giovedì 31 dicembre 2015

Fare poesia

Una poesia perfetta sarebbe
quella che afferra il presente
lo sbatte per terra e ci parla
prima e gli soffia leggera
nelle orecchie
lamenti preghiere parole
che via via si fanno
più fioche finché
resta il sospiro
il desiderio di prenderlo
e dirgli«Ti vivo»
che vale un «Ti scopo»
senza uno scopo
come se non ci fosse
un dopo
nelle rosse frequenze del cuore.
E il presente ci sta
e comprende
che senza la vita
sarebbe niente.
«Soltanto una cosa:
parla, continua
a dire qualcosa;
ma trova
una scusa migliore
per continuare a farla».

[...]


È morto, dicono suicida ma non è chiaro, Ian Murdock, il fondatore di Debian, il sistema operativo universale, universale nel senso che "gira", volendo, su tutti i computer, vecchi e nuovi, adattabile, libero, solido, gratuito.
Ne danno conto diversi canali d'informazione, qui segnalo il post di Paolo Attivissimo; poi l'articolo di Libération e, infine, questo resoconto dettagliato - e stringato e aggiornato - che riporta per intero le ultime parole pubbliche (tweet) di Ian Murdock.

Siccome da anni, nella versione customizzata da Linux Mint, uso tale sistema operativo, voglio rendergli omaggio e ringraziarlo adesso, qui.

mercoledì 30 dicembre 2015

Chiedi alla polvere

Carpe Fucking Diem. Published by Steidl. © Elina Brotherus
Stasera non dovrei scrivere. Sono giorni in cui sarebbe meglio evitare di scrivere perché c'è il rischio concreto di fare discorsi da fine anno, bilanci compresi. Ma non mi do retta.
Sarà perché non mi va nemmeno di rileggere quello che ho scritto durante l'anno: una buona scusa per continuare a scrivere. 
Se meditassi sui giorni passati, su quello che ho fatto, detto, scritto, scambiato, respirato, ingerito, espulso, assimilato subirei una sorta di blocco bloggeristico. Per questo scrivo: la scrittura è un ottimo lassativo. Regolarizza. Così piena di fermenti. Stimola. Sono anche dimagrito (sia detto a mio disdoro).

Forse. È importante sentirsi sfuggente, schivare la fissità, evitare con cura ogni tentativo di essere assurto (assurdo!) a punto di riferimento, a modello. I discepoli sono la peste del mondo. Codazzo fanatico, mimetico. Ma non c'è pericolo: qui si fa di tutto fuorché dire: “Seguitemi”. Anche l'ombra soffre la situazione e si sente incompresa. 

Duemilaquindici è un addendo. L'altro è: 13,798 ± 0,037 miliardi di anni (recente calcolo dell'età dell'universo). Fate la somma.

Siamo vecchi, anche se siamo nati parecchio tempo dopo l'inizio, portiamo dentro di noi le tracce d'esso. C'è chi scorreggia, chi si fa esplodere, chi parla, chi scrive... Ogni giorno è parte della storia dell'universo, come la polvere.

martedì 29 dicembre 2015

965

Leggendo un articolo di un professore della Sorbona e poi vedendo questo servizio su France 2 mi sovviene il timore che la Repubblica francese si stia avviando sulla stessa strada intrapresa dalla Repubblica americana. 
Anche se il medagliere lo vinceranno sempre, giocoforza, le grandi nazioni.

via Washington Post

Dati e diti medi

C'è un interessante articolo di Marco Cattaneo su Le Scienze che spiega perché bisogna essere cauti nell'utilizzo dei dati statistici per non prendere cantonate che potrebbero farti pensare e parlare come un Mario Giordano o un redattore anonimo del blog grillesco.

C'è però un P.S. la cui conclusione non mi convince per niente. Lo riporto:
P.S. Un'ultima segnalazione per i Salvini e i Giordano di questo mondo. Più che preoccuparsi dei defunti, dovreste pensare ai nascituri. Se guardate al bilancio tra nascite e morti dei primi otto mesi del 2015 (e lasciatemi citare Wikipedia, per una volta, che comunque riporta fedelmente i dati ISTAT…), scoprirete con orrore che il bilancio è di 318.628 nascite contro 444.658 decessi: -126.030, un record assoluto dal dopoguerra a oggi. E la proiezione (omogenea, sì, me ne rendo conto) delle nascite a fine dicembre arriva a malapena a 477.942. Venticinquemila in meno del 2014, il dato più basso dal dopoguerra, con un tasso di natalità per la prima volta inferiore all'8 per mille (solo tre anni fa era ancora sopra il 9). Il che significa che, Fornero o meno, per pagare le vostre pensioni avremo bisogno di più immigrati che lavorino al posto vostro.
«Per pagare le vostre pensioni avremo bisogno di più immigrati che lavorino al posto vostro».
Ora, indipendentemente dal fatto che mandare in pensione (minima) Salvini e Giordano è un auspicio altamente condivisibile, sostenere che per pagare le future pensioni servano più immigrati (e cioè: più salariati) è una sintesi che non è solo arbitraria, bensì racchiude il peggio dello stereotipo economicista sulla previdenza sociale. Infatti, oltre a non accennare minimamente alle cause del crollo della natalità, vi si presuppone, a torto, che il numero dei lavoratori occupati sia una costante tra le generazioni e che quindi se il tasso di natalità degli italiani fosse simile a quello che c'era negli anni Sessanta o Settanta dello scorso secolo, beh, nessun problema: a pagare le future pensioni potrebbero pure essere i giovani autoctoni se le coppie italiche si decidessero patriotticamente a figliare.
E invece - e credo che pure Marco Cattaneo possa convenire - il numero dei posti di lavoro disponibili non sarà neppure garantito a tutti quei pochi nati di adesso, tanto che un cospicuo numero d'essi andrà a gonfiare la percentuale a doppia cifra della disoccupazione giovanile. Gli immigrati lavoreranno ugualmente? Sicuro? E se sì, in quale tipo di lavori? Quelli che saranno creati dalla nuove tecnologie o dall'aumento della spesa pubblica una volta saltati i parametri di Maastricht? In pratica, a coltivare patate su Marte...

Che delusione. Mantenere un profilo di accortezza di fronte a certi dati è, ripeto, doveroso, e purtuttavia, non è un dato incontestabile che l'attuale sistema economico e produttivo è arrivato a uno stadio in cui ostinarsi a non vederne il fallimento è un po' lo stesso atteggiamento filosofico del Cremonini che si rifiutò di guardare dentro il cannocchiale di Galileo?


