domenica 31 marzo 2013

Stare al gioco sino in fondo

Francis Bacon, Tre Studi di Crocifissione, 1962.
«Il grande tema della Crocifissione, che un tempo concentrava in sé tutta l'etica, tutta la religione, perfino tutta la Storia dell'Occidente, si trasforma in Bacon in un mero scandalo fisiologico. 
“Sono sempre stato colpito dalle immagini dei mattatoi e della carne, e per me sono strettamente legate a tutto ciò che la Crocifissione rappresenta. Ci sono straordinarie foto di animali scattate proprio nel momento in cui li portano fuori per abbatterli. E l'odore di morte...”.
Accostare Gesù Cristo inchiodato sulla croce, i mattatoi e la paura degli animali potrebbe sembrare sacrilego. Ma Bacon non è un credente e il concetto di sacrilegio è estraneo al suo pensiero; per lui 
l'uomo si rende conto che è solo un accidente, un essere privo di senso, costretto senza motivo a stare al gioco sino in fondo”.
Gesù, in questa prospettiva, è un accidente che, senza motivo, è stato al gioco sino in fondo. La croce: la fine del gioco che si è accettato di giocare senza motivo sino in fondo».

Milan Kundera, “Il gesto brutale del pittore. Su Francis Bacon”, in Un incontro, Adelphi, Milano 2009 (traduzione di Massimo Rizzante).

Il terzo studio del trittico baconiano mi ricorda di quando, bambino, andavo con mia madre dal macellaio sotto casa, Finetto, il quale, almeno una volta a settimana, metteva in bella mostra, al centro del negozio, di qua dal bancone, proprio dove i clienti sostavano in attesa, una carcassa di bovino appesa per le zampe alle catene di ferro della carrucola (carrucola che gli consentiva, dipoi, di trasportare la bestia dentro la cella frigorifera). 
Erano gli anni settanta dello scorso secolo e forse altre erano le regole igieniche, e quindi era possibile tenere tale carcassa dove, sovente, io, nell'attesa, mi ci infilavo dentro, piccolo umano vivo tra le costole di un bovino adulto morto. E mi ricordo, altresì, che qualche volta Finetto mi diceva che potevo persino prenderla a cazzotti quella carcassa, come un sacco per pugilatori (io mi limitavo a contare le costole, così come qualcuno conta i cerchi dei tronchi degli alberi tagliati). 
E se provo adesso a chiudere gli occhi e a ritornare lì, in quel preciso spazio-tempo della mia fanciullezza, altra cosa che m'investe è l'odore di carne fresca che, dopo la frollatura, dovrà essere sezionata, venduta e quindi mangiata, da me compreso che protestavo sempre per la perenne fettina di secondo. Odore, sì; e il fresco, tanto che mi prendeva voglia di appoggiarci le guance accaldate dopo una partita di pallone con gli amici, appena conclusa, giù in piazza.
Io ero Neeskens, perché un mio amico un po' più bravo si ostinava a voler essere Cruijff. 
Ho smesso presto di giocare al calcio, ma non ho smesso di giocare il gioco che ho accettato di giocare senza motivo sino in fondo. E, senza apparenti catene, a testa in su, resto precariamente appeso alla superficie di questo pianeta.

sabato 30 marzo 2013

Quagliarello e Violante sono saggi. Io no.

Per favore, quando io “muorirò” non dite in giro che mi sarò spento, perché - lo posso giurare sull'unico mio organo che cresce e decresce, a seconda degli stimoli - addosso non ho alcun interruttore.

***

A me piace l'ora legale. Mi piace la notte spinta più in là. Addirittura, verso fine maggio, aumenterei a due le ore in avanti, così farebbe buio tardissimo, tipo la Bretagna.
(Per inciso: che stupore il chiarore delle undici di sera d'estate in Bretagna).

***

Questo piovere continuo mi ha infradiciato l'anima. Oggi mi hanno salvato palestra al mattino e bagno turco al pomeriggio, sudore attivo e passivo insomma. E dire che, un tempo, amavo a bestia questo tipo di tempo, di pioggia e di umido, di portici e di librerie da chiudersi dentro mentre fuori piove (e correvo alla Feltrinelli di via Cerretani sempre con una grande voglia di orinare. Cesso unico, unisex, spessissimo occupato). Ora non più. E come una volta capitavano stagioni siccitose pure d'inverno (ricordo persino che successe di razionare l'acqua di febbraio), adesso il contrario. Stocazzo di effetto serra.
Se non ricordo male, Thomas Bernhard, per motivi di salute sia fisica che mentale, scappava dalla sua fredda Austria e soggiornava d'inverno in Portogallo, a Sintra. Ma lui era uno scrittore apprezzato, che campava col suo scrivere, mica me, che scrivo e scrivo e scrivo e non traggo un centesimo dallo.

***

Non ho finito la frase per protesta. Contro me stesso.
Ieri gita cittadina in famiglia. Ho lasciato figlie e moglie a fare shopping e ho fatto un giro per i fatti miei. Sono andato prima alla Toyota e poi alla Renault a vedere le automobili nuove, la ibrida della prima e le elettriche della seconda. Sono care. C'è lo scooterino Renault elettrico che è una trovata, ma è a un posto, e costa settemila euro, quanto una Twingo base (pensierino). 
Al ritorno in centro, cerco un parcheggio - e sono tutti a pagamento. Ho in tasca solo una moneta da 50 cent e la tariffa minima è di 65. Fanculo. Fo due passi per trovare modo di cambiare moneta. Entro in un tabaccaio e, per timidezza, dico al gestore di darmi un gratta e vinci da 2 euro. Lui mi risponde che non li tiene in mostra perché nessuno glieli chiede a così basso prezzo, vogliono tutti quelli da 5 o 10 euro.
- Sono diventati tutti pazzi, sa.
- Eh, mi scusi, sa. Io volevo solo cambiare dieci euro per avere monete per il parcheggio.
- Ma se vuole glieli cambio senza problemi, senza obblighi.
- Molto gentile, ma visto che son qui, me lo dia lo stesso un gratta e vinci da 2 euro.
Il gestore allora apre un cassetto e mi fa scegliere tra tre tipi di tali gratta e vinci. Io ne indico uno con la coccinella. Lo gratto. Escono dei numeri. Non capisco. Il gestore mi prende di mano il biglietto e completa il grattamento e sorride e mi dice:
- Ma tu guarda. Lei ha vinto 50 euro.
- Mah, speriamo non debba spenderli per un divieto di sosta.

***

E se fossero stati centomila? Io sì che me li merito centomila euro. Chiudo subito il pensiero qui. 
Penso ai saggi di Napolitano. Saranno saggi? Quagliarello, Violante sono saggi?
Mi ricordo la bava alla bocca del primo quando gridò in Senato che Eluana Englaro era stata ammazzata. Gli avrei dato uno schiaffo potente sulla bocca. Ancora mi frigge la mano.
Mi ricordo del secondo del suo discorso d'insediamento a Presidente della Camera, nel 1996, quando disse:
‘'Mi chiedo, colleghi, me lo chiedo umilmente cosa debba fare quest'Italia perché la lotta di liberazione dal nazifascismo diventi davvero un valore nazionale e generale, e perché si possa quindi uscire positivamente dalle lacerazioni di ieri. Mi chiedo se l'Italia di oggi - e quindi noi tutti - non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare per convenienze non ben decifrabili una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà. Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani". 
«Sforzarsi di capire», per comprendere che? Per fare la pace, per far accettare a tutti la Liberazione, quando necessariamente la Liberazione fu soprattutto un liberarsi da quelle migliaia di giovani testedicazzo alleati di Hitler che predicavano il fascismo, la dittatura, l'integrità della razza? Maremma impestata, Violante! Lo capisci che l'unica cosa che quei giovani diventati vecchi - e i loro eredi che ancora li venerano in cuor loro più o meno apertamente - dovrebbero elaborare è la vergogna?
Per quanto ancora lo spirito imperialista tedesco non sia domo (sotto l'egida del capitalismo democratico), prova a farlo un discorso così al Reichstag, e vedi cosa ti succede. Violante, maremma impestata un'altra volta. Lo capisci che, se avessero vinto quelle migliaia di ragazzi e soprattutto ragazze, non ci sarebbe stata alcuna complessità, ma solo un perdurante pensiero unico del cazzo?

