martedì 30 giugno 2015

Leggere la muffa (3)

[qui il 2.]

A Margolina fu diagnostica una grave forma di meningite e, per questo, fu posta in isolamento.
Tutti i familiari e le persone che con lei ebbero dei contatti furono invitate a effettuare quanto prima la profilassi - e così fecero e se ne ritornarono a casa.
Pancrazio, un po' temendo che pure i sorrisi fossero contagiosi, un po' perché voleva accertarsi personalmente delle condizioni di Margolina, si presentò all'ospedale di Pianzero e - dopo aver preso la compressa di antibiotico della profilassi distribuita dall'ambulatorio - si recò al reparto malattie infettive, fortunatamente proprio nell'ora del passo. Entrò, e, senza chiedere niente, ma facendo comunque finta di essere qualcuno che avesse accompagnato qualcun altro a visitare qualcun altro ancora, si mise a osservare minuziosamente i movimenti e le abitudini del personale infermieristico. Dopo un'ora di attenta analisi, capì come accedere allo spogliatoio, e quali indumenti e mascherine indossare per entrare in contatto con i ricoverati.
Poche agili mosse furtive e si ritrovò davanti alla porta della camera dove si trovava Margolina, priva di conoscenza:

«in quella diligentemente entrò, e postolesi a giacere allato, il suo viso a quello della donna accostò, e più volte con molte lagrime piagnendo il baciò. Ma, sì come noi veggiamo l'appetito degli uomini a niun termine star contento, ma sempre più avanti desiderare, e spezialmente quello degli amanti, avendo costui seco diliberato di più non starvi, disse: 
- Deh! perché non le tocco io, poi che io son qui, un poco il petto? Io non la debbo mai più toccare, né mai più la toccai.
Vinto adunque da questo appetito, le mise la mano in seno, e per alquanto spazio tenutalavi, gli parve sentire alcuna cosa battere il cuore a costei. Il quale, poi che ogni paura ebbe cacciata da sé, con più sentimento cercando, trovò costei per certo non esser morta, quantunque poca e debole estimasse la vita». Decameron, Novella Quarta, Decima Giornata.

[continua forse]

lunedì 29 giugno 2015

Gli Dei sanno le cose che saranno

Versione di Guido Ceronetti, in Come un talismano, Adelphi, Milano 1986
La gente non ode niente perché non crede più agli Dei. Ci credesse, date le oggettive condizioni, dopo averli bestemmiati, non sarebbe sbagliato perseguirli, non dico ucciderli ché essi, in quanto dèi, hanno il difetto di risorgere. No: di appiccicarli al muro, sì. Nel senso di: richiamarli alle loro oggettive responsabilità. 
Pallade Angela, che zampetti sovrana tra un vertice e l'altro, sai dirci quello che accadrà, o meglio: sapresti prenderti in carico per bene e definitivamente tutta l'intricata vicenda per darci un taglio una volta per tutte? Ho capito che la Grecia non è la DDR - ma insomma, tira il carro dei buoi che presiedi, trascina gli altri porcoddii che ti frullano intorno pendenti dalle tue labbra di frisona tedesca, dài una strizzata di palle al lussemburghese e via, tutti in vacanza sull'Olimpo, paga Krauss-Maffei Wegmann, e non se ne parli più.

Se fallisce la Germania, fallisce...?

Dice la Merkel: «Se fallisce l'Euro, fallisce l'Europa». E se invece, prima ancora dell'Europa, fallisse l'esportazione tedesca?

Peter Jellen: Ci può dare un'opinione su quello che succederà nel futuro prossimo?
Robert Kurz: Dal momento che le politiche monetarie ed economiche sono contraddittorie, nei prossimi anni c'è da aspettarsi una seconda ondata di crisi economica globale. La quale potrebbe avere come punto di partenza la prova del fuoco dell'Unità Monetaria Europea. In casi come quello della Grecia, si tratta, formalmente, di uno scenario simile a quello sofferto dall'Argentina più di dieci anni fa. Ma la crisi dell'Argentina era limitata ad un solo paese che era quasi senza peso nell'economia mondiale. Assai diverso è il caso che minaccia il fallimento di uno Stato dentro la zona euro, in quanto ciò potrebbe gettare nel baratro tutta l'Unione Europea. Il collasso del circuito del deficit europeo arriverebbe all'osso dell'economia di esportazioni tedesca e verrebbe quindi meno l'attuale forza finanziaria della Germania. Questo significherebbe grandi fallimenti di massa e licenziamenti che finora in questo paese sono stati evitati, e non solo. Anche le finanze pubbliche tedesche, comunque già indebitate, arriverebbero ad una situazione simile all'attuale situazione delle finanze pubbliche greche, se, dopo il crollo delle esportazioni unilaterali, dovesse crollare anche il rating di credito sui mercati finanziari. Un tale sviluppo sarebbe un disastro non solo per tutto lo spazio europeo, ma anche per la situazione economica globale, vista l'importanza dell'Europa nell'economia mondiale.

Da un'intervista a Robert Kurz del 2010 trovata qui.

domenica 28 giugno 2015

Fila al bancomat

Mettersi in fila al bancomat per prendere denaro e quindi mettersi in fila ai supermercati per comprare merce, immagino in primis derrate alimentari e ricariche telefoniche, chissà. Denaro, merce. Ma aspetta. Le signore e i signori che fanno la fila al bancomat in che maniera hanno ottenuto quel denaro depositato nelle banche? Presumibilmente, per la maggior parte di loro, il saldo del conto corrente è dovuto alla vendita della loro ‘capacità lavorativa’, cioè: dalla fila di ore giornaliere (di solito otto per il settore privato e - credo anche per la Grecia - un po' meno per il settore pubblico) dedicate al lavoro.
In breve: fila al bancomat, fila al supermercato, fila di ore lavorative. Che palle. 
Gran parte della vita consumata per il denaro e per la merce.
Vivere per avere denaro che consente di acquistare merce; acquistare merce per vivere.
Considerare questo meccanismo come cosa naturale, acquisita dall'umanità una volta per tutte e amen. Che condanna.

Eppure c'è una classe di persone, non molte, anzi poche, le quali sono al di fuori di questo vincolo, no, mi sbaglio: non ne sono fuori, ma, come dice Marx, trovano in esso un «appagamento assoluto» a scapito invece di coloro, la maggioranza delle persone, che lo vivono come «processo di riduzione in schiavitù»¹.

Io sono schiavo del mio fottuto stipendio (e devo ritenermi fortunato per averlo). Fottuto stipendio che mi serve per a per b per c per e - e, se fossi greco, per fare la fila al bancomat, al supermercato, per andare a votare un referendum a cazzo ritto (Syriza).

O santi dèi dell'Olimpo: dopo l'arco e la freccia e il sacro fuoco perché non regalate qualcosa ai comuni mortali per prenderlo in culo diversamente, magari godendo un po' di tanto in tanto?
__________
¹ Il Capitale, Capitolo VI inedito, [“Processo di valorizzazione del capitale, processo di alienazione del lavoro”].

sabato 27 giugno 2015

Anche se fosse legale, legittimo e amabile, sarebbe lo stesso un casino

La faccenda si complica e le possibilità di fallimento dello Stato greco aumentano sempre più.
Al riguardo, interessante per me confrontare due voci.

La prima di Luciano Gallino, in un suo editoriale, ieri su Repubblica.

