martedì 26 marzo 2013

Just in time (reloaded)

Personal Message
Fermarsi: una tentazione da prendere  in considerazione. Per il momento vi so resistere e, quindi, non è una tentazione. Non è un desiderio. Fermarmi per cosa. Fermare che, poi?
Intendo, beninteso, l'esercizio quotidiano di gettare in rete queste parole...
Giusto in tempo, fermarsi, il tempo necessario per capire che è necessario ogni tanto estraniarsi dalla realtà, fuoriuscire dall'agone, disinteressarsi alla contesa soprattutto quando questa paralizza, al massimo fa girare a vuoto, come una trottola, non dico come una pala eolica che essa, perlomeno, qualcosa produce.

Oggi ho conosciuto un partigiano, il partigiano Stoppa della Valdisieve, ottantotto anni, l'ho sentito raccontare le sue avventure di Resistenza, dalla diserzione della leva nel periodo che va dalla caduta di Mussolini all'armistizio, alla sua scelta di andare alla macchia, prendere le armi, combattere a fianco dei partigiani. Un'ora bella, a sentire la testimonianza di cammini interminabili di notte tra i valichi dell'Appenino tosco-romagnolo. I pidocchi. Le staffette. Gli assalti. Gli accerchiamenti. La fuga. I ritorni a casa. I bombardamenti. La tattica. La paura. La fame (bistecche di muli stremati uccisi con colpo di fucile per risparmiarli dalla fatica di camminare sulla neve). La liberazione di Firenze.

Stoppa era il nome di battaglia. Dovevano bruciare tutti i documenti che avevano, i partigiani, dimenticarsi il loro nome. E lui il suo nome l'aveva preso da un giovane partigiano romagnolo ucciso dai tedeschi a inizio Resistenza. A lui è andata bene, si può dire; però, quando ci ha mostrato la foto di quel partigiano da cui prese il nome, i suoi occhi si son fatti lustri.

Che cazzo di scelte ci restano oggi in questa bolgia di fatti che ci rende incapaci d'individuare un nemico preciso, che vada fuori dal mero dato personale di costruzione di rancori, invidie, risentimenti di basso conio? C'è o non c'è un nemico vero da combattare, a cui opporre resistenza
Una patina untuosa riveste la realtà: la terribile fortuna che non ci sono più quelli cattivi.

3 commenti:

siu ha detto...

Mia reazione pavloviana a " Una patina untuosa riveste la realtà: la terribile fortuna che non ci sono più quelli cattivi": perchè cattivi oramai lo sono tutti. Svilupparla però in un pensiero coerente e documentato, che fastidiosissimamente indaghi tra l'altro su quanto di quella patina untuosa, volenti o nolenti, sia penetrata ormai anche in noi, è chiedere troppo ai miei tre neuroni residui, uno fancazzista nato, l'altro assenteista e il terzo... non pervenuto.
Perviene invece, nel senso che ogni tanto la condivido, la tentazione di fermarsi. Allontanarsi. Da qualche anno ormai mi capita di visualizzare, massiccio, incastonato in un paesaggio bello e austero percepito come un'oasi risanatrice, una sorta di monastero laico...

Olympe de Gouges ha detto...

uno dei più belli

Luca Massaro ha detto...

@ Siu:
Sì, la distanza, ogni tanto, è una necessità. Grazie del tuo bel commento.

@ Olympe de Gouges.
grazie.