***

Mi ha fatto incazzare Napolitano oggi, ecco. Non lo so cosa volevo, ma non volevo questo traccheggiamento. Ora tocca trovare il nuovo Presidente della Repubblica condiviso. A me girano le palle perché io con certa gente non vorrei condividere niente.

Ottimizzare i margini del profitto

Quel che scrive Fabristol sui venti di guerra tra le due Coree non piacerà a molti, ma io non sono “molti” e quindi lo segnalo volentieri perché coglie con estrema chiarezza il punto della situazione. 
Gli americani giocano (si fa per dire) per il sistema che non sopporta la stasi, che ama l'escalation, la fibrillazione - e le varie supposte armate ogni tanto vanno esplose, anche per gioco, appunto, sennò si arrugginiscono. 

A margine - macché a margine: in tema, colgo l'occasione di segnalare altresì un servizio di Euronews di qualche giorno fa, nel quale viene descritta la situazione di un'attività industriale (non è specificato di che tipo di produzione) frutto di una joint-venture tra le due Coree, situata nel territorio di quella del Nord, ma nella quale lavora anche un cospicuo numero di sudcoreani.


In particolare, prego di far attenzione al seguente passaggio:

Una prospettiva che sembra però scoraggiata da numeri: impiegati circa 50.000 nord-coreani, Kaesong è ormai tra le rare “casseforti industriali”, ancora capaci di pompare nel Paese dollari americani, per di più nell’ordine del miliardo e mezzo all’anno. Oggi cruciale per l’affaticata economia del Nord, il distretto della “cooperazione forzata”, si ispira al principio squisitamente capitalistico di ottimizzare i margini di profitto, offerti dal basso costo della manodopera locale. Una fessura appena nella corazza ideologica di Pyongyang, a cui la sirena di dollari ed emancipazione economica dalla Cina, difficilmente consentiranno però di chiudersi.
Infine, sempre da Euronews, vengo a sapere che anche in Russia, vicino al Mar Nero, si svolgono delle simpatiche esercitazioni. Da decrescita infelice.

Non di questo c'è bisogno


Se l'attuale situazione politica italiana può dirsi tragica è perché, sia pure in misura molto depotenziata, la lotta che si svolge tra i contendenti, un tempo, sarebbe stata soggetto per una tragedia.
Gli elementi ci sono tutti: è in corso una crisi*, che sembrava esclusivamente di natura economica e si è trasformata in una vera e propria crisi di sistema. Tutti i protagonisti della lotta politica si rinfacciano le colpe e scaricano sull'altro la responsabilità della situazione. Anche chi non è responsabile della situazione, i lungimiranti Tiresia che guidano il M5S, sono entrati nell'agone non certo per far da pacieri, ma per menar fendenti a destra e a manca, nutrendo così la speranza di mettere tutti a tappeto e uscirne vincitori.
Intanto il Corifeo (voce del popolo che sta a guardare, impotente) intona la seguente voce:
O rintronàti, «a nostro modo di vedere, l'ira ha ispirato le [vostre] parole. Non di questo c'è bisogno: la cosa che conviene esaminare è il modo di risolvere gli oracoli». Sofocle, Edipo Re.
Ma per risolvere gli oracoli degli dèi (che non sono più a Delfi, ma a Bruxelles - tanto per citare una capitale dove spesso soggiornano), in una situazione di crisi parossistica come la presente, ci sono soltanto due possibilità:
a) trovare un colpevole talmente colpevole, tipo Edipo, che riesca a incanalare su di sé tutti gli odi, di modo che questi vadano a concentrarsi su una vittima condivisa - sempre a condizione che questo colpevole accetti il suo ruolo di buon grado, senza fare tante chiamate di correo, come fece Craxi (perché sì, durante tangentopoli, il Psi fu il partito che proporzionalmente, aveva rubato più di tutti; ma  era altresì vero che non era il solo partito ladrone). Oppure,
b) fare tutti un passo indietro e assumersi per intero le proprie responsabilità, senza poi andare a rinfacciare quelle degli altri.

Se, come sembra, tra una decina di ore il Presidente della Repubblica conferirà a qualcuno/a l'incarico istituzionale di formare un nuovo governo, questo tentativo sarà concretamente valevole se tutti i partiti dell'arco costituzionale lo sosterranno. Ma non sarà così. Ci sarà subito qualcuno che, soddisfatto, inizierà a gridare all'inciucio. E, allo stesso tempo, invece, tra coloro che appoggeranno il nuovo governo, ci sarà poi chi riuscirà meglio a giocarselo in chiave elettorale - e, tristemente, non sarà il Pd.

E allora tanto valeva la pena insistere con Bersani per non mandarlo così a Colono, né zoppo, né cieco, ma completamente frastornato. A che serve un capro espiatorio se poi non diventa un santo?

*Le cui cause sono note, ma rimosse: il capitalismo è fallito, ma non è morto (tipo Berlusconi in politica, per intenderci).

venerdì 29 marzo 2013

Dita

Ora gli stacco il dito pollice.


Lasciate che vi dica una cosa

Lasciate che vi dica una cosa
ho incontrato uomini in galera che avevano più stile
della gente che bazzica i college
e va alle letture di poesia
Sono delle sanguisughe che vengono a vedere
se i calzini del poeta sono sporchi
o se gli puzzano le ascelle
Credetemi io non li deluderò quelli lì
Ma voglio che vi ricordiate questo
c'è solo un poeta in questa stanza stasera
solo un poeta in questa città stasera
forse solo un poeta vero in questa nazione stasera
e quello sono io*

Ho provato a crederci e per questo stasera sono salito sul monte di una sera che ancora mi vede alzato, per capire se sono in pace con me stesso e se questa è l'unica consolazione possibile per scappare da una vita in balia dei desideri altrui e dalle proprie insoddisfazioni derivanti.
Sono cosciente che gran parte di quel che sono è determinato dal contesto storico e sociale nel quale ho avuto e ho sorte di vivere; avrei potuto dimenarmi, lottare come un disperato per sottrarmi a questa condizione, ma in me ha giocato sempre una una scarsa volizione nello scambiare ruolo all'interno di meccanismi predeterminati del sistema.
Sono un mite, forse, per non dire un pavido, uno che si sottrae volentieri alla contesa, non tanto per la paura di soccombere (tanto, prima o poi, si soccombe tutti), quanto per la natura stessa della lotta sì faticosa e assurda (sono troppo infingardo per fare la fine di Sisifo).
Che cosa sono dunque? Cosa scrivere alla voce professione di un'improbabile carta d'identità di specie? Quale cosa di me sento che più mi descrive e certifica, mi qualifica e mi contraddistingue?

Ricordare Nietzsche: io sono questo e quello e soprattutto non scambiatemi per altro.
Ma è poi così importante venire scambiati per altro? Perché prendersi questa pena di essere riconosciuti per quello che si vorrebbe? 
Perché, per quanto lo si pretenda e fortissimamente creda, non siamo noi a determinare ciò che siamo, ma gli altri.
Allora meglio non deluderli gli altri e mostrarle per intero le proprie debolezze, le proprie paure, i propri limiti, i propri calzini sporchi e le ascelle non troppo profumate. Solo così, tramite la propria miseria d'uomo, si ha diritto, come il poeta, di gridare:
«c'è solo un poeta in questa stanza stasera... e quello sono io».
Mi farò una sega - e sarà abbastanza sufficiente per continuare a essere ciò che sono.

