lunedì 9 febbraio 2015

Apologetica diretta e indiretta

«Mentre l'apologetica diretta si preoccupa di nascondere, di contestare in modo sofistico, di far sparire le contraddizioni del sistema capitalistico, l'apologetica indiretta prende le mosse proprio da queste contraddizioni, ne riconosce l'effettiva esistenza e l'impossibilità di negarle come dato di fatto, ma ne dà un'interpretazione che – nonostante tutto questo – torna a vantaggio della conservazione del capitalismo. Mentre l'apologetica diretta s'ingegna di presentare il capitalismo come il migliore degli ordinamenti, come la vetta suprema e definitiva dell'evoluzione dell'umanità, l'apologetica indiretta mette in rilievo senza riguardo i lati cattivi e gli orrori del capitalismo, ma afferma che essi non sono proprietà specifiche del capitalismo, ma della vita umana, dell'esistenza in generale. Ne consegue necessariamente che la lotta contro questi mali appare fin da principio non solo come vana, ma come qualcosa di assurdo, come un tentativo di distruggere l'essenza stessa dell'uomo».

György Lukács, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino 1959 ( pag. 208, traduzione di Eraldo Arnaud)

Se avessi un forziere elvetico, è presumibile sarei un pessimista cosmico, alla Schopenhauer. Se invece non ce l'avessi - come di fatto non ce l'ho - allora più che asciugarmi le lacrime col velo di Maya, comincerei oltreché a sfanculare contro i figli di troia che affamano il mondo, a meditare sul perché pochi d'essi riescono a farlo in bella guisa senza che nessuno dica pio. Se non lo facessi e continuassi a credere che, lo dico a stronco, il mondo è volontà e rappresentazione, che è naturale ch'esistano superòmini che ciucciano il ciucciabile e il resto, la ciurma di contorno, mangi macedonia di polvere e catrame, allora, lo dico francamente, mi sentirei nel fondo, non dico colpevole, ma un po’ complice sì, leggermente, perché mi sentirei di soffiare sulle vele di chi già ha il vento in poppa e in culo - e scorreggia sul  mondo, il mondo che non è rappresentazione, no, prova a strusciare il cazzo contro un muro, Arturo, e senti come brucia.

2 commenti:

Romeo ha detto...

"... l'apologetica indiretta mette in rilievo senza riguardo i lati cattivi e gli orrori del capitalismo, ma afferma che essi non sono proprietà specifiche del capitalismo, ma della vita umana, dell'esistenza in generale. Ne consegue necessariamente che la lotta contro questi mali appare fin da principio non solo come vana, ma come qualcosa di assurdo, come un tentativo di distruggere l'essenza stessa dell'uomo" (Lukács) Ma che dice qui, il caro Lukacs? La lotta contro i "lati cattivi" dell'uomo (considerati dagli apologeti del capitalismo come sua natura e non come prodotti di certo sistema socio-economico come è quello da loro difeso) sarebbe un "tentativo di distruggere l'essenza stessa dell'uomo"? Cioè l'apologetica indiretta sarebbe così estremista, così nazista? Magari fosse tanto grezza, l'apologetica indiretta del capitalismo!

Quanto a Schopenhauer...a me fa paura, e non certo perché neghi la realtà della realtà, come è facile attribuirgli travisando il suo pensiero, ma perché temo che la sua visione della "volontà di vivere" sia esatta, e di questa "volontà" non posso fare a meno di essere manifestazione: per vivere, essendo biologicamente un animale, devo necessariamente mangiare altra vita, animale e/o vegetale. Se non te ne frega niente, di questo aspetto biologico, beato te: per quanto so di me in parte lo accantono, in parte mi risolvo nel pensiero che così sia, visto che non può non essere, ma almeno che sia lo stretto necessario per quel che riguarda gli animali uccisi e macellati per tenermi in vita - se ne può anche fare a meno ma ancora non ci sono arrivato del tutto - e soprattutto che il vita-mangia-vita, il "peccato originale" inevitabile anche per i vegetariani stretti, non venga considerato "naturale" anche nel rapporto tra umani - ciò che fanno con molto accanimento gli "apologeti indiretti" del capitalismo.

Luca Massaro ha detto...

Riguardo alla seconda parte: rispetto i tuoi dilemmi, ma il problema della volontà, una volta "nato", mi sembra secondario. È chiaro che per vivere bisogna respirare, nutrirsi, produrre orina ed escrementi. È inevitabile per vivere esistano "sacrifici" di altri viventi. Occorre trovare il modo meno offensivo, doloroso, violento, ecologico... convengo.

Ma riguardo alla prima parte, tu indovini proprio dove Lukacs andrà, dopo aver esaminato il pensiero di Schopenhauer, a parare. A Nietzsche e alle derive totalitarie e nichiliste del pensiero fascista e nazista.
Proprio così.