giovedì 1 novembre 2012

Cinque a geografia


Riguardo all'accorpamento od unione (“taglio” mi sembra termine improprio) di alcune province italiane previsto dal decreto di riforma delle stesse approvato ieri dal governo, Repubblica intervista oggi due esperti sull'argomento, gli scrittori Sandro Veronesi e Antonio Pennacchi. Ognuno a domanda risponde, ma Veronesi - nell'esercizio del suo sapere - intoppa in una svista e l'intervistatrice ci casca come una pera cotta, giacché a) non fa notare a Veronesi che quella d'Arezzo è l'unica provincia che non sarà toccata dalla riforma e b) che il territorio del Monte Amiata (i suoi versanti) si trovano già a essere gestiti da due province, Siena e Grosseto. In buona sostanza: Arezzo non c'entra nulla col monte Amiata.

A parte.
Riguardo alla Toscana, mi sembra un'operazione abbastanza razionale, aldilà dei campanilismi che non saranno sopiti da queste unioni. Si tratta di unire enti e di gestire meglio le competenze (ho fatto il mio discorsino da bravoragazzo). Arezzo è un bene sia restata a sé, altrimenti sarebbe diventata, logisticamente, la periferia di tutto (essa è già composta di quattro vallate più la zona del capoluogo e fare un'unica provincia, da Badia Tedalda a Orbetello, sarebbe stato irragionevole). Vedo bene anche la zona metropolitana di Firenze, nonostante le manifestazioni del cesso del sindaco di Prato. Infine, un consiglio a coloro ai quali non andrà bene questa ristrutturazione degli assetti provinciali italiani: inizino la raccolta di firme per un referendum abrogativo.

2 commenti:

Hombre ha detto...

Secondo me è una buona cosa. Certo non basterà un rimescolamento sulla carta, dovranno seguire i fatti, tanti fatti, affinché il povero stato italiano ne tragga beneficio. Ecco, ho fatto il mio discorsino da bravo ragazzo. Sui lai pratesi stendo un velo guardo e passo.

Luca Massaro ha detto...

È bello ogni tanto fare discorsini da bravo ragazzo, sì.