sabato 30 novembre 2013

Cerco sostantivi

Talvolta, nel flusso di parole che mi attraversano, cerco sostantivi che, come proteine, informino la mia vita che passa: è per questo che sono così magro intellettualmente (e non solo)?
Talaltra, di contro, mi chiedo, delle parole che esprimo chissà quali e quante restituiscono la sostanza di quel che sono – ma questa è una preoccupazione? No.
Parlando, scrivendo, ho come l'impressione di cuocere me stesso, di girarmi arrosto, di stufarmi. E se mi stufo, parlo di me a crudo, sapendo che parlare senza la finzione della cottura offre subito se stessi ai denti altrui che croccano la mia testa di rapa.
Ho qui del sale, in caso di insipienza.
Parlare come estensione del corpo. Io amo molto le parole specchio che riflettono le mie debolezze e viceversa. Viceversa che?

Oggi pomeriggio, dopo il bagno turco, asciugandomi, osservavo il mio pene penzolante e cercavo di interpretarlo, di comprenderne le ragioni. E, al contempo, mi chiedevo: ho la stessa attenzione, la stessa cura verso altre parti del mio corpo? No. E dunque: come può un uomo essere autenticamente democratico se già in se stesso, verso le parti del proprio corpo, transige ai principi sanciti dalla Costituzione, privilegiando una parte e trascurando il resto? Poveri stinchi, poveri gomiti, poveri lobi cosa avete voi in meno del batacchio mogio mogio che invoca diuturnamente carezze, parole e immagini come un tribuno invoca il popolo? 
Ad avere un dittatore in pugno non bastano i colpi di mano. Bisogna farlo fuori o esiliarlo.
A dar retta alla Chiesa Cattolica, io avrei scelto la via di Colono.


venerdì 29 novembre 2013

Soffioni

«Se De Gaulle se ne andasse domani, cosa succederebbe? Certo la sinistra non è organizzata. Ma - è proprio questo il suo dramma - non lo è mai. È sempre sorpresa. C'è un vecchio detto: se quelli di sinistra non si mettono d'accordo davanti al muro della prigione, si mettono d'accordo quando ci sono dentro».
Jean-Paul Sartre, Intervista a L'Express, n. 499 del 4 gennaio 1961, in Il filosofo e la politica, Editori Riuniti, Roma 1970.

Non c'è più De Gaulle, non c'è più la prigione e non c'è più la sinistra. Ci sono tre soggetti che stasera in tv rispondono a domande seguendo le modalità di un gioco a premi, senza il pulsante per prenotare la risposta. Sono bravi, spiritosi, nessuno s'impappina. Sembra si siano preparate le risposte a memoria. Ma quello che dicono, ciò che disseminano resta a mezz'aria, sospeso, vagante, come gli acheni che i soffioni paracadutano a primavera. Quante menti risulteranno ingravidate dalle loro proposte politiche, sì da convincerle a votarli alle primarie, non saprei dire. So che la mia, dopo l'ultima volta, è diventata sterile, tanto che possono tranquillamente continuare con il loro bukkake.  

giovedì 28 novembre 2013

El purtava il giubbott antiproiettile



Thomas Bernhard, L'imitatore di voci, Adelphi, Milano 1987 (traduzione di Eugenio Bernardi)

In testa el non abbisognava di casco avendo già l'elmetto di asfalto.

P.S.
Chiedo venia ai milanesi se ho tradotto a cazzo male giubbotto.

mercoledì 27 novembre 2013

Il nero snellisce

Io, di solito, gli eventi storici preferisco viverli in differita. È per questo che sono stato - anche facilmente, devo dire - lontano dai canali di informazione in diretta che comunicavano della faccenda.
Ero tranquillo: dopo il lavoro, la coop, spesa calma; e poi il fornaio, ancor più con calma, dato che mi ha fatto assaggiare il panettone appena sfornato (com'era buono). 
Erano le cinque e mezzo, era buio, fiocchi di neve portati dal vento. Il traffico scarso, la strada in salita, ho acceso la radio e subito spenta. Succeda quel che deve succedere, meglio guidare tranquilli.
Poi sono arrivato a casa che non c'era nemmeno la connessione. Oggi, infatti, è avvenuta la migrazione da Telecom a Fastweb, ho dovuto quindi togliere il modem dell'una e installare quello dell'altra compagnia telefonica. Tutto ok, il collegamento è andato a buon fine. 
Ecco, è il momento: mi sono accomodato davanti al pc, l'ho acceso e, in attesa del caricamento, mi sono tolto il maglione di lana. Beh, quando mi sono accorto che, da stamani dopo la doccia, indosso una maglietta di cotone nera, ho pensato che questo non può essere un caso, che da un punto di vista psicopatologico un po' prefica lo sono anch'io. Per fortuna, la mia è una semplice maglietta, e non un lupetto.

via

Evangelii odium


«Lenin era un grande conoscitore e ammiratore di Clausewitz […] Ciò che Lenin poteva apprendere da Clausewitz, e imparò fino in fondo, non è soltanto la famosa formula della guerra come continuazione della politica. È anche quell'altra nozione riguardante il modo di distinguere l'amico dal nemico e che questo è la cosa più importante perché definisce non solo il tipo di guerra ma anche il tipo di politica. Solo la guerra rivoluzionaria è, per Lenin, la guerra vera perché si fonda sulla inimicizia assoluta. Tutto il resto è gioco convenzionale» […]
«La guerra dell'inimicizia assoluta non conosce alcuna limitazione. Essa trova la sua giustificazione e il suo senso proprio in questa volontà di arrivare alle estreme conseguenze. La sola questione che resta è dunque questa: esiste un nemico assoluto, e chi è in concreto? Per Lenin la risposta era immediata, e la sua superiorità su tutti gli altri socialisti e marxisti deriva proprio dall'aver preso sul serio il concetto di inimicizia totale. Il suo nemico assoluto, vero, era l'avversario di classe, il borghese, il capitalista occidentale e il di lui ordine sociale di ogni paese ove esso fosse al potere. Sapere chi era il proprio nemico fu il segreto dell'eccezionale forza d'urto di Lenin. Per questo capì così bene il partigiano. Questi, nel mondo moderno, era diventato il vero irregolare e perciò stesso la più forte negazione dell'ordine capitalistico esistente: egli era chiamato a realizzare l'inimicizia reale».
Carl Schmitt, Teoria del partigiano, (Berlino 1963), Il Saggiatore, Milano 1981, pag. 39-41 (traduzione di Antonio De Martinis).

Mi sono imbattuto nella saga familiare del patron dell'Esselunga.

Uno sputtanamento così franco non può non suscitare simpatia – e quindi: un plauso allo sfogo di Caprotti che ha rotto gli argini del canone borghese famiglia-panni sporchi. Anche i ricchi piangono.

Nondimeno, va rilevato, le faide familiari provocate da questioni di soldi capitano anche in famiglie dai capitali ben più miseri. Quindi, scandalizzarsi e fare il moralista sostenendo che il denaro è lo sterco del diavolo è un compito che lasciamo volentieri nelle mani del Papa.

Già, oggi è stata pubblicata l'esortazione evangelica papale, nella quale, tra le varie cose, viene anche detto qualcosa di condivisibile:
« Parlando delle sfide del mondo contemporaneo, il Papa denuncia l’attuale sistema economico: “è ingiusto alla radice”. “Questa economia uccide” perché prevale la “legge del più forte”. L’attuale cultura dello “scarto” ha creato “qualcosa di nuovo”: “gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’”. Viviamo “una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale” di un “mercato divinizzato” dove regnano “speculazione finanziaria”, “corruzione ramificata”, “evasione fiscale egoista”. »
Bene, bravo, bis. E poi? E ora che si fa? Si prega? S'invoca il gaudio evangelico e l'amore del prossimo sperando che i ricchi si convertano tutti e lascino i loro averi non ai figli, ma alla Chiesa, ché poi ci penserà Lei a fare del bene agli esclusi?