POCHI giorni fa il Parlamento greco ha diffuso un rapporto del Comitato per la Verità sul Debito pubblico. Le conclusioni sono che per il modo in cui la Troika ha influito sul suo andamento, e per i disastrosi effetti che le politiche economiche e sociali da essa imposte hanno avuto sulla popolazione, il debito pubblico della Grecia è illegale, illegittimo e odioso. Pertanto il Paese avrebbe il diritto di non pagarlo. Il rapporto greco è fitto di riferimenti alle leggi e al diritto internazionali. E contiene, in modo abbastanza evidente, una lezione per l'Italia.
Il rapporto distingue con cura tra illegalità, illegittimità e odiosità di un debito pubblico. Un debito è illegale se il prestito contravviene alle appropriate procedure previste dalle leggi esistenti. È illegittimo quando le condizioni sotto le quali viene concesso il prestito includono prescrizioni nei confronti del debitore che violano le leggi nazionali o i diritti umani tutelati da leggi internazionali. Infine è odioso quando il prestatore sapeva o avrebbe dovuto sapere che il prestito era stato concesso senza scrupoli, da cui sarebbe seguita la negazione alla popolazione interessata di fondamentali diritti civili, politici, sociali e culturali.

La seconda di Dominique Strauss-Kahn, dal cui intervento, reso pubblico oggi, estraggo:

Entrambe le voci concentrano i discorsi sul problema del debito. Al netto di adottare una delle soluzioni proposte al riguardo (non pagare il debito tout court, per Gallino; non pagare gli interessi sul debito, per DSK), nessuno di loro, tuttavia, suggerisce come la Grecia possa riuscire a produrre o a estrarre un quantitativo sufficiente di valore per mantenere in piedi la struttura statale, dato che il PIL non sarà mai sufficientemente bastevole per tenere in piedi la baracca, poiché lo Stato di per sé non produce ricchezza, ma la consuma.

venerdì 26 giugno 2015

Le strategie del caso

Se le cose del mondo accadessero senza alcuna determinazione, bensì fossero frutto esclusivo del caso - unica mano invisibile - e quindi cancellate le intenzioni, le volizioni, gli impegni, gli obiettivi, le fedi sì che ogni finalismo potesse andare a farsi fottere, allora, ecco, potrei rassegnarmi a questa disposizione serale di trattenimento del calore raccolto nel dì, perché non si disperda nella brezza lucente di stelle, che stranamente mi agghiaccia le ossa come d'inverno pensando a quanta produzione di sofferenza è in opera nel mondo.

Ahimè, che fatica questo periodo. Se lo rileggo, mi chiedo che cosa intendo significare esattamente. La tipica noia di un occidentale infastidito dalla visione televisiva di sangue sul selciato di una centrale di gas, o su una spiaggia nordafricana, o sul pavimento di una moschea? Può darsi. Ma anche la stanchezza di capire le ragioni, i moventi, le strategie, le offensive e le controffensive. 
Al netto della strage provocata, dopo aver rivolto un pensiero di commiato alle persone inermi uccise, quando un attentatore suicida si fa esplodere mi dico sempre: «Uno meno. Alla fine, finiranno?». Vorrei togliere il punto interrogativo.

Ma soprattutto: se tutti i terroristi sono teleologicamente orientanti, chi produce e traffica in armi, invece, è figlio del caso?

giovedì 25 giugno 2015

Un muscolo che Syriza

In queste ore di trepidante attesa per la risoluzione o meno della crisi greca, trovo opportuno segnalare questo trafiletto colto al volo in un servizio di Euronews dal titolo: La Nato mostra i muscoli:

La riforma della operatività della Nato si inserisce in un contesto di forte tensione con la Russia che, al contrario dell’Alleanza atlantica, ha aumentato la propria spesa militare negli ultimi 10 anni.
“Gli investimenti complessivi destinati alla Nato dovrebbero scendere dell’1,5% nel 2015 – ha aggiunto Jens Stoltenberg – Quindi dobbiamo fare di più per aumentare gli investimenti nella nostra difesa perché le minacce alla nostra sicurezza sono aumentate”. L’obiettivo della Nato è quello di incoraggiare i 28 Paesi membri a destinare il 2% del loro PIL alla difesa in 10 anni. Nel 2014, solo quattro Paesi, Stati Uniti, Regno Unito, Estonia e Grecia  [*] hanno raggiunto quest’obiettivo, mentre la Polonia si appresta a farlo nel 2015.

[*] Grassetto mio

mercoledì 24 giugno 2015

Dice il saggio


Potrei spiegare seriamente perché non mi convince il “saggio realismo” di Ernesto Galli Della Loggia sul problema dell'immigrazione, ma mica sono pagato per fare il serio.

«L’ondata migratoria che sta arrivando sulle coste italiane è il fenomeno potenzialmente più dirompente sul piano sociale e politico che il nostro Paese si trova ad affrontare dopo il terrorismo. Esso riguarda sì l’Africa e l’Asia ma riguarda innanzitutto l’Italia, l’Italia che non fa figli. Degli immigrati noi abbiamo bisogno: altrimenti nel giro di pochi decenni la nostra economia si fermerà, e saremo condannati a divenire una società di vecchi poveri, senza pensione, isterilita, priva di energie vitali, di creatività. La demografia non è una favola, è una scienza: senza l’immigrazione ci avvieremmo ad una lenta ma irreparabile scomparsa. Quanti dei nostri concittadini ne sono consapevoli?»

Credere che «la nostra economia si fermerà» perché gli italiani non figliano, è non capire un cazzo di demografia né tantomeno di economia: basta confrontare il tasso di natalità con il tasso occupazionale (divertitevi a cliccare sui tassi di occupazione e di disoccupazione) per comprendere certe cose, come ad esempio il fatto che quei pochi giovani italiani che hanno superato il vaglio della denatalità sono massimamente disoccupati.

«Noi tutti vogliamo invece che l’Italia viva. E che lo faccia restando il Paese che conosciamo e che si è costruito nei secoli della sua tormentata e lunga storia. Vogliamo legittimamente, insomma, restare italiani.»

Il passaggio dal restare umani al restare italiani rivela la caratura internazionale del Nostro Pollitologo. Sono i pregi di chi è affetto da saggio realismo. Io che, da par mio, sono uno stolto idealista, spero che l'Italia muoia con tutte le altre nazioni, sì come Sansone con tutti i Filistei e che del mappamondo s'abbia solo la parte fisica. Niente cittadinanze, solo terrestrità.

Nella restante parte d'articolo Ernesto Galli Della Loggia spiega perché, a suo avviso, la sola maniera per affrontare il problema dell'immigrazione è di attuare una seria (e dài!) politica di «integrazione senza sé e senza ma» tuttavia adottando precise e inderogabili «misure prescrittive». Ne espone tre:

«1) la cancellazione delle attenuanti e l’istituzione di un percorso giudiziario accelerato per quei reati che con più frequenza vedono coinvolti gli immigrati (in modo di arrivare in breve tempo alla sentenza ottenendo così il necessario effetto dissuasivo); 2) il divieto di usare una lingua diversa dall’italiano nelle funzioni religiose, tranne evidentemente per il testo delle preghiere e dei libri sacri; 3) infine, il divieto che in un qualunque edificio più della metà delle abitazioni siano stabilmente occupate da persone prive della cittadinanza italiana .»

Che serietà. Eppure, credo, che per attuare simili misure, occorrerà molta spensieratezza. Per esempio, 1) redarre un codice penale parallelo dedicato specificamente agli immigrati bricconi; 2) oltre agli imam che gorgheggiano arabo in ginocchioni verso La Mecca, arrestare tutti i preti che osano dire la messa in latino; 3) trovare una soluzione per Prato che, d'improvviso, per parificare gli edifici abitati da famiglie cinesi, occorrerà trasferire, nell'operosa città toscana, metà popolazione del Molise.

