mercoledì 26 febbraio 2014

Kant, Grillo e il radicchio trevigiano che non colsi

«L'antica e famosa domanda, con la quale si credeva mettere i logici alle strette, e si tentava di portarli al punto, in cui essi dovessero o farsi cogliere in un futile circolo, oppure confessare la loro ignoranza, e quindi la vanità di tutta quanta la loro arte, è la seguente: che cos'è la verità? La definizione nominale della verità, secondo cui cioè essa risulta l'accordo della conoscenza con il suo oggetto, è qui concessa e presupposta; si desidera tuttavia sapere, quale sia il criterio generale e sicuro della verità di una qualsiasi conoscenza.
Il sapere che cosa si debba ragionevolmente domandare, è già una grande e necessaria prova di saggezza e di sagacia. Difatti, se la domanda è in sé assurda e richiede risposte superflue, essa allora, oltre ad umiliare chi la propone, ha talvolta anche lo svantaggio di indurre l'ascoltatore incauto a risposte assurde, e di offrire il ridicolo spettacolo (come dicevano gli antichi) di una persona che munge il becco, mentre un'altra tiene lo staccio.
Se la verità consiste nell'accordo di una conoscenza con il suo oggetto, questo oggetto deve in tal modo venir distinto da altri oggetti; una conoscenza è falsa, difatti, se non si accorda con l'oggetto a cui viene riferita, pur contenendo qualcosa che potrebbe certo valere rispetto ad altri oggetti».

Immanuel Kant, Critica della ragion pura, “Dottrina trascendentale degli elementi”, Parte II,
Logica trascendentale, Adelphi, Milano 1976, a cura di Giorgio Colli.

Domandare è lecito, rispondere eccetera.
- Perché a Beppe Grillo e a Casaleggio piace mungere il becco?
- Perché non riescono a tener fermo lo staccio. Hanno bisogno continuo di purificazione, ovverosia di espulsione degli impuri, perché non riescono a espellere abbastanza i lati oscuri del loro Sé.

Ci sarebbe da ragionare ancora sopra, ma rimando, sono stanco, come se fossi stato a Treviso a raccogliere radicchi.

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