Come avrete potuto constatare, si va verso un mondo in cui conviene sempre più nascere e morire (?) dentro quello 0,7% dell'umanità.

lunedì 28 dicembre 2015

Affetto serra


Non me ne vogliate, ma oggi ho contribuito alla deforestazione e quindi, o cittadini, sappiate che se c'avete lo smog è anche un po' colpa mia. Purtuttavia non preoccupatevi: se volete, con un piccolo contributo di spese postali, vi mando una boccetta d'aria di bosco tagliato. Con la motosega¹.

______
¹ Motore a due tempi alimentato da una miscela di benzina verde (!) e olio sintetico: fa più puzzo di una ibrida.

domenica 27 dicembre 2015

Una bruciatura e un tesoro

Al ritorno di Luigi.

La lezione politica ricevuta da Machiavelli in Francia è racchiusa in poche parole, cocenti come il disonore. Le esterna nella lettera del 27 agosto 1500 inviata ai Dieci di Balìa, quando li avverte della reputazione di cui godono presso la corte del re di Francia: «Né pensino le Signorie vostre o che buone lettere o buone persuasioni ci vaglino, perché le non sono intese». I ministri del re di Francia sono accecati dalla propria potenza e al Segretario preme avvertire i suoi signori: «E reputanvi pro nihilo». Inoltre, per mettere ulteriormente il dito nella piaga, il Segretario rafforza il suo proposito con la solennità del latino. Il motivo della nullità italiana? Georges d'Amboise glielo spiega tranquillamente in occasione di una discussione a Nantes nell'autunno del 1500: gli italiani «non s'intendevano della guerra». Ci sono parole che pesano una vita, cadono sul fondo della coscienza con il rumore cupo e sordo di un proiettile su un vassoio d'argento. Per Machiavelli, le parole del cardinale d'Amboise sono una bruciatura e un tesoro. Più che un'umiliazione è un disincanto, quasi un'emancipazione: finalmente Machiavelli si è liberato dell'apparenza delle parole, senz'altro ancora frastornato ma ormai deciso ad approcciare, anche lui, la «verità effettuale della cosa».
[…]
Nel terzo capitolo del Principe, tredici anni dopo l'ambasciata francese, Machiavelli impasta la materia politica delle sue lettere di legazione, a volte riprende parola per parola (come in questo caso) alcune formule stilate nell'ardore dell'azione, ancora incandescenti per l'offesa subita, un'offesa salvifica in realtà. «Ne è miracolo alcuno questo, ma molto ragionevole ed ordinario. E di questa materia parlai a Nantes con Roano, quando il Valentino (che così volgarmente era chiamato Cesare Borgia, figliuolo di Papa Alessandro), occupava la Romagna; perché dicendomi il Cardinale Roano, che gl'Italiani non s'intendevano della guerra, io risposi, che i Francesi non s'intendevano dello Stato».

Patrick Boucheron, Leonardo e Machiavelli. Vite incrociate, Viella, Roma 2014 (edizione originale Lagrasse, 2008; traduzione di Michela Paternesi)

sabato 26 dicembre 2015

Dio tace ma c'è chi parla per lui

 «La Palestina non sarà la vostra terra, né la vostra casa, ma il vostro cimitero. Allah vi ha raccolto in Palestina perché i musulmani vi uccidano». Lo ha detto oggi il leader Abu Baker al-Baghdadi in un messaggio audio. via  Il Sole 24 Ore.
Premesso che con le testedicazzo c'è ben poco da scherzare, credo tuttavia che, da un punto di vista ebraico, esercitare un sano umorismo, sia di fatto elevarsi a uno stadio evolutivo ben superiore di quello di coloro che sacrificano la mente alla barbarie, alla violenza e alla glorificazione dell'Inesistente.
Quindi - pur toccandosi, insieme, le palle e la pistola in dotazione - alla voce: «La Palestina [...] sarà il vostro cimitero», credo che al Bako vestito di nero sia saggio replicare così: 
«Ah, burino: il cimitero è la casa eterna per definizione. Vattela a pija' 'nder culo de retromarcia».
Infine, alla voce: «Allah vi ha raccolto in Palestina perché i musulmani vi uccidano», rispondere: 
«Se è Allah che ci ha "raccolto", com'è che ci ha armato per difenderci per benino? Forse perché gli piace veder morire gente come voi?»

venerdì 25 dicembre 2015

Ecumenismo natalizio

Ieri mattina, un bar, un caffè. Entra un giovane uomo di colore, senegalese forse, un venditore ambulante classico e tuttavia moderno, in testa il cappello di Babbo Natale con le lucine e la borsa a tracolla con vari oggetti che cerca di vendere. «Signori, fate regalo, per favore». Una signora gli compra una collanina, un paio d'euro. Lui si rivolge al barista per un panino. «Al tonno, per favore». «Sono finiti. È rimasto quello al prosciutto». «Ah, peccato, allora niente, non posso». Gira i tacchi ed esce.

Stamani, stesso bar, stesso caffè. Entra un uomo sulla quarantina, un macedone che vive da circa tre lustri in questa zona di mondo. Si vocifera che, da pochi anni - forse perché rimasto disoccupato o forse perché stanco di fare il manovale o il tagliatore di boschi -  "studia" per diventare un imam (ammesso che non lo sia già, prima non era affatto religioso). 
Al barista che prepara gli aperitivi dice che oggi per lui non è un giorno di festa.
«E allora, che cazzo me ne frega», risponde il barista.
«Eh, ma non lo è neanche per voi: è una festa pagana; infatti, mica pregate, macché: mangiate, bevete e poi fate incidenti stradali e muoiono le persone».
«Voi le persone le ammazzate direttamente».
«Ma non è più una festa religiosa la vostra, questo voglio dire».
«Per alcuni è anche religiosa, per altri, come me, è festa e basta, anche se non per me: come vedi, sono a lavorare, quindi non rompere i coglioni e se non ti va bene, torna a casa tua e prega chi e quanto cazzo ti pare».

Avanzamenti nel tempo

« Ogni uomo va morendo di ventiquattro ore al giorno. Ma a prima vista non si riconosce precisamente in nessun uomo di quanti giorni egli sia già avanzato verso la morte. Però questo non impedisce alle società d'assicurazione sulla vita di trarre dalla durata media della vita degli uomini conclusioni sicurissime e, quel che è molto più, assai profittevoli. » 
Karl Marx, Il Capitale, Libro I, Cap. 6.