No. Se un sistema economico è ingiusto alla radice, esso va combattuto alla radice. E limitarsi alla denuncia dei suoi vizi, senza indagare le cause che li pongono in essere, non impedisce al sistema di continuare a essere vizioso.

Per quanto riguarda l'economia, credere che le responsabilità siano individuali è roba da catechisti ingenui. Non è colpa dell'avidità degli individui che il capitalismo è ingiusto alla radice. Prendiamo Caprotti: non sarà uno stinco di santo (ha pure divorziato!), però, corbezzoli, quanta beneficenza. E questo grazie ai suoi 62 anni di lavoro... lui sì che si è meritato la fortuna che ha avuto.

62 anni di lavoro: ha lavorato più di un Papa.

Bene, è sicuro che nessun altro dipendente di Esselunga abbia lavorato altrettanto tempo. Però due sì, anche di più, ma questo è un dettaglio. Non è un dettaglio, invece, che due o duecento o duemila persone che hanno lavorato poniamo 35 anni (a essere ottimisti) per 40 ore a settimana (altro ottimismo), ferie comprese, non siano riuscite minimamente a eguagliare l'intero quantitativo di capitale di un solo uomo, ad esempio Caprotti. Perché? 
Perché lui è più bravo? Ma mettiti, evangelicamente, una pietra al collo.
Perché l'uno è proprietario dei mezzi di produzione, ecco tutto, e gli altri no. Gli altri hanno venduto a prezzo di mercato la loro forza lavoro.
E quindi non potranno essere né troppo cattivi (litigare coi propri figli!) né troppo buoni (fare tutto quel bendiddio di carità).
Tutt'al più, potranno istigare alla prostituzione le proprie figlie e, come beneficenza, inviare un sms di 2 euro per le Filippine.

Per concludere, riallacciandomi al brano sopra riportato: se si vuole realmente combattere l'ingiustizia che fonda l'attuale sistema economico, occorre iniziare a prendere sul serio il concetto di inimicizia totale. È probabile che solo ritrovando un sano odio di classe - scevro da ogni dialettica del risentimento - si riesca a muovere una efficace lotta politica. Al momento, però, prevale ancora l'emulazione (con poco ricambio: dato un Caprotti, si ottengono i Caprotti figli), il servilismo, il fatalismo impotente. 

lunedì 25 novembre 2013

Totem e Dudù


«[Ne]gli ordinamenti giuridici primitivi [nulla] contrasta con un primitivo senso di giustizia dirigere la sanzione non solo contro [il colpevole], ma anche contro i suoi congiunti, contro tutti gli appartenenti alla sua famiglia o alla sua tribù: in altre parole, contro i membri del gruppo circoscritto al quale [il colpevole] appartiene. Non solo è responsabile chi effettivamente ha commesso l'illecito, ma anche altri lo sono. Persino nella Bibbia è considerato ovvio che, per i peccati del padre, siano puniti i figli e i loro figli. La cerchia dei responsabili è determinata dall'appartenenza a un dato gruppo sociale, alla stessa comunità giuridica. È questo il principio della responsabilità collettiva.
Questo principio può essere ricondotto al fatto che, secondo la concezione primitiva, esiste uno stretto legame tra l'individuo e gli altri membri del suo gruppo. L'uomo primitivo identifica l'individuo con il suo gruppo, con tutti gli altri membri di esso. Egli non considera se stesso come individuo autosufficiente, distinto e indipendente dal suo gruppo, ma come parte integrante di esso. È ovvio per lui che ciascun membro del gruppo sia responsabile per tutti gli altri membri. Come il gesto eroico di un membro del gruppo sollecita soddisfazione e apprezzamento da tutti gli altri, così è anche ritenuto giusto che l'illecito di un membro del gruppo sia vendicato su tutti gli altri membri. La responsabilità collettiva è un tipico elemento di uno stato di giustizia nel quale ancora sussiste il principio dell'autodifesa. La vendetta di sangue, tipica forma di autodifesa, non è affatto diretta contro la sola persona che ha commesso l'atto da vendicare, bensì contro l'intera famiglia. Si tratta della reazione di un gruppo contro un altro gruppo».
Hans Kelsen, La teoria politica del bolscevismo, Il Saggiatore, Milano 1981 (traduzione a cura di Riccardo Guastini, pag. 113-114).

In attesa del giorno del ringraziamento

John Currin, Thanksgiving
Tanto, finché non sarà servito, su un piatto da portata, io non m'azzardo a dire che sapore abbiano le sue carni flaccide.
Spero soltanto che questi continui colpi di coda - con lo spiumare mediatico che ne consegue - siano presaghi del suo tiramento del collo e, a seguire, del suo spennamento definitivo. Ho proprio voglia di aggiungere un giorno di celebrazione al nostro calendario.

domenica 24 novembre 2013

Siate astuti come Svizzeri

In un primo momento ho pensato: «Ma guarda quanto sono scemi gli svizzeri». Poi, in un secondo momento, invece, ho pensato: «Perché devono essere più scemi di altri?».
È chiaro che l'iniziativa referendaria che proponeva di limitare gli stipendi ai dirigenti d'azienda non ha trovato consenso perché la maggioranza dei votanti ha temuto che, ciò avallando, i supermanager delle supermultinazionali, che hanno sede in Svizzera, avrebbero fatto di tutto per spostare società e capitali altrove (la manodopera meno, è già delocalizzata).
Quindi gli svizzeri non sono scemi. Nessun popolo preso a sé è scemo. Scemi siamo tutti noi terrestri che, se ci fosse un analogo referendum a livello globale (cosa impossibile allo stato, ne convengo, ipotizzo), temo che voteremmo tutti come gli svizzeri oggi hanno votato, perché l'ideologia dominante è talmente conficcata nelle nostre menti che non riusciamo a immaginare un sistema economico e produttivo diverso da quello attuale. Basta guardare noi coglioni europei, dalla caduta del muro di Berlino in poi: dall'Europa che era una promessa per i popoli, a un'Europa che una realtà sicura per i capitali. 

A parte, ma non troppo.
Oggi Olympe de Gouges ha scritto delle divagazioni sulle quali è bene non divagare.

sabato 23 novembre 2013

In modo composto e affettuoso

L'onorevole Antonio Palmieri, responsabile internet di Forzasilvio, mi comunica:
Luca,
parlando ai giovani di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha detto con chiarezza che non si farà intimidire dal golpe in atto per estrometterlo dalla scena politica, calpestando la verità, le leggi, la Costituzione, il regolamento del Senato.
Berlusconi non è solo. Lo dimostreremo mercoledì prossimo. A partire dalle 14, ci troveremo davanti alla sua abitazione romana, in Via del Plebiscito, per testimoniargli la nostra vicinanza. 
Dopo venti anni di caccia all'uomo giudiziaria senza precedenti nelle democrazie occidentali, il Senato si avvia a compiere l'omicidio politico del leader del centrodestra italiano.
Non possiamo essere indifferenti di fronte a questo atto, vogliamo abbandondare Berlusconi. Gli dimostreremo che siamo con lui in modo composto e affettuoso. Sarebbe bello che tutti coloro che dicono di provare affetto per Berlusconi fossero con noi il 27 novembre. 
Noi, sicuramente ci saremo. Da lunedì attiveremo anche forme visibili di manifestazione online, per far sentire al presidente Berlusconi anche con questa modalità il calore e il sostegno del suo popolo e di tutti gli italiani che non sono accecati dall'odio e dal pregiudizio.
Grazie per quello che farai.
Vediamo un po' cosa posso fare. 
Un raffronto, non tra due personaggi ultra settantenni diversamente pregiudicati, ma tra i giovani che vanno a trovarli, che gli stanno vicino «in modo composto e affettuoso».

via La Stampa


Beh, è indubbio che la prima, la bruna, è andata a trovarlo in carcere. La seconda, la bionda, più i giovani composti e affettuosi del pubblico, no.