Successivamente, il professore affronta la «questione cruciale della cittadinanza» e per risolverla propone le seguenti soluzioni:

« Andrebbe innanzitutto affermato il principio che se si nasce in Italia si è per ciò stesso italiani (i problemi di doppia cittadinanza si possono risolvere con il buon senso), e che dopo cinque/sette anni di residenza legale si può acquistare la cittadinanza previo un esame di lingua e di cultura italiane. Per il resto, dopo tre anni dal primo ottenimento del permesso di soggiorno, questo dovrebbe essere rinnovabile solo dopo un analogo esame. Dopo di che si ha diritto all’elettorato attivo e passivo per i consigli dei Municipi delle grandi città e per quelli comunali nei centri inferiori a ventimila abitanti.»

Ius soli: e vabbè. 
I problemi di doppia cittadinanza, a mio avviso, si risolvono meglio con il buon sesso.
Cinque/sette anni: va precisata la fascia di età degli immigrati in questione, giacché se costoro sono in età scolare, e frequentano regolarmente la scuola pubblica, non ha senso prevedere per loro un esame di lingua e cultura italiane. Per il resto di immigrati che, dopo cinque/sette anni di regolare soggiorno con regolare lavoro e tasse pagate all'erario italiano, devono affrontare l'esame per avere la cittadinanza, quali domande di lingua e cultura prevedere? Sapere a memoria l'articolo 53 della Costituzione? 
Infine: far spiegare agli immigrati aspiranti cittadini italiani il significato esatto di elettorato attivo ed elettorato passivo per capire se avranno capito che in Italia il passivo lo mette all'attivo che glielo dà.

martedì 23 giugno 2015

Dieci ordini

Ho ricevuto degli ordini. Li ho eseguiti. Uno diceva: sii te stesso. Mi sono impegnato. L'ordinante non è molto contento del risultato perché - sostiene - non ho dato adito a tutte le mie potenzialità. «Cazzo ne sai», gli volevo rispondere; poi ho capito che egli, in fondo, non è un buon aristotelico, quindi parli pure, ordini pure, lo ascolterò a mezzo orecchio.
Il secondo ordine imponeva: onora chi devi onorare. «Le onoranze funebri», ma non l'ho detto, l'ho solo pensato, lo scrivo ora, più libero dal timore di essere equivocato. La mia risposta è frutto della seguente considerazione: a parte quei pochi che si rivolgono a delle cliniche private, generalmente si nasce gratis negli ospedali pubblici. Morire invece no. Morire costa. Carissimo. Secondo me, dovrebbe essere lo Stato a occuparsi dei propri cittadini morti, tanto quanto si occupa dei nascituri. Una cassa da morto: quanto cazzo costa una cassa da morto? E farsi bruciare le carni e macinare le ossa? Il morto potrebbe ricevere la tredicesima anticipata o un'ulteriore liquidazione?
Il terzo ordine comandava: mastica amaro. Una fatica per chi, come me, ama il miele. «Scambio consonantico», suggeriva l'ordinante. «Fada a fanculo», ho risposto, sputando il fiele.
Il quarto ordine: olio di gomito. A questo punto ho preso l'ordinante da una parte e gli ho chiesto se, per favore, poteva prestarmi il fianco, quello destro. «Per fare che?» mi ha domandato, sorpreso. «Per piantarle il mio ossuto gomito nel fegato», l'ho ammonito.
Il quinto ordine: rifletti sulla natura transeunte delle cose due volte al giorno, dopo i pasti. Un ordine probiotico.
Il sesto: stai. «Carta», ho invece chiesto. 8½: ho sballato.
Il settimo: prescindi. 
L'ottavo: non detrarre gli scontrini della farmacia.
Il nono: Luigi.
Il decimo: la sera, prima di coricarti, pàssati in giudicato. «Non ce la faccio: ho bisogno di un ulteriore appello». L'unico ordine che non ho avuto il coraggio di eseguire.

lunedì 22 giugno 2015

Un dio decrescente

VENTO SULLA MEZZALUNA
Edimburgo
Il grande ponte non portava a te.
T'avrei raggiunta anche navigando
nelle chiaviche, a un tuo comando. Ma
già le forze, col sole sui cristalli
delle verande, andavano stremandosi.


L'uomo che predicava sul Crescente
mi chiese: « Sai dov'è Dio? ». Lo sapevo
e glielo dissi. Scosse il capo. Sparve
nel turbine che prese uomini e case
e li sollevò in alto, sulla pece.

Eugenio Montale, La bufera e altro.

__________
Anche a me oggi un uomo, un viandante, mi ha fatto la stessa domanda e, non so se indicando il medesimo luogo di Montale, gli ho risposto che lo sapevo e gliel'ho detto. 
Lui mi ha fatto il dito. Un buon segno.
«È una buona pratica per titillare l'infinito», ho osservato.
«L'infinito è troppo profondo, non ci arrivo», ha ribattuto.
«Supponiamo un universo a termine», ho continuato.
«Già. Prima o poi bisognerà porre limiti alla profondità» ha sentenziato, ricordando quel che disse il dentista della Santanchè.
Dopo aver convenuto con tale proponimento, ho chiesto al viandante cosa viandava a fare e lui, per tutta risposta, si è messo a predicare sul Decrescente citando Latouche.
Questa volta ho scosso io il capo:
«Decrescere è ovvio. Felicemente: è possibile?»
«Lo sarebbe, se la decrescita avviene a palle a mollo in una spa».
Ahimè, non è da tutti giungervi, o viandante.

domenica 21 giugno 2015

Fantasie penali

«Altiero Spinelli diceva che l’unica possibile riforma del carcere è abolirlo, e inventarsi qualcos’altro. Lo stesso pensano gli autori¹ di Abolire il carcere, che elencano le alternative alla detenzione praticate nel mondo e presentano anche un decalogo abolizionista. Aggiungo una undicesima proposta: convertire le prigioni in monasteri.» Guido Vitiello
Dodici: ci devo pensare. Devo pensare ai crimini compiuti, ossia: per ogni condannato andrebbe pensata una pena diversa, per tutti escludendo la pena di morte². Ad esempio, che pena prevedere per un assassino terrorista come Dylann Roof? Secondo me, dovrebbe essere sottoposto alla Cura Ludovico con la differenza di fargli vedere in continuazione video interracial, nella versione cuckold (anche alla luce delle dichiarazioni di un suo cugino). 

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Note
¹ Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone e Federica Resta. Editore Chiarelettere.
² Sono contrario alla pena di morte perché l'esecuzione capitale non può rendere alcuna giustizia alla parte offesa. Anche coloro che hanno compiuto crimini contro l'umanità: ucciderli non riporta in vita l'umanità uccisa. Questo non vuol dire che, fossi Thor, non darei una martellata in testa ai testadicazzo vigliacchi assassini. Ma io non sono un dio. Neanche lo Stato lo è. Lo Stato potrebbe aiutare a uccidersi: na tazzulella 'e cafè alla Sindona, magari facendola scegliere al condannato col gioco delle tre carte. Certo, tipi come il suddetto Roof, o come Anders Breivik, o i fratelli Kouachi (confesso: feci un salto di gioia quando furono uccisi) io vorrei che soffrissero, ma questo mio desiderio, una giustizia comme il faut, deve disinnescarlo per impedirmi di diventare come loro, gli assassini, i “vendicatori mandati da dio” o  da altre perverse intenzioni.

sabato 20 giugno 2015

Hello everybody una sega

via


Chissà che effetto farebbe ai cittadini statunitensi vedere la first lady di un'altra nazione, poniamo per esempio l'Italia, al momento rappresentata dalla professoressa Agnese Landini in Renzi, andare a salutare il reparto militare italiano di stanza all'estero, poniamo a Venice, Los Angeles, California.

Lo stesso effetto neutro, frammisto di curiosità mediatica gossippara, che suole caratterizzare i cittadini italiani al vedere Michelle Obama visitare il Villaggio Militare americano di Vicenza, oppure monterebbe nella loro coscienza patriottica un moto di sdegno e di ribellione per l'incomprensibile presenza¹ di un esercito straniero nel proprio territorio nazionale?

