lunedì 29 luglio 2013

La disfatta dei debitori.

Al Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana, onorevole Enrico Letta, di ritorno da Atene 
«La lotta delle classi nel mondo antico, per esempio, si muove principalmente nella forma di una lotta fra creditore e debitore, e in Roma finisce con la disfatta del debitore plebeo, che viene sostituito dallo schiavo. Nel Medioevo la lotta finisce con la disfatta del debitore feudale, che ci rimette, con la base economica, la sua potenza politica.»*
Ai nostri giorni, nelle nazioni democratiche, una delle principali modalità di lotta delle classi, ossia la lotta che la classe dominante ha intrapreso per conservare e, vieppiù, aumentare il suo potere di controllo degli stati  - e, tramite questi, sui popoli - si compie per mezzo del debito sovrano.
Da un lato abbiamo la divinità dei mercati, creditrice degli stati, alla quale i sacerdoti delle pubbliche autorità devono sottomettersi affinché essa non rifiuti di comprare nuove emissioni di titoli - e per ottenere ciò, i politici offrono ripetuti sacrifici umani che sono chiamati, eufemisticamente, riforme (per inciso: i politici sotto ricatto del debito pubblico mi sembrano dei piccoli Montezuma che tentano di compiacere l'invasore meravigliato, Cortès); dall'altro lato abbiamo il popolo sacrificato, che, a poco a poco, perde molti dei diritti sociali conquistati nel corso di un secolo, perché sono i mercati a chiedere sacrifici, pardon, le riforme.

*Karl Marx, Il Capitale, Libro Primo, Capitolo 3, Il denaro ossia la circolazione delle merci 

(Paragrafo 3, Il denaro, b) Mezzo di pagamento). 
Dato il capitolo e il paragrafo da cui è estratta, sembrerebbe arbitraria la mia estrapolazione e il mio andare per la tangente. Forse è così; tuttavia, è Marx stesso che, proprio prima da quanto me estratto, “provoca” l'azzardo, giacché
«gli stessi caratteri [del creditore e del debitore] possono presentarsi anche in maniera indipendente dalla circolazione delle merci».

2 commenti:

Davide ha detto...

«Viepiú», «viepiú»! Non genera RF l’avverbio «vie»!

(Noia alla crusca. È il caldo che mi dà alla testa.)

Luca Massaro ha detto...

Accolgo volentieri il rilievo, ma - senza alcuna protervia - lascio la forma meno corretta promettendo di non usarla più.