*versi estratti da Raymond Carver, Voi non sapete che cos'è l'amore (Una serata con Charles Bukowski), id., Minimum Fax, Roma 2000 (traduzione di R. Duranti e F. Durante).

giovedì 28 marzo 2013

Il tenace soldatino Bersani

*
Grillo dice: (riporto sue parole con Ansia):
"Se l'Italia è senza governo (in realtà è in carica Monti) ha però un Parlamento che può già operare per cambiare il Paese. Non è necessario un governo per una legge elettorale o per misure urgenti per pmi o per tagli delle Province. Il Parlamento le può discutere e approvare se solo volesse sin da domani". "Si fa passare l'idea che senza Governo il Paese è immobile, congelato, in balia dello spread, delle agenzie, ma si tace sul fatto che le leggi per le riforme possono essere discusse e approvate senza la necessità di un governo in carica - scrive Beppe Grillo sul suo blog - Anzi, si rallenta qualunque processo decisionale e operativo spostando sine die la istituzione delle Commissioni senza alcun motivo se non quello di attribuire in seguito i posti di presidenza ai trombati da cariche governative". "Il Parlamento è sovrano, o almeno dovrebbe esserlo - aggiunge Grillo - Da tempo è invece un luogo dove non vi sono rappresentanti del popolo, ma nominati dai partiti, e le leggi, sotto forma di decreti, sono emesse al suo posto dal Governo, e in seguito convertite sotto il ricatto del voto di fiducia". "In Parlamento vi è un esercito di soldatini di piombo senza voce, con l'eccezione dei parlamentari a 5 Stelle. C'é stato un sovvertimento silenzioso delle Istituzioni contro lo stesso spirito della Costituzione", sottolinea il leader del M5S, che cita gli art. 76-77 della Costituzione che disciplinano l'emanazione di decreti legge e decreti legislativi
In questo momento, Bersani sta riferendo al Presidente della Repubblica il resoconto delle consultazioni. Con quale faccia uscirà?
Mentre aspettiamo l'esito, mi sembra di poter dire che il segretario del Pd (il quale si doveva dimettere da segretario il 27 febbraio scorso) stia perdendo la presente partita a scacchi politica. Soprattutto ieri, quando ha incontrato i pentastellati in diretta streaming. Se ci fosse stato uno come Berlusconi (o anche Renzi) al suo posto li avrebbe mangiati i soldatini stellati, a cominciare dal fatto che avrebbe dovuto spegnere loro in faccia quel sorrisino di merda di presunta superiorità cittadinesca, e cioè non avrebbe dovuto rivolgersi a loro, ma - appunto - alle telecamere, per mostrare al popolo, che seguiva l'incontro in diretta web, i punti programmatici della proposta di governo che il M5S si rifiuta di appoggiare. E invece Bersani parlava a Crimi e alla Lombardi sottovoce, gentilmente, come se il suo atteggiamento papagiovannesco potesse alcunché. 
Beninteso, mi spiace, giacché un annetto di governo Bersani non mi sarebbe dispiaciuto, forse perché ingenuamente pensavo che, allo stesso modo in cui Berlusconi riuscì ad addomesticare Bossi, così anche Bersani avrebbe potuto... Ingenuità.

Ma vabbè. Riguardo al discorso odierno di Grillo: perché il Pd non ne verifica la possibilità in Parlamento? In altri termini, perché i soldatini di piombo non provano a sputtanare legislativamente i soldatini d'oro che, per ora, marciano come un sol uomo, al comando degli ordini di chi parlamentare non è?
Ma perché la proposta di Grillo sia un bluff è spiegato qui.

mercoledì 27 marzo 2013

Papa Francesco, stasera esco.

Papa Francesco ha detto:
«Vivere la Settimana Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, nella logica della Croce, che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita. È entrare nella logica del Vangelo.»
Non sarà in ordine d'importanza per la fede cristiana, ma la Settimana Santa, prima di tutto, è dolore, è tradimento, è persecuzione, è accusa, è flagellazione, è rinnegamento, è crocifissione e morte. Poi, se la fede subentra per far rivivere il Rabbi - dopo la cocente delusione, «il profondo trauma psicologico» (C. Freeman, Il cristianesimo primitivo, Einaudi, pag. 41) che i discepoli esperirono nel vederlo morire crocifisso come un ladrone qualsiasi - solo dopo, ex post, essa trasfigura e trasmuta la sofferenza in gioia, il dolore in amore, la morte in dono di sé.
«Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”: uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio.»
Papa Francesco non è un teologo e nemmeno io lo sono, però mi sembra teologicamente contestabile sostenere che l'azione creativa di Dio possa essere preclusa da un certo modo di vivere la fede, stanco e abitudinario, da parte del fedele. Inoltre, non è difficile contestare che tutta la struttura liturgica della Chiesa si basa su stanche abitudini, su ricorrenze, celebrazioni, eccetera. Provate ad andare da un prete a dire di uscire dagli schemi e domani, anziché i piedi, di lavare i genitali dei fedeli.
«Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la misericordia di Dio che salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per noi». 
Certo che un Dio che esce da se stesso per poter andare da qualcuno e che poi, quando è arrivato al cospetto di questo qualcuno, pianta una tenda e ci si infila dentro (a fumare il calumet della pace?), è un Dio po' strano, forse ha fumato, appunto. Un Dio che è uscito pazzo, insomma.
Esagererò, ma - a mio avviso - l'esperienza dell'uscire fuori di sé è legata all'ebbrezza (o all'estasi), e cercare le pecorelle smarrite con la vista annebbiata (come me ora, dal sonno) non è cosa buona e giusta: c'è il rischio di perdere anche se stessi.

martedì 26 marzo 2013

Just in time (reloaded)

Personal Message
Fermarsi: una tentazione da prendere  in considerazione. Per il momento vi so resistere e, quindi, non è una tentazione. Non è un desiderio. Fermarmi per cosa. Fermare che, poi?
Intendo, beninteso, l'esercizio quotidiano di gettare in rete queste parole...
Giusto in tempo, fermarsi, il tempo necessario per capire che è necessario ogni tanto estraniarsi dalla realtà, fuoriuscire dall'agone, disinteressarsi alla contesa soprattutto quando questa paralizza, al massimo fa girare a vuoto, come una trottola, non dico come una pala eolica che essa, perlomeno, qualcosa produce.

Oggi ho conosciuto un partigiano, il partigiano Stoppa della Valdisieve, ottantotto anni, l'ho sentito raccontare le sue avventure di Resistenza, dalla diserzione della leva nel periodo che va dalla caduta di Mussolini all'armistizio, alla sua scelta di andare alla macchia, prendere le armi, combattere a fianco dei partigiani. Un'ora bella, a sentire la testimonianza di cammini interminabili di notte tra i valichi dell'Appenino tosco-romagnolo. I pidocchi. Le staffette. Gli assalti. Gli accerchiamenti. La fuga. I ritorni a casa. I bombardamenti. La tattica. La paura. La fame (bistecche di muli stremati uccisi con colpo di fucile per risparmiarli dalla fatica di camminare sulla neve). La liberazione di Firenze.

Stoppa era il nome di battaglia. Dovevano bruciare tutti i documenti che avevano, i partigiani, dimenticarsi il loro nome. E lui il suo nome l'aveva preso da un giovane partigiano romagnolo ucciso dai tedeschi a inizio Resistenza. A lui è andata bene, si può dire; però, quando ci ha mostrato la foto di quel partigiano da cui prese il nome, i suoi occhi si son fatti lustri.

Che cazzo di scelte ci restano oggi in questa bolgia di fatti che ci rende incapaci d'individuare un nemico preciso, che vada fuori dal mero dato personale di costruzione di rancori, invidie, risentimenti di basso conio? C'è o non c'è un nemico vero da combattare, a cui opporre resistenza
Una patina untuosa riveste la realtà: la terribile fortuna che non ci sono più quelli cattivi.

lunedì 25 marzo 2013

I cinesi preferiscono i baluba

Se è abbastanza scontato che la prima visita ufficiale all'estero del nuovo presidente cinese, YXi Jinping, sia stata fatta in Russia, è invece più sorprendente che la sua seconda visita ufficiale sia avvenuta in Tanzania.
La Tanzania.
Ecco perché i “baluba” di una banca del paese africano rifiutarono i soldi del mitico tesoriere della Lega Nord (ed ecco perché la Lega Nord voleva investire in Tanzania*): altro che erano soldi poco puliti, è che erano spiccioli, rispetto a quelli cinesi.

Nella remota ipotesi che il presidente del consiglio incaricato formi un governo che abbia la fiducia dal parlamento, dove si recherà come prima e seconda visita ufficiale Bersani? A Bruxelles e poi a Cipro?