Diversi anni fa, la mattina della vigilia di Natale, andavo in banca a farmi dare un'agenda di regalo, nella quale, ad anno nuovo, iniziavo ad annotare piccole inezie, quello che mangiavo, cosa compravo, quanto mi toccavo, quante sigarette fumavo. Anche i sogni descrivevo, quando me li ricordavo o avevo voglia. A volte persino delle poesie vi appuntavo, ma poche: per esse preferivo un quaderno a parte, a quadretti.
Anche stamani sono andato in banca, l'Etruria, non per l'agenda, ma perché a volte il bancomat fa i capricci. Al mio turno, mi sono seduto davanti alla scrivania della bancaria vestita di nero e, dopo aver verificato se ci fossero difetti alla carta, le ho chiesto se davano ancora in omaggio quelle agende di una volta, rilegate in pelle.
Dopo aver risposto che no, da anni non le regalano più, lei ha continuato, sorridendo:
«E poi per raccontare le proprie masturbazioni - cerebrali e non - ci sono i blog no?»
«Piuttosto i social network oramai», ho replicato.
«Da quelle parti si chiamano pippe», ha concluso.



giovedì 24 dicembre 2015

Canone Mentana

Sulla riforma Rai non sono preparato. Non sono preparato su quasi niente di quello che questo governo fa. Ogni suo fare mi trova impreparato perché disattento, disinteressato, distopico. Nessun snobismo, per carità, atteggiamento casomai da riservare a cose più importanti.
Ciò nonostante, capita che qualche notiziuola circa l'operato governativo giunga alle mie antenne fuori sesto, la riceva, la elabori ed emetta un giudizio.
Sulla riforma della Rai: ripeto, non sono preparato. Però mi sembra che la modalità di pagamento del canone tramite la bolletta della luce sia una mossa azzeccata (trovo ingiusto però che coloro che non possiedono televisori la debbano pagare lo stesso o che debbano impazzire per dimostrare di non averlo).
Per il resto: la Rai è lottizzata oggi, lo sarà domani, conservo un sano pessimismo a prescindere sulla questione (compresi i capistruttura e le sedi regionali con tanti simpatici lavoratori che ci fanno tanti bei servizi sull'arte, sull'agricoltura e sul caffè decaffeinato: Marco Hagge dixit)

Perché questo post?
Ho letto una intervista a Mentana nella quale viene dichiarato quanto segue:
«Se è vero infatti che il canone in bolletta è un ottimo rimedio contro l'evasione dall'altra parte frutterà a Viale Mazzini 420 milioni in più. E questo, si chiede Mentana, "che effetti avrà sulla concorrenza con le aziende private? Per di più, in una fase in cui c'è un incredibile calo degli introiti pubblicitari, per tutti". Insomma, la Rai "avrà una forza enorme", rischia di affondare Mediaset e La7 e l'unico modo per arginarla è "fissare un tetto".»

 ... e mi è sembrato un ragionamento di merda. Per una volta che è stato trovato un sistema per arginare l'evasione del canone - odioso da pagare quanto si vuole, ma è pur sempre una tassa - cosa lascia intendere chiaramente il direttore del telegiornale di una tv privata? Che era meglio prima quando il canone lo pagavano soltanto dei poveri bischeri, probabilmente lui compreso?
Di più: durante i favolosi anni dell'evasione del canone il problema del tetto sui ricavi pubblicitari dell'azienda pubblica non era un problema perché i mancati introiti da evasione erano compensati dai ricavi pubblicitari?
Augh.

mercoledì 23 dicembre 2015

Etruria ieri

In una delle biblioteche comunali dell'Etruria e del Lazio guarda un po' che cosa ho trovato:




martedì 22 dicembre 2015

Exit

da Uscita di sicurezza del grande Altuna

Tramite un rimbalzo internautico, da poche ore sono venuto a conoscenza della vicenda di Dominique Velati e ci sono rimasto male, sì, come se l'avessi conosciuta e fosse stata una persona cara.
Non è così, lo è diventata nello spazio del suo racconto, quello finale, espressione di una forza di volontà e di un coraggio che mi lasciano senza fiato, come una partenza di un razzo a Cape Canaveral, io sdraiato al suolo stupefatto dalla luce e dalla potenza umana espressa in una scelta.

La scelta, scegliere, il continuo essere messi alla prova, chiamati in causa, a decidere, tagliare, affettare se stessi e gli altri... 
Dicono che la vera umanità passi da quelle parti. Sarà per questo che sovente mi sento tanto fratello di Gregor Samsa.

Perché? Eppure nessuno sceglie di nascere.

La Svizzera.

Ci sta mia suocera e altro parentado. E mia suocera ha una tessera in tasca, di un club che si chiama Exit. Uscita di sicurezza. Paga una quota annua, non troppo cara, come quella della Lipu, suppongo. E ciò le dà - diciamo meglio: darà diritto di scegliere di morire doucement, nel caso in cui fosse (scongiuri per lei) colpita da una malattia incurabile che potrebbe condurla all'infermità mentale o allo strazio fisico. Non può scegliere l'eutanasia per il mal di vivere, per intendersi.

Dominique Velati ha pagato 12.700 euro.

Altro tipo di obbligazioni.

Coincidenze astronomiche

«Essendo un momento astronomico così ben definito capita anche ad un orario preciso, anche se non è mai lo stesso di anno in anno: quello di oggi è avvenuto alle 5.49 del mattino» [via]
Questa mattina, in preda a un sogno inquieto, una botta di caldo, arsura e voglia di orinare mi sono svegliato esattamente, e bruscamente, a tal ora.

