martedì 22 aprile 2014

A ognuno il proprio interesse privato

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«La dissoluzione di tutti i prodotti e di tutte le attività in valori di scambio presuppone sia la dissoluzione di tutti i rigidi rapporti di dipendenza personali (storici) nella produzione, sia l'universale dipendenza reciproca dei produttori. Non solo la produzione di tutti gli altri, ma [anche] la trasformazione del suo prodotto in mezzi di sussistenza per lui stesso è venuta a dipendere dal consumo di tutti gli altri. I prezzi sono antichi, e lo è anche lo scambio; ma sia la determinazione sempre crescente degli uni da parte dei costi di produzione, sia l'affermazione dell'altro su tutti i rapporti di produzione, sono compiutamente sviluppati, e si sviluppano sempre più compiutamente, solo nella società borghese, nella società della libera concorrenza. Ciò che Adam Smith, in pieno accordo con le concezioni dominanti nel XVIII secolo, colloca nel periodo preistorico e fa precedere alla storia, ne è piuttosto il prodotto.
Questa dipendenza reciproca si esprime nella costante necessità dello scambio e nel valore di scambio come mediatore universale. Gli economisti lo esprimono così: ognuno persegue il proprio interesse privato e soltanto il proprio interesse privato; ciò facendo, involontariamente e inconsapevolmente serve gli interessi privati di tutti, gli interessi generali. Il punto saliente di questa affermazione non sta nel fatto che perseguendo ognuno il proprio interesse privato, si realizza la totalità degli interessi privati e dunque l'interesse generale. Da questa frase astratta si potrebbe dedurre piuttosto che ognuno impedisce reciprocamente agli altri di far valere i propri interessi, e che da questo bellum omnium contra omnes risulta anzi una negazione generale. Il punto sta piuttosto nel fatto che l'interesse privato stesso è già un interesse socialmente determinato e può venir raggiunto solo all'interno delle condizioni e di questi mezzi. È sì l'interesse dei privati; ma il suo contenuto, come la forma e i mezzi della sua realizzazione, sono dati da condizioni sociali indipendenti da tutti.
La dipendenza reciproca e universale degli individui indifferenti gli uni agli altri costituisce la loro connessione sociale. Questa connessione sociale è espressa nel valore di scambio, ed è soltanto in esso che per ogni individuo la propria attività o il proprio prodotto diviene infine un'attività e un prodotto per esso; l'individuo deve produrre un prodotto universale – il valore di scambio – o, se lo si considera per sé isolatamente e individualizzato, denaro. D'altro canto il potere che ogni individuo esercita sull'attività degli altri o sulle ricchezze sociali, esiste in esso in quanto possessore di valori di scambio, di denaro. Esso porta con sé, in tasca, il proprio potere sociale, così come la sua connessione con la società. L'attività, quale che sia la sua forma fenomenica individuale, e il prodotto dell'attività, quale che sia la sua natura particolare, è il valore di scambio, ossia un'entità universale in cui ogni individualità, particolarità è negata e cancellata. Questa è effettivamente una situazione molto diversa da quella in cui l'individuo, o l'individuo naturalmente o storicamente ampliatosi in famiglia, in tribù (più tardi in comunità), si riproduce direttamente su basi naturali, o in cui la sua attività produttiva e la sua partecipazione alla produzione vengono ad esser assegnate secondo una determinata forma del lavoro e del prodotto, e il suo rapporto con altri è appunto così determinato».

Karl Marx, Grundrisse, edizione Einaudi, “Il capitolo del denaro”, Quaderno I, paragrafi 74-75.

Cioè, io leggo pagine così e, spontaneamente, le getto come vestiti sulla realtà che li indossa incredibilmente bene, meglio che guanti, di più: come fossero una nuova pelle.
È per questo che non la si vede e non la si sente addosso?
Come non accorgersi che mai come oggi ogni connessione sociale è espressa nel valore di scambio?
E se i proletari non hanno un cazzo altro da scambiare che la propria forza lavoro come aricazzo fanno a campare se, per vari motivi, non gliela compra più nessuno? Coi risparmi che si sono fatti, col mutuo che hanno contratto per comprare la casa e che li fa sentire tanto proprietari e borghesi come se avessero un piede a terra a Porto Cervo?
Com'è il mantra liberista? Ognuno persegua il proprio interesse privato! Che frase passepartout, vero? Peccato che quel fabbro ferraio di Marx abbia scoperto il marchingegno:
«l'interesse privato stesso è già un interesse socialmente determinato e può venir raggiunto solo all'interno delle condizioni e di questi mezzi. È sì l'interesse dei privati; ma il suo contenuto, come la forma e i mezzi della sua realizzazione, sono dati da condizioni sociali indipendenti da tutti»

Vale a dire - se ho capito bene e se ho capito male ditemelo, grazie - ogni individuo persegue un interesse privato determinato dalle condizioni sociali in cui esso si trova, ed è chiaro che tali condizioni sono a lui indipendenti, quale che sia la sua condizione o di capitalista o di proletario.
In buona sostanza: l'interesse privato che il capitalista persegue cozza logicamente con quello del proletario - ed è per ciò stesso che uno sfrutta e che uno sia sfruttato. Che uno si confermi nella sua ricchezza e l'altro precipiti nella povertà. 
Che bel giochino: si chiama interesse privato ed ognuno è libero perseguirlo, il persecutore e il perseguitato.

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