*Clamoroso è, altresì, rileggere che all'epoca anche Cipro disse no ai soldi della Lega

Febbre politica


Vado di corsa a vedere se ritrovo il termometro per capire se ho qualche sbalzo nella temperatura corporea, dato che - per la prima volta in vita mia ve lo giuro, oddio, mi vergogno solo a pensarlo, figuriamoci a dirlo - credo che abbia molta più ragione Lupi che Marino.

...

Ho ritrovato il termometro. Non vi dico dove me lo infilo.

domenica 24 marzo 2013

Ipotesi di lavoro



Infiltrare micromeghisti ad Arcore.

Barbecue personalissimo

La domenica ho più tempo e quindi solgo perderlo nella lettura infruttuosa degli editoriali dei maggiori quotidiani presenti in edicola. Scalfari, l'uggioso, pastorale Scalfari; ed Ernesto Galli Della Loggia, puntiglioso e chiocciante.
Volevo scriverne, mi ha anticipato (per fortuna) l'ottima Olympe de Gouges che ha stanato le incongruenze dell'uno e dell'altro trombone.
Purtuttavia, del Galli Della Loggia, estraggo un capoverso, questo
«Lo si è visto al momento di organizzarsi in vista delle elezioni. Il Centro ha mostrato di aver capito poco o nulla dell'ansia di grande cambiamento che agitava l'Italia [no, perché c'hai capito te professore]. A un Paese percorso dalle performance di Grillo, ha pensato di potersi presentare da un lato con figure della più esausta nomenclatura partitica (Udc, Fli), dall'altro con il pallido volto di un notabilato catto-confindustriale insaporito da qualche prezzemolino sportivo-accademico. In complesso la raffigurazione di una compiaciuta oligarchia italiana all'insegna del «lei non sa chi sono io e quanto sono importante». Nessuno invece che fosse capace di un parlare vivo e autentico, di una proposta suggestiva, che desse voce a una qualche novità culturale, che incarnasse una figura sociale inedita.»
per dire: considerato che, da molti terzisti cerchiobottisti, la Scelta Civica di Mario Monti è stata salutata con favore e sostenuta (sia pur velatamente) alle elezioni, perché non gliel'hanno fatte prima del voto certe critiche, che esercitate ora risultano alquanto stomachevoli?
Come si fa, infatti, a infierire su un palese insuccesso (peraltro prevedibile)? Che politologi del cazzo ai quali tocca in sorte nuovamente rifugiarsi nel coro dei forzati berlusconiani che cantano Peppino di Capri e Loretta Goggi (Pierluigi Battista e l'elogio dei nazionalpopolari. Non è ancora in rete tal minuscolo editoriale, lo linkerò appena disponibile).

***

Riguardo al Pd: ha ragione Leonardo a dire che è un partito finito (l'avevo già sentita questa, ma mi sono piaciute lo stesso molto le sue argomentazioni). Bersani è costretto a provarci, per ora sta salendo in orbita come Baumgartner: vedremo se quando si lancerà nel vuoto (della fiducia) gli si aprirà un paracadute, oppure cadrà più velocemente (e tristemente) a terra. Comunque a terra, in velocità o al rallentatore, dovrà cadere. Lo dico a malincuore, ma Giuliano Ferrara oggi ha scritto un editoriale  a cui è difficile dar torto, non quando suggerisce un'improbabile (e non auspicabile) Grande Coalizione Pd-Pdl (e Giglioli puntualmente spiega perché), ma quando scrive:
«Vinci le elezioni e fa' il governo che avevi promesso agli elettori, con i tuoi uomini e donne di partito, con i Fassina, con i Matteo Orfini, con le Moretti, con le forze vive che hanno nutrito la tua battaglia (sbagliata, peraltro) contro Matteo Renzi. Non sarà niente di eccezionale ma questo è il risultato di una fisiologia democratica. Invece ecco che Bersani le elezioni non le vince, e fa o vuole fare il governo suggerito dai giornali di area, dalle lobby della cosiddetta società civile, un esecutivo subalterno ai dettati di Grillo e Casaleggio. Faccia tosta: dal governo di Bettola, con benzinaio incorporato, alla giunta di Gaia, la fumisteria apocalittica del guru.»
***
Non ho messo io la dicitura "Ladri 2013" che è comparsa per un po' su sito di Wikipedia
E insomma: un partito, un popolo e un movimento hanno ottenuto, più o meno, lo stesso consenso elettorale (da ricordare il 10% del Centro e il 25% di astenuti).

Tutti, sostanzialmente, sono contro tutti.
Il Pd contro Berlusconi e il M5S che non vuole appoggiare il suo governo.
Il Pdl contro i comunisti, la magistratura (e i marziani del M5S).
Il M5S contro il Pd, il Pdl e la partitocrazia in generale.

Lasciando da parte le alchimie politiche possibili, riprendo un passaggio dell'editoriale di Scalfari (che è un copia incolla di un suo editoriale del 1998):
«la società ha perso la capacità di darsi regole condivise; si parla di continuo della loro necessità, ma nessuno è più in grado di produrle poiché a nessuno viene riconosciuta un'autorità fondativa che superi gli interessi settoriali e s'imponga in nome dell'interesse generale.»
Quando in una società si assiste a una crisi delle regole condivise (che nelle società primitive corrispondeva a una sorta di crisi sacrificale nella quale i rituali non erano più sufficienti a placare la sete sanguinaria degli dèi); quando insomma una comunità s'incattivisce e le regole della convivenza vengono meno - e si scatenano disaccordi, risse, insulti, una specie di bellum omnium contra omnes depotenziato - per ritrovare stabilità, concordia, condivisione occorre convogliare tutti i disaccordi, tutti i litigi, i battibecchi, tout court: tutta la violenza in un'unica direzione, verso un unico colpevole, verso la vittima, il capro espiatorio. 
Il problema, però, è che, nelle società moderne, è difficile trovare una vittima espiatoria ritenuta da tutti responsabile della crisi e, allo stesso tempo, è altresì difficile trovare una vittima che accetti di buon grado di sentirsi responsabile della peste che devasta la città, come Edipo a Tebe.

L'ultima grande crisi politica italiana, avvenuta con Tangentopoli, fu risolta con l'espulsione e la vittimizzazione (non dico non giustificata) di quasi tutti i partiti dell'arco costituzionale e di molti protagonisti politici (Craxi su tutti. Attenzione: non sto dicendo che anch'egli non fosse responsabile dello sfacelo). A tale vittimizzazione più o meno tutti partecipammo, chi più chi meno. Berlusconi stesso, che fu amico di Craxi, corteggiò Di Pietro e dette voce e visibilità, nelle trasmissioni “politiche” delle sue televisioni, al linciaggio mediatico (ricordate il mitico Funari?).

Oggi, di fronte a questo stallo, in cui ogni parte della contesa cerca di vittimizzare l'altra, con ciò trascinando l'intera società nel gorgo della crisi “delle regole condivise”, per (ri)trovare un'autorità fondativa riconosciuta da tutti, occorre prima trovare una vittima che venga punita da tutti, un colpevole cioè che permetta alla società di passare dal tutti contro tutti, al tutti contro uno.
Il problema è che, nelle società moderne, non esiste un colpevole tanto capace di far ritrovare la pace. L'abbiamo visto appunto con Mani pulite: i vecchi partiti colpevoli espulsi nel consenso generale per ottenere l'effimera illusione di aver risolto tutti i problemi.

Il meccanismo vittimario è un motore inceppato: funziona solo nella sua prima fase, quella della vittimizzazione. È la sacralizzazione che manca e che fa tosto riprecipitare la società nel caos. È inevitabile. Anche quando si credeva di aver trovato la vittima perfetta per placare l'ira degli dèi, talmente colpevole e salvifica da diventare essa stessa un dio, la pace - come dimostra la storia - durava solo lo spazio di poche stagioni.

«C’est la croyance unanime en la culpabilité de la victime, quelles que soient les accusations dont on l’accable, qui permet au groupe de retrouver son unité. Rétrospectivement, la victime se verra dotée aussi de qualités positives, étant perçue comme responsable non seulement de la crise, mais de sa résolution.»
René Girard, in Mark Anspach, ɶdipe mimetique, L'Herne, Paris 2010.

