martedì 8 aprile 2014

Pit Stop Grundrisse

Allora, oggi sono stato a fare il cambio gomme, ho tolto le invernali e rimesso le normali da strada, avevo preso appuntamento dal gommista, e io sono stato puntale, preciso, sono arrivato e l'addetto ai box mi aspettava all'ingresso facendo segnali per entrare preciso sul montacarichi.
Mi ero portato i Grundrisse, una mezz'ora al giorno di Marx non può farmi che bene.
Li ristampassero comme il faut, almeno, mi dicevo, invece di pubblicare tanti saggiucci di economia del piffero.
Ma vabbè. Mi sono messo bel bello in sala d'attesa, da solo, rilassato. Ecco che arriva una signora, discreta, sui quaranta se non sbaglio, di osservanza poco cattolica. Sorride, io pure, e dice a voce alta: «Mah, prendiamo un caffè per vedere se mi sveglio», dicendolo chiaramente a se stessa perché io so interpretare bene il plurale maiestatis.
Dato che lo ha sorseggiato a me davanti, ho richiuso per un attimo il volume per intavolare un discorso sul tempo, in senso meteorologico, va da sé, non avevo mica quel cazzone di Heidegger in mano.
Abbiamo parlato persino delle zanzare, le maledette, che il poco freddo inverno sicuramente non ha ucciso abbastanza (la signora così ha manifestato indirettamente dei comprensibili timori per le sue cosce).
Una volta uccise, mentalmente, le future zanzare ed avendo esaurito i già scarni argomenti di conversazione, la signora si è recata all'aperto; nella sala d'attesa si avvertiva infatti uno sgradevole odore di pneumatici usati mescolato all'aroma acidulo della macchina da caffè automatico che, anche a me, ha iniziato a dare fastidio, nonostante la buona insonorizzazione e le comode sedie adatte per la lettura.
Ho atteso tuttavia qualche minuto, per non dare adito a sospettabili inseguimenti, per sortire dalla sala di attesa e andare fuori del garage, dove un pallido sole mitigava la freschezza del vento.
La signora era appoggiata al cofano della sua auto ed armeggiava al suo smartphone; io invece mi sono accomodato in delle poltroncine da esterno, a tre posti, tipo quelle da stadio. Ho tolto l'improvvisato segnalibro e ripreso la lettura, ma per poco, giacché è arrivata un'altra auto con nuovi clienti, due donne, mamma e figlia, entrambe sorridenti. La figlia ha domandato alla madre, appena scesa dall'auto, di chiedere al gommista quanto avranno da aspettare, altrimenti si potrebbero far dare l'auto sostitutiva.
La madre conferma alla figlia che loro avevano appuntamento, quindi non molto da aspettare avranno, e la invita a scendere dalla macchina. La figlia scende dal lato opposto alla vista, ma la vedo comunque armeggiare due stampelle, mostrando quindi di essere infortunata a un arto inferiore, chissà quale però non ha alcun gesso o tutore.
Se la madre è una bella donna sulla sessantina, la figlia è uno spettacolo sui trenta (forse meno): capelli lunghi castano scuri che scendono fin sotto metà schiena, due gambe fasciate da jeans cobalto elasticizzati, un golfino nero con apertura generosa su luoghi in cui alcuni fortunati avranno individuato la particella di Dio ben prima che al Cern.
Gesù, Grundrisse, Gesù: o meglio: Karl, come faccio a leggerti ora in maniera concentrata?
La figlia avanza verso l'ingresso, mentre la madre la rassicura che tra poco toccherà a loro. Entrambe guardano intorno se ci fossero dei posti a sedere: ci sono, due, accanto a me. Evidentemente, mi sono alzato e le ho invitate ad accomodarsi alludendo anche al fatto che io sarei stato in piedi.
La figlia accetta e si siede nella poltroncina di mezzo. La madre rifiuta di sedersi. Io non ci penso due volte e riguadagno il mio posto, accanto a un nuovo capolavoro di economia politica, dai lineamenti fondamentali.

Madre e figlia continuano a conversare allegramente. Le si avverte entrambe loquaci e disposte al dialogo. In una pausa mi tuffo, dal trampolino, chiedendo come un principiante a spazzaneve come e dove si fosse fatta male.
«Al piede, durante una gara di corsa, a Firenze».
«Quale corsa? La mezza maratona?», replico soddisfatto di mostrare una presunta conoscenza del mondo delle corse, aggiungendo che alcune mie "amiche" (social, non avevo il dovere di specificare) vi avevano partecipato (@lascherillo)
«No, ero già infortunata; ho partecipato a un'altra corsa meno impegnativa, di solidarietà, svoltasi qualche settimana fa».
Le domando quindi se corre abitualmente e lei mi risponde che sì, sino all'infortunio aveva preso un ritmo di 2 volte a settimana che ora purtroppo si è interrotto.
Interviene la madre chiedendole se la corsa era quella contro la violenza sulle donne.
A questo punto riprendo i Grundrisse, ma leggere, ahimè, diventa un esercizio impossibile. Anche atteggiarsi risulta complicato, perché indugiare su una pagina va bene, ma starci imbambolato senza procedere e senza lapis sul passaggio: «La produzione è immediatamente anche consumo. Doppio consumo, soggettivo e oggettivo» è come continuare a girare intorno al vuoto senza dirle direttamente «oh, quanto sarebbe bello poterti dare un bacio doppio, soggettivo e oggettivo».
Pochi minuti e il cambio gomme alla mia auto era terminato: giusto il tempo per salutare cortesemente e fingere di credere che non fosse un addio.

Update mattutino
Che sbaglio! Ier notte mi ripetevo il titolo del celebre libro di Marx senza una "r", come a concludere la parola con la terza persona del verbo dire (passato remoto: Grun disse, argh!) 

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