mercoledì 5 settembre 2012

L'arte di perdere

L'arte di perdere non è troppo ardua.
Tante cose dimostrano l'intento
d'esser perse. Se avviene, non è un dramma.

Perdi una cosa al giorno. Accetta l'ansia
delle chiavi smarrite, dell'ora male spesa.
L'arte di perdere non è troppo ardua.

Perdi di più e più in fretta, per far pratica.
Luoghi, nomi, e dov'era che volevi
fare un viaggio. Nulla sarà un dramma.

Ho perso l'orologio della mamma.
Ora, l'ultima o quasi di tre case dilette.
L'arte di perdere non è troppo ardua.

Ho perso due città, molto belle. E più vasti
regni che possedevo, due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è stato un dramma.

Anche perdere te (la voce gaia,
un gesto amato) non mi smentirà.
L'arte di perdere non è troppo ardua
anche se può sembrare (scrivi!) un dramma.

Elizabeth Bishop, L'arte di perdere, Rusconi, Milano 1982, traduzione di Margherita Guidacci.

Scrivi, scrivi, scrivi, «Write it!» – e fallo soltanto dopo che hai appreso l'arte di perdere, arte preziosa, forse la sola che ti consente di raccontare il tuo vivere.
Pensaci bene su cosa sia vivere: perdita continua di scaglie del nostro essere nello scorrere del tempo. Tutto va perduto... e noi soprattutto. Come ti muovi – e, altresì, come stai fermo. E se non apprendi tale arte indispensabile corri il rischio tremendo di vivere con la testa perennemente voltata indietro, smanioso di recuperare tutto quello che necessariamente va perduto.
Scrivere è uno degli esercizi più efficaci che ti siano concessi per saper perdere coltivando l'illusione che niente vada perduto. Per esempio il primo bacio - che starebbe lì chiuso nella mente, se la mente non lo traducesse in forma di parole (o di pittura, di musica, eccetera) - o qualsiasi altro vissuto che informa (non inforna) il tuo essere. 
A te, che vuoi vivere sapendo di aver vissuto, non resta che dimostrarlo: non è troppo arduo “perdere” la vita sotto forma di parole.

2 commenti:

Alberto ha detto...

Lo scrivere come compensazione della perdita, delle perdite?

Luca Massaro ha detto...

Sì. Perlomeno, è quello che ho inteso nell'imperativo della Bishop.
Buon settembre, Alberto.