domenica 21 settembre 2014

Il fiuto di Michele Serra


«Tocca dunque al primo console Renzi Matteo fare il passo definitivo, seppellendo i pochi lacerti di quel passato.» Olympe de Gouges.


Michele Lacerto Serra, da quel volpone che è, per scampare al secondo tentativo di sepoltura (ricordate il suo addio all'Unità?), ha già scelto, da tempo, da che parte stare: la parte del primo console, beninteso, che ben si adatta alla condizione sociale di un alto borghese che scrive libri da diporto e ha la passione per la campagna e per i profumi.
«Bisognerebbe, tra le macerie, ripensare daccapo a diritti, doveri e tutele. Ma per farlo ognuno dovrebbe rinunciare a qualcosa». 
Sentiamo Serra: lei a cosa rinuncerebbe? Io credo a poco.
Le varie rinunce da lei proposte (al sindacato, ai datori di lavoro e alla politica) sono dello stesso tenore di quelle che propongono Renzi e lo staff di giuslavoristi postmoderni impegnati a scrivere la riforma. Quello che cambia, però, è che lei, esimio Serra, tira in ballo il concetto di lotta di classe per stemperarne la valenza, per ricondurlo all'ambito del politicamente corretto, ovvero diluendolo con acqua al profumo di lavanda.

Mi permetta Serra: ficchi il suo naso raffinato nel buco del culo del proletariato (nelle sue varie declinazioni: dal cassintegrato al precario, dal pensionato con la minima al salariato da 1200 euro al mese e vitto, fitto e il resto da pagare) per verificare se «la visione di classe [è] resa impossibile dalla trasformazione delle classi».

La visione di classe è resa impossibile anche da imposture come la sua odierna, dove si mettono sullo stesso piano sfruttati e sfruttatori. Il capitale finanziario, di cui lei parla, non è altro che la risultante della spremitura a freddo e a caldo della forza lavoro da parte del capitale. Forse lei Serra si è dimenticato, o non ha mai saputo, come si forma il plusvalore?

Sa una cosa Serra? L'uso dell'aggettivo maramaldesco mi ha rivelato questo: la distanza lessicale e politica tra lei e il suo opposto, Giuliano Ferrara, è praticamente ridotta allo spessore di una spiga di spigo. L' Amaca di oggi potrebbe essere legata a due editoriali de Il Foglio, non c'è dubbio; e ci starebbe sospesa tanto bene che l'Elefantino potrebbe adagiarvisi per una siesta.
Fossi lei comincerei a preoccuparmi un po' di tale convergenza, perché colui che sarà seduto sulla riva dell'onestà intellettuale in attesa del cadavere del disonesto, non sarebbe lei, ma Ferrara; il Giuliano Ferrara che da quasi trent'anni è un anticomunista indefesso. Il Giuliano Ferrara che parlò - non mi ricordo se sin da subito - dell'obbligo, per un ex-comunista, di diventare anti-comunista. Ah, già: il Pci al quale era iscritto lei era da tempo comunista all'acqua di rose.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

"...gli acquirenti non possono più permettersi di comperare."

porelli, davvero. giovanna e michele sono ridotti a cogliere la lavanda con le loro stesse mani, mi sa.

(mi ricorda il bambino nel collegio in svizzera che descrive la povertà: "una famiglia povera: il padre è povero, la madre è povera, i figli sono poveri, la governante è povera, l'autista è povero, il gorilla è povero..."

luigi castaldi ha detto...

Quando picchi, fai paura.

Luca Massaro ha detto...

Eppure mi sembrava di aver usato il fioretto.

Olympe de Gouges ha detto...

eh signora mia le stagioni non sono più quelle di una volta, come dl resto le classi sociali, ha visto come veste marchionne?