E non ero in Australia, no.

lunedì 21 dicembre 2015

Anche le spugne nel loro piccolo s'incazzano

Ho visto e ascoltato cinque minuti cinque a otto e mezzo tre ospiti, un filosofo coi capelli neri e la folta barba punteggiata di pelucchi bianchi, un giornalista quarantenne che ha rammentato Fanfani perché almeno con lui si poteva conversare su Max Weber e non soltanto sulla Playstation e un politico coi capelli bianchi professore di geopolitica del Mediterraneo della Libera Università di Maria Sant'Assunta (Gesù: «Mamma, che cazzo di male s'è fatto nella vita?») e insieme discutevano dello sfaldamento dei partiti tradizionali, del crollo delle socialdemocrazie e pure dei partiti di orientamento cristiano democratico popolare e il politico e il giornalista si trovavano concordi col filosofo perché questi aveva fatto una fotografia della realtà, dunque è un fotografo, altro che filosofo, perché per fare le fotografie bastano i fotografi, è vero, i filosofi dalle fotografie dovrebbero tentare delle analisi filosofiche nonché politiche e nessuno dei tre in quei cinque minuti cinque che abbia tentato di spiegare la realtà fotografata, quella dentro il campo e quella fuori campo, niente, muti, anzi no: loquaci, parole su parole, frasi su frasi che se uno le mette insieme non ci viene fuori neanche una catenina di madonne e di ave gloria per il rosario, cosicché dopo cinque minuti cinque, ho detto basta, vadano affanculo insieme alla signora dallo zigomo imbotulinato che conduce siffatto programma, preferisco guardare Spongebob dove si narra di Squiddi che, accusato di furto della monetina portafortuna da Mr. Krabs, si licenzia, non trova lavoro, si trova sul lastrico, finisce per chiedere l'elemosina e quindi viene salvato e portato a casa da Spongebob, che lo accudisce in tutto e per tutto; e il calamaro scorbutico si adagia così bene sull'ospitalità offerta dall'amico, che alla fine persino il sempre gioviale e servizievole Spongebob sbotta e lo caccia fuori di casa.
C'è molta più vita sott'acqua che in uno studio televisivo.

domenica 20 dicembre 2015

Grano Verna

Recentemente venuto alle cronache perché almeno la metà dei cittadini si è fatta fregare dalle obbligazioni subordinate di Banca Etruria e per questo al centro di numerosi servizi dedicatigli dalle principali testate giornalistiche e tele-giornalistiche italiane, Chiusi della Verna è un piangente villaggio ubicato ai piedi del celeberrimo Santuario della Verna (là dove san Francesco ricevette le stimmate) e per ciò stesso meta di numerosissimi pellegrinaggi, compresi quelli del terzultimo e del penultimo papa (chissà quando il presente, Francesco I, vi si recherà a farsi un piercing sui palmi).

Accidenti che cappello che ho fatto. Togliamocelo.

Io la cresta della Verna la vedo da casa mia. 
Il monte della Verna è quello con la gobba e sulla punta c'è il Santuario


Tuttavia, faccio prima ad arrivare sul viale della Giovane Italia, parcheggiare e andare a piedi in Santa Croce che andare da quelle parti. Comunque è un bel posto, a parte i giorni di festa con tutto il turismo religioso che s'ammassa. Da un lato, a ovest, vedono l'Arno. Dall'altro, a est, il Tevere. Dove pisciano pisciano, o Firenze o Roma le beccano comunque.

Sarò stronzo, ma non provo tanta pena per i truffati da Banca Etruria a Chiusi. Per le ragioni elencate da Olympe de Gouges, certo (1, 2), ma anche perché la scusante che lassù è presente solo quella banca non tiene in considerazione che c'è pure l'Ufficio Postale (meglio non fare la fila e comprare una subordinata che rompersi le palle alle poste con i fruttiferi?). A parte ciò: anziani o non anziani, analfabeti in economia o meno, come cazzo si fa a mettere tutti i risparmi nel solito buco?
E poi: con i frati a un paio di chilometri, si potevano far insegnare da loro come investire e far fruttare i quattrini. Scommettete che i francescani non hanno perso un centesimo?

Infine.
In uno dei suoi libri più belli, Un viaggio in Italia, Einaudi, Torino 1983, Guido Ceronetti, nel terzo capitolo, racconta:


Ecco. Sulla Verna ho detto tutto. Ma niente sul grano.

sabato 19 dicembre 2015

Saudade

Ho serie difficoltà a inserirmi nel presente dibattito politico per un mero conflitto d'interessi: opposti. Forse parto dall'assunto inequivocabile che l'Italia, per definizione, non è un paese riformabile. Poi estendo l'assunto all'Europa e, successivamente, al mondo intero - e mi scòro. La vita non è che la continuazione della politica con altri mezzi (e punti fidejussori).

Oggi mi sento male: ho appoggiato un orecchio a un braccio e non ho sentito il mare. Ogni tanto mi ausculto, mi esamino e faccio una diagnosi all'impronta: verbalizzo, per capirsi. Quindi? Morirò, a data da stabilirsi. Dopo che sono morti Andreotti e Gelli ho perso ogni speranza nell'immortalità. Tra l'altro, il secondo è nato in una provincia come me, scriveva poesie come me, e partecipava a premi letterari non come me: ognuno ha una concezione diversa di dignità (ho letto molto Bernhard, da giovane).

Comunque troppa atarassia sfinisce i coglioni. Ma sono convinto che conserverei quel substrato di tranquilla insoddisfazione anche sdraiato su una spiaggia di Salvador de Bahia con una menina accanto che mi soffia «Você está bem?» nell'orecchio, lo stesso di adesso che non sente il mare.

venerdì 18 dicembre 2015

Chambre close


Ogni tanto guardo volentieri le donne ignude. Io le metterei pure in mostra, ma poi quei bacchettoni di Google pretendono che faccia diventare il blog fruibile soltanto da adulti che si dichiarano consapevoli di visualizzare contenuti per adulti. Che ragazzi.
Sicché lasciamo perdere. Linko. Ci sono arrivato per caso (dicono tutti così) e voglio che voi, invece, per necessità. Ce ne sono un po' con molto pelo, era l'epoca in cui usava, adesso usa meno, per maggior gloria depilatoria (si sente che amo le rime baciate).
Da ragazzo, in discoteca, conobbi una che si chiamava Bettina, ma preferiva la chiamassimo Betty perché non voleva aver nulla a che fare coi socialisti. A me toccò il piacere di conoscerla in un pomeriggio domenicale, era l'epoca che d'inverno al pomeriggio di domenica si andava in discoteca. E si fumava dentro le discoteche, spesso le Camel e anche qualche altra roba nei confronti della quale ho avuto sempre delle perplessità legate alla legalità (mica come Martelli in Kenia) - e tuttavia, mi ricordo come l'odore acre di fumo (non di Camel) svanì presto nell'abbondante salivazione d'un bacio. Baciavamo a pesce, tipo l'orata, tutti di fianco, pronti per la padella. Meno male c'era un dj intelligente che ci riportava in pista prima che fossimo completamente lessi.

giovedì 17 dicembre 2015

Albanet

Perché sono qui? Non vorrei esserci, vi sono costretto, spalle al muro anche se al muro le spalle sono di qualcun altro, il curatore fallimentare presenta il conto, inutile incazzarsi con lui e infamarlo, spingerlo, agitare le mani davanti alla sua faccia, gli indici soprattutto, per veicolare meglio la rabbia, il debito, il fatto che sono nel posto sbagliato al momento sbagliato, in una costrizione nei confronti della quale niente ho fatto per ribellarmi, mi ci sono adagiato, convinto di sapermi difendere, saperla domare, saltarci sopra e percorrere le ore, i giorni, una vita, una necessità accessoria. Guardarsi intorno e non trovare alcuna uscita di sicurezza.