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¹ Incomprensibile e ingiustificabile perché, a quasi un quarto di secolo dalla dissoluzione dell'URSS, non vi è alcun senso politico e militare che spieghi e giustifichi per l'Italia una così massiccia presenza dell'esercito americano nel nostro Paese. È vero: esistono longevi accordi di cooperazione militare tra Italia e USA. Ma perché non ridiscuterli? 
Per la nostrana vocazione al vassallaggio, già.

venerdì 19 giugno 2015

Cinque minuti

«Se impiegherete cinque minuti per leggere questo articolo, sappiate che, quando lo finirete, quasi 150 persone sono state costrette ad abbandonare la casa e i loro beni per fuggire da conflitti, regimi spietati e violenze. Il tempo di fare una pausa pranzo di un’ora e il numero sarà salito a 1.800. E quando la giornata volgerà al termine, i “migranti forzati” saranno circa 43mila. Come se ogni giorno la popolazione di una città come Vercelli si trovasse improvvisamente sradicata, senza un tetto.» Il Sole 24 Ore, venerdì 19 giugno 2015

Se impiegherete cinque minuti per leggere questo post, sappiate che, quando lo finirete, quasi 150 giornalisti saranno stati costretti a riportare dati che, nella loro oggettività, illustrano il fenomeno nascondendo le cause. Di più: il tono redazionale adoperato avrà come obiettivo quello di far sentire in colpa il lettore che non ha responsabilità alcuna se non quella, preterintenzionale, di votare delle testedicazzo che poi vanno al governo pretendendo di portare la democrazia in Iraq, in Libia e in Siria, nazione, quest'ultima, ove è sorto e perdura il conflitto armato fra Assad e Al-Nusa El-Qazzo dell'Isissy. 

Chi ha fomentato la guerra civile finanziando i ribelli? Quarantatremila cittadini di Vercelli? Oppure due presidenti di due stati repubblicani e un capo di governo di una monarchia costituzionale, Obama, Hollande e Cameron tanto per limitarci a fare tre nomi? 
"Non penso che le quote abbiano senso per l'immigrazione. Non penso che sia il metodo giusto".
Infatti, i 3,9 milioni di profughi siriani che soggiornano nelle tendopoli di Turchia e Libano dovrebbero essere così equamente ripartiti: 1,3 in America, 1,3 in Inghilterra e 1,3 in Francia: è innegabile che i valori della democrazia occidentale si insegnino meglio in casa propria che in quella altrui.

giovedì 18 giugno 2015

L'acutezza di due palloni gonfiati

«Salvini polemizza col Papa sui migranti e già trovare quei due dentro lo stesso titolo infonde un senso surreale di straniamento: come abbinare Einstein al Mago Oronzo.»

Data l'ovvietà dell'altro abbinamento, non mi sarei mai aspettato che qualcuno osasse mettere sullo stesso piano Matteo Salvini e Albert Einstein.

§§§

«Suggerisco anche di leggere, come documento complementare alle opinioni di Eco, i commenti di ieri, su siti e giornali on line di ogni ordine e grado, all’incidente d’auto occorso al calciatore juventino Vidal. La media delle parole meditate e dei giudizi congrui è uno su cento, a voler essere molto generosi. E basterebbero i nickname da esibizione scelti da ciascun commentatore, quasi sempre grotteschi o sbracati o puerili, per capire che si tratta di persone che non avendo rispetto di se stessi non sono in grado di averne per alcuno. Quanto al solo commento (su cento) che varrebbe la pena leggere, è necessario, per trovarlo, leggere anche gli altri novantanove. È esattamente questo problema – la mancata selezione – che Eco ha inteso segnalare.»

Uno che va a leggersi i commenti a un fatto di cronaca occorso a un calciatore della Juventus, facendo alle parole espresse dai commentatori la tara della ponderatezza e della congruità, io l'avrei già selezionato per lo sterminio (prepensionamento ndb) della razza degli editorialisti.

mercoledì 17 giugno 2015

Realtà a premi

Non sono d'accordo con quello che accade perché quello che accade ha preso una piega che non si confà alle mie disposizioni d'animo.
Io vorrei attribuire alla realtà dei premi, ma essa rifugge il merito, preferisce proseguire nella mediocrità perché in medio stat virtus e Dio non è quindi virtuoso dato che, se esiste, il mezzo lo oltrepassa essendo Egli l'oltre, il fine, il.
Avrete notato il punto e a capo. Siete aguzzi, lo so. Io invece vorrei una moto Guzzi.
«Per andare dove?»
In Uzbekistan, così, per conoscere da vicino donne di razza eurasiatica che hanno la passione dei centauri medi e terranei.
Io mi fotografo per sorprendermi in delle pose. Ultimamente mi sono fatto una serie di scatti nell'attimo in cui evacuo il Sé.
«Sembra una persona serena», mi ha detto una psicologa dell'età evolutiva dell'azienda sanitaria locale, osservando i miei selfie. 
«Lo so: nonostante gli accadimenti sono sereno benché siano sere no», ho risposto. 
Il congiuntivo frega, titilla il puntino lacrimale. Piangerò, in fondo mi riesce bene piangere. Soprattutto nei giorni in cui non serve. Tento inutilmente di prendermi gioco dei fatti, ma è una partita persa in partenza. I fatti sono dispettosi: fanno finta di venire a patti e poi e poi invece niente, bravi. Meglio non dire. Si potrebbe trattare di un bisogno... 
«No, lei è fuori strada», mi ha interrotto la psicologa. 
«Lo dirò a Marchionne».
Dopo aver preso un ceffone evolutivo, mi sono congedato con lo stesso quantitativo di perplessità che riponevo circa la mia capacità di presa del reale.
«Dovrebbe provare a decentrarsi, a trasferire i poteri alle mani e ai piedi e far decidere al tatto dove andare anziché cerebralizzare tutto», mi ha suggerito, con tono ultimativo, la psicologa.
«Il tatto è corrispondente anche alla terza gamba?».
Non ho fatto in  tempo a terminare la frase che mi sono sentito piombare addosso tre volumi costoluti di Piaget, uno dietro l'altro, a piegare la mia allusività.
Ben mi sta. Dovrei essere più serio nel lamentarmi, più contrito d'aglio. Alto potere vermifugo. Tu le connais, lecteur.

martedì 16 giugno 2015

Dichiarazioni

La Russia "sta sviluppando nuove capacità nucleari", "usa più la retorica atomica che la strategia di difesa" e le dichiarazioni di Putin "confermano uno schema aggressivo" e sono "un tintinnio di sciabole ingiustificato, destabilizzante e pericoloso". Così il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.
Gli Usa, "pensando di inviare truppe e mezzi da combattimento nell'Europa dell'Est, usano una strategia da giovani marmotte" e le dichiarazioni di Jens Stoltenberg sono "uno scampanellio di donzelle in bicicletta senza mutande". Così un cittadino che vorrebbe il ‘suo’ Paese non facesse più parte della Nato, Luca Massaro.

