domenica 31 luglio 2016

Rimanere seduti

- Buongiorno Dio
- Buongiorno Uomo
- Sicuro che lo sia?
- Piuttosto. E tu credi che sia io, Dio?
- Insomma.
- Spara.
- Non sono un nicciano.
- Spara nel senso di parla.
- Ecco, Signore, vorrei un tuo commento riguardo al seguente discorso di Papa Francesco:
«Davanti a Gesù non si può rimanere seduti in attesa con le braccia conserte; a Lui, che ci dona la vita, non si può rispondere con un pensiero o con un semplice messaggino».
- Che cosa dovrei commentare?
- Per prima cosa, un dubbio grammaticale: il pronome scritto con la maiuscola “Lui”, si riferisce a Gesù o a te?
- Penso e spero a me, giacché, essendo padre, sono io che eventualmente dono la vita, mica lui, nel senso di mio figlio Gesù, il quale, secondo la vulgata, pare non mi abbia lasciato nipoti a giro.
- Allora posso fare a te questa domanda: se invece di un semplice messaggino, uno ti risponde con una tesi di laurea che cosa ne pensi?
- Dipende che tipo di laurea: se in fisica e/o in biologia, è probabile lo prenda in considerazione, per comprendere i misteri dell'universo che, a vostro dire, avrei creato.
- Tu li conosci questi misteri?
- No. Mi ricordo soltanto del grande scoppio, poi tutto si è svolto secondo il caso e la necessità.
- E la Provvidenza?
- Se esiste, se ne può avere prova soltanto ex post. Per esempio: alla luce del sistema economico e produttivo vigente, è certo che la Provvidenza agisce più dalla parte del capitale che del lavoro.
- Insomma, di teleologicamente orientato non c'è niente?
- Siete voi orientati verso me dalla forza della fede.
- E se questa forza venisse meno?
- Hai presente l'interazione gravitazionale? Due corpi – e, aggiungo, due pensieri – si attraggono in modo direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse. Dunque, finché io, nelle vostre teste, avrò un posto considerevole, i vostri pensieri saranno attratti verso me; se invece restate seduti, con le braccia conserte e i pollici a premere sullo smartphone, è più probabile che vi alzerete se compare davanti un pokemon da catturare che se vi chiamo io al telefono.
- Insomma, si può rimanere seduti davanti a te, a braccia conserte, senza fare niente.
- Certo che sì: anche mio figlio, le migliori cose che ha fatto (e detto) le ha fatte da seduto, a volte persino scrivendo sulla sabbia.

sabato 30 luglio 2016

Domanda Lo Turco

Ansia

Se non ci fosse da piangere per la deriva autoritaria intrapresa dalla Turchia, si potrebbe ridere a domandare quanto segue: se un giorno i movimentisti pentastellati andassero al governo (non è un auspicio) ed eliminassero i finanziamenti pubblici diretti e indiretti all'editoria, in Italia quanti media chiuderebbero? Ma soprattutto: quanti scenderebbero in piazza per difendere la libertà di stampa?

Parlate piano

«Non parlare così forte, qui vicino dormono gli arabi». 
Franz Kafka, Sciacalli e arabi, in Il messaggio dell'imperatore, vol. 1, Adelphi, Milano 1981

Siamo abituati alla presunzione di sapere che sappiamo tutto, che ci basta poco, un’occhiata – e diventa inutile parlare, inutile discutere.
Stiamo zitti, allora, in un silenzio non condiviso, a immaginare ognuno non una via d’uscita, ma la maniera migliore di camminare senza calpestarsi i piedi.
Siamo bravi in questo: similmente ai ballerini, zampettiamo sulle punte per tenere paralleli i nostri percorsi, senza ripetere i discorsi, senza prendersi a morsi.
Ridere è l’unico ponte che ci permette di comunicare. Le lacrime meno, perché sono dominio dell’emozione – e l’emozione è qualcosa da tenere dentro le mutande. Meglio ignudare l’intelligenza, meglio abbracciare la luce che arriva ai nostri occhi e che ci permette di giudicare senza emettere sentenze.
La condanna è riservata agli dèi, ai padri e agli sciocchi che sovente sono rappresentati da un’unica figura.
Proviamo a dipingerla e poi giocare a freccette.


venerdì 29 luglio 2016

Vai Dirk



Ho avuto il privilegio di ascoltare e vedere Wim Mertens e Dirk Descheemaeker (clarinetto) live. Se potessi restituire in parole un'oncia di quanto mi hanno fatto emozionare, potrei probabilmente considerarmi un artista.

Il giardino dei semplici

A margine del CDM di ieri, alcune annotazioni:

a) Camminando per boschi, alcuni alberi mi hanno rivelato che i forestali avrebbero gradito non "finire" dentro i carabinieri per non diventare un corpo militarizzato, cioè a dire, avrebbero preferito entrare nella polizia di stato. Sono stati i carabinieri (gli alti comandi) a fare carte false per accorparli (non accopparli) perché la benemerita, porella, in parecchi casi, paga l'affitto delle caserme, mentre i forestali hanno un grande patrimonio immobiliare che - si vocifera tra latifoglie e aghifoglie - finirà nelle braccia dell'arma (gioco parole bilinguistico).

b) Riguardo a un possibile rinnovo contrattuale degli statali, il presidente del consiglio ha affermato che il governo è pronto «a mettere più denari purché sia chiaro che chi lavora in Pa deve essere premiato e chi fa il furbo va punito». Domande: chi lavora con furbizia, va punito con arguzia? Cosa s'intende esattamente con fare il furbo? Trovare espedienti per non lavorare, come ad esempio timbrare il cartellino e poi non andare in ufficio bensì a fare i cazzi propri? Se sì, secondo me questa non è furbizia, bensì delinquenza semplice perché chi la compie mette in atto una condotta illegale, commette cioè un reato. Ora, secondo me, a chi delinque e la fa franca, se gli dici furbo, gli fai un complimento. Chiamiamolo stronzo, ché forse, avendosene a male, potrebbe ingenuamente scoprirsi e quindi autodenunciarsi di presunta furbizia e beccarsi da solo con le mani nel sacco.

c) Durante la conferenza stampa, il presidente del consiglio si è lasciato andare alla seguente, roboante dichiarazione:
«Quello che sembrava impossibile sta accadendo, semplificare questo Paese. E invece andiamo in quella direzione, rendere sempre più semplice governare il nostro Paese».
La semplificazione di «questo Paese» è relativa alla modalità con la quale sarà - a suo dire - «più semplice governare il nostro Paese». E da cotanta semplicità che cosa consegue? Sarebbe bello rispondere: un cazzo, invece tocca, ahinoi, rispondere: tanta complicazione, giacché la semplicità, nella presente azione di governo, comporta quasi sempre faciloneria, pressapochismo, fretta nel prendere provvedimenti, nello stabilire decreti, nel formulare leggi che poi, puntualmente, si verificano essere delle grandi sciagure per i (ri)governati, ossia per i cittadini che subiscono la semplicità al governo. 

giovedì 28 luglio 2016

Pixellamelo

Nello spiegare perché la Repubblica ha deciso di non diffondere immagini e video dei terroristi di matrice islamista, il suo direttore, Mario Calabresi, si lancia in un editoriale accorato per giustificare tale difficile decisione redazionale che non vuol avere i crismi della censura, ma che è presa nell'intento di togliere sotto i piedi il palcoscenico agli attentatori che sperano nella massima diffusione mediatica delle loro gesta criminali.