Pubblicità & Progresso

La tecnologia fa passi da gigante.
Da notare, inoltre, come per il prodotto sia stato adottato un nome italiano. Che sia un segno della imminente crescita?



P.S.
Omini, quante volte vi s'è ammosciato prima di trovare il verso?

UPDATE
È la prima volta che mi sparisce senza un perché il video che ho condiviso - e ho ri-condiviso.

giovedì 21 novembre 2013

Riduzione all'assurdo

«Una quota di controllo di Sace e Grandi Stazioni, poi quote non di maggioranza di Enav, Stm, Fincantieri, Cdp Reti, il gasdotto Tag. Sono queste le società per le quali si è previsto un pacchetto di privatizzazioni in rampa di lancio nei prossimi giorni. Letta ha anche annunciato il via libera all'operazione di cessione di un pacchetto del 3% di Eni, affiancato a un buyback del Cane a Sei zampe che non farà scendere lo Stato sotto il 30% del capitale, la famosa soglia d'Opa. In pratica, con il riacquisto di titoli azionari la partecipazione del Tesoro, a dire il vero in mano principalmente al Cdp, crescerebbe al 33%; proprio di quel 3% aggiuntivo si avvia la dismissione e Saccomanni ha spiegato che dovrebbe valere 2 miliardi. Il titolare delle Finanze ha aggiunto che sul mercato andranno una quota del 60% di Sace e Grandi Stazioni. Per Enav e Fincantieri si tratta del 40%, mentre "nel complesso delle privatizzazioni che riguarderanno le reti in mano alla Cdp saremo nell'ordine del 50%". "Da queste operazioni - ha aggiunto Letta - dovrebbero entrare tra i 10 e 12 miliardi di euro, di cui la metà vanno a riduzione del debito nel 2014 e l'altra parte a ricapitalizzazione della Cdp".» [via]
Brevissimo dizionario enciclopedico delle cose da privatizzare:

1) SACE (Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione: che cazzovordì? Wikiwiki quarcosa fa capì. Certo, che soddisfazione far il consigliere di tal società, tipo Leone Pattofatto, tutta gente che porcampestaladra sì che l'ha capito come si fa a vivere).
2) Grandi Stazioni (questa è roba che si capisce meglio).
3) Enav (società che controlla i servizi del traffico aereo).
4) Stm. Oh, eccoci a qualcosa di sostanzioso: «È uno dei più grandi produttori mondiali di componenti elettronici, usati soprattutto nell'elettronica di consumo, nell'auto, nelle periferiche per computer, nella telefonia cellulare e nel settore cosiddetto "industriale". Il transponder del Telepass, da tenere sul cruscotto dell'auto, è prodotto dalla ST, così come i sensori di movimento presenti in Wii, iPad e iPhone. È presente principalmente in Italia (tramite la consociata STMicroelectronics srl) ad Agrate Brianza, Cornaredo (Castelletto), Marcianise Caserta, Catania e Arzano, e all'estero in Francia, Malta, Stati Uniti, Cina, Marocco, Singapore e Malesia. È oggi guidata da Carlo Bozotti, Presidente e Chief Executive Officer, dopo che Pasquale Pistorio, a cui tanto si deve per lo sviluppo dell'azienda, e il cui mandato è terminato il 18 marzo 2005, ha assunto la carica di Presidente Onorario. Alain Dutheil ne è invece il chief operating officer e Vice Presidente del Corporate Executive Committee. Gli importanti impianti manifatturieri e laboratori di ricerca e sviluppo che la ST ha a Catania sono il nucleo principale della cosiddetta Etna Valley.»). Una delle poche industrie “quasi” italiane (metà è dei francesi) che produce componenti fondamentali per prodotti d'avanguardia. Bene, se vendono qualcosa del loro 50% magari a società estere, col cazzo che verrà mantenuta la produzione in Italia, lo capisce anche una testadicazzo questa cosa, vero Saccomavvattenealetta?
5) Fincantieri, uno dei più importanti complessi cantieristici navali d'Europa e del mondo.
6) Cdp Reti. Credo sia qualcosa legato alla Rete di Trasmissione Nazionale (trasmissione di che? trasmissione elettrica? e cioè: vendere la quota che Cassa Depositi e Prestiti ha di Terna? Terna, ricordiamolo, è il primo operatore indipendente (?) in Europa e sesto al mondo per chilometri di linee elettriche - d'alta tensione - gestite).
7) il gasdotto Tag: «Il 10 giugno 2011 ENI cede l'89% delle azioni detenute in Trans Austria Gasleitung GmbH a Cassa Depositi e Prestiti per un totale di prezzo pari a 483 milioni di euro, oltre al rimborso di un finanziamento soci erogato da Eni alla società pari a circa 192 milioni di euro. La partecipazione è detenuta attraverso il veicolo CDP Gas S.r.l. (100% CDP)». Cioè: l'Eni, società controllata dal governo italiano, aveva l'89% di Tag e l'ha venduto a Cdp: che cazzo d'intrecci che fanno e chissà quanto prendono quei porconi sudici rottinculo che fanno da intermediari di queste operazioni, vagonate di milioni di euro, no?
8) Il 3% di Eni: anche qui occorre leggere attentamente, perché i cazzi volano talmente ad altezza del buco del culo degli italiani, che c'è più soddisfazione sapere perché e come si prendono, per vedere se canoscenza implicasse godimento:
ROMA/MILANO (Reuters) - «Eni dovrà ricomprare azioni proprie sul mercato a ridosso del massimo consentito del 10% per consentire al Tesoro di cedere il 3% annunciato oggi dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, senza che lo Stato scenda sotto la soglia strategica del 30%.
L'operazione, spiegata a Reuters da due fonti vicine al dossier, comporta che Eni spenda circa 6 miliardi.
"Eni deve fare un buyback e poi annullare le azioni. A quel punto Tesoro e Cdp si troveranno con quote gonfiate [in termini percentuali]. Questo permetterà al Tesoro di cedere sul mercato una parte della sua quota gonfiata incassando 2 miliardi", spiega una delle fonti.
La seconda fonte conferma che "il buyback sarà del 10%".
Oggi il ministero dell'Economia possiede direttamente il 4,34% di Eni. La Cassa depositi e prestiti, partecipata all'80% dal Tesoro e al 18% dalle Fondazioni di origine bancaria, ha il 25,76%. La quota pubblica ammonta quindi al 30,1%.
Eni quota in Borsa 17,9 euro ad azione. Ai valori correnti è sufficiente un buyback di poco inferiore al 9% per garantire il successo dell'operazione.
Il cane a sei zampe ha già lo 0,31% di azioni proprie. Per soddisfare il Tesoro deve comprare sul mercato un altro 8,85% del capitale (323 milioni di azioni circa) per poi annullare l'intero pacchetto del 9,2%.
A quel punto la quota diretta del Tesoro salirebbe al 4,77%, la quota della Cdp al 28,37%, per un totale in mano pubblica pari al 33,14%.
Il Tesoro potrebbe quindi vendere l'annunciato 3% di Eni restando comunque con una quota diretta dell'1,77%. Considerando la quota della Cdp, alla fine lo Stato avrebbe comunque il 30,1% della società.  Eni può operare da subito. Il cda ha già la delega dell'assemblea per comprare fino a 363 milioni di azioni, il 10% dell'intero capitale.»
Il buyback dev'essere più eccitante di una pratica sessuale.
Italia: «Sì, caro Enrico, buybackami tutta, prima di dismettermi»

