venerdì 22 luglio 2016

Terrorist show

Nel momento stesso in cui certi eventi terribili accadono non si può far finta che non accadono; e tuttavia andrebbe fatto uno sforzo - nel rispetto assoluto e nella cura (e protezione) indefessa delle vittime coinvolte - per non far diventare il terrorismo quello che è già in parte riuscito a essere: un format. Per evitare questo, i geni del rincoglionimento mediatico devono impegnarsi a togliere dal palinsesto il programma Attacco terroristico in corso, come sono stati tolti, da anni, gli attacchi terroristici e di guerra che sono in corso in Siria, in Iraq, in Afghanistan. Da quelle parti l'orrore accade con frequenza e misura ben maggiore; ciò nonostante, in queste lande nostrane, è come se non accadesse niente.
Non che tale provvedimento “silenziatore” sia un granché come deterrente, ma almeno toglierà la luce (dei riflettori) dalle tenebre, si farà silenzio e non sarà data alcuna soddisfazione a chi la cerca seminando il terrore nei luoghi più indifesi e facili da colpire: vadano a sparare nei luoghi del potere se hanno il coraggio¹. In fondo, sono convinto che se non ci fossero le telecamere questi stronzi fottuti assassini, chiunque essi siano e quale che sia il credo che professano, non sparerebbero un colpo. Sparare o far (farsi) esplodere sono - prima ancora che un gesto politico - un richiamo per essere riconosciuti. Suppongo, ahimè, che non abbiano nemmeno uno specchio nelle loro dimore, per probabile timore di spararsi prima per sé.
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¹Se non sbaglio, l'ultimo a farlo fu un italiano: Luigi Preiti (nel ricordarlo, non voglio certo incensarlo, né paragonarlo a Gaetano Bresci).

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