domenica 17 novembre 2013

Pensavo fosse una Fiat

e invece era un calesse.

Chissà se e quando Fiat proporrà all'attenzione del mercato un modello simile a quello sopra pubblicizzato dalla Bmw, oggi sulle pagine dei principali quotidiani nazionali. Comunque, anche se a Torino-Detroit hanno in cantiere un modello di auto con motore elettrico (e qualcosa avranno in cantiere fosse pure, tramite Chrysler, per il mercato americano), fanno bene ad aspettare: il mercato europeo dell'auto è troppo maturo, come sostiene da anni Marchionne - anche se ho il sospetto che maturo non sia equivalente di saturo, bensì di maturità decisionale nell'acquisto di auto che non siano Fiat.

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Oggi ho letto un libello di Luciano Gallino: La scomparsa dell'Italia industriale, Einaudi, Torino 2003. Sono trascorsi dieci anni e la speranza di ritrovarla è sempre meno probabile. Si è nascosta così bene. Secondo molti osservatori, l'autore in testa, essa ormai ha preso la via dell'estero:
«Il ciclo di cessioni a imprese estere, privatizzazioni e smembramenti di grandi gruppi [...] ha concorso ad avvicinare l'Italia allo stato di colonia industriale. Magari relativamente prospera, eppur colonia. Nelle colonie, com'è noto, sono i governatori, nell'interesse dei paesi che rappresentano, a stabilire in quale direzione deve procedere, o arrestarsi, l'economia locale. Non i dirigenti o i lavoratori di questa» (Ibidem, pag. 78).
Nel libro si legge del disfacimento dell'Olivetti; del rifiuto politico di partecipare al consorzio Airbus; della disastrata vicenda della chimica industriale italiana (Montacatini, Edison, Montedison); del rifiuto di utilizzare l'invenzione di Marconi  (1896); del ritardato ingresso in Italia della tv a colori rispetto a tutti i paesi industrializzati, ritardo di cui pagarono le conseguenze i produttori nazionali di televisori (dove sono finiti gli Autovox, i Brionvega, i Mivar, i Sinudyne, i Sèleco?); della cessione di aziende high-tech al vertice mondiale nei rispettivi settori di produzione, tipo la Nuova Pignone; dell'incredibile assenza in Italia di un produttore di cellulari e smartphone di un qualche rilievo; della vicenda Fiat, appunto.

Niente di nuovo sotto il sole, ma Gallino ha il merito di averle messe in fila le dismissioni industriali italiane. Dal 2003 possiamo aggiungere all'elenco Telecom, Alitalia - e la situazione dell'Ilva.

Il capitolo più inutile, purtroppo, è l'ultimo: “Quale riforme per una politica industriale”? Sinteticamente, la ragione di ciò è insita nel titolo. Infatti, dopo la disarmante lettura dei precedenti capitoli, lo sconforto e l'amarezza sono tali e tanti che a sentire la parola riforme, le reazioni sono due: una di tipo goebbelsiano («quando sento parlare di riforme metto mano alla pistola»), e una di tipo massariano («quando sento parlare di riforme mi metto una mano sulle palle»). 
Io, da tempo, le mani ce lo ho messe tutte e due.

3 commenti:

siu ha detto...

Venerdì a Fahrenheit c'era Luciano Gallino a parlare del suo ultimo libro, "Il colpo di Stato di banche e governi", sottotitolo L'attacco alla democrazia in Europa, roba che mi correvano brividi lungo la schiena. Infatti non so se lo comprerò, mi sa che preferisco evitare il rischio di restare gelata stecchita.

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-a129ab4e-dfd7-4f3b-8dd3-e6d4b6094c4a.html

Anonimo ha detto...

me piace la macchinina.
ma non me la posso permettere, prima devo comprarmi lo smartphone.
http://meccanic13.blogspot.it/2013/11/ibreviari.html

"è meglio per voi entrare a piedi nel regno dei cieli che arrostire nella geenna col la vostra bmw elettrica del cazzo" (mt, 225,62*)

*data astrale

Luca Massaro ha detto...

@ Siu
Grazie segnalazione intervista. Intanto, ho messo l'ultimo Gallino in stand-by per tirare un po' il fiato.

@ RS
pur'io nun me la posso permette', però è n'annetto bono ch'ho lo smartfono.
(ottima citazione versetto, Ravasi approverebbe)