Il governo insomma intende privare gli italiani di roba che appartiene loro. Se ne priva - ne ha facoltà per quella triste storia che la nostra è una democrazia rappresentativa e i governanti sono legittimati democraticamente dai parlamentari eletti da noialtri cittadini - per raccogliere, Letta-Saccomanni sperano, 12 miliardi di euro che saranno utilizzati, metà per fare cassa, e metà per ridurre il debito pubblico


Il debito pubblico, nel 2012, è stato pari a 1.989.432 milioni di euro, cioè:
1.989,432 miliardi di euro.
Dunque, sottraendo 6 miliardi a tale cifra, si otterrà:
1.989,426 miliardi di euro.

Una bella riduzione. Una bella riduzione. Una bella riduzione.
L'ho scritto tre volte, ché ci faccio il brodo.

mercoledì 20 novembre 2013

Quante diagonali partono da ogni vertice?

governo.it

Lavoro, occupazione, crescita. Crescita, occupazione, lavoro. Il dramma della disoccupazione giovanile. La priorità è “creare” lavoro per i giovani, sì da dare sollievo alle famiglie. «L'obiettivo dei nostri governi, del presidente Hollande e mio personale è che vinca l'Europa dei popoli e non dei populismi» (cit. più o meno) - togli il pop restano gli oli e gli ulismi, roba unta, appiccicosa. 
Non sanno di cosa parlano, mera gestione dell'esistente; e in Italia “esistente” tragicomico rispetto alla quasi banalità civile della Francia, ma è, per entrambe le classi dirigenti, un esistente che garantisce a loro e ai loro referenti di restare bene ancorati al potere. A contare balle. A slanciarsi in solenni proclami melodico-pop.

Oh, quanto vorrebbero, Hollande e Letta, che l'Europa crescesse come, non dico la Cina – non osano manco pensarlo – ma come il Giappone o, almeno, come gli Usa. Lavoro, lavoro, lavoro, occupazione: meglio lavorare e campare coi risparmi delle famiglie o lavorare e campare con la beneficienza deicolleghi?

Infine, il tunnel in val Susa si farà perché lo vuole Europa, ché all'Europa piacciono i buchi (ma non di bilancio).

P.S.
Un giornalista francese ha chiesto a Hollande informazioni circa la riforma fiscale che il governo Ayrault ha annunciato di fare. Il presidente de la République ha risposto che, per tale riforma, che è stata una delle sue promesse in campagna elettorale, ci vorrà del tempo, forse l'intera durata quinquennale del suo incarico. Egli ha aggiunto, infine, che la riforma fiscale avrà tre obiettivi:

"un objectif de simplification, un objectif de clarification et un objectif de justice".


Peccato che a Letta non sia balenato di chiedere a Hollande, in caso di nuovo sistema fiscale francese, di farsi dare il vecchio modello per l'Italia, così, tanto per imparare.

martedì 19 novembre 2013

Nature vs. Nurture


Sardegna, disastri naturali
Beirut, disastri umani
Give me a dozen healthy infants, well-formed, and my own specified world to bring them up in and I'll guarantee to take any one at random and train him to become any type of specialist I might select – doctor, lawyer, artist, merchant-chief and, yes, even beggar-man and thief, regardless of his talents, penchants, tendencies, abilities, vocations, and race of his ancestors.”  John B. Watson

A me invece datemi una dozzina di pianeti da plasmare e, prima ancora, i poteri - che si presume un Creatore divino abbia - per plasmarli e vi farò vedere come avrei invertito due necessità: un ciclone a Beirut che investiva le auto dei due attentatori suicidi, e in Sardegna un fuocherello analogo a quello sopra di Beirut, appiccato diligentemente da un pastore per bruciare le sterpaglie.

Almeno il mio mondo sì che sarebbe stato non dico perfetto, ma migliore.

lunedì 18 novembre 2013

Berlusconi alla giudia

Non la faccio troppo lunga perché c'è dietro tutta la storia che riguarda il rapporto che ho con il mio fisico e della quale a poco a poco centellino pagine diaristiche per un fine terapeutico di completa accettazione e liberazione della mia quiddità. E quindi, agevolmente, posso dire come fosse una cosa normale, che io da un po' di tempo, diciamo un anno per fare conto pari, soglio senza particolari esitazioni, dopo la seduta in palestra, fare la doccia - se càpita di necessità perché il momento lo impone -, fare la doccia con altri avventori pari sesso.
Sorvolo sulle titubanze mie iniziali, sui miei tentativi di nascondimento, ma cosa cazzo vuoi nascondere mi dicevo sotto baffi, un cazzo? No, quello va tranquillo, sia come sia per ora è. E quindi via libero, uccello all'aria come abbisogna, pensare solo a lavarsi velocemente senza buttare occhiate indiscrete per non dare adito a equivoci sulla mia tranquilla eterosessualità.

E insomma oggi, lunedì, nelle due ore di buco tra le quattro ore di mattina e le due di pomeriggio di lavoro, sono andato in palestra, ho fatto la mia scheda, addominali compresi e, alla fine, tutto sudato, mi sono recato negli spogliatoi per farmi la doccia, rivestirmi e, quindi, riprendere servizio.

Il punto è che oggi, nello stesso momento in cui mi stavo spogliando, entrava in doccia un simpatico avventore che più o meno avrà una cinquantina d'anni, un costolone tatuato di un cento chili (lo ha detto lui prima il suo peso, dicendo altresì che il suo nonno, a cento chili, li sgozzava, i maiali: «Meno male l'è morto, sennò...»), un tipo simpaticamente losco che da giovane, mi pare di avergli sentito dire, faceva il buttafuori e/o la guardia del corpo. Insomma, io ero già in mutande e lui già dentro che fischietteva (tipico) sotto lo scorrere dell'acqua. Che faccio? Aspetto? Non posso, è tardi, devo rientrare al lavoro e poi mi ha visto che mi stavo spogliando, penserà che ho timore a fare la doccia con lui e già mi prende per il culo abbastanza perché son magro e che per crescere mi devo drogare - di creatina e amminoacidi in polvere (li ho presi per curiosità quest'ultimi un paio di settimane, ma mi hanno fatto venire la diarrea).