E fin qui, c'eravamo arrivati - da tempo - anche noi (e anche senza consultare uno psicoanalista).

Dove noi, nel senso di io e te, caro lettore, non siamo arrivati, non potevamo arrivare, è nell'uso di un neologismo che sta alla lingua italiana tal quale un attentato jihadista all'articolo Uno della Dichiarazione Universale dei diritti umani.

Per tale ragione, mi sembra naturale non riportare tal verbo per non urtare la vostra sensibilità, ma soprattutto, per non far torto a quel che resta della lingua che chiami mamma o babbo (Inf. XXXII).

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Si rimanda qui a una fonte più autorevole del neologismo.

mercoledì 27 luglio 2016

Franco Califfato

Se gli eventi fossero in mano agli uomini e non gli uomini in mano agli eventi, la volontà umana potrebbe tentare, con un po' d'immaginazione, di porre rimedio alle disgrazie, alle storture che occorrono alle umane genti.
Per esempio, per interrompere la mimesi violenta dei vigliacchi, feroci attentati compiuti in nome del sedicente Stato Islamico, classi dirigenti meno imbambolate, anziché dichiarare guerra alla cazzo di cane¹, potrebbero, a bombe pistole e scimitarre ferme, invitare qualche emissario del suddetto Stato desideroso d'essere, e fargli la seguente proposta indecente².

- Egregi aspiranti califfi, visto che ci tenete tanto - anche (e soprattutto) alla luce dei nostri pregressi errori che hanno determinato la catastrofe irachena e siriana - e visto che vi abbiamo indotto a crederci, siamo disposti a concedervi un tot di superficie mesopotamica compresa tra un kilometraggio quadrato minimo, tipo quello dello Stato Vaticano, a uno massimo, tipo quello dell'emirato del Kuwait. Stabiliti da noi confini e da voi la capitale, vi dedicherete alla struttura statale, che sarà uno stato totalitario di stampo religioso vero?, cazzi vostri, contenti voi; dopodiché faremo subito un accordo: noi vi daremo tutti coloro  che credono nella vostra causa e voi ci manderete tutti coloro che ci credono meno e che non possono fare diversamente sennò gli mozzate le membra; a occhio e croce sarete in parecchi maschi e poche femmine, meglio, così figliate meno e magari vi ammazzate un po' tra di voi per la contesa delle povere sciagurate rimaste volontariamente. 
Il punto è che, una volta che avrete un vostro Stato riconosciuto dalla comunità internazionale, dovrete anche trovare il modo di mantenerlo in vita, dando avvio alle attività in diversi settori economici necessari al sostentamento, giacché, come avrete inteso, non sarà possibile per voi campare di rendita come fanno quelle sanguisughe di emiri e monarchi che finanziano la vostra battaglia. Successivamente, dopo aver compreso che con l'autarchia in certe aride zone della Terra presto si fa la fame, se farete domanda per iscrivervi al WTO, vi accoglieremo a braccia aperte, e così si comincerà il giochino del libero scambio: noi vi venderemo le nostre merci, voi ci venderete la vostra manodopera.


In attesa di un vostro riscontro.

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¹Da un presidente che dichiara «siamo in guerra», mi aspetterei che distribuisse almeno una pistola - anche ad aria compressa - per ogni cittadino.
² A chi farà notare che tale proposta è simile alla concessione del territorio dei Sudeti alla Germania di Hitler, rispondo che l'Is fonda la sua legittimità sulle ceneri dello Stato iracheno distrutto dai criminali di guerra Bush e Blair; e poi, non sarà il primo e l'ultimo Stato ad essere creato. Santi numi!, esistono il Qatar, il Bahrein, l'Oman, lo Yemen, gli Emirati Arabi Uniti... la cui legittimità è oramai passata in giudicato. Inoltre, insieme alla nascita dello Califfato, dovrà sorgere ufficialmente anche il Kurdistan.

martedì 26 luglio 2016

Il paradosso di Achille

Ansia
«Un furgone, fermato dalla Polizia Stradale sulla A26 per eccesso di velocità, trasportava oltre 5.500 tartarughe.»

lunedì 25 luglio 2016

Sangue e sporcizia

Ho letto l'articolo di Ilvo Diamanti e mi sono rassegnato. Alla paratassi.

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Dato il valore politico dimostrato come segretario di stato, a Hillary Clinton preferisco Donald Trump.

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E così, quel che restava d'italiano della Fiat è svanito nel nulla dei Paesi Bassi: cenere alla cenere, polvere alla polvere, denaro a denaro¹. 
«Tantæ molis erat il parto delle “eterne leggi di natura” del modo di produzione capitalistico, il portare a termine il processo di separazione fra lavoratori e condizioni di lavoro, il trasformare a un polo i mezzi sociali di produzione e di sussistenza in capitale, e il trasformare al polo opposto la massa popolare in operai salariati, in liberi “poveri che lavorano”, questa opera d'arte della storia moderna. Se il denaro, come dice l'Augier, “viene al mondo con una voglia di sangue in faccia”, il capitale viene al mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro». Karl Marx, “La cosiddetta accumulazione originaria”, Il Capitale, Libro I, Sez. VII, cap. 24
***
Non credo che il parlamento approverà una legge di liberalizzazione e commercializzazione legale delle droghe leggere, in ispecie la cannabis. Personalmente lo spero; nondimeno, qualora accadesse, dovremo sospettare che dietro tale manovra si nasconda lo zampino renziano per far sì che vi sia un incremento esponenziale di elettori fumati al prossimo referendum costituzionale?
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¹Visto che c'erano, ’sti zozzi, avrebbero potuto portarsi dietro anche la Juvemerda a giocare contro l'Ajax e il PSV Eindhoven.