In altri termini, non vi è alcuna possibilità che, l'eventuale vittima, possa venire prima sacrificata e poi sacralizzata, per diventare così un'autorità fondativa, un padre, un Mosè, un Cristo,  

Da un punto di vista girardiano, che Girard chiama giudaico-cristiano (io ho le mie perplessità), sarebbe sufficiente che noi umani (gli italiani in questo caso) riconoscessero ciascuno le proprie responsabilità e mettessero da parte odi e rancori e si avviassero verso una sincera riconciliazione.
La magia dell'amore universale.
Ma non è così; è qui, appunto, che mi separo da Girard.

Non potrà esistere una reale concordia e riconciliazione, finché permarranno differenze di ceto sociale, finché sussisterà la gerarchia imposta dal presente sistema economico, che vede da una parte la classe dominante e dall'altra la classe dominata.

È la stessa dialettica padrone-schiavo, che vede da una parte chi comanda e dall'altra il comandato, che va alla ricerca continua dei responsabili che mettono in crisi il sistema del dominio. Per uscirne occorre una rivoluzione, un cambiamento del paradigma, che non si limiti a invertire le parti dominante-dominato per riprodurre poi lo stesso tipo di dialettica, ma che ponga fine a tale tipo di dialettica.
Non so dire come. 

***

Ho messo troppa carne al fuoco: spero di non aver bruciato tutto.

sabato 23 marzo 2013

Scenderemo nelle piazze a parlar d'amore

Dopo una campagna elettorale da leone in gabbia mediatica che gli ha consentito di addentare un ottimo risultato elettorale (secondo per un soffio), Berlusconi è tornato oggi in piazza (non c'era mai stato in piazza durante la campagna elettorale, ricordarsi), in una piazza di medie dimensioni che potrebbe contenere al massimo 65000 persone, ha preparato però le telecamere che riprendessero il popolo dall'alto, come ai concerti, dimodoché risultassero moltiplicati i presenti (ch'erano molti, per carità) - e insomma il leone è uscito in piazza e ha parlato di cose che non sto a riassumere, m'interessa che abbia nuovamente ritirato fuori la storia della sinistra comunista che lo odia e che lo invidia e che lo vuole distruggere per odio e per invidia appunto, non per altro.
Per la verità ha parlato anche di odio di classe, cioè di quelli di sinistra comunista che odiano i moderati benestanti di centrodestra perché nella vita, quest'ultimi, hanno saputo intraprendere per raggiungere un moderato benessere (c'era un cartello sotto Silvio da cui si leggeva: «sono stato brigadiere dei carabinieri 35 anni»)
La retorica berlusconiana è nota; per lui è sufficiente mettere a punto quattro, massimo cinque stereotipi della persecuzione, chiari e distinti, e intorno a essi tessere un eloquio logorroico e antidialettico che, mediante un iterarsi sfinente, cerca di tappare le falle logiche e fattuali che lo costituiscono. E tale eloquio entra nelle menti di chi lo ascolta, per mestiere o per vocazione, in maniera tale che ogni portavoce riesce poi a rimanere indenne a qualsivoglia critica elementare, perché, così argomentando, si viene a creare in lui una sorta di corazza impermeabile a ogni richiamo alla realtà dei fatti. 
In breve, da domani, in qualunque spazio mediatico che li vedrà ospiti, i berlusconiani ripeteranno il nuovo canone oggi stabilito dal Presidente e benedetto in piazza dalla folla. La parole d'ordine saranno ancora, odio e amore.
La sinistra comunista che odia e invidia Berlusconi e chi lo vota. E loro che, invece, amano l'Italia e che hanno a cuore gli italiani.
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Il Carme 85 di Catullo contiene, forse, una chiave per capire la diversità tra l'elettore medio di sinistra e l'elettore medio moderatodicentrodestra. Il primo vive le elezioni ogni volta come un cruccio, come un tormento, come un coito interrotto. Il secondo, invece, vota con gioia e con la sicurezza che, alla fine, qualcuno che godrà ci sarà sempre, almeno uno, per tutti.

Disturbation

Dany Peschl, Disturbation
La foto sopra esposta, scoperta per vie traverse, mi sembra assai pertinente con alcuni temi dell'attualità politica nostrana. 
- Quali temi?
- Ne suggerisco alcuni: dall'yogurt comprato a quello fatto in casa (decrescita felice); dalla maschera di chi lo imbottiglia (in ginocchio, con devozione), alla compostezza di chi lo produce coi fermenti dei propri piedi; dall'utilizzo di latte fresco di produzione locale, alla lavanda dei piedi (giovedì santo) del leader intronato (o di un suo fido gerarca appena eletto). 
Alle spalle, ritratti e distintivi di un leader che piacque molto alle masse.

venerdì 22 marzo 2013

Il caso e la necessità

Alle 17:34 odierne la mia macchina segnava 171734 km.
Ero in curva, in un tratto pianeggiante di strada di montagna. Ho rallentato, ho controllato che la selvaggina vagante non vagasse. Mi sono venute in mente due cose: la morte di Mennea, che «era malato da tempo», e i più di 50 milioni di euro vinti al superenalotto da qualche parte in Friuli. Morte e soldi, dunque. Il primo pensiero, legato vagamente al concetto di malato da tempo (eufemismo per evitare di dire che l'olimpionico era malato di cancro), verteva sul fatto che, poiché siamo vivi, siamo tutti destinati a diventare malati da tempo; vale a dire, che la vita è di per sé una malattia che, ancorché priva di dolori, conduce tutti, presto o tardi, alla morte. (E mentre pensavo tutto questo, in quel preciso punto di curva, dopo aver scalato marcia dalla quarta alla terza, una leggera sfioratina alle palle mi sono dato, sì.)
Di poi il pensiero è corso al superenalotto, (perché io ogni tanto gioco al superenalotto) per immaginare cosa farei con tutti quei milioni improvvisi, quale prima azione, quale prima spesa - e devo dire che nessun desiderio è emerso sugli altri e presto sono tutti svaniti: i chilometri sono diventati 171735.

giovedì 21 marzo 2013

Giornata mondiale della poesia

Irina Shayk
Oggi è stata una giornata particolarmente densa di avvenimenti di politica interna e internazionale, ma io conservo intatta la mia morigeratezza, il mio senso del limite.

P.S.
Ah, volevo giusto dirvi che Ocalan ha scritto dal carcere al proprio popolo (i curdi), affinché facciano tacere le armi e far parlare la politica e che Obama, in visita a Ramallah, ha detto che i palestinesi meritano un proprio Stato.
Conoscete per caso qualche politico italiano il cui cognome inizia per O, a parte Occhetto? 

mercoledì 20 marzo 2013

Da Cipro alla Cina: un'analisi prona

Tra le tante vicende che riguardano l'attualità economica globale, Cipro è in testa nelle attenzioni mediatiche europee (e non), perché in tale piccola nazione dell'Eurozona si sono cercate (e si cercano) inedite soluzioni alla risoluzione del debito sovrano provocato da politiche che, fino a pochi lustri or sono, tanto erano care al sistema capitalistico. Infatti, il grasso che colava dallo sfruttamento del lavoro o delle risorse minerarie di un territorio, veniva volentieri raccolto per acquistare titoli di stato di vari paesi, soprattutto di quegli stati che garantiscono segreto bancario e operazioni finanziarie dal profilo losco. Poi, diciamo improvvisamente ma non è così, tali stati debitori si sono trovati così tanto debitori che i mercati (i malevoli mercati) hanno cominciato a spargere voce agli investitori che esiste il rischio che essi non rivedano i loro quattrini, quindi attenzione a dargliene di ulteriori; e se gli investitori smettono di comprare il debito, gli Stati non sanno: primo, come fare a funzionare, le tasse non bastano mica; secondo, non sanno come rendere i soldi a coloro che domandano di rivolerli indietro.
È in queste situazioni di crisi, oramai prevedibili con grande anticipo, che scattano i piani di salvataggio che i governi si apprestano alla bell'e meglio di varare: essi iniziano col tagliare la spesa pubblica (pensioni, sanità), poi diminuiscono i diritti dei lavoratori e solo dopo, forse, possono sperare che la potenza di fuoco illimitata della banca centrale europea (BCE) inizi a sparare i colpi di difesa promessi.