Ma forse.

Sono qui perché nessuno me l'ha detto, nessuno mi ha costretto, spalle comode allo schienale d'una sedia. Se il curatore bussa, gli dico di passare più tardi, anche domani, do retta soltanto a quel che il corpo richiede, movimenti peristaltici perlopiù o di altra fattura, meno involontaria. D'altronde, in principio era l'ascolto ed è cosa altamente raccomandata rivolgere le orecchie verso l'interno, dentro il proprio caos non originario, bensì originato dalla propria tranquilla insoddisfazione.

Fammi andare, va.

mercoledì 16 dicembre 2015

Un felice annotare

« Da quando una volta, per quasi un anno, era vissuto immaginando di aver perso il linguaggio, per lo scrittore ogni frase che scriveva e con la quale avvertiva anche la spinta alla possibile prosecuzione era diventata un avvenimento. Ogni parola che, non parlata, bensì in forma di scrittura, annunciava la prossima, gli faceva tirare un sospiro di sollievo e lo ricollegava al mondo; soltanto con questo felice annotare per lui cominciava il giorno, e poi, così comunque pensava, fino al mattino seguente poteva anche non accadergli più nulla. »
Peter Handke, Pomeriggio di uno scrittore, Guanda, Parma 1987 (traduzione di Giovanna Agabio).

Che la scrittura avvenga. Eccola. Ifix tcen tcen: oddio, non intendevo proprio così. La fortuna di un bidet a un dipresso. 
A mio agio. Avanti, dunque, verso un «felice annotare»
Quanto pensiero ho prodotto oggi? Mica tanto, Se faccio uno sforzo – e ci ripenso – mi sembra di ricordare quanto segue: in auto, ascoltando una rapsodia di Bela Bartok, il pensiero è corso a quella volta che, a Budapest, d'inverno, quasi tre decenni or sono, c'era ancora la cortina di ferro e in Ungheria, come altrove, comandava un regime comunista sull'orlo del fallimento; ho pensato a quando la nostra comitiva di ragazzi salì sul bus per fare un primo giro della città e la guida turistica, una donna forse più giovane di quanto sembrasse, a ognuno di noi che saliva, proponeva l'acquisto dell'intera discografia del compositore ungherese, cinquanta dollari mi pare volesse e io l'avrei comprato a scatola chiusa il cofanetto di Lp, non perché conoscessi l'autore, ma perché mi piacque così tanto il nome di Bela Bartok - che sentivo pronunciare per la prima volta e da una madrelingua; ma cinquanta dollari erano una somma considerevole che mettevano a rischio il resto di finanze per le mie vacanze...



martedì 15 dicembre 2015

Muti come pesci

Ha un blocco del sapere, come se non volesse saperne di più, come se ne sapesse già abbastanza. Atto di suprema presunzione, ingiustificato, infantile: lo ammette senza mezzi termini, anche perché di quel che c'è da sapere sa pochissimo, e tutto in maniera assai superficiale, approssimata, al limite della sufficienza. O forse, più semplicemente, il suo rifiuto è per difendersi dalla miriade di informazioni contraddittorie proveniente da ogni angolo del mondo.
Voltare lo sguardo, tapparsi le orecchie gli sembrano gli unici atti di resistenza possibile. Quello che accade, succede senza assistervi da spettatore. E questo gli basta per addormentarsi tranquillo, con la coscienza a posto.
E se il mondo si disfarrà, sarà l'unico titolato a dire: «Io non ve l'avevo detto, anche se lo sapevo».

domenica 13 dicembre 2015

Banco d'amore

Lei era bella, io meno: eravamo una bella coppia a metà.
Io l'amavo, lei non so, eravamo sempre sull'incerto. Accettava il mio amore perché si sentiva lusingata, dato che io sapevo amare bene, era il mio mestiere preferito. Lo facevo a ore, infatti, e faticavo d'amore così tanto che non vedevo l'ora di finire la giornata. Andavo a letto esausto e scornato: sprecavo così tanto amore senza esserne del tutto ripagato. Ogni orgasmo era come uno stipendio: subito speso. Non mettevo niente da parte. Seppi in seguito che ciò fu una fortuna, potevo correre il rischio di investire l'amore in un'obbligazione subordinata.
Poi lei andò via e non volle più vedermi: il mio amore era licenziato. Lo iscrissi subito nelle liste di disoccupazione, in cerca di una nuova prenditrice. Una forza d'amore non impiegata non può sussistere. Infatti, di lì a poco, mi ritrovai tutto l'amore sul groppone – e non solo sul groppone – a gravare il mio conto esistenziale.

Decisi di entrare in una filiale della Banca dell'Etruria per vedere se e come potevo risolvere la questione. Ebbi la fortuna che la direttrice aveva uno chignon alto dello stesso tipo che portava la mia ex prenditrice. Le sorrisi guardandola negli occhi. Non bastò. Capii che le mie riserve d'amore non potevano essere depositate. Dovetti accendere un mutuo per vederla sorridere. Io, per contro, mi misi a piangere, più tardi, una volta che compresi che cosa era il taeg.

sabato 12 dicembre 2015

Arrestato Giuliano da Empoli

È il capo dei Pr.

[via]

Quello che mi ha sempre colpito nella Leopolda è il fatto d'essere una fabbrica di idee. Piuttosto del cazzo, in effetti penetranti. Quali menti? Le assorbenti.
Un posto dove la gente ha tanta voglia di fare, di proporre, di indicare e di anularizzare dove va il mondo. Il medio lo usano per altri scopi. Il mignolo per togliersi cerume (Giuliano da Empoli, dopo averne estratto un po' dal suo canale uditivo, ha asserito: «Idee a chilometro zero». «O ciucciale» ha replicato Luciano da Compiobbi).
Che schifo la gente che si scaccola in pubblico. E in privato? Ammettiamolo: occhio non vede, ribrezzo non viene. E infatti io mica ci sono mai stato alla Leopolda.
Ultim'ora: dopo le accuse di Saviano, il Pd fa quadrato sulla Boschi. Che idee geometriche banali. Mai che pensino a un triangolo.

venerdì 11 dicembre 2015

Il Leopoldo

Poniamo che, in un futuro prossimo - dopo inenarrabili conflitti apocalittici - avvenga che le parti in lotta per il dominio restino soltanto due, queste.