Democrazia alla turca

Ansia

Un elegante bar lungomare, bell'arredamento, camerieri cortesi. Un signore, in tenuta da spiaggia, infradito comprese, ordina (e paga) un caffè e, allo stesso tempo, domanda alla cassiera del bagno.
«Sì, è in fondo a sinistra. Ecco, questa è la chiave».
Il signore, senza scomporsi:
«Posso orinare fuori dal vaso?»
E la cassiera, stupefatta e contrariata:
«Ma che cosa dice? Ma come si permette?»
«Ho chiesto infatti il permesso di orinare fuori dal vaso».
«Non può».
«Lo so che non si può, però io lo voglio».
«Anche se vuole, non può».
«Perché non potrei?»
«Perché il bagno non ha il vaso, ha la turca: quindi, tecnicamente, non può orinare fuori dal vaso. Di più: se orinasse sul pavimento, rischierebbe di orinarsi sui piedi. Sempre convinto di farlo?»

sabato 23 luglio 2016

Cervelli

D. «La Francia di fronte all’offensiva del terrorismo ha proclamato lo stato di emergenza nazionale e indurito le sue leggi sulla sicurezza. In Germania, in ragione della sua storia, questo sarebbe più problematico?» 
R. «Non credo. Le ricordo che nella seconda metà degli Anni Settanta, di fronte all’attacco criminale contro lo Stato della Rote Armee Fraktion, un cancelliere socialdemocratico, Helmut Schmidt, combatté con pugno di ferro e leggi eccezionali il terrorismo brigatista. E in nome della ragion di Stato non esitò a sacrificare la vita del capo degli imprenditori tedeschi, rifiutando di trattare. Il governo tedesco saprà reagire, mi auguro soltanto che lo faccia in modo più trasparente ed efficace di quello francese».

Colgo l'occasione di una risposta del direttore di Die Zeit per ricordare una criminale e il pugno di ferro del terrorismo di stato che la suicidò (le tolsero persino il cervello post mortem, povera Ulrike; chissà se qualche neuropatologo incaricato dalla polizia tedesca analizzerà, a fortiori, anche quello dell'assassino diciottenne che ha ucciso nove persone ieri a Monaco di Baviera).


venerdì 22 luglio 2016

Terrorist show

Nel momento stesso in cui certi eventi terribili accadono non si può far finta che non accadono; e tuttavia andrebbe fatto uno sforzo - nel rispetto assoluto e nella cura (e protezione) indefessa delle vittime coinvolte - per non far diventare il terrorismo quello che è già in parte riuscito a essere: un format. Per evitare questo, i geni del rincoglionimento mediatico devono impegnarsi a togliere dal palinsesto il programma Attacco terroristico in corso, come sono stati tolti, da anni, gli attacchi terroristici e di guerra che sono in corso in Siria, in Iraq, in Afghanistan. Da quelle parti l'orrore accade con frequenza e misura ben maggiore; ciò nonostante, in queste lande nostrane, è come se non accadesse niente.
Non che tale provvedimento “silenziatore” sia un granché come deterrente, ma almeno toglierà la luce (dei riflettori) dalle tenebre, si farà silenzio e non sarà data alcuna soddisfazione a chi la cerca seminando il terrore nei luoghi più indifesi e facili da colpire: vadano a sparare nei luoghi del potere se hanno il coraggio¹. In fondo, sono convinto che se non ci fossero le telecamere questi stronzi fottuti assassini, chiunque essi siano e quale che sia il credo che professano, non sparerebbero un colpo. Sparare o far (farsi) esplodere sono - prima ancora che un gesto politico - un richiamo per essere riconosciuti. Suppongo, ahimè, che non abbiano nemmeno uno specchio nelle loro dimore, per probabile timore di spararsi prima per sé.
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¹Se non sbaglio, l'ultimo a farlo fu un italiano: Luigi Preiti (nel ricordarlo, non voglio certo incensarlo, né paragonarlo a Gaetano Bresci).

giovedì 21 luglio 2016

Timore e tremore

...che poi sia la popolazione a essere spaventata non è che importi molto, anzi, forse è meglio che sia spaventato il popolo, quell'entità che viene chiamata ogni arco temporale a esprimersi su chi debba rappresentare la sua sovranità. Così, nelle condizioni di timore e tremore, il popolo sceglierà di conseguenza, avrà una ulteriore motivazione (tra le tante in meno) che lo spingeranno a votare quelli che poi saranno davvero protetti, coloro che - possa essere smentito - ancora manco uno dall'11 settembre in poi è stato sfiorato di striscio da una scheggia islamista - sia chiaro: stronzi fottuti e vigliacchi sono e restano ’sti terroristi islamici, non voglio assolutamente dar credito ad alcuna ipotesi complottista: voglio semplicemente ricordare a coloro che notano somiglianze tra il presente terrorismo islamico e quello brigatista, che niente di più stolto e tendenzioso v'è nel farlo, perché i brigatisti non seminavano terrore nel popolo, bensì nella politica, nel padronato, nel sindacato, nei vari apparati di potere (non è una giustificazione delle loro terribili esecuzioni e gambizzazioni): i brigatisti avevano insomma determinati obiettivi dettati da una precisa strategia politica che era quella di persuadere le masse a fare rivoluzione insieme a loro, casomai, più appropriato sarebbe il parallelo tra il terrorismo odierno e quello stragista di piazza Fontana, di piazza della Loggia, dell'Italicus, della Stazione di Bologna...

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A volte ho imbarazzo a pubblicare i miei vaniloqui. Basta poco per farlo passare.

Fermare il contagio

«Vorrei sapere se i giornalisti si rendono conto del fatto che l'attribuzione di atti di violenza jihadista non a "personale dell'ISIS" ma a pazzi, depressi, marginali, lupi solitari, cani sciolti, ecc. non rende affatto meno tragica la situazione, ma anzi aumenta la paura e diffonde una incertezza radicale. Perché qui tutte le persone instabili per i più diversi motivi, che sono ovunque in ogni nazione, e sono innumerevoli, hanno ormai a disposizione un format replicabile facilmente, che consente di bruciare la propria vita in una gran fiammata, trascinandone molte altre con sé, prospettando al jihadista anche fama, gloria, eterna ricompensa e senso. L'ISIS, mettendo il suo marchio su qualsiasi attentato piccolo o grande che ottenga spazio sui media occidentali, sta attuando una delle operazioni di propaganda più intelligenti e devastanti dell'ultimo secolo. Propaganda nel senso di propagazione virale e mimetica della violenza: qualcosa a cui gli umani, tutti, sono predisposti da sempre, e che nell'era tecnotronica ha trovato una modalità di contagio efficientissima.»