Vabbè, prendo accappatoio e sapone liquido e m'avvio baldanzoso; entro e il tipo, tutto insaponato con la saponetta classica, mentre io apro la mia doccia, dice: «Come lava il sapone degli ebrei». Lì per lì non afferro, poi, per evitare di rispondere a una battutaccia nazistoide, colgo l'occasione per chiedergli:
«L'hai visto ieri Berlusconi a cena al ristorante ebraico di Roma?».
«Non ho la televisione».
«Cioè, l'hai sentito, visto che ho appreso tal notizia dalla radio. È andato a mangiare e a chiedere scusa di quella frase del cazzo che lui e i figli vivrebbero in Italia come gli ebrei al tempo di Hitler. Che faccia di merda. Speriamo l'abbiano purgato coi carciofi alla giudia».
«Che vuoi purgare – esclama -, tanto Berlusconi oramai è un uomo finito».
«In che senso, “finito”? Dici della scissione, della decadenza? Finito in senso politico?»
«Macché politico, fisico. Berlusconi è un uomo malato. Con tutto quello che ha avuto e che forse ha, se fosse stato un operaio, o un impiegato, o mia zia, era bell'e morto. O, se gli andava bene, era in dialisi. Hai mai visto uno di quei livelli di potere in dialisi? Ma ora, dopo vent'anni di trasfusioni...»
«Trasfusioni?»
«Sì, trasfusioni. Non lo sapevi che Berlusconi è da un po' che ogni tot va in Svizzera a farsi cambiare il sangue?».
«No, non lo sapevo. Sapevo che, anni fa, ebbe un cancro alla prostata dal quale guarì».
«Ma come pensi sia guarito? Anche e soprattutto grazie alle trasfusioni».
«Ah, sì, beh, boh, se lo dici, forse, può essere, non so dirti nulla in proposito».
«E te lo dico io, appunto, è così, vai tranquillo. Solo che, dopo vent'anni, il suo fisico non ne può più. Tra poco, vedrai, una mattina non si alzerà più dal letto.»
«Chi? Lui o il cane?».
«Lui, lui. Va' tranquillo».

Fuori dalla doccia, mentre ci asciughiamo e ci rivestiamo, egli prosegue il suo discorso sui benefici e suoi costi (esorbitanti) della trasfusione totale. Il rumore del phono attutisce la sua loquacità (è un tipo che quando attacca discorso non la finisce più, e poi è un tuttologo, esperto in un sacco di cose, forse anche di Wittgenstein).

Stasera, tuttavia, non ho potuto fare a meno di googluare i termini «Berlusconi-trasfusione». Non è che sia saltato molto fuori, tranne qualche diceria non so quanto consistente.
Una volta, le dicerie, erano la pratica consueta per dare il via alla persecuzione degli ebrei (e delle streghe). Vuoi vedere che Berlusconi troverà modo di convincere Elie Wiesel di non aver detto una cazzata imperdonabile?

domenica 17 novembre 2013

Pensavo fosse una Fiat

e invece era un calesse.

Chissà se e quando Fiat proporrà all'attenzione del mercato un modello simile a quello sopra pubblicizzato dalla Bmw, oggi sulle pagine dei principali quotidiani nazionali. Comunque, anche se a Torino-Detroit hanno in cantiere un modello di auto con motore elettrico (e qualcosa avranno in cantiere fosse pure, tramite Chrysler, per il mercato americano), fanno bene ad aspettare: il mercato europeo dell'auto è troppo maturo, come sostiene da anni Marchionne - anche se ho il sospetto che maturo non sia equivalente di saturo, bensì di maturità decisionale nell'acquisto di auto che non siano Fiat.

***

Oggi ho letto un libello di Luciano Gallino: La scomparsa dell'Italia industriale, Einaudi, Torino 2003. Sono trascorsi dieci anni e la speranza di ritrovarla è sempre meno probabile. Si è nascosta così bene. Secondo molti osservatori, l'autore in testa, essa ormai ha preso la via dell'estero:
«Il ciclo di cessioni a imprese estere, privatizzazioni e smembramenti di grandi gruppi [...] ha concorso ad avvicinare l'Italia allo stato di colonia industriale. Magari relativamente prospera, eppur colonia. Nelle colonie, com'è noto, sono i governatori, nell'interesse dei paesi che rappresentano, a stabilire in quale direzione deve procedere, o arrestarsi, l'economia locale. Non i dirigenti o i lavoratori di questa» (Ibidem, pag. 78).
Nel libro si legge del disfacimento dell'Olivetti; del rifiuto politico di partecipare al consorzio Airbus; della disastrata vicenda della chimica industriale italiana (Montacatini, Edison, Montedison); del rifiuto di utilizzare l'invenzione di Marconi  (1896); del ritardato ingresso in Italia della tv a colori rispetto a tutti i paesi industrializzati, ritardo di cui pagarono le conseguenze i produttori nazionali di televisori (dove sono finiti gli Autovox, i Brionvega, i Mivar, i Sinudyne, i Sèleco?); della cessione di aziende high-tech al vertice mondiale nei rispettivi settori di produzione, tipo la Nuova Pignone; dell'incredibile assenza in Italia di un produttore di cellulari e smartphone di un qualche rilievo; della vicenda Fiat, appunto.

Niente di nuovo sotto il sole, ma Gallino ha il merito di averle messe in fila le dismissioni industriali italiane. Dal 2003 possiamo aggiungere all'elenco Telecom, Alitalia - e la situazione dell'Ilva.

Il capitolo più inutile, purtroppo, è l'ultimo: “Quale riforme per una politica industriale”? Sinteticamente, la ragione di ciò è insita nel titolo. Infatti, dopo la disarmante lettura dei precedenti capitoli, lo sconforto e l'amarezza sono tali e tanti che a sentire la parola riforme, le reazioni sono due: una di tipo goebbelsiano («quando sento parlare di riforme metto mano alla pistola»), e una di tipo massariano («quando sento parlare di riforme mi metto una mano sulle palle»). 
Io, da tempo, le mani ce lo ho messe tutte e due.

Il vivo non è ancora morto

Sarei pronto a sottoscrivere per intero il post di Guido Vitiello - che ho letto qui nel suo blog oggi - se, dalle pagine del Foglio, dove l'articolo ha visto sua prima luce, egli, dopo questo passaggio
«Perché per l’imputato empirico – che vive nel tempo, invecchia e muore – l’andirivieni nel gioco dell’oca procedurale può significare anni di vita andati in malora (magari in cella), notti insonni, fortune dilapidate, amicizie spezzate, salute compromessa
avesse aggiunto: tranne che per l'imputato che Direttore e redazione del giornale che mi ospita considerano il loro “amore”. 
 
Per ora, almeno.

In autunno, alzare il volume



sabato 16 novembre 2013

Sabato suggo

Dubbi. Quando nella tranquilla ovvietà di un sabato novembrino che non offre sole, non offre pioggia, non offre vento, non offre un cazzo ma solo una platea di rincoglioniti che ascolta con fare compito il proprio adorato contapalle, sul cui verbo accorderanno ancora la loro voce chioccia, io cerco scampo nella linea del tempo che congiunge la mia presenza con la presenza umana, da quando questa fa notare la sua presenza più di altre specie animali su questo pianetuculo che probabilmente è l'inferno di un altro pianeta.
*
Ma i dubbi. Quali? Sulla vita. Impressioni che m'assalgono e sulle quali dormo benissimo, due guanciali. Cioè: cosa di concreto ho fatto e sto facendo io per migliorare nel mio piccolo il mondo per spingerlo nella direzione che vorrei, sempre ne abbia una in mente sulla quale dirigere la storia verso una regolarità analoga a quella che coinvolge tutti i terrestri nessuno escluso, 24 ore, 365 giorni, e via e via (inciso, forse c'è qualcuno che mi sa dire se la Terra, da quando gira su se stessa e intorno al sole, gira con questo ritmo?). Ecco: mi piacerebbe, in quanto terrestre a tutti i titoli, contribuire a dare all'umanità nel suo complesso una regolarità egalitaria riguardo allo svolgimento di ciascuna esistenza, non solo al punto A (partenza, via) e al punto B (arrivo e fine).

Far sì che tutto questo frullio intorno a sé e intorno al Sole serva a qualcosa, a comporre un'unitarietà, una parità di condizioni, una libertà dentro la ripetizione e una giustizia endemica, ritornante, che gira e gira e livella e affratella.

