mercoledì 1 agosto 2012

Nel seno sublime dell'individuo capitalista

Ieri, a seguito della conferenza stampa di presentazione dei lavori di restauro del Colosseo sponsorizzati (pagati) dalla Tod's, il patron Diego Della Valle ha detto:
"Nel momento in cui ci fu segnalata la necessita' di questo restauro, noi abbiamo detto si' con grandissimo piacere, pretendendo allo stesso tempo che non ci fosse data alcuna contropartita perche' questa e' un'operazione per il bene del Paese".
Sarà che io mi fido il giusto degli ex calzolai diventati capitalisti che si danno del “noi”, ma lì per lì non ho saputo replicare. Certo, mi sono detto, se Della Valle non ci guadagna di sicuro non ci perde, anche se si priva di una parte di capitale. 
Poi, guarda il caso, poco fa, assumendo la mia dose giornaliera di Marx, ho letto:
«Benché la prodigalità del capitalista non abbia mai il carattere di buona fede che ha la prodigalità dello spensierato signore feudale, e benché anzi nello sfondo stiano sempre in agguato la più sudicia avarizia e il calcolo più pavido, tuttavia la sua prodigalità cresce col crescere della sua accumulazione, senza che l'una debba pregiudicare l'altra. Ma con il crescere dell'accumulazione nel seno sublime dell'individuo capitalista si accende un conflitto faustiano fra istinto d'accumulazione e istinto di godimento».
Il capitale, Sez VII, Cap. XXII, Paragrafo 3 “Divisione del plusvalore in capitale e reddito. La teoria dell'astinenza”. Edizione Einaudi, pag. 729

Ed è certo che Della Valle goda profondamente del suo ruolo di prodigo cittadino. La sua sponsorizzazione, pur utile che sia, è equivalente alle brioches di Maria Antonietta. Quello che egli dà è il superfluo della sua accumulazione.

7 commenti:

Minerva ha detto...

E' indubbio, sei un tossico, dipendenza da Marx. Spero ti dia pari piacere dell'eroina :-) Perché in quanto a nocività rispetto al mondo in cui viviamo è pari a quella...

Luca Massaro ha detto...

Mi piace sì, soprattutto in occasioni simili è da sballo ;-)

Fahrenheit451 (in incognito) ha detto...

Psss...Lucas...scusa se te lo dico sottovoce, ma con l'ombra di Olympe che si aggira da queste parti ci vuole occhio a dir certe cose...sai com'e, non vorrei ribeccarmi un "moderato" tra capo e collo con annessa ramanzina d'ordinanza...ma, dicevo, se cerchi "roba pesa" leggiti Bakunin, o qualche amico suo...
Lo sballo e' simile, ma almeno li' gli uomini son uomini, in tutta la loro splendida e irripetibile unicita', e non formichine votate alla Grande Causa Comune...
O, io un t'ho detto nulla eh?

Luca Massaro ha detto...

@ Fahre
Non sono in grado di replicare circa la totalità del pensiero marxista perché, come ripeto, ho iniziato da poco a leggere (forse a capire) Marx. Ma una cosa mi sembra di aver intuito: la sua idea prevede la liberazione dell'uomo nella sua unicità («Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni.» In questo ognuno ci vedo l'individuo).
Riguardo alle possibili ramanzine di Olympe: lei descrive soltanto una situazione storica, non chiama alle armi, ma alla consapevolezza.

Fahrenheit451 ha detto...

Non metto assolutamente in dubbio l'affilata precisione dell'analisi e la straordinaria attualità, considerata l'età di quegli scritti, della lettura delle dinamiche sociali che fa Marx.
E' sicuramente un'ottima lente attraverso cui guardare il mondo.
Non è quello il punto.
Il punto è, in estrema sintesi, proprio in quella frase che hai riportato:
«Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni.»
E' lì che io colgo il germe dell'autoritarismo. E mi ritraggo.
Chi misura quelle capacità?
Chi decide quei bisogni?
Può esserci vera uguaglianza tra chi misura ed elargisce e chi è misurato e riceve?
Io penso di no.
“Se v'è un fatto incontestabile, mille volte attestato dall'esperienza, è l'effetto corruttore dell'autorità su coloro nelle cui mani è riposta (…). Il mandato di membro del consiglio generale è divenuto in mano di alcuni individui simile ad una proprietà personale… . Essendo diventati ai propri occhi una specie di governo, era naturale che considerassero le loro idee particolari come la teoria ufficiale dell'Associazione, la sola che vi avesse diritto di cittadinanza, mentre le idee divergenti espresse in altri gruppi apparivano loro non più come manifestazione legittima di un'opinione eguale in diritto alla loro, ma come vera e propria eresia”.
Sono parole di un documento del 1871, che segnò il definitivo distacco tra anarchici e comunisti, e che conteneva, a mio avviso, già la chiara visione della deriva autoritaria, che poi la storia successiva ha confermato, insita in chiunque creda di possedere la verità assoluta e si attribuisca il diritto di imporla agli altri.
Che differenza c'è tra l'essere tanti schiavi diversi di padroni diversi e l'essere tutti schiavi uguali di una ristretta oligarchia di padroni?

Luca Massaro ha detto...

@ Fahre
non sono in grado di sostenere una discussione sulla rottura tra anarchici e comunisti avvenuta circa un secolo e mezzo fa.
Non ho però difficoltà a concedere che l'autorità, quale che sia, è corruttiva, giacché nessuno deve comandare nessuno.
Per questo, forse ingenuamente, io leggo la frase celebre di Marx senza vederci dietro qualcuno che giudichi capacità e bisogni. Ma ripeto, questa è una mia impressione.

Anonimo ha detto...

"non c’era fra loro uno solo nel bisogno, poiché tutti quelli che erano proprietari di campi o case li vendevano e portavano il valore delle cose vendute e lo depositavano ai piedi degli apostoli. Quindi, si faceva la distribuzione a ciascuno, secondo il bisogno». (dagli Atti degli apostoli)

E lo avevano detto un po' prima di Marx. Poi, in un modo o nell'altro va sempre tutto a pizzette.
La verità è che non riesco più a ragionar, a trovare il filo del discorso, forse perché cerco pragmaticamente una soluzione.Forse perché c'è troppo bisogno, in questo momento, di qualcosa.
Perdonate lo sfogo: sono a corto di pensieri.
S.