Trovo molto pertinente la sopra esposta riflessione che Fabio Brotto¹ ha rilasciato su Facebook² . 
In coda, aggiungo.
Dato che stiamo vivendo una fase storica segnata dalla crisi generale del modo di produzione capitalistico, non vorrei che il terrorismo jihadista si diffondesse a tal punto da monopolizzare «il mercato della rivolta radicale [perché] non c'è altro»³, che insomma esso non vada oltre la rivolta dei giovani musulmani di seconda o terza generazione  (e la credo relativamente piccola percentuale di convertiti), sperando che presto il fenomeno si esaurisca per consunzione. 
Certo, tra non molto l'Is (o Isis o Daesh - tutti sedicenti, nevvero) metterà in carniere anche gli uxorodici della Brianza. E però il contagio - se contagio è - in qualche modo va bloccato: come? 
Credo servano epidemiologi che abbiano livello di preparazione, efficacia e coraggio analoghi a quelli dimostrati dai medici e dai ricercatori che sono riusciti, in pratica, a debellare l'Ebola.
Da par mio, essendo preparato poco, efficace meno e coraggioso punto, penso che per il momento - anche se questo non tranquillizza la popolazione - i media, in collaborazione con le forze dell'ordine, non debbano avvalorare l'ipotesi di soldati del califfato, anche qualora i criminali lo fossero per certo. Insomma, che i terroristi siano screditati là dove cercano crediti. In fondo, se il loro scopo è quello di essere riconosciuti come militanti dell'Is, sia fatto di tutto per togliergli l'epitaffio che bramano vedersi scritto nel loro sepolcro. Di più: dato che terroristi sono generalmente giovani uomini in cerca di un appiglio identitario al loro vuoto esistenziale, siano deprivati totalmente della loro identità e finiscano - mediaticamente, ma non solo - nella completa anomia.
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¹ Uno dei primi internauti italiani a occuparsi della teoria mimetica girardiana, a cominiciare da metà anni Novanta dello scorso secolo. (Cazzarola, quanto tempo è passato, da quando digitavo il nome di Girard su Altavista e mi compariva il vecchio sito del Brotto).
² Ebbene sì, ogni tanto bàzzico anche su fb.

lunedì 18 luglio 2016

Dosi

Che fatica per la mente assumere di seguito eventi (croniche storiche) che richiedono quintali d'attenzione cadauno; le sinapsi reagiscono come possono, troppa attività cerebrale dedicata alle oscenità provoca cortocircuiti, non si capisce più bene che cosa è accaduto pur avendolo davanti agli occhi, soprattutto per colpa dei media che trasformano i nudi fatti in merce da vendere agli inserzionisti - e le notizie, sommerse di banner, hanno il compito non tanto di informare, quanto di emozionare lo spettatore. E le emozioni sono droghe nemmeno tanto leggere. Rendono dipendenti. E infatti non passa giorno che siano somministrate legalmente tanto per mantenerci vincolati alla società dello spettacolo
Certo, i fatti accadono: sparatorie americane, treni pugliesi, camion francesi, golpe turchi, sparatorie americane...
Non vedo l'ora che siano rimesse in circolo le dosi tranquille sull'accrocco costituzionale.

sabato 16 luglio 2016

Avviso di chiamata

« Siamo nel 1992, il profondo sud è cambiato, non è più terra di fame e di sevizie, ma un richiamo angoscioso, un avviso arriva di continuo ai suoi giovani dalle radio, dalle televisioni, dai giornali, li raggiunge nelle città sempre più affollate, nelle campagne sempre più deserte: ma che fai ragazzo? Vuoi lavorare i campi “da scuro a scuro”? Stare in mare la notte intera per quattro pesci? Aspettare i capricci delle quattro stagioni, i raccolti avari, le rare feste, i brevi amori? No, ragazzo, neppure se lo volessi sarebbe ancora possibile. Per chi le fai le barche con l'ascia se non ci sono più pescatori? Per chi le scarpe chiodate se tutti vanno in auto e in motoretta? Per chi lavorerai tu bottaio, cordaio, fabbro, contadino? No, ragazzo, se sei già in città restaci e se non ci sei arrivaci, cercati anche tu un posto di lavoro o di finto lavoro, su non fare l'ingenuo, lo sai come si fa, diventa uno dei tanti che vendono quello che hanno, la loro forza o il loro voto. Trovati un posto, un finto posto, un servizio fonte quotidiana di consumi e di miseria sociale e non lamentarti. Nessuno ti ha ingannato salvo “le mirabili sorti e progressive”, dal lavoro duro della campagna, dalle servitù del feudo sei scappato tu e allora che vuoi? Una scalata rapida? Una modernizzazione pronta? Beh, le strade le conosci, o la rivoltella o la politica.»

Giorgio Bocca, L'inferno, Mondadori, Milano 1992

Devo riscrivere ancora un passaggio:
«cercati anche tu un posto di lavoro o di finto lavoro, su non fare l'ingenuo, lo sai come si fa, diventa uno dei tanti che vendono quello che hanno, la loro forza o il loro voto. Trovati un posto, un finto posto, un servizio fonte quotidiana di consumi e di miseria sociale e non lamentarti.»
Che sia anche, in parte, per sfuggire questo destino che alcune persone, seppur poche e di queste poche quasi tutte ingozzate di islamismo radicale, premeditano stragi fai da te? Come persuadere potenziali terroristi in sonno a non lamenantarsi e ad aspettare serenamente la pensione?

Occupai

La mia vuol essere una domanda più che una constatazione: ma le centinaia di migliaia (o forse milioni) dei dimostranti (#OccupyGezi) anti-Erdogan perché non sono scesi in piazza anche loro? Perché i golpisti non li hanno convocati?

E poi: non capisco perché funzionano soltanto in Europa, in particolare in Italia, ma anche in Grecia, i golpini fatti con lo spread. Forse perché li turchi non spreaddano? Possibile che non abbiano punti debiti pubblici?

venerdì 15 luglio 2016

Colpi allo Stato

Da un notevole post di Sebastiano Isaia, (il suo blog è, per me, una scoperta notevole), riporto la seguente citazione tratta da Fredrich Engels, Per la storia del cristianesimo primitivo:
«Tutti i movimenti di massa del medioevo», scriveva Engels, «portavano necessariamente una maschera religiosa, apparivano come restaurazioni del cristianesimo primitivo degenerato da secoli; ma di regola dietro l’esaltazione religiosa si nascondevano interessi mondani molto forti». In una nota, Engels abbozza un interessante confronto tra la funzione ideologica della religione islamica dopo la sua iniziale ed esplosiva (rivoluzionaria) espansione geografica, e la funzione ideologica della religione cristiana a partire dal dissolvimento della società medievale: «L’islam è una religione fatta per orientali, specialmente per gli arabi; quindi, da una parte, per città che esercitano commercio e industria, e dall’altra per beduini nomadi. Ma qui sta il germe di un urto che si ripete periodicamente. Le città diventano ricche, sfarzose, rilassate nell’osservanza della “legge”. I beduini, poveri e, per povertà, austeri di costumi, guardano con invidia e desiderio a queste ricchezze e a questi piaceri. Allora si raccolgono sotto un profeta per castigare i peccatori, per restaurare il rispetto per la legge e per la vera fede, e per intascare come ricompensa i tesori degli infedeli. Dopo cent’anni essi naturalmente si trovano proprio a quel punto deve stavano quegli infedeli; una nuova purificazione della fede è necessaria, sorge un nuovo profeta, e il gioco ricomincia. […] Sono tutti movimenti scaturiti da cause economiche e che hanno un travestimento religioso; ma, anche se vittoriosi, lasciano sopravvivere intatte le vecchie condizioni economiche. tutto resta quindi come prima e l’urto diventa periodico. Nelle sollevazioni popolari dell’occidente cristiano, al contrario, il travestimento religioso serve solo come bandiera e come maschera per l’assalto a un ordinamento economico antiquato; questo, alla fine, viene rovesciato, ne sorge uno nuovo, il mondo va avanti».
***
In questo momento c'è un colpo di stato in Turchia. Bene. Lo fanno seguendo modalità classiche, esercito nelle strade, nei palazzi del potere, alla tv. A comunicare che? Ed Erdogan? Riusciranno ad arrestarlo? Magari a metterlo in cella con Ocalan.
Io penso che Bruno Vespa darebbe dieci anni di vita per intervistare un capo di stato maggiore golpista che sale tutto impettito negli studi della Rai. Magari anche in differita.
Vedremo. Comunque non è un caso che oggi abbia fatto il pesto (o meglio: una salsa al basilico) usando pinoli della Coop, provenienza Turchia. 