§§§

Tra le varie suggestive dichiarazioni di presentazione per la propria candidatura alle presidenziali iuesei, Donald Trump ha affermato:

«"Sarò il più grande presidente per il lavoro che Dio abbia mai creato"»
Che Dio abbia creato qualcuno che, di lavoro, faccia lavorare gli altri per non lavorare lui medesimo, l'avevo sempre sospettato. Speriamo che almeno costui si ricordi di santificare le feste, considerato che egli le santifica tutti i giorni.

lunedì 15 giugno 2015

Il sapore di un soffio

Certo che se ti presenti con quel taglio di capelli, quel sorriso e quello sguardo che mi tiene sollevate le palpebre pronte a chiudersi per sognare e ricordare (o viceversa), allora io mi arrendo, allora io confesso a dio padre poco potente e a voi fratelli perché vederti qui mi mette gioia e benessere addosso e, insieme, il desiderio di prenderti la mano, piano, per scriverti sul palmo due parole minime, leggere, di conferma dello stato di allegrezza che alberga dentro me quando sono in tua presenza.
La fortuna (o viceversa) è data dalla fugacità di questi momenti che spuntano come funghi dopo la pioggia calda di giugno. Accadono nel momento in cui ci siamo. E non sempre noi siamo noi in certi momenti, soprattutto in quelli in cui siamo sommersi dagli impegni quotidiani, o distesi in una solitudine controllata a manutenere il nostro io.
Ma stasera, appunto, direi per caso, pochi minuti di contatto hanno acceso la luce all'orizzonte, è spiovuto e un raggio obliquo è filtrato tra due spesse nuvole a illuminare il tuo volto e quel ciuffo mosso che ti faceva da pendolo tra un occhio e l'altro - e quando tu ci hai soffiato sopra, il tempo si è fermato e ho ricordato un attimo di felicità. Aveva proprio quel sapore.

domenica 14 giugno 2015

Il coraggio di essere cani

«Questi sono i problemi della nostra epoca, migrazioni dovute a guerre, estremismo, miseria, fame e cambiamenti climatici. Non possiamo pensare di arrenderci o soccombere ma nemmeno di nascondere il problema o scaricarlo sul vicino, bisogna avere il coraggio di essere adulti, chiamare tutti alle responsabilità e chiamare le cose con il loro nome. Costruire percorsi virtuosi (di accoglienza, studio, rispetto delle regole per chi ha i requisiti) e insieme meccanismi di rimpatrio e di aiuto ai Paesi da cui partono, ma evitare di voltare la testa dall’altra parte regalando migliaia di disperati al lavoro nero e alla criminalità organizzata. » Mario Calabresi, La Stampa, domenica14 giugno 2015.

«Bisogna avere il coraggio di essere adulti, chiamare tutti alle responsabilità e chiamare le cose con il loro nome».
Non riescono a chiamare le cose con il loro nome perché le cose hanno un nome che impedisce di essere pronunciato, perché se pronunci il nome di come stanno le cose veramente col cazzo che ti fanno essere direttore di un giornale a tiratura nazionale, col cazzo che ti danno la prima pagina e ti fanno fare il compitino domenicale per metterti in pace la coscienza.
Parlano, scrivono, intervengono dai loro piedistallo suggerendo lo stato d'animo giusto per affrontare le emergenze del giorno. Hanno un obiettivo: coinvolgere, responsabilizzare il pubblico riguardo agli accadimenti, ma non attivando il senso critico, piuttosto agendo sul lato emotivo, occorre guidare la massa là dove vuole il desiderio dei padroni del vapore. Due le opzioni possibili riguardo al problema del momento: la compassione (il salotto del pensiero buono: la Repubblica, La Stampa, il Corriere della sera...) o il linciaggio (il tinello del pensiero cattivo Il Giornale, Libero, Il Tempo...)
Che compito ingrato formare la pubblica opinione, quando la pubblica opinione non ha più alcuna voglia di essere formata. È una pubblica opinione riottosa, poco diligente, incapace di ascolto, stanca di ricevere i soliti messaggi bipolari: «si dovrebbe fare questo; no, si dovrebbe fare quello; intraprendere percorsi virtuosi; affondare i barconi».
Il capolavoro è quando gli opinion maker effettuano una chiamata di correo: bisogna «evitare di voltare la testa dall'altra parte». «Noi vogliamo restare umani»¹. Spalle al muro, col torcicollo e le mani sulle palle, quella buonanima del lettore cerca una soluzione, magari anche adeguandosi a quelle proposte dai priori dell'informazione. Ma che può, lui, in concreto, se non constatare che non è la sua testa o la sua umanità a determinare le sorti di migliaia di disperati? Di più: come non accorgersi che il lavoro nero e la criminalità organizzata non sono altro che modalità economiche collaterali, scimmiottamenti, altamente redditizi, del sistema produttivo capitalista? In buona sostanza - rivolgendomi soprattutto a Sofri che, suppongo, certe pagine le avrà lette - come mai gli umani emigrano così “sconsideratamente”?

«Ma se una sovrappopolazione operaia è il prodotto necessario della accumulazione ossia dello sviluppo della ricchezza su base capitalistica, questa sovrappopolazione diventa, viceversa, la leva dell’accumulazione capitalistica e addirittura una delle condizioni d’esistenza del modo di produzione capitalistico. Essa costituisce un esercito industriale di riserva disponibile che appartiene al capitale in maniera così completa come se quest’ultimo l’avesse allevato a sue proprie spese, e crea per i mutevoli bisogni di valorizzazione di esso il materiale umano sfruttabile sempre pronto, indipendentemente dai limiti del reale aumento della popolazione. Insieme con l’accumulazione e con lo sviluppo della forza produttiva del lavoro ad essa concomitante cresce la forza d’espansione subitanea del capitale non soltanto perché crescono l’elasticità del capitale funzionante e la ricchezza assoluta, di cui il capitale costituisce semplicemente una parte elastica, non soltanto perché il credito mette, ad ogni stimolo particolare, in un batter d’occhio, una parte straordinaria di questa ricchezza in veste di capitale addizionale, a disposizione della produzione. Le condizioni tecniche dello stesso processo di produzione, le macchine, i mezzi di trasporto ecc. consentono, sulla scala più larga, la più rapida trasformazione del plusprodotto in mezzi addizionali di produzione. La massa della ricchezza sociale che con il progredire dell’accumulazione trabocca e diventa trasformabile in capitale addizionale entra impetuosamente e con frenesia in rami vecchi della produzione, il cui mercato improvvisamente si allarga, oppure in rami dischiusi per la prima volta […] la cui necessità sorge dallo sviluppo dei rami vecchi della produzione. In tutti questi casi grandi masse di uomini devono essere spostabili improvvisamente nei punti decisivi, senza pregiudizio della scala di produzione in altre sfere; le fornisce la sovrappopolazione Il ciclo vitale caratteristico dell’industria moderna, la forma di un ciclo decennale di periodi di vivacità media, produzione con pressione massima, crisi e stagnazione, interrotto da piccole oscillazioni, si basa sulla costante formazione, sul maggiore o minore assorbimento e sulla nuova formazione dell’esercito industriale di riserva della sovrappopolazione. Le alterne vicende del ciclo industriale reclutano a loro volta la sovrappopolazione e diventano uno degli agenti più energici della sua riproduzione.» Karl Marx, Il Capitale, Libro I, sez. VII, cap. 23, 3.

___________________
Note
¹ Nel secondo capoverso del suo editoriale, Adriano Sofri scrive: «Abbiamo due punti cardinali, noi. Il primo, la nostra stella, è il comandamento: restare umani». Proseguendo la lettura, confesso, non ho trovato il secondo: sarà stato un satellite.
² Grassetto mio.
³ Il titolo è riferito al «uo oh,  uo oh» della canzone di Marco Mengoni.

sabato 13 giugno 2015

Volere o non volere, faccio parte di questa umanità

Scorrendo il post (collage) di Giovanni Fontana, alla fine, mi aspettavo una chiosa a difesa delle dichiarazioni di Umberto Eco sugli imbecilli che popolano il web.
Invece niente, solo poche parole introduttive per dimostrare che esistono persone “cattive” (fors'anche imbecilli) e che tale dimostrazione è data dalle risposte a un tweet di “elementare civiltà” scritto da Khalid Chaouki, deputato del Pd. 


