giovedì 22 novembre 2012

Ho le palle sgonfie

Oggi, dopo tanto tempo, ho incontrato casualmente un'amica.
Con quest'amica parliamo di tutto, ma soprattutto: pochi convenevoli, andiamo dritti al punto di quello che ci preme dire e sapere.
Difficile nascondersi tra noi.
Così ci riveliamo e ci diciamo come stiamo realmente, quali cose veramente abbiamo vissuto con consapevolezza e non presi, come spesso accade, dall'inerzia.
Sempre di fretta, purtroppo, presi dagli impegni quotidiani, sappiamo benissimo che la promessa di un caffè preso con calma non avrà facile luogo.
Comunque è sempre un piacere vederci, perché la mia amica, tutte le volte, mi sorprende, anche con un'apparente sciocchezza, tipo questa: dato che ci scriviamo poco, se non rare mail e sporadici sms, ella mi ha chiesto: «Scrivi quali sono i tuoi veri desideri, quelli che riguardano te e non il mondo, perlomeno quelli che sai riconoscere come tali». 
Io le ho domandato: «Quanti devono essere? Dieci come i comandamenti o sette come i peccati?».
E lei: «Boh, quanti ne vuoi, basta che li esprimi».

E così sono qui adesso, a cercare di raccoglierli, selezionarli, eventualmente elencarli  (non ora).
Un'operazione della mente complicata, anche perché il desiderio ha molto a che vedere con l'essere. Mi torna in mente, come sempre, la lezione girardiana che fa, più o meno, così (cito a braccio): Una volta soddisfatti tutti i bisogni primari, l'essere umano desidera ancora, ma non sa esattamente che cosa. È l'essere che desidera, l'essere di cui si sente privo e di cui gli altri sembrano forniti. Egli soffre, (ripeto: una volta soddisfatti i bisogni primari) di una sorta di vuoto ontologico. Così l'essere umano si rivolge intorno a sé e inizia a guardare cosa gli altri desiderano; perché è attraverso i desideri che gli altri  manifestano (più o meno direttamente) che essi indicano dove si trova l'essere. Il problema sorge quando i desideri convergenti entrano in conflitto scatenando, necessariamente, odî e rivalità. (vedasi La violenza e il sacro, cap. VI).

Perché ho detto questo?
Perché cercavo di depurare ciò che desidero veramente dal desiderio mimetico.
Potrò mai arrivare a disgiungere in me i due tipi di desiderio? In buona sostanza: sono un animale capace di desiderio autentico e non mediato da un qualsiasi modello?
Saper individuare i propri desideri (autentici o mediati) non è uno scherzo.
Scoprirli per cercare di soddisfarli o tenerli al guinzaglio è una delle vie per una sorta d'interiore tranquillità esistenziale.

Io vivo un periodo tranquillo. Ho - come mi diceva un mio amico prete quando andavo a messa - le palle sgonfie.*

*Non perché me le toccasse, eh!

P.S.
La lista cercherò di comporla ma, credo, sarà destinata a una comunicazione privata.

3 commenti:

Minerva ha detto...

Non concordo con Girard: gli esseri umani, anche quando stanno soddisfando i bisogni primari, lo fanno in modo tale da sentirsi più se stessi (ovvero in modo tale da rafforzare chi sono, la propria identità - che questa sia originale o su base mimetica).
E noi siamo anche il risultato della relazione con gli altri, cui possiamo ispirarci ma dai quali possiamo anche differenziarci. Ergo, ragiona su di te, ma sul serio. E piantala di guardarti intorno! :-DDD

Fahrenheit451 ha detto...

Io invece son d'accordo con Girard perchè, Minerva, il "modo" di soddisfare un bisogno primario ha a che fare con la personale adesione a modelli comuni o al loro rifiuto, non con il fatto che, essendo per l'appunto primario, quel desiderio occupi la mente del desiderante finchè non l'ha soddisfatto.
Per intendersi, la fame è senz'altro un desiderio primario; si può soddisfarlo seduti compostamente ad un tavolo impugnando e manovrando posate adeguate in modo consono ai dettami del più raffinato bon ton, o sbranarsi una porchetta rotolandosi nudi in un prato (cosa che peraltro deve dare parecchia soddisfazione, ora che ci penso!): sono solo modi diversi di soddisfare lo stesso bisogno che, una volta soddisfatto, lascia il posto ad altri bisogni "secondari", che è quello di cui parla Girard.
Fino al riaffacciarsi di un nuovo bisogno primario. Tipo farsi una bella docia dopo essersi avvinghiati ad una porchetta... :)

In ogni caso è verissimo, Lucas, difficilissimo cimento, oggi, saper davvero separare i propri "puri" dagli indotti.

E bel post.

Luca Massaro ha detto...

@ Minerva.
Seguirò i tuoi moniti, «amica» (e grazie per il tuo spunto di riflessione sul desiderio).

@ Fahre
Grazie dell'apprezzamento e dell'idea del panino colla porchetta. :-D