giovedì 14 luglio 2016

Triangolazioni


Non le ho dato credito, nonostante lei abbia fatto di tutto per convincermi che c'era qualcosa che non andava nel nostro amore, perché - mi ha detto, esitante, quasi a confessarmi un segreto che avrebbe dovuto restare tale se non ci fossimo incontrati, casualmente, in un centro commerciale - tu volevi ci fosse sempre lei quando uscivamo insieme, a fare il cero, e solo dopo ho capito che, dati i capelli corvini, a illuminarci era il suo décolleté. Dovresti credermi: anche se sono passati diversi anni, non ho mai tolto lo sguardo dal suo seno, se non di tanto in tanto, quando - per confessarmi tali maldicenze - cercava il contatto diretto coi miei occhi, quando le sembrava di essere abbastanza sincera da poterlo fare, altrimenti, nel momento in cui la sua fantasia menzognera cercava appigli poco credibili, doveva necessariamente volgere lo sguardo altrove, ed era in quei secondi che, con un certo grado di perversione, confesso, affondavo gli occhi dentro la sua scollatura - e sapevo dentro me che questo ti avrebbe eccitato abbastanza nella stessa misura in cui ti accadeva quando eravamo amanti complici che moltiplicavano il piacere alimentando il fuoco del desiderio.

Abbiamo parlato abbastanza, quasi tre quarti d'ora, cioè: lei mi ha parlato abbastanza, tanto che - non avendo più te vicino, da anni ormai, visto che te ne andasti per non restare schiava delle nostre perversioni - a un certo punto il desiderio nei suoi confronti stava per vincere la disapprovazione, e stavo quasi per dirglielo, anzi: sussurrarglielo a un orecchio, immagino le sarebbe piaciuto, quando, non so se dire purtroppo o per fortuna, è arrivata sua figlia reclamando che l'aveva persa e che era tardi, ché dei suoi amici l'aspettavano per andare al cinema.

«E con chi vai al cinema?», ha chiesto alla figlia, piuttosto contrariata.
«Beh, con Giulia e il suo ragazzo».

Le ho salutate sorridendo, sai, tuttavia non molto contento che una notevole erezione si sia trasformata in una semplice voglia di orinare.

Un determinato punto di vista

«Forse la smentita più categorica alla nostra affermazione, che cioè nella parola si riflettano opinioni orientate in maniera differente può essere costituita dalla domanda: forse che anche in parole come “tavolo”, “cavallo”, “albero”, “sole” ecc. si riflettono e compaiono dei rapporti di classe? Infatti nelle diverse classi la valutazione di queste parole deve essere identica poiché i concetti della realtà che esse rappresentano rimangono identici in tutte le classi: il tavolo è un tavolo e non un cavallo, il cavallo è un cavallo e non un albero ecc.
A questa osservazione dobbiamo replicare quando segue. Anzitutto una parola stralciata singolarmente dal flusso dell’interazione linguistica non può servire da esempio. Inoltre: nonostante le parole, riflettendo la realtà oggettiva, riflettano insieme ad essa anche una visuale socialmente determinata di questa realtà, tuttavia non si può mettere un segno di completa identità tra il significato oggettivo, oggettuale della parola ed il punto di vista espresso nella parola.
Ciascun uomo nel conoscere la realtà la conosce da un determinato punto di vista.
Il problema consiste nel sapere quanto questo suo punto di vista corrisponda alla realtà oggettiva. Infatti un punto di vista non rappresenta una conquista personale del soggetto conoscente ma è il punto di vista della classe alla quale questo soggetto appartiene. Di conseguenza l’oggettività e la completezza di un punto di vista (la misura della corrispondenza della parola alla realtà) sono condizionate dalla posizione sociale. Classi diverse hanno anche punti di vista diversi: nel linguaggio di ciascuna classe esiste una particolare misura di corrispondenza della parola alla realtà oggettiva.»
Valentin Vološinov (Michail Bachtin), Il linguaggio come pratica sociale, Dedalo libri, Bari 1980

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Il mio punto di vista, per conoscere la realtà, mi impedisce di conoscerla perché la realtà a cui ho accesso è soltanto una menoma parte della totalità.
Posso, dal mio punto di vista, mettermi nei panni di un altro punto di vista?
Mi è difficile pensare di indossare gli stessi panni di un Lapo o di un John Elkann.
Più facile pensare quelli di un operaio bengalese impegnato a lavorare dodici ore al giorno. Anche se io, in realtà, sto in una via di mezzo tra chi sta nella merda e un pezzo di merda (ho invertito i primi e i secondi per depistare).

Comunque sia, il mio punto di vista mi dice di lasciarlo in sospeso, farlo riposare qualche ora, ché gli si annebbia la vista.

martedì 12 luglio 2016

Intrinsecamente anti politica

«Dal momento che l'Islam non dispone di una base istituzionale paragonabile al Vaticano, i risultati sono ancora meno coerenti. Le chiamate per l'unità musulmana non sono meno, e non di più, che l'espressione collettiva di un pio desiderio da un assortimento casuale di dignitari. Se premuto o chiesto di prendere tutte le misure effettive a significare l'unità, anche i firmatari di queste dichiarazioni si troverebbero immediatamente in disaccordo su 'unità musulmana'.
Alla radice, tuttavia, il problema non sono i dettagli di queste chiamate per l'unità. È l'essenza, l'ideale stesso di consenso. Come una questione di corso, le chiamate per l'unità musulmana abitualmente violano lo spirito dei loro crediti da anatematizzasse [mitico google traduttore che mi fa il congiuntivo di anatemizzare] loro avversari musulmani. Chiede che l'unità non sono nobili sentimenti, ma, in una parola, in malafede, un pretesto apparentemente nobile per anatematizzasse o demonizzare gli avversari.
Ancora più profondamente, tuttavia, l'ideale dell'unità è intrinsecamente anti-politica. Il religioso deobandi era proprio di identificare la politica come la sfera che offre l'unica vera possibilità di una sistemazione tranquilla delle differenze e delle controversie. Pose su un illusorio 'unità musulmana' tende solo ad allontanare i musulmani del mondo politico degli stati-nazione che governano le loro società. Da questo punto di vista, la militanza musulmana, troppo, è in realtà una conseguenza della de-politicizzazione e non, come comunemente si presume, il contrario.
Sia da parte dei governi occidentali o del Medio Oriente, condanne del terrorismo in linguaggio religioso, in nome dell'Islam, stanno perdendo le cause, i problemi reali non saranno risolti su un terreno teologico. Quando i liberali e sostenitori di tolleranza troppo celebrare o promuovono l'Islam moderato, è un altro passo nel mondo della politica e delle istituzioni, il mondo del progresso e soluzioni. La ricerca di armonia, per l'unità, è  un canto di sirena, e deve essere resistito.»
Faisal Devij, Contro l'unità musulmana, Aeon (traduzione di Google).
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Oltre che essere un prezioso reportage sul pellegrinaggio a La Mecca, l'articolo dello storico pakistano è di notevole interesse per cercare di capire cosa si nasconde dietro l'idea di unità musulmana.

