giovedì 23 aprile 2015

Dignità e capitale: due mondi paralleli

Questa è gente comprensibilmente preoccupata e giustamente incazzata; è quindi con somma delicatezza che cerco di esporre quanto segue:
"Devono darci il lavoro altrimenti restiamo senza dignità" [*
E se vi dessero i mezzi di produzione? Vale a dire: lo Stato  procede a un esproprio dello stabilimento e ne affida la direzione ai dipendenti al fine di mantenere lo standard produttivo e occupazionale. Ammettiamo poi che, per un certo periodo, magari anche sotto la spinta pubblicitaria di comprare “italiano”, la produzione riesca a trovare il suo “naturale” sfogo nel mercato. Ammettiamo in seguito che, dopo tale ondata di acquisti, giunga un calo “fisiologico” delle vendite per cui sarà prima rallentata la produzione, per poi, infine, cessare del tutto: con la merce prodotta che sta ferma in magazzino in cerca di improbabili acquirenti, chi è che pagherà gli stipendi e fornirà soldi e dignità ai lavoratori?

Siamo di fronte soltanto a una nuova dimostrazione del fatto che lo scopo del capitalismo non coincide (se non, a volte, lateralmente) con lo scopo dei lavoratori, che c'è un solco incolmabile tra chi cerca soltanto la valorizzazione del capitale e chi, invece, soltanto (soltanto?) la dignità (ovverosia: soddisfacimento dei bisogni essenziali della vita)...

E allora? In attesa dell'improbabile, credo che per i lavoratori della ex Indesit sarà più facile trovare la dignità andando a mangiare e bere gratis dentro il fortino della Nato: foss'anche solo per riprendere un po' di soldi dei contribuenti italiani.

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