Lungi da me difendere di un millimetro gli autori cattivi (fors'anche imbecilli) di risposte “cattive”. Vicino a me, invece, criticare, e criticare forte, la modalità di soccorso richiesta dal deputato, giacché non ha senso appellarsi genericamente ai romani per chiedergli di portare cibo e latte per 110 bambini e sentirsi la coscienza a posto. Invece di prendere lo smartphone e comporre in stampatello maiuscolo il tweet, il deputato avrebbe fatto meglio a chiamare la polizia, i carabinieri, il 118, i pompieri, Alfano, Lorenzin, Martina (il ministro dell'agricoltura), la Coop, l'Esselunga chiunque e non scrivere genericamente un appello a tutti i romani. Se vedi centodieci bambini affamati non scrivi un tweet per chiedere aiuto, cazzo. Prendi cento euro, entri in un supermercato e compri 55 litri di latte (5/6 scatole) le carichi in auto e buonanotte (½ litro di latte al giorno a bambino è sufficiente, credo).

Ma quanto la situazione è disumana e i bambini sono a rischio? 
[*]
Il GAS allestito presso il centro culturale era aperto due ore stamani. Non mi sembra granché per dar modo ai romani di dar prova di essere buoni.

Ma torniamo al titolo del post di Giovanni:

«Io non voglio far parte di questa umanità».

Di quale umanità? Quella di Bill Gates e Warren Buffett? Mi piacerebbe anche a me essere generoso e buono come loro. Di far parte di quel tipo di umanità (o superumanità?).

Bene o male che sia, l'umanità è una. La divisione è in classi. C'è l'umanità che banchetta come gli dèi e con quello che avanza ci fa una fondazione mettendosi la coscienza e le palle in pace; c'è l'umanità che aspetta in elemosina latte, biscotti, pasta, passata di pomodoro, frutta e verdura; c'è l'umanità che per comprare latte, biscotti, pasta, passata di pomodoro, frutta e verdura deve vendere (se riesce a venderla) la propria forza lavoro, per avere un cazzo di stipendio che spende per sussistere e il resto per pagare anche gli appelli dei deputati del PD.

Riguardo alla cattiveria o bontà personale: beh, penso che dipenda dal momento in cui si è messi alla prova, le stronzate di quelle risposte oscene valgono poco come dimostrazione. Occorrerebbe vedere quei tipi umani cosa farebbero in concreto davanti a un bambino profugo bisognoso di cibo, se gli sputerebbero addosso oppure, come penso e spero, gli porterebbero da mangiare.

Per quel che mi riguarda, ecco, io penso che andrei alla Coop a comprare un litro di latte. Però che dopo non venga il padre del bambino profugo a domandarmi l'euro del carrello che lo mando a fare in culo. 

venerdì 12 giugno 2015

La contemplazione del brutto

«Il vero certamente non è bello: ma pur anch'esso appaga, o se non altro, affetta in qualche modo l'anima, ed esiste senza dubbio il piacere della verità e della conoscenza del vero, arrivando al quale, l'uomo pur si diletta e compiace, ancorché brutto e misero e terribile sia questo tal vero. Ma la peggior cosa del mondo, e la maggiore infelicità dell'uomo si è trovarsi privo del bello e del vero, trattare, convivere con ciò che non è né bello né vero. Tale si è la sorte di chi vive nelle grandi città, dove tutto è falso, e questo falso non è bello, anzi bruttissimo. » Giacomo Leopardi, Zibaldone (Roma, 13 dicembre 1822).

giovedì 11 giugno 2015

Una foto così l'hanno voluta pubblicare

[via]
Grande pagina di giornalismo d'inchiesta quella odierna del Corriere Fiorentino online. Anche le zingare pisciano felici. Sull'asfalto. Nel prato delle Cascine sarebbe meglio, convengo. Ma alla signora, dopo ore di lavoro in zona, le scappava forte e quindi, cos'altro avrebbe potuto fare? Entrare in un bar e domandare del bagno per farsi dire dal gestore «pussa via, cialtrona, la chiave del bagno te la scordi.»? In buona sostanza: è colpa del bisogno impellente o piuttosto della totale assenza dei bagni pubblici? A Firenze, per pisciare, devi entrare in un locale pubblico e se vai in un bar è quasi obbligatorio consumare qualcosa per domandare la chiave, sennò i gestori ti guardano come un paria. Se vai nei grandi negozi del centro, dove ci sono cessi liberi senza obblighi di pagare il dazio, prima di accedere ai servizi, se sei una donna, occorre fare la fila; se sei un uomo, devi aspettare perché dentro c'è una donna che s'è rotta le ovaie di aspettare la fila delle donne. Io, per conto mio, le rare volte che vo in centro, piscio alle Giubbe Rosse perché mi dà un che di poetico orinare in quell'angusto cesso novecentesco carico di batteri futuristi, ermetici e vociani. Ma tant'è.

Comunque, per curiosità, guardatevi i tre minuti del video proposto dall'encomiabile redazione del Corriere Fiorentino - che speriamo venga premiata con il Pulitzer (sezione “pulisciterga”) - e ditemi: lasciando da parte il fotogramma della su esposta signora, nel resto del video, riuscite a individuare dove si troverebbe «il grande degrado» di Firenze? Negli ambulanti che tentano di vendere riproduzioni o poster? Oppure in quelli che vendono il trespolo di metallo per farsi i selfie? Oppure nel mimo che incassa l'obolo del turista? Io, di tali commercianti in nero, ne ho visto solo uno, all'inizio, che m'è perso sputare in terra di spalle alla videocamera (se questo è degrado).
Forse, la cosa più degradante sono le transenne che circondano la Rotonda del Brunelleschi, lì apposte a causa dei lavori in corso che non si capisce perché non siano presidiati e velocemente conclusi dall'amministrazione comunale.

Ma torniamo alla faccenda della piscia.
Come ho appreso dall'amico Alex su fb:
«Più di un milione e mezzo di statunitensi non ha il bagno. Fanno pipì per strada. A 1,5 - 2 litri di pipì ciascuno al giorno vengono quasi 3 milioni di litri di pipì per strada. Al giorno. »
Lo stupore è che, a dispetto di tal copiosa quantità di orina dispersa in strada, nel servizio della BBC, non ho visto alcuna pozza in terra. Forse perché negli USA le commissioni femminili bipartisan sono riuscite a convogliare tutto il liquido nella bisognosa California?

I vantaggi della sovranità nazionale

«Di questo passo insomma l’export italiano rischia di tornare indietro di sei anni, ai livelli del 2009. A soffrire sono tutti i principali settori del made in Italy, dall’abbigliamento alle calzature, dalla meccanica all’agroalimentare. Le sanzioni imposte dall’Unione Europea alla Russia sono in scadenza a fine settembre ma possono essere prorogate». Il Sole 24 Ore

Non accadrà, ma poniamo per assurdo che l'Italia, in barba ai dettati ammeregani, e all'ossequiosa osservanza degli stessi applicata dal nostro governo e dal resto dei governi europei, decida di non prorogare le sanzioni e di riprendere un normale interscambio commerciale con la Russia.
Oltre al formale rincrescimento diplomatico dell'amministrazione statunitense, che cosa potrebbe accadere in concreto allo Stato italiano? 
Ipotesi number one: Moody's, Standard & Poor's, Fitch ritorneranno in campo come arbitri cornuti ad ammonire il rating del nostro debito pubblico, facendo risalire vertiginosamente lo spread.

Cari produttori di Parmigiano Reggiano: non vi resta che affittare un F-35 e scaricare le vostre forme su Washington.


A parte.

Guardate che belli i torpedone Nato.


