domenica 18 gennaio 2015

Secondariamente

«Nella banlieue proprio come in certi spazi governati dalle cosiddette mafie, le istituzioni e i rappresentanti dello Stato sono considerati illegittimi e rinunciano all’esercizio della sovranità. In effetti si potrebbe dire che, in base a un calcolo puramente economico, la banlieue è lo spazio in cui la rinuncia alla sovranità rende di più di quanto costa. Ma se la banlieue è consustanziale al benessere a basso costo che partecipa a produrre (e questo Saviano lo ha scritto benissimo), la sua “extra-territorialità” rappresenta anche una minaccia. Salendo i gradini di una “scala della delinquenza” fino all’aperta sedizione, la banlieue rischia di costituirsi come soggetto politico ostile. Per amministrare questo rischio, lo Stato interviene puntualmente esercitando una pseudo-sovranità di tipo coloniale e ricorrendo a una forza pressoché militare
«Rispetto alla situazione italiana — radicata nella guerra di unificazione — quella francese stupisce per la sua rapida maturazione, e attira ovviamente la nostra attenzione come fallimentare (o doloso) modello d’integrazione dei flussi migratori. Alla banlieue accade ciò che avrebbe dovuto accadere al proletariato secondo Karl Marx: acquisendo l’autocoscienza, un insieme di individui si costituisce come soggetto politico. Marx aveva torto, perché una classe — proprio come un pezzo di legno — non può raggiungere l’autocoscienza in mancanza di un sostrato. Le recenti vicende francesi suggeriscono però che le segmentazioni etniche, religiose e linguistiche — se pure non determinano naturalmente l’aggregazione — svolgono bene la funzione di sostrato alla soggettivazione politica, dando un contenuto alla fantomatica “coscienza di classe”. E così, tra gli osanna dei cosiddetti islamo-gauchistes è avvenuta una etnicizzazione della lotta di classe. Gli orfani del socialismo si consolano con il nazional-socialismo, gli orfani del comunismo con il comunitarismo
Due capoversi interessanti di un bel post di Raffaele Alberto Ventura che mi ha dato da pensare quanto segue:

1) L'analisi è centrata ma la riposta alla domanda sul perché gli Stati democratici e liberali lasciano esistere, nella propria giurisdizione, tali manifeste zone di illegalità, è parziale. In altri termini: l'illegalità, l'eversione, la corruzione, la sedizione sono fenomeni naturali al pari delle alluvioni? Quali sono le cause per cui lo Stato rinuncia a esercitare la sua sovranità in determinate zone? Ragioni culturali (e religiose), politiche, sociali e, soprattutto, economiche. Ed eccoci al punto: qual è il sistema economico dominante pressoché tutti gli Stati? Il sistema economico e produttivo capitalista dal quale emergono, inesorabilmente, le contraddizioni connaturate al suo svolgimento e alla sua riproduzione e da cui sorgono, ineluttabilmente, le cosiddette crisi economiche che scuotono le fondamenta degli Stati.

2) Marx non aveva torto perché la coscienza di classe dei proletari della sua epoca, e dell'epoca che seguì la sua morte, si formò eccome, almeno sino a un certo punto; e fu proprio grazie a questa autocoscienza formatasi – dalla quale scaturirono lotte di classe di vario ordine e tipo che determinarono notevoli conquiste “sociali” di classe (la riduzione dell'orario di lavoro, e altre simili bazzecole) – che gli Stati industrializzati, notoriamente comitati d'affari della borghesia, vennero a patti e concessero quello che, comunemente, passa sotto il nome di Welfare State. Vero è che questa autocoscienza non portò nell'Europa industrializzata alcun sovvertimento dell'ordine sociale, ma ciò è in gran parte dovuto a ragioni e a circostanze storiche precise, compreso lo scoppio di due opportune (opportune in senso capitalistico) guerre mondiali (riguardo alla Rivoluzione d'ottobre, la penso esattamente come Olympe de Gouges).
Per ritornare al primo punto: finché nelle zone a sovranità limitata ci si occupa di affari paralleli (e contigui) a quelli della borghesia (per esempio con lo sviluppo del mercato illegale di merce ancora fuori mercato, tipo la droga), a parte qualche retata ogni tanto che segue generalmente a sconfinamenti di campo troppo arditi, tutto procede nella norma: pecunia non olet.
Quando invece certuni pretendono di sovvertire l'ordine costituito, gli Stati si preoccupano e, dopo un po' di panico iniziale, iniziano serie contromisure. Di solito, sinora, esse hanno funzionato.
A margine occorre chiedersi perché nella mente di tanti giovani jungeriani in pectore faccia breccia il rincoglionimento islamista. E, paradossalmente, finché giustificano il loro impegno per le gioie che - essi credono - ci saranno ad attenderli nell'aldilà, beh, certe allucinazioni sono comprensibili perché rientrano nel patologico; incomprensibile e intollerabile è, invece, lo scopo immanente della loro sovversione: la sharia, l'instaurare in Europa un regime islamico tipo quello adesso presente in Arabia Saudita o Sudan o dnegli Emirati Arabi eccetera. Beh, dato che tali stati esistono già, vadano laggiù a fare i loro bravi concorsi nella guardia monarchica, per oliare le corde o le fruste o dirigire il traffico di soli autisti maschi.

Scherzi a parte: il fondamentalismo religioso islamico è, a mio molesto avviso, il nipote ribelle dell'irrazionalismo europeo: se i bisnonni e i nonni uccisero Dio per mettere nei forni (e negli altiforni) gli uomini, i nipoti lo fanno rinascere per avere una ragione del cazzo in più per non disperdere l'eredità di assassini (e testedicazzo).

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

il marx citato da venturi non c'entra nulla, è un giochino vecchio quello di citarne il nome a sproposito solo per dire che "aveva torto". merda e distintivo.