E vabbe'. Per capire meglio la situazione-Cipro, ci sono esperti più validi e competenti (vi segnalo Mario Seminerio). A me è servito per introdurre questa notizia che riporto per intero:


Pechino, 20 mar. – La Suntech ha dichiarato bancarotta. Il gruppo cinese un tempo numero uno al mondo per la produzione di pannelli solari ha dichiarato oggi l’insolvenza, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua. Nella giornata di lunedì scorso il gruppo di Wuxi, nella provincia costiera del Jiangsu, aveva dichiarato che stava prevedendo una riorganizzazione societaria. Nella serata di oggi, è arrivato invece l’annuncio della bancarotta. “Il governo è chiaramente intervenuto – ha dichiarato alla France Press Liu Weiping, partner di Sapphire Capital, società di consulenza attiva nel settore dell’energia solare– e vuole riorganizzare il gruppo e mantenere la produzione”.

La Suntech, assieme alle altre aziende cinesi attive nel settore del fotovoltaico sono state colpite dai dazi imposti dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea nei mesi scorsi con l’accusa ai produttori cinesi di avere usufruito di sussidi impropri da parte del governo di Pechino. Sulla Suntech gravava poi il debito nei confronti degli obbligazionisti di 541 milioni di dollari, scaduto il 15 marzo scorso e rinnovato in extremis per altri due mesi, fino al 15 maggio. Nella giornata di giovedì scorso, il gruppo aveva dichiarato di “non avere in progetto” di ripagare gli obbligazionisti. La scorsa settimana sia l’amministrazione di Wuxi, sia il governo centrale cinese, secondo alcune indiscrezioni, avevano negato la possibilità di inserirsi nella vicenda per salvare la Suntech con un’iniezione di liquidità. Il gruppo era stato al centro negli scorsi anni di una controversa vicenda di falsi bond tedeschi, e a metà del 2012 aveva smesso di presentare i propri dati finanziari, dopo un anno in cui l’azienda aveva registrato continue perdite. 
Il gruppo ha venduto nel corso degli anni più di 25 milioni di pannelli solari in più di ottanta Paesi. Agli inzi del 2008 le azioni del gruppo, quotato a Wall Street hanno raggiunto un picco di 90 dollari, mentre nella giornata di ieri, il titolo ha chiuso a 0,59 dollari per azione. Il 14 marzo scorso, la Suntech aveva chiuso il suo unico stabilimento negli stati Uniti, a Goodyear, in Arizona, a causa degli alti costi di produzione sommati ai dazi di compensazione messi in atto nei mesi scorsi dagli Usa.


Ecco, a me colpisce molto che un'azienda cinese, già quotata a Wall Strett, arrivi a dichiarare bancarotta. Ma soprattutto: a me stupisce che la ragione per cui essa ha fallito è che gli Usa e la Ue hanno imposto dei dazi ad un particolare settore della produzione in cui una fabbrica cinese stava, di fatto, soppiantando le industrie americane ed europee produttrici di pannelli solari.

Per l'amor di San Romualdo dell'Eremo di Camaldoli, lungi da me far discorsi futuribili alla cazzodicasaleggio, ma queste sì che mi sembrano notizie rilevanti sulle quali ragionare e discutere per impostare una decente politica economica e industriale, non dico di un singolo Paese, ma di un'unione di paesi.

Segnalo, infine, che ieri il neo presidente cinese, Xi Jinping, si è incontrato col Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Jack Lew - quest'ultimo in visita ufficiale in Cina per una due giorni di fitti incontri di alto livello con ministri e dirigenti economici cinesi.

P.S.
Dimenticavo di notare che i cinesi, oltre a essere dei rompiballe, sono anche dei rompighiaccio.

Introibo ad Altare Dei

Io di quello che penso di Papa Francesco è ancora qualcosa d'indefnito, dato che lo conosco come quasi tutti da pochi giorni, mi ha fatto un buon effetto, mi sta simpatico, mi piace, +1, lo retwitto.
Anche come parla, come si comporta, come si pone al mondo, sin dal primo momento - dato che ero lì a guardare la finestra la sera di una settimana fa - mi ha fatto buona impressione, addirittura ho sillabato il Padre Nostro, ché io me lo ricordo il Padre Nostro e l'Ave e il Gloria e l'Angelo di Dio e l'Eterno Riposo, l'Atto di dolore, il Salve Regina, qualche altra preghiera sparsa e due o tre salmi tradotti da Ceronetti (Cristo Santo, quanto cattolicesimo resta in me).
Aiuterà Francesco la mia perduta fede a ritrovarsi? Questo è un discorso che merita di essere affrontato in altra occasione. Al momento, mi chiedo questo solo perché è ancora l'anno della fede, che venne bandito dal papa emerito, quello che era intronato quando apersi questo blog di pensieri parole opere e omissioni - e con Ratzinger il gioco era più facile, facile la distanza, la perdita, l'uscita definitiva dall'ovile. 
Ecco, Francesco pare un buon pastore, uno di quei papi che dànno l'impressione di tenere aperto il pascolo, anche se poi, in realtà, allargano soltanto il recinto, dando l'idea che anche i peccatori, anche i non credenti possano starci.
Tuttavia, la struttura della Chiesa è ancora quella, non basta una nuova figurina, certo può aiutare nel complesso a modificare alcune cose della storia, ma non direttamente, non perché creda che Giovanni Paolo II è stato la causa della caduta del muro di Berlino e giù a scorrere sino alla fine dell'Urss.
Cosa potrebbe cadere con Francesco? Il mondo sarà più tenero che si taglierà con un grissino? E la custodia dello stesso a chi sarà affidata, a quale agenzia, ancora alle Nazioni disunite, ai capitali che le sostengono e le tengono appese per le palle (le nazioni) al sottile strato dell'ozono?
Francesco l'ha chiesto per favore e le Potestà e i Principati (fra i quali la Chiesa stessa) sono stati zitti, perché chi tace sta zitto, è la regola, inutile credere che gli astanti da domani si mettano a custodire la “creazione”, l'ambiente e gli umani che lo abitano.
Si navigherà a vista. La Terra è ancora un pianeta capace di sopportare una considerevole escrescenza di vita. Mi domando se Francesco si sia mai domandato il perché il Creatore ha assiepato tutti noi peccatori in uno spazio così relativamente piccolo con tutta l'enormità dell'universo a disposizione.
Mi rendo conto, altresì, che se tali domande non se le è poste il papa teologo, figuriamoci se se le porrà il nuovo papa underground.
Ma pazienza: intanto prendiamo il suo sorriso e la sua bella faccia fraterna.

martedì 19 marzo 2013

Il correlativo oggettivo è

2
«una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un'emozione particolare» [via]

Thomas Stearns Eliot, The Sacred Wood: Essays on Poetry and Criticism, Londra, Methuen, 1920

lunedì 18 marzo 2013

Eppure la Sardegna è più grande di Cipro

fonte Wikipedia

Tramite Paul Krugman, vengo a sapere che i miliardari Russi sono preoccupati della (eventuale) tassazione dei depositi bancari a Cipro.
Per controllare meglio, cerco la notizia su Le Monde, che infatti riporta:

«En Russie, où cette mesure risquerait de toucher durement les fortunes placées sur l'île, le ton monte. Le président Vladimir Poutine a tenu lundi matin une réunion extraordinaire consacrée à la situation financière de Chypre. "Evaluant le projet d'instaurer une taxation supplémentaire sur les dépôts à Chypre, Poutine a déclaré que cette décision, si elle était prise, serait injuste, non professionnelle et dangereuse", a indiqué Dmitri Peskov, le porte-parole du Kremlin.
Même son de cloche du côté du premier ministre, Dmitri Medvedev, qui compare la taxe sur les dépôts bancaires à "une confiscation de fonds étrangers". M. Medvedev a prévenu que la situation pousserait la Russie à "corriger sa position" sur le dossier chypriote.
L'agence Moody's a estimé à 19 milliards de dollars au 1er septembre 2012 les seuls avoirs de sociétés russes placés à Chypre – auxquels s'ajouteraient 12 milliards de dollars d'avoirs de banques russes dans des établissements chypriotes. La presse et les analystes estiment le coût total d'une telle mesure pour les Russes entre 2 et 3 milliards d'euros.»