Ma io in questa vita che pensa più di quanto concretamente faccia, vita condannata all'inazione, o cosa volete che faccia, tirare una bomba su quel palcosceno, a cosa serve se non illombrichire prima del tempo qualcosa che è di suo composto nel mauseleo della storia, perché la storia gli ha dato uno spazio e una vergogna, così come a tanti, e meglio forse restare muti e inutili, anziché stronzi e figli di puttana (senza che le madri lo siano).

Ah, quanta impotenza dentro la mia vocazione a vivere. 

E se m'appigliassi alla fantasia per concedermi il potere di creare un mondo a propria immagine e somiglianza, ovvero per comporre una nuova narrazione in cui i protagonisti li dirigo secondo il mio volere di demiurgo? Meglio di no, non sono ispirato, né pagato per farlo.

Quindi taccio e lascio a malincuore la storia schiava della logica assurda; avendo avuto il privilegio (!) di nascere nel paese della commedia dell'arte, tutto si svolge secondo i piani: vincerà il sopruso, la stupidità, la cattiveria e la dimenticanza: l'amaro in bocca lo tolgo con un spicchio di clementino - e suggo.

venerdì 15 novembre 2013

L'Anima Sòla

Oggi, l'inquinamento musicale mi ha discaricato into orecchia L'anima vola di Elisa. 
Sono i momenti in cui vorrei non essere italofono, fonare il fiammingo e intonare Lucky Manuelo.

Non sono le canzoni peggiori a provocarmi le peggiori irritazioni. Per esempio, se subisco i Modà, mi basta un vaffanculo secco e puf, svaniscono nuvole e fragole.
L'anima vola è una hit più snob, Elisa è una brava interprete (applausi) e il testo è sicuramente più meditato. O almeno: si presuppone che la cantautrice abbia lavorato con più perizia sul testo - e sai le lodi che avrà nuovamente ricevuto (le ha ricevute? Boh, non leggo i più i Bertoncelli, tranne il Madeddu).

Vabbè, il problema è che se sento cantare

«Se mi guardi negli occhi
cercami il cuore»

io divento scurrile. E se, di seguito, mi si intima di

«non mi comprare niente»¹

di rivalsa, vado subito in farmacia a comprare una peretta per far sì

«che io sia per te in ogni posto»

anche in quello col quale ho sostituito, sottacendolo, la parola cuore.

E poi

«L'anima osa».

L'anima cosa?

«È lei che si perde
e poi si ritrova»

Questa di personificare con il “lei” una cosa neutra come l'anima mi ha rincuorato: adesso vado a vedere se la mia ha le tette.

Nota.
¹Per distinguersi dalla Minetti non c'è bisogno di scriverlo e cantarlo.

Cav. un caz.

L'ANSA, Agenzia Nazionale Stampa Associata, è la principale agenzia di stampa italiana e la quinta nel mondo.
L'ANSA è una cooperativa di 36 soci editori dei principali quotidiani italiani ed ha lo scopo di raccogliere e trasmettere notizie sui principali avvenimenti italiani e mondiali (fonte Wikipedia).

Bene, io mi domando perché quando nella sua homepage parla di Berlusconi 


lo chiami ancora con quel nomignolo confidenziale di merda inventato dai foglianti. Se il motivo è dovuto al cercare un abbreviativo del suo cognome, ché troppo lungo per i titoli, io propongo usino un più appropriato Preg. (che sta per pregiudicato e non per pregiatissimo).

giovedì 14 novembre 2013

Governare al participio passato

"Nel secondo semestre dell'anno prossimo saremo in grado di avere carte le carte in regola", in vista della leadership europea. "L'obiettivo che intendo portare avanti con determinazione" - ha spiegato Letta - è "di avere per la prima volta nello stesso tempo il debito pubblico che scende, il deficit per il terzo anno di seguito sotto il 3%, la spesa pubblica primaria finalmente in calo, le tasse sulle famiglie finalmente in discesa e il segno piu' davanti alla crescita fino all'obiettivo dell'1 per cento l'anno prossimo". [Anza]

Secondo voi, madonna Letta è un'esclamazione o una bestemmia?
Riassumiamo: Letta ha un obiettivo - che porta avanti con determinazione - che si compone di 5 sottobbiettivi (ho raddoppiato anche la b):

  1. Debito pubblico che scende
  2. Deficit sotto il 3%
  3. Spesa pubblica primaria in calo
  4. Tasse sulle famiglie in discesa
  5. Crescita del PIL
E tutto questo da ottenere tra il giugno e il dicembre del 2014.
Meno male che, a tali cinque punti, non ha aggiunto la risoluzione del problema degli esodati, oppure il risanamento e il rilancio di Alitalia, oppure un rimedio alla catastrofe ambientale provocata dalla spazzatura in Campania e in Sicilia unitamente alla bonifica ambientale e al rilancio occupazionale dell'Ilva di Taranto, oppure... (aggiungere emergenza nazionale a piacere), altrimenti avrei sospettato che il presidente del consiglio dei ministri della repubblica in carica stesse millantando promesse peggio di un ex presidente del consiglio dei ministri della repubblica italiana, il pregiudicato senatore Silvio Berlusconi. 

Curiosità: cosa sono le «tasse sulle famiglie»? Alleggerimento del carico fiscale a chi ha figli a carico? Inoltre: nel calo della spesa pubblica primaria sono previste anche le spese militari?

Ma soprattutto: ammesso e poco concesso che il governo Letta ottenga quello che, con determinazione, si propone, sono “soltanto” queste le condizioni per il superamento della crisi economica, ovvero della recessione? Io penso che con queste misere carte in regola, l'Italia continuerà a perdere al Black jack dell'economia internazionale; l'Italia e non solo l'Italia, ma tutte le nazioni e quindi i popoli che si faranno spennare da chi detiene il banco, il capitale.

A parte.
Circa la legge di stabilità, approvo questa dismissione.

mercoledì 13 novembre 2013

La morte in una sillaba

«Se morto di novembre sarò»

Sillaba

L'esperienza di morte
ci rimpicciolisce: di molto?
o come stoffa nuova
lavata per la prima volta?

È dunque meglio dirla
con tuo parlar materno
la mort, pallida sillaba
(francese di Montaigne).


Grammatica, si può vivere senza?
«Et tous deux s'avouèrent qu'ils étaient las des philosophes. Tant de systèmes vous embrouillent. 
La métaphysique ne sert à rien. On peut vivre sans elle.» (Bouvard et Pécuchet, cap. VIII)

Un poco di grammatica fa bene
due gocce al dì in un bicchiere d'acqua:
osservare le feci quando evacui
perché la lingua ha in sé un suo veleno;

di grammatica un poco fa più belli:
è deposito fossile di stile
cioè dell'espressione: né pallida et umìle
serva né passe-partout per stenterelli;

di grammatica un poco fa più belli
lo dice il prete il politico l'oste
il lapicida i pittator di croste
lo dice un santo: san Giovanni Orelli.

***

Due giorni fa, è morto Giovanni Orelli, nato a Bedretto (Canton Ticino) nel 1928 (scrivo la data di nascita per pedanteria in quanto il link ove ho appreso notizia riporta data errata). 
Un po' di anni fa, in un periodo di irrequietezza mia generale, pensai di costruire sulla sua produzione poetica una proposta di dottorato da presentare a un'università elvetica; poi non ne feci niente perché le competenze mie d'italianistica sono poco professionali, altresì non ho titoli di studio d'uopo e quindi niente.
Le due poesie trascritte, compresa l'epigrafe (da Se), sono tratte da Un eterno imperfetto, Garzanti, Milano 2006.
Questa che segue, invece, è tratta da Né timo né maggiorana, Marcos y Marcos, Milano 1995

***

Dimenticatemi, figli, come io ho dimenticato mio padre.
Trascuratemi come io ho trascurato mia madre.
Colui che visto fu picchiare il padre
rispose che era nella tradizione della casa.

