mercoledì 12 settembre 2012

Ho scoperto una carta

Notte che è un rigirarsi nel letto, nel sonno, tormento che non si capisce bene dovuto a che cosa - e mi alzo con questo leggero - non saprei come definire: presenza più che dolore - accorgimento di avere una testa ed un collo e un pensiero che fatica a compiere pensieri, perché sono pensieri leggermente indolenziti - e si compiono, meglio, si cerca di compiere gesti che riducano al minimo gli sforzi di pensiero e quindi, necessariamente, faccio la faccia sfavata in luogo del sorriso del benessere, anche se insigni frenologi sostengono che un sorriso rilassa più la mente di una faccia contrita, in quanto i muscoli facciali impiegati per sorridere sono meno di quelli impiegati per piangere o anche solo per essere sofferente senza lacrime. Uf.
Il punto è che vado al lavoro e tutti i colleghi sono impegnati a combattere un analogo malessere -ma che sarà mai, cosa abbiamo mangiato bevuto sognato, è il cambio di stagione, è questo tempo che non sai definire, questo caldo senza sole, è la riforma delle pensioni, è il crollo della produzione, il deflusso di capitali verso posti sicuri, la disoccupazione, la separazione delle anime (anche se oramai non capisco più bene cosa sia un'anima), la depressione, la decrescita forzata, lo svilimento dei consumi, l'inquinamento, la corruzione, la criminalità organizzata, la pena di Twitter, un meteorite che ha colpito Giove, per Giove, bum.
Poi, finalmente - magia -, qualcuno tira fuori dall'armadietto una bottiglia di coca cola da due litri, calda come la piscia, ma non importa. Psst: già girare il tappo ci mette bene. Una collega prepara dei bicchieri di carta e un'altra mesce. Rapido, formale brindisi, un saluto, un rutto controllato e via liberi, la mente si sblocca, e pensare ritorna la solita attività, ovvero mettere il pensiero a disposizione della nostra quotidianità, del nostro interesse minimo, della nostra utilità. Tutto normale, l'egocentrismo evita il solipsismo, giacché mettersi al centro presuppone che esistano anche gli altri, sia pure ai margini della circonferenza del nostro vivere.
E si vive e si pensa e si pensa e si vive: in fondo i compiti principali dell'evoluzione, almeno io, li ho assolti: sono nato, sono cresciuto, mi sono riprodotto: e ora, cosa mi resta? Si vive e si pensa.
E penso che da quando la fede non è più nel mio orizzonte esistenziale (anche se non lo è mai stata del tutto, pur ritenendola possibile), mi devo giocare tutti i giorni le carte del senso. E lo trovo, lo scopro, magico treccartaro che finge di conoscere i trucchi del vivere bene.

3 commenti:

Anonimo ha detto...


Esimio treccartaro, sei un privilegiato: hai due colleghe spigliate che stappano e mesciono bibite, un armadietto dove _ops_ c'è una bottiglia di coca cola da due litri e qualcuno che ha tempo e voglia di brindare con te. E soprattutto quel "e pensare ritorna la solita attività", lasciato lì, quasi per caso.
Mi ha trafitto il cuore come una lancia. :-)

Luca Massaro ha detto...

Curioso sarei di conoscere il tuo nome, gentile Anonimo/a trafitto/a
:-)
Comunque grazie.

Anonimo ha detto...

Grazie a te.
Sono il solito lettore estivo. Sono capitato sul tuo blog cercando dei versi che tu hai postato, uno di quei giri notturni, in cui si insegue qualcosa che si ha in mente, e la si vuole trovare scritta da qualche parte, da qualcun altro.

Da allora il tuo blog è fra i miei segnalibri.

E dunque,
Sabrina