Domanda da profano: perché le società russe non hanno depositato i loro soldi altrove nella zona euro, per esempio in Italia, quando al governo c'era il miglior amico europeo di Putin, quel tizio che, durante una conferenza stampa col presidente russo, faceva il gesto del mitra per una domanda scomoda di un giornalista?

Chiacchiere e preservativo


Quello che avrebbe detto Berlusconi, durante la riunione del Pdl alla Camera dei deputati, dà ulteriore conferma a quanto già ho più volte detto; se avesse vinto la Destra e i berlusconiani (più leghisti) avessero ottenuto lo stesso di tipo di maggioranza alla Camera che ha ora il Pd (più Sinistra e Libertà), Berlusconi sarebbe diventato Presidente della Repubblica.
Per cui, pochi riguardi: anche se in questa legislatura non si riuscirà a formare alcun governo, prima di ritornare al voto, occorre in tutti i modi che sia eletto un nuovo Presidente della Repubblica, non necessariamente di “sinistra” come paventa il capopopolodellalibertà, anche uno di destra, basta che non sia lui.
Scenderanno in piazza? Daranno battaglia? Boh, facciano quel che vogliono, tanto - presumo - che con le Brigate Capezzone andranno da poche parti.

domenica 17 marzo 2013

Ma cos'è la Destra, cos'è la Sinistra

Ansia
Sono stato tre minuti davanti alla foto a pensare cosa significassero S e D.
Poi ho capito.

I non editoriali di Galli Della Loggia

Per spiegarci, senza dirlo, che lui avrebbe preferito Franceschini alla Camera e Schifani al Senato, per veder realizzata quella Grande Coalizione che piace tanto al sulfureo establishment terzista, il professor Ernesto Galli Della Loggia scrive una breve articolessa sul Corriere odierno, che va a cercare le ragioni sul perché la Sinistra non abbia voluto 
trovare al proprio interno, nella propria storia, né volti, né voci, né biografie capaci di rappresentarla veramente. Come se essa giudicasse ormai irrimediabilmente inutilizzabile la propria vicenda politica, vicina e meno vicina: in un certo senso le proprie stesse radici. Rifiutatasi dopo essere stata comunista di divenire socialdemocratica, e sempre in preda all'antica paura di dispiacere a sinistra, la cultura politica del Partito democratico sembra aver smarrito il filo di qualunque identità che si colleghi al suo passato. Sicché oggi le è apparso naturale designare ai vertici della rappresentanza del Paese da un lato un importante membro della magistratura inquirente, dall'altro una apprezzata funzionaria internazionale, impegnata nella difesa dei diritti umani.
Come se per ritrovare lo «smarrito filo di qualunque identità che si colleghi al suo passato» fosse stato sufficiente far eleggere alla Camera qualche politico di lungo corso che ha vissuto tutta la militanza dal Pci-Pds-Ds-Pd. 
Se invece di lamentarsi costantemente delle manovre tattiche del Pd, che non corrispondono ai suoi desiderata, il Galli Della Loggia avesse spiegato quale azione politica avrebbe dovuto e dovrebbe compiere il Pd per “riutilizzare” le sue radici, allora avrebbe offerto ai suoi lettori un predicozzo di maggior valore intellettuale, nel quale egli sarebbe stato costretto a illustrare cosa intendere con politica di sinistra e cosa no. Avrebbe dovuto, insomma, operare dei distinguo tra cosa è Sinistra e cosa è Destra - e questo al Corriere non possono permetterselo, non sia mai che i lettori, abituati da anni di cerchiobottismo, non abbiano a capire che esistono le differenze e che ogni tentativo di compromesso che vada aldilà del mero dato istituzionale, è destinato, necessariamente, al fallimento.

A parte.
Da segnalare la strepitosa prontezza pubblicitaria della Rcs-Corsera:

sabato 16 marzo 2013

Uscire dai sentieri gretti della politica


«Ora ti dirò una cosa orribile, mia carissima sorella, ma la sento, e anche se sia una bestemmia, uno dovrebbe sempre dire quello che sente. Non posso ormai più gridare con Goethe: Verweiele doch [google traduce con Resta un po'/Rimani un istante]. No; questi atteggiamenti oziosi non sono degni dello spirito tedesco! Non dobbiamo avvezzarci a nulla di ciò che è stato raggiunto, ma stendere le nostre mani ansiose sempre più oltre. E non dirò, “verso qualcosa di più alto”. Non voglio arrampicarmi su per nessuna scala che sia stata preparata per me in anticipo, con dei pioli tutti numerati uno dopo l'altro, come i gradi del termometro! Che cosa è mai questo se non un residuo della metafisica medioevale? Il genio tedesco, libero, audace, puro, non può venire costretto entro un simile gretto sentiero, e dentro quello solo. Esso si forgerà la propria strada creandola dall'interno di sé, in qualche direzione, in tutte le direzioni, verso l'infinito, disprezzando ogni legge tranne quella che esso imporrà a se stesso a ogni momento col suo stesso vivere, senza lasciarsi molestare da alcun fatto, senza riconoscere alcuna condizione, ma sempre creando lo scalino che dovrà successivamente salire con la sua improvvisa, libera ispirazione. La natura è una prigione. Se io debbo scegliere, scelgo il Caos!».
George Santayana, L'ultimo puritano, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2005 (traduzione di Camillo Pellizzi).

Ho piacere che siano stati eletti Laura Boldrini e Piero Grasso presidenti, rispettivamente, di Camera e Senato. Ho piacere perché, anche se questa legislatura è una prigione, è bene che il Pd cerchi di forgiarsi, da solo, la propria strada creandola all'interno di sé. Cosa verrà fuori non è dato sapere, l'importante, però, è procedere con ordine.
Da un punto di vista politico, lo scopo principale del Pd adesso è recuperare credibilità in quella parte di elettori che hanno votato il M5S perché preferivano il Caos alle ragioni del - scusate il termine - “vecchio” modo di fare politica.
Due buoni segnali, insomma.

venerdì 15 marzo 2013

Omeopatia della contentezza

Sono molto bravo a essere contento senza manifestare troppo la mia contentezza, senza esaurirla tutta in un colpo, ma distribuirla, a poco a poco, nel corso dei giorni che seguono l'evento che l'ha fatta scaturire. È una specificità del mio carattere, questa, alla quale presto volentieri il fianco, anche se - penso - a volte bisognerebbe contravvenissi, costringendomi a sprecare l'entusiasmo tutto d'un colpo.

E oggi stavo per farlo, davvero, per ragioni attinenti a un particolare stato del mio apparato genitale periferico, quel fastidio legato alla minzione - ho avuto la menzione d'onore insomma, il meato uretrale non è poi così malaccio, non richiede un subitaneo intervento, stia tranquillo Massaro, stia tranquillo, casomai ne riparliamo tra un semestre.

Sono uscito dallo studio medico tutto infervorato di gaiezza e soddisfazione, malamente rivestito, in maglietta e il giubbotto sotto braccio nonostante i sei gradi e il vento che sferzava la fila di lecci del viale omonimo.

Per un attimo, ho pensato a come festeggiare, ma ero solo, all'inizio di un pomeriggio che conteneva tutte le offerte possibili. Per coglierle, ho scelto la strada più semplice: sono stato all'Ipercoop per rubare alle cassiere, poco impegnate nelle ore di calma, stralci di conversazioni di vario tipo. Oggi, addirittura, ho colto una dire a una collega: «Io il best sellers che voglio leggere è Cinquanta sfumature di grigio» e, nel dirlo, si è guardata intorno per notare se qualcuno l'avesse sentita. Con la coda dell'occhio ha visto che io avevo rubato questo suo pio desiderio; allora ha interrotto la conversazione e ha proseguito a conteggiare i prodotti che i clienti mettevano sul nastro.