Nel caso, se rimanessimo vivi, schiavi diversamente, per chi dovremmo fare il tifo?
Io ho un debole per le latinas.

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Una riflessione veloce sul pensionato suicida di Civitavecchia: se il Governo «pagherà direttamente chi ha subito le perdite», non sarà come suicidarlo una seconda volta? 

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La Leopolda è
«Uno spazio fisico ma soprattutto un luogo dell'anima per chi crede che fare politica sia una cosa bella, un servizio a tempo, un impegno civile. Chi viene per parlare di correnti, discussioni interne, posti di potere può restare a casa. Alla Leopolda sono di casa le idee, i sogni, anche le critiche.»
«Un spazio fisico»:
per capire bene cosa sia uno spazio fisico, occorre forse immaginare il suo contrario: uno spazio mentale. Un blog, per esempio.
«Un luogo dell'anima...». 
Oltre a presupporre li mortacci, mi sembra opportuno supporre che esistano luoghi senza anima, luoghi corporali (chi di dualismo ferisce...), tutta materia e punto spirito, luoghi dove gli unici soffi sono quelli dello sbuffo cortese e della digestione.
«... per chi crede che fare politica sia una cosa bella, un servizio a tempo».
Che per Renzi sia bello fare politica, lo sapevamo da tempo
«Renzi comincia la propria attività politica durante gli anni del liceo. Nel 1996 contribuisce alla nascita dei Comitati Prodi in Toscana e si iscrive al Partito Popolare Italiano, di cui diventa, nel 1999, segretario provinciale. Nel 2001 il PPI confluisce ne La Margherita e Matteo Renzi viene chiamato a coordinarne la sezione fiorentina e, nel 2003, a ricoprire il ruolo di segretario provinciale.» [wikipedia]
«Chi viene per [...] anche le critiche». 
Dato che le critiche sulle correnti e sulle discussioni interne al partito si possono fare soltanto a casa, le uniche critiche possibili a casa Leopolda restano quelle sulle idee e sui sogni. Che siano iscritti a parlare esclusivamente degli psicoanalisti?

giovedì 10 dicembre 2015

Obbligato all'insubordinazione

Volevo scrivere un post sui centomila euro investiti in obbligazioni subordinate.

Ma sono un insubordinato. 

E poi c'è tanta cagnara politica di vario colore.

La cosa che più mi disturba è prendere la difesa degli scornati per il proprio tornaconto elettorale. E bancario. Già. Dopo quello che è successo, i risparmiatori staranno - si spera - più accuorti. Ma non lo saranno mai abbastanza.

I politici hanno fame persino della Cassa dei Depositi e Prestiti...

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La fortuna di non avere soldi è limitata al fatto di non aver modo di preoccuparsi come investirli.
La mia generazione (oddio: la mia generazione) - ossia tutti coloro che andranno in pensione, quando e se andranno in pensione, col sistema contributivo -, quando e se avrà il Trattamento di Fine Rapporto (a volte anale), dovrà giocoforza farne capitale di sussistenza, e grattarlo, come le croste di parmigiano, finché resterà solo il timbro (a pallini) del ricordo.

Dunque, probabilmente, a proporci affari resteranno quelli di Enel Energia: per non finire presto al buio.

Cosicché le motivazioni al suicidio avranno altra natura.

mercoledì 9 dicembre 2015

La voce d'Italia squillò

Reuters
Questa è una partita importante per vedere il "peso" dell'Italia all'interno della Ue. Vedremo cosa il governo riuscirà ad ottenere in questo senso.
Nonostante tutti i distinguo, le riserve, le perplessità e le critiche di fondo che permangono e che certo non mi qualificano come un agit prop renziano, bisogna riconosca un pregevole equilibrio in politica estera da parte dell'attuale governo. Certo, in questo caso, più che gli interessi di natura geopolitica, si fanno sentire quelli da bottegai. In fondo, stante le attuali condizioni produttive, l'Italia deve salvaguardare la propria vocazione prettamente commerciale, da piazzista. What else? 

Vendere, vendere, vendere! 
E venderemo in terra, cielo e mare: 
è la parola d'ordine
d'una suprema volontà.

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P.S.
Sia chiaro che per principio sono contento per il Parmigiano Reggiano e la Bufala (eccetera).

martedì 8 dicembre 2015

Non esiste nulla del genere

« I tedeschi non hanno mai preso la musica francese seriamente. Quando Debussy andò a visitare Brahms a Vienna, un domestico si presentò alla porta. Debussy non aveva preannunciato la sua visita, ma poiché si trovava a Vienna aveva pensato di andarlo a trovare. Bussò quindi alla porta e, alla domanda del domestico che gli chiedeva chi dovesse annunciare, rispose: «Sono Claude Debussy». Brahms gli fece rispondere: «E chi mai sarebbe?», e Debussy replicò: «Un musicista francese». Ma Brahms concluse facendogli riportare dal domestico: «Non esiste nulla del genere», rifiutandosi quindi di riceverlo. »

John Cage, Lettera a uno sconosciuto, Edizioni Socrates, Roma 1996 (p. 91)

« In una lettera a Jacques Doucet del 30 ottobre 1922 […], che è certamente tra le sue più significative, Tristan Tzara scriveva: «Une autre partie de mes poèmes parurent dans des revues italiennes […]. J'étais en correspondance avec A. Savinio qui vivait à ce moment avec son frère G. de Chirico, à Ferrare. Par lui, mon adresse se répandit en Italie comme une maladie contagieuse. Je fus bombardé de lettres de toutes les contrées d'Italie. Presque toutes commençaient avec “Caro amico”, mais la plupart de mes correspondants me nommaient “carissimo e illustrissimo poeta”. Cela me décida vite de rompre les relations avec ce peuple trop enthousiaste. »

Fausto Curi, Perdita d'aureola, Einaudi, Torino 1977

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Scovando, a distanza di pochi giorni, questi due frammenti, ne ho immaginato una connessione. Quale? Il pregiudizio. Vado sul facile. Ne ho anch'io molti. Potrei elencarli, ma non lo faccio per non dargli voce. Mi autocensuro? No, nascondo sotto il tappeto del pensiero le défaillance della ragione. In sostanza, conto sino a tre.

