mercoledì 10 aprile 2013

Non c'era mica bisogno di altro

Gregor Von Rezzori, La morte di mio fratello Abele, Studio Tesi, Pordenone 1988 (traduzione di Andrea Landolfi)
«Che gli è venuto in mente allo sviluppo storico di darsi ancora da fare [...] non poteva andarsene e rivolgersi su qualche altra zona ancora non pervenuta a piena fioritura?»

Quanto segue è una serie di pensieri scollegati, scaturiti dalla lettura della pagina sopra (cliccate per ingrandire) ché stasera non ho filo (né ago) per collegare. Vada come vada, voilà.
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In questo momento, da qualche parte nel mondo, molte persone, non molte considerando il computo complessivo del genere umano, stanno bene. Alcune di esse, a onor del merito, si pongono la domanda del perché loro stanno bene e altri, invece, no e cercano, eziandio, delle risposte e persino dei rimedi a questa stortura.
Un signorotto di provincia, con degli occhiali dalle lenti color diarrea e l'orologio dalla tinta che fa pendant, che indossa, altresì, una specie di sciarpino con nodo scorsoio (ascot per impiccagione elegante), promette che l'un per cento dell'utile del suo gruppo aziendale sarà destinato alla solidarietà. “Cazzo”, disse la marchesa, imburrandosi panino e retto. Comunque, meglio che niente, marito vecchio e la moglie ubriaca (e la botte scema).
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Liberandoci la mente dalle fandonie dell'Eden, chi può mai aver avuto (o può avere) la presunzione e la sicumera di affermare, nell'hic et nunc della vita presente, che la storia avrebbe potuto (potrebbe) anche fermarsi, ché il meglio da raggiungere era (è) raggiunto, ché più di così non si poteva (o può) andare avanti, meglio bloccare il tempo e quindi la stessa storia? 
Coloro che stavano bene, coloro che stanno bene. 
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È vero: quello che ha visto Piero della Francesca e come lo ha reso pittoricamente è uno di quei prodotti della civiltà che stanno lì fermi, come punti di approdo, come esempi di perfezione quasi raggiunta (e se ti metti in un giorno terso a guardare da Anghiari la strada e la piana che conducono verso Borgo San Sepolcro arrivi anche - in parte - a capire perché). Ma Piero è un punto (e tanti altri che, come lui, nello scibile umano hanno significato qualcosa, nelle arti e nelle scienze, nel lavoro e nella benevolenza, eccetera) che, nella fila dei punti che compongono la storia umana, può essere considerato, in un immaginario pallottoliere che segna i miliardi di morti del “delicato pranzetto della natura”, un numero intero - ma esistono e contano anche i decimali, i centesimi, i millesimi eccetera di vite che sfamano l'insaziabile.
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Discorso complicato, mi perdo e dunque mi fermo.
Arrivo a un punto in cui tutto il ragionamento, mescolato a una leggera stanchezza, produce una sorta di allucinazione controllata a stento. Urge uscire a prendere una fredda carezza di sera. Il prato offre un soffice tappeto di margherite chiuse. 
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Per fare dell'Europa una Disneyland della storia dell'arte manca uno come Walt?
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«Un'Olanda in cui, dopo Vermeer, l'uso del pennello è punito con il taglio della mano destra».
Per esteso: un'Italia in cui, dopo Berlusconi, l'uso della televisione a fini politici è punito con il taglio di un coglione, quello sinistro.

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