente vicino a Pisa. Allora salgo in auto e parto e vado davanti all'ingresso della Scuola Normale per vedere se la mia ombra riflessa sulle pareti dell'edificio avesse buone probabilità di essere ammessa. Di solito sì, la mia è un'ombra presentabile che ha facile accesso soprattutto nelle stanze della stupefacente biblioteca. La biblioteca – ogni biblioteca – è uno dei luoghi d'amore d'eccellenza. Ricordo sovente quella volta in cui una bibliotecaria «dagli occhi da lupa»* mi dette l'impressione che con lei colloquiando potessi tranquillamente disporre le mie labbra come un fischio per avvicinarle alle sue. Ma lei mi respinse, facendomi sbattere piano la nuca sul ripiano dei sudamericani. Caddero le Finzioni.
Mi chiese scusa e gliela diedi. Ero io, in fondo, a essere stato presuntuoso. (Vedi l'effetto della Normale: ti fa dimenticare di non essere nella norma.)
«E poi ho le regole», continuò lei a giustificarsi come se io mai avessi osato pensare tanto. Vero, la biblioteca potrebbe essere un'alcova perfetta: lo è, soprattutto nei fondi di magazzino.
Lei aveva le chiavi e mi disse di stare tranquillo. Non lo ero. Potete immaginare: in quel momento mi sentivo pienamente certificato, potevo addirittura essere spedito oltrefrontiera senza rischi di restare bloccato alla dogana.
Il magazzino dei libri ancora da catalogare era nella semi-oscurità. La poca luce filtrava da una finestrella dalla quale sarebbe passato difficilmente un gatto. Odore di muffa e polvere di libro, una sola sedia di legno marron e un tavolo completamente sommerso di volumi, avente solo un piccolo spazio al centro per appoggiarci un quaderno.
«Siediti e scrivi», m'impose lei con un comando inaspettato. Non era certo una tortura per me. Obbedii. Perché obbedii? Obbedisco, sto scrivendo ora con lei alle spalle minacciosa. Sono ora a Pisa dentro la Biblioteca della Normale, in questo magazzino con poca luce e tanto desiderio di vivere la vita così come la viene, senza tante seghe mentali, soprattutto per indossare maschere che non riusciranno mai a nascondere ciò che sono.

2 commenti:

melusina ha detto...

Bello bello bello bellissimo! Per favore, alla fine fate l'amore sul tavolo, fra i libri, ma non ditelo mai a nessuno.

Luca Massaro ha detto...

Grazie, grazie e grazissime...
Certo... acqua in bocca.