Ultimamente è tutto un contare. Neuroni che perdono tempo a difendersi da sé stessi. Dalle trame del pensare non scaturisce un pensiero fluido e cogente. Ho detto cogente e non coerente. La coerenza è confutabile. Da qui il blocco, anzi: il bloggo bloggeristico.

Scribacchio senza mira. Quante cilecche paratattiche.  Consecutive e allusive. Confidenti nella bontà dell'interlocutore silenzioso che, aldilà dello schermo, consuma alcuni secondi di tempo alfabetico e di connessione per leggere (e comprendere?) un comunicante. 

Quante volte, figliolo? 
Tante. Una per post.

lunedì 7 dicembre 2015

Senza indugio

Oggi pomeriggio, passava il caso, sono entrato in una libreria e senza indugio sono sceso al piano inferiore, ove si trova, tra altre cose, il reparto saggistica e filosofia.
Imbattuto nel primo scaffale a sinistra dell'ingresso al piano, ho letto politologia e ho visto la faccia di Renzi in cima. Quella di Vespa accanto. Sotto, ad altezza piedi, il mezzobusto e un mezzo braccio, sinistro, di Toni Negri, Storia di un comunista. Quante facce. Nei ripiani di mezzo ho dato uno scorcio all'ordine alfabetico e, quando sono arrivato alla lettera "m", ho visto: Machiavelli, Marx. Politologi.
Senza indugio, sono uscito dalla libreria.

domenica 6 dicembre 2015

Cercasi becchini

Con i gladiatori

«Come sappiamo, o dovremmo sapere, il sistema del capitale vive di un moto perpetuo, che un motore spinge questo sistema, instancabilmente, come è inarrestabile, dopo tutto, il livello di potenza produttiva costantemente capace di sollevare: rispettivamente, la produzione del plusvalore relativo, dal punto di vista di ogni distintivo Kapitalentität, la produzione di un valore aggiunto extra, sul percorso di innovazione o, in altre parole, attraverso il miglioramento continuo, aumentando l'efficienza degli strumenti e dei metodi trovati nel ricambio organico con la natura.
Ci ha permesso di non essere sorpresi dal fatto che una volta che la scienza della produzione è stata asservita a certi standard produttivi, ciò porta oltre ogni limite nella automazione della produzione attraverso l'informatizzazione e la robotica come punto finale - nella trasmissione non solo di leadership e di conseguenza in una produzione che non richiede più lavoro vivo: azionamento dell'utensile, ma anche del suo controllo (l'aspetto delle informazioni) sulle apparecchiature.
In altre parole, il capitale variabile è eliminato dal sistema tendeva a completamente e con esso il lavoro vivo, allo stesso tempo e nella stessa misura il valore di tutte le merci, si è ridotto asintoticamente a zero. Ciò che rimane è il capitale costante come forma inconsistente, cioè lavoro morto delle generazioni passate nella loro forma concreta , che, una volta che l'apparato produttivo è stato una volta messo in moto, fornisce valori d'uso di vario tipo.
Ma questo significa che la classe operaia, che ha prodotto a suo tempo il valore, il valore aggiunto e il capitale, si dissolve nel nulla, o, se si vuole: si trasforma in una classe formata realmente da proletarii, il latino è il senso letterale. Questo non vuol dire che tutto il lavoro salariato sia adesso immediatamente annullato; a causa della specificità del sistema, il capitale richiede azioni concrete, che non possono essere automatizzate per il momento (anche se sono senza dubbio in linea di massima già del tutto automatizzate) o, se già automatizzati potrebbe esserlo, ma sono ancora in esecuzione provvisoriamente in modo convenzionale, soprattutto perché il pubblico non è ancora pronto per un cambiamento: così nel "settore dei servizi" (al di là del metabolismo con la natura), in commercio, marketing, pubblicità, in banche e assicurazioni, per non parlare dei lavoratori nell'apparato statale (nell'amministrazione, nelle scuole, nella polizia, l'esercito e la magistratura), nel settore dello spettacolo (teatro, concerti, film, radio, TV, video clip) o nel settore dei servizi personali (servizi di lavoro domestico, di guardia e guardia del corpo, facility management e che cosa come se ci fosse più). Tuttavia, visto in prospettiva, queste attività saranno svolte un giorno automaticamente senza alcun dubbio, in modo che si può supporre che tutto il lavoro salariato evaporerà nel lungo periodo.
Quando si parla di una siffatta prospettiva si può parlare di proletari in senso proprio, di cittadini che, riuniti in termini di produzione, non funzionano più; e ciò accade perché le macchine svolgono un ruolo analogo a quello di antichi schiavi, sui quali, un tempo, era accollato il peso della produzione.
Ma cosa succede in queste circostanze al consumo di tutti i beni che sono prodotti a bizzeffe dall'apparato automatizzato? Il sistema economico e produttivo, non appena si sono persi i consumatori che non hanno più lo status di salariati che consumano il loro potere d'acquisto, non deve necessariamente implodere?
Beh, ancora sembra non essere così. Da una parte ci sono palliativi, che possono assumere la forma di trasferimenti (vedi il "disoccupati reddito di base", quello presente o discusso in molti paesi) come i proletarii a Roma, con la politica dell'Annona,  con il grano Proconsolare d'Africa (ed Egitto), furono nutriti; e dall'altro, il consumo della carità comprende la donazione da un nuovo Wohltätertum - à la Bill Gates e George Soros - un Wohltätertum che l'antica Euergetai deve certamente in nessun modo inferiore.
Infine, in questo contesto, niente ci impedisce di prendere sul serio la proposta Bertolt Brecht, quella di migliorare l'apparato digerente dei ricchi in modo che siano in grado di ingozzarsi di grandi quantità di cibo. In alternativa, si potrebbe poi pensare anche alla progettazione di macchine di consumo che trasformano la ricchezza di beni automaticamente in spazzatura.
Il panem c'è, dunque; ma i circencesIl divertimento non manca affatto. Anche se non è più il Circo Massimo e il Colosseo, ma eventi di gran lunga maggiori dimensioni, che al confronto i giochi dei romani sono poca cosa: Campionati Continentali di tutte le discipline, Giochi olimpici, campionati di calcio, Champions League, Copa de Libertadores, calcio e baseball, sci e motori (Coppa del Mondo e la Formula Uno) e, accanto alle manifestazioni sportive, concorsi di bellezza, gare di canto, concerti pop di Madonna e Prince, Gaga e Bieber, Amore e sfilate gay. Per coronare il tutto: giochi per computer e la televisione 24 ore al giorno.

