mercoledì 23 gennaio 2013

Nacqui

Nacqui
e non mi dispiacque
troppo farlo:
vivere non è mai stato un tarlo
pur se fin dal primo momento
ho capito ch'era un tormento
essere uscito nel freddo:
nonostante coperte e maglioni
dentro era meglio.

Nacqui
e non tacqui ché
sin dalle prime battute acquistai
fiducia nelle parole.
Mi dissero: chiedi
e ti saranno date fole
soprattutto se crederai
a qualcosa che non c'è.

Nacqui
non troppo lontano da qui
e mi piacqui allo specchio
come un narciso si piace:
sorridevo e vedevo negli occhi
degli altri quanto fossi capace
di illudermi d'essere
un piccolo cazzo di budda.

Nacqui
e non era una stalla
e non era Giuseppe mio padre
e non era Maria mia madre.
E infatti
se mi guardo alle spalle
non vedo nessuno che vuole
tradirmi o toccarmi le palle
come per i figli di Dio
o di puttana si suole.

Nacqui
in un giorno quieto d'inverno
tramite levatrice dai capelli rossi.
Nacqui
e tra le sue mani io mossi
i miei primi desideri umani.
Nacqui:
mi tocco l'ombelico annodato
con doppio nodo quel giorno
da quelle mani.

Nacqui
e più o meno sono contento
di essere qua
ché alla vita ci tengo
e l'interruttore non spengo
dato che al buio dovrò
starci un'eternità.

Nacqui
e dunque da nato morirò
come tutti i dannati d'altronde
mal comune mezzo gaudio
ma vorrei che da morto
potessi vedere il mio corpo
potessi ascoltare l'audio
della gente d'intorno
che mi accompagna sotterra
(non voglio andare in un forno,
meglio bruciato col sole di mezzogiorno)
il mio corpo che c'era
poterne parlare da morto
per uscire dalla morsa
della necessità.
Sarebbe bello raccontarsi
dall'aldilà. Sarebbe, ma.

2 commenti:

anna ha detto...

Bellissimo, Luca. Auguri, auguri, auguri di nascere ancora milioni di volte (magari in stagioni diverse, per provarle un po' tutte).

Luca Massaro ha detto...

Grazie grazie grazie Anna.
Mi permetto di ricambiare gli auguri che mi fai.