Il padre aveva così picchiato il nonno e il nonno
il bisnonno; poi, mostrando il figlio,
costui, disse, picchierà me quando sarà negli anni
che ora ho. O al modo degli indiani, senza batter ciglio,

(metaforicamente) mangiatemi! seppellitemi tra le vostre piume.
Gli indiani hanno in orrore di bruciare il padre
o darlo in cena, sotto terra, a squadre

di vermi. Farmi mummificare? aggiungere al numero
dei rattrappiti nella cripta di Palermo
mentre l'anima sverna a Buchenwald-Inferno?

***
La poesia italiana del Novecento è, oramai, quasi tutta dentro un reliquiario. 

martedì 12 novembre 2013

Una felicità assorta e sonnolenta

Da qualche parte, non mi ricordo dove, lessi che l'Uomo senza qualità (Ulrich) è tale perché uomo senza qualifiche, ovverosia uomo privo delle qualità richieste per essere un uomo qualitativamente ben addestrato e inserito dentro i meccanismi del contesto storico-sociale in cui gli è dato vivere.
Beh, valga o meno questa definizione del protagonista del capolavoro di Musil, è un fatto che essa vale, e molto, per me. Certo, io rispetto a Ulrich non mi posso permettere di fare l'ozioso e di prendermi un intero anno di vacanza dalla vita. In buona sostanza: se prendessi un anno di aspettativa non remunerata dal lavoro, l'unico modo che avrei per campare sarebbe di lavorare da un'altra parte o di vivere di elemosina. Niente da fare, dunque: mi accontento di due mesi di vacanze all'anno. Anche perché
«Negli anni della maturità pochi uomini sanno, in fondo, come son giunti a se stessi, ai propri piaceri, alla propria concezione del mondo, alla propria moglie, al proprio carattere e mestiere e loro conseguenze, ma sentono di non poter più cambiare di molto. Si potrebbe sostenere persino che sono stati ingannati; infatti è impossibile scoprire una ragione sufficiente per cui tutto sia andato proprio così come è andato; avrebbe anche potuto andare diversamente; essi hanno influito pochissimo sugli avvenimenti, che per lo più sono dipesi da circostanze svariate, dall'umore, dalla vita, dalla morte di tutt'altri individui; e solo in quel dato momento si sono abbattuti su di loro. Quand'erano giovani la vita si stendeva loro dinanzi come un mattino senza fine, colmo di possibilità e di nulla, e già al meriggio ecco giungere all'improvviso qualcosa che pretende di essere ormai la loro vita; e tutto ciò è così sorprendente come vedersi davanti tutt'a un tratto una persona con la quale siamo stati vent'anni in corrispondenza, senza conoscerla, e ce la siamo immaginata completamente diversa. Ancora più strano, però, che quasi nessuno se ne accorga; adottano la persona che è venuta a loro, la cui vita s'è incorporata alla loro vita, giudicano le sue vicende ed esperienze ormai come le espressioni delle loro qualità, e il suo destino diventa merito o disgrazia loro. Qualcosa ha agito nei loro confronti come la carta moschicida nei confronti d'una mosca; qui ha imprigionato un peluzzo, là ha bloccato un movimento, e a poco a poco li ha avviluppati, finché son sepolti in un involucro spesso che corrisponde solo vagamente alla loro forma originale. E non hanno più che un ricordo confuso della giovinezza, quando c'era in loro qualcosa come una forza opposta[stanco di ricopiare, mi fermo. Se vi va, leggete sino al «grande Tal dei Tali».]
Robert Musil, L'uomo senza qualità, Einaudi, Torino 1958 (trad. it. Anita Rho)
Confessione serale: questo senso esatto di non poter più cambiare di molto, beh, io non lo vivo come una sconfitta. Autocompiacimento? Accidia? Timore? Non si può compiere un serio tentativo di autoanalisi  in poche battute. Le componenti della mia (presunta) saggezza o (probabile) impotenza posso rintracciarle e nella mia indole, e nel passato, nella mia presa di coscienza di essere al mondo, unitamente alla posizione sociale che la mia famiglia occupa(va) nel mondo. E tuttavia questo sentimento non mi preclude né disgusta il vivere, non me lo annoia, forse perché ancora mi piace avvilupparmi nei peluzzi di un mondo sempre più depilato. 

lunedì 11 novembre 2013

Varie e vento senz'ali

Da ieri, col vento di bora che soffia a più non posso, freddo freddo e pioggia pioggia, è successo tutto uno sfarfallio di foglie e rami intorno che pare il bosco appropriarsi della casa, della strada. E nel veder intorno tutto questo sfacelo di verde-giallo-marrone sparso a terra, con tutto l'umido del piovere che ne consegue, ho avuto e ho un'improvvisa voglia di Agadir.

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Dove vivo, intorno, ci sono molti alberi. Boschi e foreste (non distante, persino una riserva naturale integrale) dominano il paesaggio, lo fanno bello, poco antropico, ipocondriaco. Oggi lo guardavo dalla finestra di lacrime di pioggia rigata. Ci fossero grattacieli, dicevo. Ci fossero pianure padane, mormoravo. Ci fossero le onde, scaramantizzavo. D'un tratto m'è venuta in mente l'Amazzonia e relative foreste pluviali. Questo - se ci credete bene, se non ci credete fa niente - prima che aprissi la pagina di Repubblica.it e trovassi questo fotoreportage.


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Da alcuni anni, la bilancia commerciale della Germania è in attivo («enorme surplus commerciale»). La Germania esporta più di quanto importa. Le merci tedesche sono apprezzate in tutto il mondo, trovano acquirenti in ogni dove. Anche in Amazzonia. 


La Stihl è, infatti, made in Germany


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In Italia le seghe si fanno senza moto. Tuttavia, anche l'Italia ha la bilancia commerciale in attivo. Molto meno dei tedeschi, eppure merci italiche si vendono. Anche aereoplani da guerra alla nazione più guerrafondaia. Uno (o due?) anche al Ciad. Mi piacerebbe sapere nel dettaglio tutta la pratica commerciale che ci ha fatto vendere un cargo tattico dell'Alenia Aermacchi al Ciad. E come, in che valuta e in quale modalità (bonifico bancario?), il Ciad ha pagato. Ci sarà stata mica la mediazione del Vaticano?