Stanno andando in gita in Ucraina.

mercoledì 10 giugno 2015

Monsieur Tamarreau c'est moi

Ho quarantotto anni (per gambini) e sto scrivendo un post, gratis, su un giornalista che scrive un articolo, per cui è pagato, sulla rissa di un presunto tamarro, famoso cantante rap e penso che le ragioni che il giornalista adduce per discolparsi per aver scritto tale articolo, sono ragioni tamarre che fanno di lui un tamarro di tal fatta che, al confronto, il cantante rap tatuato sembra Paolo Conte che fuma una sigaretta scuotendola di tanto in tanto distrattamente sul portacenere posto su uno Steinway mentre ha finito di provare una nuova canzone nella solitudine nottorna dello studio.
Se in un primo momento, a sostegno delle sue ragioni, il giornalista scrive:

Mi ha telefonato il vicedirettore, ma non l’ha impietosito neppure la minaccia (mia) di suicidio dalla Torre Branca, quella che signoreggia sulla discoteca per truzzi «Just Cavalli» e su Parco Sempione, ovviamente a Milano.


facendo quindi credere di essere stato obbligato a parlare di tale argomento, successivamente - e in ciò sta a mio avviso la contraddizione che fa di lui un tamarro - scrive:

parlare di questo coso scarabocchiato e ritrovarmi lanci come questo dell’Agenzia Italia: «Dalla lite di Fedez all’allarme Mers in Corea del Sud, ecco le 5 notizie di oggi da non perdere». 


In altri termini: il vicedirettore ha chiesto un articolo al giornalista su un ventaglio di cinque notizie e quindi è stato il giornalista stesso a scegliere di parlare del tamarro. Poteva dunque assolvere il suo ingrato compito lavorativo commentando altra notizia di agenzia. Se non lo ha fatto, se ha scelto di parlare del cantante rap tamarro, è perché, come da regola non scritta di ogni editoriale, ci si pone davanti alla notizia un po' come davanti allo specchio, e si finisce di parlare di sé, da veri tamarri.

martedì 9 giugno 2015

Le decisioni della Casa Bianca colpiscono chi?

«Vladimir Putin - ammonisce il presidente degli Stati Uniti - deve scegliere se continuare a isolare il suo Paese e a distruggere la sua economia, nello sforzo sbagliato di ricreare i fasti dell’impero sovietico. Oppure se riconoscere che la grandezza della Russia non dipende dalla violazione dell’integrità territoriale e della sovranità di altri Stati». Una violazione che - sostiene Obama - nel caso dell’Ucraina non è mai cessata. Per questo gli Usa e l’intero G7 si dicono pronti non solo a prolungare oltre il prossimo luglio le attuali sanzioni verso la Russia, ma anche a decidere nuove misure restrittive se ciò si renderà necessario. «Ci sono già discussioni a livello tecnico, anche se non ancora a livello politico», spiega il presidente americano, sottolineando l’esigenza di «essere preparati» di fronte a un Cremlino che dovesse insistere con quella che a Washington viene considerata una politica di aggressione. 
La risposta di Mosca non s’è fatta attendere. «Ci riserviamo il diritto di reagire conseguentemente a tutte le iniziative “non amichevoli” compiute contro di noi dagli Usa», si legge in un rapporto del ministero degli Esteri, diffuso non a caso nelle ore conclusive del G7. Per le autorità russe l’obiettivo dell’amministrazione Obama è solo quello di «aumentare la pressione delle sanzioni contro la Russia, per indebolire la sua economia e creare le condizioni per destabilizzare la situazione politica interna del Paese». 
È lo stesso presidente Usa a fare il quadro delle conseguenze, a suo dire devastanti, delle sanzioni: «La Russia è in profonda recessione. Il rublo e gli investimenti stranieri sono in calo. L’inflazione sale. La banca centrale russa ha perso riserve per oltre 150 miliardi di dollari. Le banche e le imprese russe sono virtualmente fuori dai mercati internazionali. Le società energetiche faticano a importare i servizi e le tecnologie di cui hanno bisogno». Dunque - le conclusioni di Obama - le decisioni del Cremlino «stanno colpendo innanzitutto il popolo russo». E su questo Putin dovrebbe riflettere. 

Da premio nobel per la pace a premio nobel per la brace. Nel senso che - di questo passo - basterà una scintilla e il mondo riprenderà fuoco. 
Fatta la battutina del cazzo che non serve a niente, voglio rincrescermi pubblicamente per quanto segue: se sette/otto anni fa mi avessero detto: vedrai cambierai idea su Obama e su Putin, avrei risposto: impossibile: come poter preferire la democrazia all'autoritarismo l'autoritarismo alla democrazia?
Nello specifico della su riportata dichiarazione di Obama: è palese che le accuse che rivolge a Putin dovrebbe rivolgerle in primo luogo alla nazione che presiede; infatti: come cazzo si fa ad accusare uno Stato di “ricreare i fasti dell'impero sovietico” senza riconoscere che, per mantenere la propria posizione imperiale, gli USA stanno mandando a puttane la presunta pace mondiale auspicata dopo la fine della caduta dell'URSS? Obama è un bue che dice... eccetera.
La Russia viola l'integrità territoriale? Porcadellamericaputtana: è da più di un secolo che gli USA sono presenti  ovunque a violare l'integrità territoriale altrui - si ricorda di striscio quello che fecero a Sigonella. 
Infine, la colpa della recessione russa è di Putin o di coloro che hanno preteso e pretendono l'embargo? 

lunedì 8 giugno 2015

Leggere la muffa (2)


Pancrazio Svelsi si era innamorato di Margolina perché era stata l'unica donna di Montescaltro ad avergli regalato un sorriso, uno solo, a lui, l'uomo dallo sguardo più misogino d'Europa. Pancrazio, infatti, dopo anni di psicofarmaci che tenevano a bada le sue inclinazioni (adolescente, aveva bastonato a sangue la madre e la sorella e dato un pugno a una vigilessa urbana, così, senza motivo, dato che lui non aveva neanche la patente), sentiva il bisogno di un interlocutore femminile nonostante la pessima abitudine di scaracchiare il suo grumo verdognolo, pieno di catrame del Monopolio di Stato, sul selciato, non appena una donna aveva la sventura di passargli accanto.
Da quando Pancrazio seppe che Margolina aveva dismesso l'attività professionale di addetta alle pompe vitali, egli manifestò senza remore il suo sentimento a Aldebrando, rabdomante e cercatore di tartufi con l'ausilio di un maiale di cinta senese dal fiuto straordinario. A lui s'era rivolto con la buonafede di chi spera in un vaticinio favorevole. Purtroppo per Pancrazio, Aldebrando, dopo aver decifrato la muffa della parete esterna, a bacìo, dei bagni comunali, disse che le speranze erano poche, che Margolina era gentile solo perché era una buonanima, molto ingenua e un po' puerile, la quale sorrideva più per riflesso spontaneo che per consapevole benevolenza e affezione nei confronti di chi casualmente aveva la ventura di incontrarla.
Contrariato, ma senza troppo farsi vincere dalla delusione, dato che era intimamente convinto che il sorriso che Margolina gli regalava era qualcosa di affatto speciale riservato a lui, Pancrazio iniziò il lavoro stagionale presso il forno di Montescaltro, esercizio che lo assumeva oramai da una decina d'anni, nel periodo estivo, dai primi di giugno a fine settembre, per permettere di fare le ferie al personale a tempo indeterminato.
Era un lavoro faticoso, otto ore al giorno, dalle 22 alle 6 per sei giorni a settimana; tuttavia, egli resisteva di buon grado perché in fondo erano soltanto quattro mesi e quanto guadagnava poi gli era sufficiente per il resto dell'anno, in modo da sussistere decorosamente senza dover chiedere i buoni della caritas.
Uno dei primi giorni in cui ebbe preso incarico accadde una cosa che lo sconvolse: Margolina fu portata d'urgenza al vicino ospedale di Pianzero e fu ricoverata in isolamento...

