mercoledì 14 novembre 2012

C'è un enorme parapiglia

Beppe Grillo (?) scrive un post a un soldato blu per tentare di convincerlo a non pestare i manifestanti bensì i politici. La retorica è piana, perfettamente comprensibile, ma poco convincente. 
«Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo.»
Ahimè, nessun poliziotto (o carabiniere) potrà mai convincersi che, a pagarlo, è il cittadino, direttamente. Non è così. Infatti, se il soldato blu, invece che manganellare per respingere i manifestanti si toglie
«il casco e abbraccia chi protesta [e] cammina al suo fianco.»
l'indomani subirà una punizione disciplinare e metterà a rischio il suo stipendio.

Le forze dell'ordine difenderanno anche dei politici corrotti e responsabili del degrado sociale ed economico che colpisce l'Italia (e non solo), ma devono farlo perché così fanno il loro dovere. 
Non voglio essere tenero coi celerini e riconosco che, molte volte purtroppo, manganellano chi non ha fatto un cazzo. Ma mi chiedo: se i disordini e le intolleranze dei manifestanti fossero tollerate e accolte, vetrine rotte, macchine rovesciate, cartelli divelti, fino addirittura a far entrare la protesta in Parlamento, bene e poi? 

In altri termini, anche qualora i politici fossero tutti appesi a testa in giù, dai parlamentari ai governanti, dagli amministratori pubblici agli alti dirigenti statali (comandanti dell'esercito compresi), bene, e poi? Cosa succederà? Chi comanderà? Chi prenderà il potere avrà un piano politico preciso, oppure tale azione di rivolta, tale espulsione “totale” (che, purtroppo, non arriverà mai) darà luce a un regime... di che tipo?

Sono anni, decenni (forse anche di più), che le proteste democratiche seguono lo stesso canone: parte la marcia della manifestazione, striscioni, trombette, slogan, qualche uovo, un vetro rotto, un cassonetto prende fuoco, arrivano i testadicazzo col cappuccio o il casco nero, magari spalleggiati da qualche infiltrato, la manifestazione degenera, colpi, botte, sangue, arresti, fuggi fuggi, si ripiglia il treno o l'autobus e si va a vedersi alla televisione o, peggio, a leccarsi le ferite.

Possibile non se ne esca? Ora, io non ho ricette alternative, ma è evidente che questo modo non funziona o funziona male, dato che si ripetono da anni e anni le stesse parti, le stesse movenze, le stesse situazioni. Ogni tanto ci scappa la tragedia (vedi Genova, da Carlo Giuliani alla Diaz). A che pro?

Noi italiani, lo sappiamo, non siamo tanto adatti alla rivoluzione. E allora troviamo un altro modo per protestare, che ne so, per esempio apriamo un blog.

P.S.
Il titolo è dovuto a Gratis.

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