martedì 23 giugno 2015

Dieci ordini

Ho ricevuto degli ordini. Li ho eseguiti. Uno diceva: sii te stesso. Mi sono impegnato. L'ordinante non è molto contento del risultato perché - sostiene - non ho dato adito a tutte le mie potenzialità. «Cazzo ne sai», gli volevo rispondere; poi ho capito che egli, in fondo, non è un buon aristotelico, quindi parli pure, ordini pure, lo ascolterò a mezzo orecchio.
Il secondo ordine imponeva: onora chi devi onorare. «Le onoranze funebri», ma non l'ho detto, l'ho solo pensato, lo scrivo ora, più libero dal timore di essere equivocato. La mia risposta è frutto della seguente considerazione: a parte quei pochi che si rivolgono a delle cliniche private, generalmente si nasce gratis negli ospedali pubblici. Morire invece no. Morire costa. Carissimo. Secondo me, dovrebbe essere lo Stato a occuparsi dei propri cittadini morti, tanto quanto si occupa dei nascituri. Una cassa da morto: quanto cazzo costa una cassa da morto? E farsi bruciare le carni e macinare le ossa? Il morto potrebbe ricevere la tredicesima anticipata o un'ulteriore liquidazione?
Il terzo ordine comandava: mastica amaro. Una fatica per chi, come me, ama il miele. «Scambio consonantico», suggeriva l'ordinante. «Fada a fanculo», ho risposto, sputando il fiele.
Il quarto ordine: olio di gomito. A questo punto ho preso l'ordinante da una parte e gli ho chiesto se, per favore, poteva prestarmi il fianco, quello destro. «Per fare che?» mi ha domandato, sorpreso. «Per piantarle il mio ossuto gomito nel fegato», l'ho ammonito.
Il quinto ordine: rifletti sulla natura transeunte delle cose due volte al giorno, dopo i pasti. Un ordine probiotico.
Il sesto: stai. «Carta», ho invece chiesto. 8½: ho sballato.
Il settimo: prescindi. 
L'ottavo: non detrarre gli scontrini della farmacia.
Il nono: Luigi.
Il decimo: la sera, prima di coricarti, pàssati in giudicato. «Non ce la faccio: ho bisogno di un ulteriore appello». L'unico ordine che non ho avuto il coraggio di eseguire.

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