Analogia storica (fallace) in prospettiva: potrebbe un giorno il wahabismo perdere il proprio potere temporale sulla penisola araba conservando soltanto quello legato alle città di culto?

Voce fuori campo: «Devono trovare prima un Papa disposto ad affacciarsi tutte le domeniche. Anzi no: i venerdì.»


Escluso il cane

«Non c'è un avere, solo un essere, solo un essere che desidera l'ultimo respiro, la soffocazione».
Franz Kafka, Aforismi di Zürau, n. 35, Adelphi, Milano 2004

Smettere di respirare, ritornare all'inerte. Che il corpo si consumi è il debito per aver perso, definitivamente, la lotta contro entropia.

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[Non sapevo come salutarti, mia amata Lola.

Forse non è un caso che il medico veterinario, poco dopo che il tuo cuore ha smesso di battere, mentre gli offrivo un bicchier d'acqua fresca e preparavo i soldi della parcella, abbia indugiato lo sguardo sulla modesta biblioteca e abbia chiesto qualcosa dei Ceronetti (quasi tutti presenti) e dei Quinzio (solo un paio), sue recenti letture. 
Ho risposto qualcosa, alcune vaghe impressioni, ma avrei preferito cantare.]




domenica 10 luglio 2016

Innocenti invasioni

Esercitazioni Nato nei paesi baltici. Invio di truppe e armamenti, rafforzamento di contingenti, tattiche, strategie, invasioni simulate del ‘nemico’ russo.
Molte nazioni dell'est europeo hanno paura che la Russia dia sfogo ad un revival imperialista di stampo sovietico, che invii carri armati come a Budapest nel 1956 e a Praga nel 1968 e che imponga alle popolazioni locali un regime fantoccio. Fuori dai denti, sono questi i timori, nevvero? Di cos'altro potrebbero avere paura sennò? 
Ma siamo obiettivi: la Russia, tolto ogni alibi ideologico di stampo falsamente comunista (giacché, contrariamente alla Cina, la Russia è diventata una repubblica democratica dove, seppur v'è una prevalente ingerenza dello Stato, vige l'economia di mercato, a Mosca c'è la borsa eccheccazzo), che tipo di ingerenza auspicherebbe nei confronti delle nazioni un tempo facenti parte del Patto di Varsavia? In altri termini: la Russia ha davvero l'ambizione di ripetere un'esperienza analoga a quella che ha condotto alla disfatta di un impero sovietico in meno di quarant'anni (li conto da Yalta in poi)? 

A me sembra che la sola cosa che interessa ai russi è poter fare buoni affari con i paesi vicini; questo significa mantenere aperti i canali dei mercati, in primis quelli delle materie prime. Semplice roba da bottegai, c'est tout. Convengo che, probabilmente, per le nazioni che temono l'invasione russa, avere sui fianchi orientali la pressione di un esercito agguerrito non sia cosa simpatica; ma credono davvero che i russi intendano invadere esplicitamente Varsavia, Tallin, Riga, Vilnius?
Per far credere a Stoltenberg che i timori sono fondati, piangono la sorte dell'Ucraina, in particolare la cruenta annessione della Crimea come facente parte delle Federazione Russa. 

Pazza Crimea di far l'amor con lui...

Ora, se per un attimo soltanto fosse evitato di dar credito al mantra occidental-americano, si potrebbe constatare quanto segue: la Crimea è stata invasa coi carri armati? C'è stato spargimento di sangue? Qualche Jan Palack si è immolato? Mi pare di no.
C'è stato un referendum, non riconosciuto dalla comunità internazionale, ma riconosciuto dagli interessati, i cittadini della Crimea, che votarono, quasi all'unanimità, di aderire alla Federazione russa. Quelli che dissero no, seppur pochi, sono stati incarcerati, torturati, vilipesi, esiliati? Non credo, altrimenti la notizia sarebbe sulle prime pagine di tutti i giornali occidentali.
Mi sembra che il video seguente sia piuttosto corretto.


Che scopo ha, dunque, l'attivismo NATO nei paesi baltici? Innanzitutto è diretto a provocare tensioni "belliche" che costringano i governi delle nazioni facenti parte dell'alleanza ad aumentare (o perlomeno non abbassare) il budget destinato alle spese militari. Ma soprattutto, a difendere, come spaventapasseri, i mercati occupati dai piazzisti occidentali dal crollo dell'URSS.

Se fossero i tempi di von Clausewitz, sarebbe anche simpatico vederli guerreggiare. In diretta streaming.  


sabato 9 luglio 2016

La mente in folle

Mi sono lasciato andare, ho messo la mente in folle e finché la forza d'inerzia me l'ha consentito sono andato, piano, piano, finché ho raggiunto un punto fermo, uno stop e sono sceso, da me stesso, quello che ero l'ho lasciato parcheggiato in divieto di sosta in un'area in cui c'era persino scritto che avrebbero potuto portarmi via col carro attrezzi, comunque non potevo fare diversamente, mi sono avviato così a piedi senza sapere esattamente dove andare, né che fare. 
A un certo punto mi sono imbattuto in un netturbino che stava facendo una pausa appoggiato alla sua Ape, mangiava di gusto pane e formaggio (mi pareva), mi ha sorriso e mi ha chiesto che stavo facendo a piedi da quelle parti con aria cogliona, «Io? Niente», gli ho risposto, e lui mi ha chiesto se potevo dargli una mano, anzi due, ossia se potevo continuare a spazzare per lui la piazza mentre finiva di fare colazione, non mi sono sottratto, ho preso la ramazza e, con ampie volute a semicerchio, ho spazzato il selciato con estrema perizia, sembrava fossi nato per quel mestiere, come infatti mi predisse il professore di meccanica non quantistica mentre, studente vagabondo, giravo tra i torni e le frese senza fare il compito previsto «Massaro, Massaro, tu farai lo spazzino», e infatti, lo stavo facendo, finalmente, ma purtroppo le signore coi passeggini, dai fianchi morbidi e il culo di più, che parlavano amabilmente tra loro delle aggiunte di latte artificiale perché quello delle loro mammelle pareva insufficiente (mi sembrava impossibile, data l'entità delle mammelle), ignoravano le mie volute artistiche, non scorgendo, dunque, che i miei colpi di scopa mimavano egregiamente le pennellate di Tiziano e di Goya. 
Dopo un po’, il vero netturbino mi ha richiamato all'ordine, gli ho reso la ramazza e lui, per ringraziarmi (forse) e congedarmi, mi ha assestato un colpo sulla scapola sinistra, un colpo forte, così forte che mi ha rintronato tutto, per un attimo mi è sembrato che si fosse spostato qualcosa, avrei voluto reagire, rendergli la pariglia, poi mi sono ricordato che ero da solo, non c'era il mio doppio, la mente, colui (o colei?) che avevo parcheggiato in divieto di sosta e che forse i vigili avevano già portato via con il carro attrezzi.

