sabato 28 dicembre 2013

Il riformismo

La trave

Vedi la trave laggiù sul pendio
sporgente storta dal suolo e, ahimè,
troppo grossa, troppo stretta, troppo corta, troppo lunga.
Una volta, s'intende, era grossa,
sottile, lunga, corta abbastanza
e con tre altre reggeva un tetto.

Bertolt Brecht, Poesie 1938-1941, Einaudi, Torino 1992

Il titolo è mio, arbitrario e, forse, poco pertinente. Dovrei fare una parafrasi per spiegare cosa intendo. La faccio.
Le quattro travi che reggono il tetto sono i quattro principi fondanti la democrazia liberale “moderna”: libertà, fraternità, uguaglianza, giustizia.
La trave che il poeta vede «laggiù sul pendio / sporgente storta dal suolo...» quale che sia il principio che rappresenta (per me è l'uguaglianza che è andata completamente a farsi fottere, ma è giudizio mio personalissimo) è la prova che il tetto non c'è più: sulla democrazia piove e tira vento.
Il riformismo, la pratica che, in varie sfumature, dal dopoguerra a oggi, la politica ha adottato per tenere in piedi la casa democratica, non è più sufficiente a garantire quei principi su cui la democrazia si fonda - e questo perché, anche volesse, non può più garantire quel progressivo aumento (o, al limite, mantenimento) di benessere al maggior numero di individui/cittadini, ai quali - come dichiarano le Costituzioni - appartiene la sovranità. 
Per ricostruire il tetto della casa (democratica), riutilizzando le quattro travi (i quattro principi) ognuna per il verso giusto, occorre cambiare paradigma. Disgraziatamente, i politici e gli economisti hanno gli occhietti troppo strabici per dirigere lo sguardo verso le reali cause della crisi economica e sociale. Anche se questo è perfettamente comprensibile: come per ipotizzare che era il Sole a stare fermo, e non la Terra, occorse rinunciare al primato di porre la Terra al centro dell'universo; come per dar credito all'idea pericolosa di Darwin (a proposito: ieri, 27 dicembre, anniversario della partenza del secondo viaggio sul Beagle: 27.12.1831), occorre (parlo al presente per le note idee malsane di chi rifiuta la teoria dell'evoluzione) rinunciare a credere che l'uomo sia una specie “esente” dalla selezione naturale e dall'evoluzione; così adesso per ipotizzare un sistema alternativo al modo di produzione capitalistico, occorre per prima cosa metterlo in discussione, rilevarne le sue contraddizioni e i suoi limiti insormontabili. Il compito, tutto sommato, non sarebbe neanche difficile, in quanto è già stato svolto, mirabilmente, da Karl Marx. L'errore imperdonabile di non rileggere Marx, e di non rimetterlo al centro della discussione politica, è determinato dal fallimento del comunismo reale. È un po' come se ci si privasse di Darwin perché c'è stato il darwinismo sociale (cosa che, in un certo senso, c'è ancora, anche se mascherata dal Primo Emendamento).
Che fare? Non sono Lenin. Io mi limito a parafrasare (arbitrariamente) poeti; ma non Vendola.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

ah.
non sei lenin.
m.
mi sa che non ci vengo più a perdere tempo qui, tiè.

Luca Massaro ha detto...

Mi rincresce, sigh, ma non ho mai promesso a nessuno di farglielo guadagnare, il tempo. {:-o}

Olympe de Gouges ha detto...

È un po' come se ci si privasse di Darwin perché c'è stato il darwinismo sociale

come se ci si privasse del lampredotto perché c'è McDonalds

Luca Massaro ha detto...

Dici che il paragone tiene?
(il mio, naturalmente, il tuo, cara Olympe, è indiscutibile, anche se il lampredotto, se non è fatto a regola d'arte, m'è più indigesto d'un hamburger)

siu ha detto...

Dov'è che ci si mette in fila per sottoscrivere questo post? Ah, non c'è nessuna fila... dovevo sospettarlo.