La finzione di profitto

Tuttavia, come abbiamo visto, il valore dei beni scompare completamente, quindi probabilmente, e non meno il valore, perché la sua sostanza, il lavoro che va oltre il marchio che in ogni caso il valore della forza lavoro ha riprodotto, è ridotto pari a zero.
Bisogna per questo dire che il sistema che si basa sulla ricerca del profitto è alla fine completamente imploso da solo, perché con il valore aggiunto la sostanza del profitto evapora? Niente affatto. Perché anche se il valore aggiunto scompare, quindi non l'eccedenza, l'eccedenza nella sua forma concreta (la quantità delle materie prime rimanente dopo la deduzione di quei prodotti che prendono il posto dei mezzi di produzione consumati), resta un surplus, però ormai completamente basato sul lavoro morto; di più: sul (calcestruzzo [?]) lavoro morto. Il profitto, come causa del sistema, converte completamente la sua natura: quello che la forma monetaria o valore di scambio del plusvalore una volta era, riflette adesso soltanto il monopolio puro della proprietà privata, che si traduce semplicemente nella appropriazione del prodotto in eccedenza, dato che lo scambio diverrà comunque qualcosa di obsoleto (dal momento che la proprietà privata impone questo)...

I morti e il dividendo

Con l'automazione degli apparati di produzione, l'inarrestabile, anche se avviene asintoticamente posto, la classe operaia sta gradualmente scomparendo: non solo soggettivamente, come categoria a sé (attraverso la perdita della coscienza di classe), ma anche oggettivamente, come classe in sé: dopo tutto dove la produzione da sola è in corso, perché apparentemente non occorre più manodopera, in modo che la classe dei salariati si trasforma  in mero "esercito di riserva" di cui la classe dominante non avrà più bisogno [...]
Ma anche la borghesia [la classe media] è esclusa completamente fuori dal sistema di produzione: come portatrice di titoli di proprietà, come azionista, e come niente altro, diviene superflua come gli operai. In fondo, [...] nel mercato azionario, la "funzione" dei soci è limitata, superflua, potremmo dire addirittura casuale.
Così la classe operaia e la borghesia diventeranno col tempo classi obsolete e, forse, scompariranno come classe in sé, anche se la società manterrà delle riserve di classe naturale. Questo perché la proprietà privata e l'appropriazione del surplus da una minoranza (un assorbimento che ha sempre agisce come pietra di paragone della società di classe) permarranno, anche se la società di classe poi si proietta come "una società senza classi di classe".
Oppure, se si vuole, le classi che si fronteggiano, da ora in poi, lo faranno da classi morte che sono ancora presenti (in particolare nella oggettivazione del lavoro passato nella sua figura valore d'uso) [...] La proprietà privata non agisce più come un rapporto proprio perché non è più lavoro vivo a essere al centro come prima, ma agisce sul lavoro passato consumato [...]

Witching Hour

La società borghese è morta ma non ancora sepolta, perché i loro becchini sono estinti. Così [coloro che ancora la crede viva] va in giro ossessionato come uno spettro, come uomo morto non morto che è a piede libero tra i vivi. Per questo motivo, è ovvio che il post-moderno è l'epoca delle streghe [le streghe di Macbeth, nota mia] che stanno a guardare il sistema della società civile sprofondare.
La società borghese è morta perché è irrealee deve essere considerata irreale, perché non è più necessariaPerché il bisogno è, come diceva Hegel, un attributo della realtà [...] Il sistema ha perso la sua terra - proprietà privata, scambio, denaro e tutte le altre forme sono diventati inconsistenti - proprio perché non trova un sostituito alla scomparsa del valore della capacità di scambio. La pratica della società civile è quindi diventata inutile, e cioè: obsoleta o, per dirla con Mephisto, moribonda
Emmerich Nyikos, Postmodernismo: la vera assurdità esistente, da Streifzüge 6 dicembre 2015, traduzione automatica di Google.

Ho apportato alcune correzioni, probabilmente arbitrarie e scorrette, alla traduzione googoliana. Ma avevo bisogno di cogliere meglio il senso di certi passaggi, forse forzando (o tagliando) la frase.
Chi sa il tedesco è pregato di controllare l'originale e dirmi se ho preso qualche sfondone intollerabile. Grazie.

Vom Kriege

Dal Dopoguerra a oggi, anche nel cosiddetto periodo di pace, c'è sempre stata una guerra da qualche parte sul pianeta, ma sempre abbastanza lontano dai luoghi in cui v'è stata abbastanza opportunità di valorizzazione del capitale.

Ancora dobbiamo vedere un'Ikea bombardata.

A differenza di quand'ero in età da militare (fino al crollo del muro di Berlino), che temevo, a ogni escalation,  si potessero verificare le condizioni per uno scontro armato fra USA e URSS (e pensavo, egoisticamente, sta' a vedere che mi tocca andare al fronte) oggi, che probabilmente non dovrebbero più darmi «il piombo per il moschetto», temo che la guerra “ufficiale” (mondiale) tra nazioni, in particolare: tra potenze nucleari, non sia un'opzione da escludere a priori ma rientri terribilmente nei luoghi del possibile. Con una differenza, a mio avviso sostanziale rispetto all'epoca della guerra fredda: mentre prima potevano esservi delle motivazioni ideologiche plausibili e sostenibili anche per il richiamo patrio alle armi («la lotta contro l'impero del male» secondo il dettato atlantico; «la lotta contro l'imperialismo», secondo il dettato sovietico), adesso - sgombrando il campo dall'irrazionalismo religioso che prevede si combatta per le terre sante e per maggior gloria del proprio dio locale - che diamine di scusa possono accampare gli uni e gli altri per giustificare l'urgenza di un conflitto contro un nemico che in realtà è il tuo specchio?
Per spacciare meglio e imporre le proprie merci.

Esile speranza: anche i narcotrafficanti hanno bisogno che la clientela non muoia tutta. Snif, snif.
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P.S.
Qualcuno mi controlla se riforniscono di ulteriori vettovaglie il bunker segreto di Berlusconi in Sardegna?
A proposito: propongo ufficialmente qui la mozione Berlusconi presidente Segretario generale dell'Onu.