giovedì 7 luglio 2016

Alle cordate

Ma quante manfrine s'inventano per comprare RCS, neanche fosse una società in attivo, produttiva, con prospettive rosee per il futuro. 
Una volta lo dicevamo a Berlusconi, ripetiamolo adesso: a Cairo, chi glieli dà i soldi? Al Sisi? E, invece, a quella personcina dabbene del calzolaio marchigiano dall'eloquio inbenzodiazepinato (sono almeno dieci anni che sta lì col braccino corto per comprare ai saldi), donde derivato plusvalenze per comprare carta straccia?

Domani, pare, ci sarà l'ultimo atto della della battaglia. Le due cordate apriranno le buste al buio. Shibari.

Invito alla lettura

Segnalo due testi di alto valore teorico.

Li segnalo in ordine cronologico, il primo essendo un saggio composto nel 1994 e l'altro un post (un semplice post!) pubblicato oggi.
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Robert Kurz , La non autonomia dello Stato e i limiti della politica (traduzione di Samuele Cerea).
È un saggio che offre un'interpretazione illuminante sulla falsa dicotomia Stato-Mercato; dà, inoltre, una spiegazione assai convincente del perché il socialismo reale (i cosiddetti regimi comunisti) non fu affatto una vera alternativa agli stati in cui vigeva l'economia di mercato.
Ma in particolare spiega nel dettaglio perché i due poli contraddittori, Stato e Mercato, siano necessari l'uno all'altro.
«nella misura in cui l’economia di mercato si espandeva strutturalmente, assorbendo la riproduzione sociale nella sua interezza e convertendosi in un modo di vita universale, anche lo Stato doveva a sua volta allargare il suo raggio di azione. Si tratta di un’inevitabile relazione vicendevole.»
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Olympe de Gouges, Oscuro sarà lei, stronzo!
Lo stronzo - interpreto - più che Vilfredo Pareto, sarebbe un fondamentalista del liberismo economico che, dalle pagine de Il Giornale, ha richiamato dei pensieriucoli a cazzo di cane del noto sociologo ed economista italiano.
A parte ciò, quello che più mi piace sottolineare del post suddetto, è una rinnovata esposizione di come interpretare correttamente il pensiero di Marx riguardo al ‘possibile’ superamento del capitalismo, sgombrando il campo dai pregiudizi di natura borghese.
«la teoria marxista della crisi è, soprattutto, la teoria della necessità del superamento del capitalismo, ovvero l’impossibilità della sua continuazione (che non significa – sia ben chiaro – la necessità assoluta del comunismo, ma solo la sua possibilità)».

mercoledì 6 luglio 2016

Giudicare i vincitori

L’invasione dell’Iraq è stato un errore, secondo il rapporto Chilcot. L’inchiesta ufficiale del governo britannico sull’intervento armato britannico del 2003 è stata diretta da Sir John Chilcot, uno dei consiglieri privati della regina, ed è stata commissionata nel 2009 dall’allora premier Gordon Brown. Il Regno Unito, secondo il rapporto, è andato in guerra prima che si fossero esaurite tutte le opzioni pacifiche. Inoltre la minaccia delle armi di distruzione di massa nelle mani del regime di Saddam Hussein, considerata la principale motivazione per l’entrata in guerra, è stata “presentata con una convinzione non giustificata”.
E ora che accade? Il Regno Unito avrà la forza politica di incriminare Tony Blair, il governo di allora e i parlamentari che approvarono l'attacco all'Iraq? No, vero? E allora, è sufficiente uno scapaccione storico e tutti pari? Non sarebbe opportuno che qualcuno denunciasse i responsabili del conflitto armato che ha devastato lo stato iracheno, provocando una irrisolvibile conflittualità regionale che è stata un limo eccellente per concimare i semi del fanatismo religioso? 
Insomma, non sarebbe bene che la Corte penale internazionale giudicasse Blair e Bush (e in parte anche Berlusconi che si fece trascinare dai foglianti guerrafondai), sì come è stato giudicato Milošević?

- Eh, ma Milošević ha perso la guerra.

- Già, perché Bush e Blair l'hanno vinta.


lunedì 4 luglio 2016

Libertà, Eguaglianza, Proprietà e Bentham

Ieri, Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore, ha scritto un editoriale sulle pagine del Domenicale, nel quale si può leggere la seguente esortazione (attenzione: controllare l'indice glicemico prima della lettura):
«Dobbiamo [...] esigere da noi stessi classe dirigente passione e determinazione per capire in profondità che cosa ci ha condotti fin qui [Brexit, crisi dell'Europa] e combattere [...] il disagio sociale e le disuguaglianze così diffusi ma anche le mille, ripetute, troppe, stupidità euroburocratiche che rischiano di togliere anima e identità al progetto europeo. [respiriamo] Dobbiamo pretendere che la politica e l'impresa recuperino leadership, visione, capacità di azione e che lo facciano senza mai rinunciare al “sogno” e “all'utopia” che sono la molla delle coscienze e della vita, ma a patto che diventino realtà, si misurino con le cose difficili di questi tempi, si traducano in una base di valori condivisi e di comportamenti coerenti. Il senso profondo di un capitalismo dove l'Uomo con il suo talento costruisce il profitto e lo pone come alimento del benessere comune, costituisce la ragione di vita, appartiene al valore più alto della democrazia e dell'economia, rappresenta la base etica e fattuale, allo stesso tempo, di un capitalismo moderno e di un disegno politico di sviluppo e di civiltà che sono l'unica soluzione possibile per un mondo lacerato da una crisi globale senza precedenti e senza fine».
«Il senso profondo del capitalismo» è uno solo, sintetizzato icasticamente ieri da Olympe de Gouges: 
«Nella dinamica capitalistica ciò che conta è il profitto, e il lavoro umano, quale fonte del profitto, merce esso stesso, deve essere razionalizzato ed economizzato al massimo grado.»
Soltanto chi, reoconfesso, si sente parte a pieno titolo della classe dirigente (perché da essa lautamente remunerato), può identificare l'Uomo (U maiuscola, beninteso) con il capitalista e illudersi che questi ponga il profitto ad «alimento del benessere comune». 
Come se questa idea non fosse manifestamente smentita nei fatti a ogni ora del giorno, con sempre maggiore evidenza da quando il meccanismo della valorizzazione si è inceppato (la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto agisce a dispetto della logica economica borghese).