[continua lotta continua lotta continua lotta]

domenica 7 giugno 2015

Il TTIP ti tap

Il segreto non aiuta il TTIP. Come se l'opinione pubblica, sapendo e criticando, potesse fermare l'accordo. Tanto se lo vogliono fare, lo fanno. E sarà maiala per tutti.
«La globalizzazione ha bisogno di un controllo politico democratico» che andrebbe messo subito in opera prima che il TTiP prenda l'avvio in quanto nel «futuro non si potranno più cambiare le cose» dice Julian-Nida Rümelin (6' 00"), filosofo etico-politico tedesco. E aggiunge che una struttura all'uopo ci sarebbe ed è la Corte Penale Internazionale; purtroppo gli USA non ne fanno parte. Già. Ecco perché George W. Bush non è giudicato per crimini contro l'umanità per tutto il vespaio che ha sollevato in Iraq.


Comunque, in linea di massima, non sono contro a priori al TTIP: bisognerà pur accelerare il processo verso l'apocalisse.

sabato 6 giugno 2015

Leggere la muffa

Aldebrando Illiberti disfece mezzo muretto di pietra serena già sbriciolante e discusse con Pancrazio Svelsi sul colore delle figure mutevoli della muffa. Ebbe sete e non fece altro che deglutire un abbondante salivazione dovuta al passaggio di Margolina Laudevoli, la quale, vestita di tutto punto e mezza virgola che le si incastonava infra le morbide portaerei, più che altro portamani, dei suoi glutei, stava passeggiando con il suo cagnolino Smurgo all'indomani della prima comunione della figlia, Zendalina, il cui padre, il celebre glottologo Giansiro Forsi, in seguito a una spedizione di grammatologia culturale, ebbe la clamorosa sventura di esser privato di un polpaccio dagli ultimi cannibali della domenica della Papua Nuova Guinea, i quali, nei giorni feriali,  facevano da sorveglianti ai pozzi petroliferi della Chevron. Meno male che, nella sventura, la multinazionale riconobbe il dolo e rifuse il Forsi con un considerevole risarcimento, inaspettato, che dette modo alla signora Margolina di dismettere la propria attività peripatetica intrapresa sin dai primi tempi del matrimonio, poiché la glottologia da sola non bastava a ripagare il mutuo.

- Caro Pancrazio, mi arrendo. Leggere la muffa è molto più disagevole che leggere le carte. La lettura delle carte, infatti, risponde a determinati codici, mentre quella della muffa è completamente avulsa da qualsiasi codificazione, si va ad occhio, e il mio occhio vede sempre Margolina rifiutare le tue attenzioni e il tuo amore...
[continua?]

venerdì 5 giugno 2015

«Il salto politico necessario per porci»

«Non c'è un'istituzione rovinosa che dia fiore, nel mondo, come l'oro. È la rovina degli Stati, caccia via di casa la gente; e poi fa scuola, travolge menti oneste a imprese turpi, insegna le abitudini perverse e a praticare qualunque empietà» Sofocle, Antigone. 

Gente come Giavazzi ciurla nel manico, dice e non dice, accenna, smozzica frasi, oracoleggia, sticazzeggia, peggio della Merkel e delle altre autorità europee competenti che da anni tengono sulla graticola la Grecia. 
Editorialisti economici che riproducono le solite accuse che pure i sassi hanno capito: i greci hanno troppi dipendenti pubblici e pochi dipendenti privati, e tic toc e tic toc: cosa s'ha da fare, Giavazzi? S'hanno ad ammazzare?
Però non dicono che i dipendenti pubblici la Grecia li aveva pure assunti coi prestiti avuti dagli Stati e dalle Banche d'Europa - che per carità hanno sbagliato anche loro!, s'affretta a dire il Giavazzi - in primis Germania e Francia (hanno speso più in insegnanti o in carri armati i Greci? Non sia mai detto, questo, vero Giav'?).

Stringi stringi, Giavazzi dice: i greci non vogliono diminuirsi, cazzi loro, sappiano che se default sarà, merda arriverà. L'Europa più che altro dovrebbe preoccuparsi della Grecia per ragioni geopolitiche, la Turchia vicina, e cip cip. Cioè: se la Grecia fosse incastonata al posto del Liechtenstein non ci sarebbero problemi nel farla fallire.
Bellino Giavazzi quando scrive: i greci «hanno scelto, spero consciamente, di rimanere un Paese con un reddito pro capite modesto». I greci hanno scelto. Lui spera consciamente. Di barbartelo nel culo. Ti piacerebbe, Giavazzi?
Chiacchierino: sempre a parlare di «rendere l'economia più efficiente». Ma che cazzo vuoi efficientare dal punto di vista del capitale, in Grecia, in Europa, nel mondo?
Prova a leggere, per rifiutare, chiaramente, perché le vostre idee efficienti sono deficienti - e ciò accade perché non capite un cazzo di economia. Un cazzo di nulla. O meglio: capite tantissimo, da premi nobel, per far star bene economicamente e rendere prospera solo una classe sociale: quella dei padroni, in ciò espletando perfettamente il vostro compito di servi.

giovedì 4 giugno 2015

Prendere la penna in mano

« È sempre fuori discussione per noi, dato che le nostre “porte d'accesso” sono completamente aperte, dato che non esistono più “pareti” tra noi e il sistema, dato che viviamo “in conseguenza” con i suoi contenuti ancor prima di prendere la penna in mano, è sempre fuori discussione, per noi, ciò che possiamo e non possiamo farci venire in mente; quale registro vocale possiamo scegliere e quale no; fino a che punto possiamo allontanarci e fino a che punto no; e persino fino a che punto possiamo oltrepassare o no i limiti del sistema per assicurare, sia a noi che agli altri, l'illusione di libertà. E obbediamo tanto più volentieri in quanto non avvertiamo affatto le regole che ci vengono imposte, dato che restano camuffate, e precisamente perché non siamo capaci di desiderare nient'altro che quello che dobbiamo desiderare. No, il sistema conformistico non ha bisogno di fissare ogni singola mossa, di dettare ogni singola frase, di controllare ogni parola. Dato che esso ci ha già determinati avant la lettre, può sempre permettersi di essere generoso, può sempre restare liberale.
Tuttavia non è liberale nonostante che, ma perché è un sistema totale.
Non è terroristico nonostante che, ma perché è morbido.
E noi non siamo le sue vittime nonostante che, ma perché non avvertiamo la nostra servitù.
Ci lascia le mani libere per le nostre opere?
Sì. Perché le nostre mani sono opera sua. »

Günther Anders, L'uomo è antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 1992, (traduzione di Maria Adelaide Mori, pag. 171).

Appunti

Ci sono sere in cui, sul far della notte, a cielo sereno, quando l'oscurità dell'Ovest si spegne piano piano, getto lo sguardo in alto sulle prime lampade celesti accese a mi soffermo sovente su Venere, che sta lassù bello inutile come una lampadina led di una spia senza significato. 
Sto bene? Per saperlo, da Venere sposto lo sguardo dentro me, dove trovo una sorta d'interlocutore interno che non mi sa mai dire niente di preciso, di predeterminato, parla solo sotto dettatura, illuso della propria libertà di scrivere quello che gli pare. 
La domanda resta inevasa, anche perché lo stare bene dipende, io quando scrivo credo di stare bene, perché scrivendo apro porte che altrimenti starebbero chiuse - ma che cazzo metaforizzo a fare?
Porte? Pareti? Sistema? Libertà? 
Riflettiamo, anzi: sentenziamo: stare bene nella percezione minima del corpo, quando il pensiero si fa bolla protettiva e il corpo ci sta tutto dentro, ballonzolante come in una bolla di sapone in un bosco di acacie... 
Cadere di culo.