mercoledì 9 gennaio 2013

Il prezzo del sublime


Mi domandi se potrai.
Mi domando se potrò.
Io sarò – non sarai.
Tu sarai – non sarò.

Per noi sarà quello che non potremo.
Quello che non saremo su noi potrà.

Non-tu non-io noi -remo.

Ma contro la specie che siamo orgoglio estremo
verbi avvento al cliname[n]
che ci rotola a previste tane
umanamente inumane
persone del futuro seconde e prime.

Io -rò.
Tu -rai.

Il niente

è il prezzo del sublime.

Giovanni Giudici, O Beatrice, Mondadori, Milano 1972

Ci sono vicino, anche se il mio niente è pieno di cose da fare. Cose che reputo piene di sostanza, come andare al lavoro, o l'andare in palestra, o in biblioteca, o al supermercato, o al bagno turco, mi nientificano costantemente, in una continua dispersione di cellule. Certo ho uno stipendio, il culo sodo, la mente acculturata, la dispensa moderatamente piena, la pelle detersa, tutte cose che mi accompagnano serenamente verso un sano niente invecchiante.
Poco fa, su twitter, mi sono nuovamente incantato davanti ai tweet e alle foto di Flavio Briatore:

Ecco, Briatore è già a letto a Malindi e io invece son qui, più o meno all'altezza del 43° parallelo Nord, che invece di far crescere palme, brucio querce e castagni, per scaldare il mio niente e sentirmi lo stesso sublime ad un prezzo nettamente inferiore.

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