I cantori del capitalismo dal volto umano sono, a mio avviso, paragonabili a tutti quegli scienziati tolemaici che volevano emendare il sistema geocentrico.

Mi chiedo: perché non prendono spunto da Marx?

«La sfera della circolazione, ossia dello scambio di merci, entro i cui limiti si muovono la compera e la vendita della forza-lavoro, era in realtà un vero Eden dei diritti innati dell'uomo. Quivi regnano soltanto Libertà, Eguaglianza, Proprietà e Bentham.
Libertà! Poiché compratore e venditore d'una merce, per esempio della forza-lavoro, sono determinati solo dalla loro libera volontà. Stipulano il loro contratto come libere persone, giuridicamente pari. Il contratto è il risultato finale nel quale le loro volontà si danno una espressione giuridica comune.
Eguaglianza! Poiché essi entrano in rapporto reciproco soltanto come possessori di merci, e scambiano equivalente per equivalente.
Proprietà!  Poiché ognuno dispone soltanto del proprio.
Bentham!  Poiché ognuno dei due ha a che fare solo con se stesso. L'unico potere che li mette l'uno accanto all'altro e che li mette in rapporto è quello del proprio utile, del loro vantaggio particolare, dei loro interessi privati. E appunto perché così ognuno si muove solo per sé e nessuno si muove per l'altro, tutti portano a compimento, per una armonia prestabilita delle cose, o sotto gli auspici d'una provvidenza onniscaltra, solo l'opera del loro reciproco vantaggio, dell’utile comune, dell'interesse generale.»

Almeno, in un sussulto di onestà intellettuale, potrebbero iniziare a prendersi a schiaffi da soli.

domenica 3 luglio 2016

Colti molti

Dall'editoriale odierno di Alberto Negri, uno dei migliori analisti delle vicende mediorientali, estraggo:
«Adesso bisognerà vedere come questa strage inciderà sul boom bengalese. In pochi anni il giro d’affari del tessile bengalese è passato da 4,8 a 20 miliardi di dollari, un settore che impegna cinque milioni di persone e rappresenta l’80% delle esportazioni. Dopo la Cina, dicono le statistiche, il Bangladesh è il maggiore produttore di abiti pronti del mondo.
Ma questo campione del prêt-à-porter da almeno un triennio ha cominciato una lenta deriva verso l’islamismo, un’avanzata del radicalismo favorita dall'estrema povertà di una grande parte della popolazione che sopravvive con salari irrisori e un reddito medio pro capite annuo inferiore ai duemila dollari.
Eppure la moda a bassissimo prezzo era diventata il motore di uno sviluppo nazionale che marcia oltre il 6-7% l’anno di aumento del Pil. Il denaro facile del tessile da esportazione ha fatto nascere una nuova élite occidentalizzata che viaggia in Suv, gioca a golf e manda i suoi figli a studiare negli Stati Uniti o a Londra, dove vive una parte della dinastia al potere e un brillante deputato del Labour Tulip Sidiqi nipote del primo ministro, la signora Sheikh Hasina, una sorta di Benazir Buttho alla bengalese: il padre fu assassinato nel 1975 e le tra tante vicende alterne, alcune per corruzione, è andata al governo tre volte, l’ultima sette anni fa. In Parlamento siedono 300 deputati, ufficialmente una trentina possiedono fabbriche tessili ma sono in realtà sono molti di più perché diversi politici si servono di un prestanome. A diventare floridi non sono stati soltanto i produttori ma anche gli intermediari delle centinaia di “Case d’acquisto” che combinano gli affari tra i locali e gli stranieri.»
Leggendo ciò, avrei scommesso che i terroristi islamici, responsabili dell'eccidio di Dacca, provenissero da quella parte di popolazione più povera e disagiata, alla classe del proletariato per intenderci e, invece, come ha dichiarato il viceministro degli esteri bengalese,
«Gli autori non vengono dall'Iraq o dalla Siria, sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive ed appartenenti alla classe media del Paese».
Ora, per aggiungere un ulteriore elemento di analisi fenomenologica del terrorismo di matrice islamista, sarebbe bene fosse specificato quanti dei molti componenti del commando (erano sette, sei uccisi dalla polizia e uno catturato) erano davvero appartenenti a famiglie facoltose, perché si potrebbero azzardare delle analogie tra i figli di papà di un tempo che diventavano, soi-disant, marxisti-leninisti-maoisti-castristi e quelli di oggi che, agendo in un contesto sociale non secolarizzato dove si conosce (e forse si legge) un unico libro, inneggiano alla jihad. 

sabato 2 luglio 2016

Lei partita


Sto guardando lei partita. Io sono rimasto. Basito. Ho messo Bach in cuffia e sono partito anch'io, non muovendomi affatto. Mi sono concentrato molto per evitare ogni ulteriore telecronaca. Le trombette da stadio. I ragionieri di stato. Mi sono fatto tappeto. Ho apparecchiato la sedia dove lei stava seduta, quel drappo nero conveniva mangiarci tanto sapeva. Voce del verbo sapore. Non dovevano portare al cinema Odeon di Firenze un bambino di sette anni, i miei zii. Mi colpì molto il lampadario. Mi colpì l'Agostina. Ricordo che uscii ch'ero tutto rosso, a pressione. Svaporai l'indomani pensando al calcio, alla figurine, alle prime tre lettere equivoche. Fecero bene a riportarmi in campagna, al paese, non mi conveniva diventare cittadino prima del tempo. Avrebbero dovuto portarmi a bottega, se ci fossero state botteghe per diventare artista capace di disegnare, modellare, scolpire l'idea stessa di bellezza. Da solo cos'altro avrei potuto diventare se non un contemplatore? La creazione artistica è imitazione di qualcosa che è stato visto in segreto. Un giorno casomai capirò anch'io quello che ho scritto per evitare la di-partita.

Vi sono cose che l'intelligenza

«Vi sono cose che l'intelligenza sola è capace di cercare, ma che, da sé, non troverà mai; l'istinto solo potrebbe trovare queste cose: ma non le cercherà mai». 
Henri Bergson, L'evoluzione creatrice.

Istintivamente sono portato a pensare che certe cose potrei anche trovarle, se le cercassi. Ma io non cerco niente, o quasi niente, giacché non ho esatta contezza su che cosa valga la pena di essere cercato e in seguito trovato, un dio per esempio. 

«Ho trovato Dio!, ho trovato Dio!». 
«Lo cercavi?».
«Sì».
«Allora è per questo che l'hai trovato».
«No, è lui che ha trovato me... e mi ha chiamato».
«Ma chi cercava chi, allora?».
«Ci cercavamo».
«Tu e Dio?»
«Sì».
«E ti ha trovato prima lui o l'hai trovato prima tu?».
«Ci siamo trovati insieme».
«Flic e Floc».
«Veramente mi chiamo Mario».
«E Dio?».
«Maria».