Io sì che sono un moderato, uno programmato - se la salute tiene e il pianeta pure - ad arrivare a cento anni di godimenti da brodino vegetale. E dico così perché ripenso a come un mio amico senza fissa dimora che ora non c'è più, nel senso ch'è morto per un cancro alla gola dopo una vita da 40 nazionali con il filtro prima e di pall mall poi al giorno, il vino e le notti d'inverno a dormire in stazione, dicevo ripenso a come lui, una volta raggiunta la minima (ché in fondo aveva sulle spalle una ventina d'anni di contributi, smise di lavorare a cinquant'anni e dovette aspettare i 65 per ottenere la pensione), se la spendeva nel giro di un paio di giorni per ritornare i restanti del mese nella miseria più nera. E cioè: coi soldi in tasca andava in un albergo a tre stelle e pernottava una o due notti, dormendo tutto di fila dalle 8 di sera sino alle 8 della mattina successiva, sfruttando il bagno caldo e una parca colazione a base di caffè e sambuca. Insomma, egli non razionava la contentezza derivante dal ricevere una pensione dopo quindici anni di vagabondaggio ed elemosina: la sprecava tutta d'un colpo per poi ripiombare a dormire in una sala d'aspetto malamente riscaldata, seduto su scomode seggiole di fòrmica e metallo, tra il fetore di biancheria imputridita da una settimana senza lavarsi sotto, e il rumore poco conciliante del passaggio dei treni della notte.

Io invece diluisco, misero omeopata del carpe diem.

giovedì 14 marzo 2013

In superficie

Mi sembra d'improvviso di aver detto quello che avevo da dire e che dire oltre sia una forzatura. Però mi forzo. Ponzo, quindi sono. Il risultato di una vita (piuttosto ordinaria), i vissuti dentro, i pensieri connessi ai desideri e altresì sconnessi, i mezzi sogni vaganti, i titillamenti, i sommovimenti corporali, le passioni, i dolori (onestamente, piuttosto pochi), gli amori (e chi se li ricorda, ah, no guarda ci vuole poco a ricordarseli), le delusioni (quelle me le ricordo bene), il bene famigliare, la trasformazione dell'amicizia, l'infanzia che ripresenta il conto delle sue irresolutezze, attàccati al ricordo anziché a stocazzo, gli studi disordinati, le letture vaghe, io non sono esperto di nulla, io non mi identifico con alcun mestiere che non sia quello che, comunemente, vien detto mestiere di uomo.

Io parlo di tante facezie e di alcuna ho conquistato una competenza specifica per diventare, di quella, un Pontefice Massimo. E quindi penso: quanto reggerà la presunzione del dire avendo contezza che il dire non sia patente vaniloquio, un parlare che si raggruma in una sorta di «incistamento psicopatologico»*?

Dovrei esercitarmi a scrivere racconti, ma la mia fantasia è limitata dalla contingenza. Non riesco a mettermi nei panni di, senza prima aver avuto, almeno per un attimo, la sensazione di esserci stato dentro quei panni.

Oggi ho visto un culo perfetto: sarei potuto stare ore a contemplarlo, ma è difficile mettersi a guardare un culo senza passare per un maniaco. Avrei dovuto aver la faccia tosta di andare dalla proprietaria (del culo) e chiederle se potevo guardarglielo solo per una ragione contemplativa, tipica dell'artista («Lei è un artista? «Beh, sì, in un certo senso...») per pura emozione estetica, senza sbavare o sognare chissà quali palpeggiamenti lubrichi.
Eppure, ecco, io sono sicuro che, se avessi potuto guardarlo senza tema di passare per un porco dallo sguardo insistente, ma come d'uno che bellamente ama guardare l'orizzonte al sorgere o al tramontare del sole, io stasera avrei potuto scrivere un racconto mettendomi nei panni della proprietaria.
Chissà cosa starà facendo adesso, dove sarà seduto, se avrà consapevolezza di essere così espressivo.
Provo a toccarmi il mio, a guardarmelo allo specchio dopo la doccia, ma non è la stessa cosa, no. Ciaf, ciaf: anche lo spanking mi sembra troppo monocorde...

Per ritornare al punto: ci sono giorni, sempre più frequenti, in cui mi sembra di non avere più granché da dire, e che quello che poi alla fine scrivo sia frutto di un pensiero che rimane essenzialmente in superficie. Non che lo scavo mi sia interdetto da chissà quale sovraintendenza ai lavori miei privati, impedendomi, di fatto, un ulteriore saccheggio del mio io. È che, ad ogni nuovo carotaggio, più che la mia interiorità, esce la superficie delle cose, ovvero la mia pacifica condizione sociale di proletario da mille e poco più euro al mese, con un tetto, il vitto, l'auto e le vacanze,  alcuni svaghi (tipo questo) e un senso di libertà superficiale, che mi tiene qui, sospeso, nel procedere di una vita che, fortunatamente, non sta a piangersi sopra perché avrebbe voluto essere un'altra - e allora a cosa è dovuto questo strano senso di sopportabilissima inquietudine?
Non lo so esattamente. Sto (ri)leggendo Il Castello. C'è questa lettera che K., l'agrimensore, riceve dai suoi datori di lavoro.

«Egregio signore: come Le è già noto, Lei è assunto al servizio del signor Conte. Il Suo superiore immediato è il sindaco del paese, che Le comunicherà le istruzioni opportune e l'ammontare del suo salario; a lui Ella renderà conto di tutto. Da parte mia io non La perderò di vista. Barnabas, il latore della presente, verrà da Lei di tanto in tanto per informarsi dei Suoi desideri e trasmettermeli. Nei limiti del possibile, mi troverà sempre pronto a soddisfarli. Mi preme molto che i miei operai siano accontentati».
Franzi Kafka, Il Castello, traduzione di Ervino Pocar, Meridiani-Mondadori.

Ecco qua, forse: esiste un Castello indefinibile al quale non è dato accedere, perché la vita fuori è soddisfacente, perché noi operai (nel senso estensivo del termine) siamo accontentati.
E il mio, il nostro forse, timore più grande è che lo stare in superficie sia dovuto alla paura di venire isolati, osteggiati da tutti coloro che abitano (come me, come noi) fuori del Castello - e di restare soli, poi, a rimpiangere le dolcezze della vita che ci sarebbero precluse, perché facciamo troppe domande e non accettiamo, mansueti, l'ordine costituito.

Ma ripeto: forse.

* cit. da Malvino, in riferimento all'argomentare pannelliano

Addio Google Reader


Come posso scaricare i dati di Reader?

Google Reader verrà disattivato il 1 luglio 2013. Se prima di allora desideri scaricare una copia dei tuoi dati di Reader, puoi farlo tramite Google Takeout. Riceverai i dati di sottoscrizione in un file XML e le seguenti informazioni verranno scaricate come file JSON:

  • Elenco delle persone che segui
  • Elenco delle persone che ti seguono
  • Elementi contrassegnati come Speciali
  • Elementi Mi piace
  • Elementi che hai condiviso
  • Elementi condivisi dalle persone che segui
  • Note che hai creato
  • Elementi con commenti
Fai clic qui per avviare il download dei tuoi dati di Reader da Takeout. Una volta scaricati, i dati di sottoscrizione saranno facilmente trasferibili su un altro prodotto dal quale potrai continuare la lettura online.

E così, dal primo luglio, toccherà cambiare abitudini.
Mi rincresce, sì, ma questo non m'impedirà di cercare e leggere le “persone che seguo”.
Userò di più Twitter, luogo dove già molti (me compreso) condividono post propri e altrui.

Tra le motivazioni della chiusura di Reader, Google adduce due semplici ragioni:

There are two simple reasons for this: usage of Google Reader has declined, and as a company we’re pouring all of our energy into fewer products. We think that kind of focus will make for a better user experience.

Sarà così, tuttavia - a mio avviso - ne manca una terza, sempre “semplice” ma sottaciuta, la più significativa, forse: leggere i post mediante Reader fa evitare all'utente un sacco di pubblicità indiretta (dei siti o blog che la accolgono, chiaro). Per capirsi: Reader riporta solo il contenuto dei post, raramente i banner pubblicitari (tranne alcuni blog che portano la spazzatura monetizzabile anche lì).
Insomma, per quel che può loro interessare, io voglio dire a Google che, per me, l'esperienza utente peggiora, e di molto.