domenica 10 novembre 2013

L'uomo ha natura discenditiva


Giornata uggiosa di pioggia. Non sapevo cosa fare e, per passare il tempo, dato che mi restava una mezz'ora di chiamate gratuite comprese nella ricarica del gestore, ho chiamato i numeri della foto sopra. Hanno risposto in mandarino e in mandarancio. Una voce di ragazza, che sapeva un po' d'italiano, mi ha detto: «Vieni a trovarmi tesoro e sbucciami». Sono andato. Era una ragazza aspra dalla dura scorza. Nel grattarle la schiena, nell'aria si è nebulizzato un intenso aroma di agrumi. Ho starnutito. Sbadato, mi sono anche grattato un occhio e ho preso a lacrimare. Lei mi ha chiesto perché ero triste, non era mica colpa sua se il Pil cinese è in crescita e quello italiano no. «Allora sfotti», le ho gridato in faccia, ricoprendo le mie parti basse che non avevano subito i necessari sommovimenti inerenti allo scopo. Le ho chiesto per favore se potevo andare in bagno a lavarmi le mani ché correvo il rischio di farmi lacrimare nuovamente visto il prurito incessante agli occhi. «“Gli occhi si grattano coi gomiti”, diceva Lao-Tze». «Dammeli» le ho chiesto. «Che cosa?», mi ha chieso lei. «I gomiti», le ho detto io. «Ma no, non con i miei, che hai capito: coi tuoi». Con una mossa inaspettata, da cintura nera di qualche arte marziale che non sono riuscito a indovinare, lei mi ha afferrato le braccia per portarmi i gomiti agli occhi. «Mi stai facendo male, non fare la cretina, Lao-Tzu era un saggio e io non lo sono. Lui aveva trovato la via e io voglio andare via, lasciami andare, ti prego». «Non si pregano gli umani, si pregano soltanto gli dèi ulteriori. E tu ne avresti ben donde». Tutte quelle erre erano difettose, ma ho intuito lo stesso che la ragazza era, sorprendentemente, una lettrice di Manganelli. Gliel'ho detto, pensando così di aggraziarmela e invece, ridendomi in faccia, ha estratto l'Hilarotragoedia dallo scaffale e mi ha letto: 


«Beh, sei sulla buona strada, come Lao-Tzu: la tua “natura” è discesa parecchio».
Con la coda fra le gambe (si fa per dire), inlatebrato, l'ho salutata mestamente e sono andato via. Fuori la pioggia continuava il suo mestiere di pioggia. Però l'uggia è andata via.

sabato 9 novembre 2013

Non si dà vera vita nella falsa

«Fa parte della mia fortuna - scriveva Nietzsche nella Gaia Scienza - non possedere una casa”». E oggi si dovrebbe aggiungere: fa parte della morale non sentirsi mai a casa propria. Questo dice qualcosa del difficile rapporto in cui il singolo si trova con la propria proprietà, finché possiede ancora qualcosa. L'arte dovrebbe esprimere e mettere in evidenza proprio questo: che la proprietà privata non ci appartiene più, nel senso che la quantità di beni di consumo è potenzialmente diventata così grande che nessun individuo ha più il diritto di attaccarsi al principio della sua limitazione; ma che si deve possedere qualcosa se non si vuol cadere in quello stato di dipendenza e di bisogno che torna a vantaggio della cieca persistenza del rapporto di possesso. Ma la tesi di questo paradosso conduce alla distruzione, ad una fredda insensibilità per le cose, che non può non rivolgersi anche contro gli uomini, e l'antitesi è - nell'istante stesso in cui è formulata - un'ideologia per coloro che, con cattiva coscienza, vogliono conservare il proprio. Non si dà vera vita nella falsa.». Theodor W. Adorno, “Asilo per senzatetto”, in Minima moralia, Einaudi, Torino 1954

Nessun individuo ha il diritto di attaccarsi al principio della decrescita se prima non dimostra, coi fatti, di decrescere lui stesso, disfacendosi delle cose che lo hanno fatto crescere o in cui è cresciuto, la casa per esempio, ma non solo: egli deve privarsi di tutta la sua proprietà privata, restare praticamente “nudo” per contrastare, nel suo piccolo, la sovrapproduzione. Dalla riduzione dei consumi e degli sprechi all'ascesi il passo è breve: in ogni decrescitore si nasconde un discepolo di Schopenhauer, una persona che vuole ridurre in toto le dipendenze dal superfluo e quindi concentrarsi soltanto sulla propria vita per nolere, il contrario di volere. E una volta liberi dal bisogno e dal desiderio di crescere, a Nirvana pressoché raggiunto, mettersi buoni buoni a far la fila all'Apple Store.

venerdì 8 novembre 2013

Donazione generosa

Che disdetta: proprio stasera che volevo fare una girata all'estero.
Interessante, tuttavia, è stato notare che il sito dell'Osservatore Romano:
«has been made possible thanks to the generous donation from System Comunicazione Pubblicitaria Il sole 24 Ore S.p.A.»
Chissà quanto sterco del diavolaccio i generosi confindustriali italiani donano all'organo di stampa ufficiale di uno Stato straniero. Misteri della fede.  E che rimangano tali, tanto mica sono fondi neri, bustarelle, tangenti: è tutto denaro preso dalle casse confindustriali, frutto del lavoro “onestamente” estorto - secondo le leggi vigenti - ai lavoratori e trasformato in plusvalore. Così è bene impegnare una piccola quota di questo plusvalore per aver garantito un posto in paradiso, quello vero (considerando, nondimeno, che molti nostri industriali hanno già un posto in un altro paradiso: quello fiscale).

A parte.
Nell'omelia di stamani, sopra linkata, Papa Francesco, da furbo qual è, ha parlato della «furbizia mondana» alla quale si deve rispondere con la «furbizia cristiana». Astuto come un serpente e candido come una colomba ha sorvolato bellamente su come la Chiesa, per secoli e secoli, e oggi pure, mescolando mondo e sopramondo, sia riuscita a conservare - adattandosi ai tempi - tutto il suo potere temporale fottutamente mondano.

giovedì 7 novembre 2013

The labour of the poor being the mines of the rich

Potesse l'umanità vivere gli ultimi giorni della sua esistenza tutta allo stesso pari e livello dei deportati d'Arcore o, in minore, del figlio della Cancellieri che ha succhiato legittimamente - grazie alla sua madre santa, ogni onore e gloria al matriarcato - un po' di dolce pus del capitale di una manica di imprendocorruttori trapassati in giudicato.
Grattarsi le palle o il monte di Venere senza fare un cazzo o fica altro da mane a sera. Pensieri zero se non quelli legati al tempo che passa e suoi relativi corollari, riflettere intorno al senso della vita da una chiara posizione di privilegio e scazzo, giocare alla roulette russa ma in luogo della pistola usare un vibratore. Situazioni.
Tuttavia, anche a fortissimamente volerlo, per tutti gli umani non ci sarà mai tale condizione di sbrodolamento gaudente continuo, ché senza servitori oppure schiavi - senza insomma qualcuno che in qualche modo si prende la briga di lavorare per noi umani uncazzofacenti - il godimento avrà vita breve, la merda alle pareti del water qualcuno dovrà pure levarla, nonostante le idee delle signore luise, qualcuno dovrà pure portarci libagioni e offrirci tutto quello che le nostre mani lubriche non saranno capaci di fornire per farci sopravvivere.

«Se qualcuno avesse 100.000 acri e altrettante lire sterline di denaro e altrettanto bestiame, che cosa sarebbe l'uomo ricco senza il lavoratore se non egli stesso un lavoratore? E come i lavoratori arricchiscono la gente, allo stesso modo tanto più lavoratori, tanto più ricchi... Il lavoro del povero è la miniera del ricco». John Bellers, Proposals for raising, 1696 (citato da Karl Marx, in Il Capitale, Libro Primo, cap. 23, pag. 756 edizione Einaudi).
Ed è in ragione di tale impossibilità, del diventare tutti non dico ricchi, ma uncazzofacenti stipendiati benone, tipo quelli che si raduneranno al Consiglio Nazionale di Forza Italia, o al congresso per le primare del Partito Democratico,  che, mezzo assonnato, digitando quasi in uno stato onirico, invoco lo sciopero generale di tutti coloro che per vivere devono lavorare o dovrebbero ma non possono perché sono disoccupati, o hanno dovuto lavorare e adesso sono in pensione ma non in pensione come quel aarrgghh di Lamberto Dini - uno sciopero, in breve, che paralizzi la società lasciando tutti i puzzoni sospesi sul cesso e appesi all'ultimo foglio di carta igienica.