venerdì 19 aprile 2013

Il ricordo sfiorò il suo respiro

Danilo Kiš, Enciclopedia dei morti, Adelphi, Milano 1988 (traduzione di Lionello Costantini).

Beh, stasera più o meno così. Sono bastate due note famose dell'epoca in cui, ed ecco quei capelli scompigliati, di grano maturo, tenuti insieme da una pinza amaranto che spesso toglievo perché faceva male alla testa di colei che l'abbassava sul sedile sdraiato di una piccola auto rosso bordeaux.
A ripensarci di una cosa sono sicuro: in quegli attimi avevo contezza di stare vivendo qualcosa che si sarebbe inserito tra i miei cromosomi, mi avrebbe mutato geneticamente, avrebbe scritto, in un codice che ancora non sono riuscito bene a decifrare, uno dei modi migliori per essere felici.
E le dita sulla tastiera tentano adesso, inutilmente, di ripercorre lo slalom tra la peluria diafana, impercettibile delle braccia di seta dal dolce nome - e per un attimo la felicità si ridesta; ma è una finta. Presto le lettere diventano parole, e le parole allontanano dal ricordo, perché non hanno lo stesso potere dei sensi.


P.S.
Il brano di Kiš potrebbe anche essere letto in funzione del Quirinale. Vengono fuori meno ricordi e più incubi.

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