domenica 25 settembre 2016

Alla Calenda greca

Mario Seminerio schernisce la richiesta del governo italiano di usare per un altro anno – ancora uno – lo strumento della flessibilità (che in soldoni significa un aumento della spesa pubblica e uno sforamento dei parametri imposti dal fiscal compact). In sostanza:
«nuovo deficit di pessima qualità con cui impiccare il paese».
Tuttavia, molto probabilmente, tale proroga sarà concessa, tanto che il ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha già individuato come spendere quel gruzzoletto a deficit, che serve per rilanciare, a suo dire, l'economia nostrana: dare soldi alle imprese, in primo luogo, secondo le modalità da lui elencate durante un'intervista concessa a Maria Latella:
«Ci saranno 13 miliardi di incentivi automatici: un imprenditore potrà portarsi come credito di imposta il 50% dei nuovi investimenti. Se cambierà macchinario e andrà verso industria 4.0 avrà un fortissimo sconto fiscale con un superammortamento al 250%. Se le imprese investono si creano lavori più specializzati e quindi più remunerati». [Le banche] «hanno criteri stringenti per erogare finanziamenti. Abbiamo tanta liquidità ma non arriva alle imprese. Per questo - ha aggiunto il ministro - rafforzeremo anche il fondo di garanzia alle imprese. Lo Stato garantirà fino all'80% dell'erogato. Non per tutti allo stesso modo. Lo focalizziamo sugli investimenti: se ad esempio sei una start up innovativa vieni prima di tutti gli altri».
È notorio che le start up, essendo giovani imprese, vengano prima.

Breve inciso a parte, il ministro Calenda, mosso da gratitudine verso Renzi per averlo scelto al posto della Guidi, in conclusione d'intervista sostiene che:
«Ancor più della finanziaria il nostro appuntamento importante e cruciale è il referendum. E lo è perché noi abbiamo bisogno di una governance forte e di più investimenti» [dato che] «siamo di fronte alla più grande crisi delle democrazie occidentali dal dopoguerra. E la globalizzazione ha creato vincenti e perdenti, tanta esportazione e molte aziende morte».
A margine di tali letture, due notarelle, spero poco confuse:

1. Sia che la vediamo dal lato dell'inflazione o da quello della deflazione, dal lato della flessibilità o da quello della rigidità della spesa pubblica, la situazione economica non troverà mai un equilibrio virtuoso in cui tutti bellamente guadagnano, fanno profitti e prosperano felici e contenti, perché - se non si fosse capito - la vittoria di uno equivale necessariamente alla sconfitta di un altro. Se uno vince la partita della bilancia delle partite correnti è perché c'è qualcuno - l'altro concorrente - che la perde.

In Europa le nazioni giocano tutte in ordine sparso per garantire al meglio i propri interessi che chiaramente quasi mai coincidono con gli interessi degli altri. Se va bene la Germania non vanno bene le nazioni del sud Europa. E viceversa: ci siamo forse dimenticati della Germania grande malato d'Europa di qualche tempo fa? Ora, è del tutto evidente che le élite funzionali del capitale tedesco abbiano saputo approfittare al meglio delle regole che hanno stabilito insieme alle élite funzionali delle altre nazioni europee, Italia compresa. L'euro, che secondo i piani doveva servire per tenere a freno la potenza tedesca, in realtà è stato lo strumento per dispiegarla. Ma uno strumento non è la causa: e soprattutto: la Germania ha semplicemente fatto quello che sapeva fare: diventare il führer la guida dell'Europa.
Il punto comunque è uno solo: riuscire a vendere. Che cosa? La produzione che il capitale di ogni nazione produce per il fine unico di ottenere il profitto.
Riesci a produrre a pieno regime e a piazzare la merce? Hai vinto.
Hai magazzini pieni d'invenduto? Hai perso.
«Tutte le gravi crisi precapitalistiche della storia dell'uomo erano crisi di penuria. Non è così in questo caso: domina una crescente miseria proprio perché possono essere prodotte sempre più merci in tempi sempre più ridotti e con l'impiego sempre più ridotto di forza lavoro. Il sistema è soffocato dalla sua produttività». Tomasz Konicz, Ascesa e caduta dell'Europa tedesca, Stampa Alternativa, 2016.
 2. Alla luce di questa folle contraddizione che poi porta, insieme, la merce al macero o inutilizzata e la gente affamata e senza casa, il ministro del ristagno economico propone di dare soldi - e tanti - alle imprese affinché, in pratica, creino lavori più specializzati (leggasi: espellano quanto più possibile forza lavoro automatizzando tutte le fasi della produzione) e più remunerati (per quei pochi tecnici ancora indispensabili per oliare il meccanismo). Lavori destinati alla produzione di merci che poi dovranno uscir di fabbrica per andare sul mercato nella speranza di realizzare la ragione sociale per la quale sono state prodotte. Merci che hanno incorporato sempre meno lavoro vivo e sempre più lavoro morto. In attesa che si apra il mercato degli zombi.

5 commenti:

siu ha detto...

Clapclapclapclapclapclapclapclapclapclapclapclapclapclap!!! Ahiahi... ho male le mani a furia di applaudire ma te lo dovevo, per questo post e per un bel po' dei precedenti, senza dimenticare il tuo talento tutto particolare per i titoli... E adesso me ne torno in letargo, da dove continuerò a leggerti e (già me lo so) ad apprezzarti. Continua copioso, grazie, ciao!

Olympe de Gouges ha detto...

Se uno vince la partita della bilancia delle partite correnti è perché c'è qualcuno - l'altro concorrente - che la perde.

si riflette poco su questo, magari accalappiando il fatto che l'export maggiore la germania lo realizza extra euro. purtroppo ci siamo messi in condominio con un competitore troppo forte e per giunta, fatto più grave, con la stessa moneta. parlare in tal caso di "cambio dinamico" è una fregnaccia. la grecia e il portogallo con chi mai potrebbero competere, e del resto, in molti settori merceologici, l'italia può competere con la bayer? parlare di "cambio dinamico" significa non comprendere le dinamiche del monopolio e della globalizzazione.

Anonimo ha detto...

La Germania dopo il 1989 ha rischiato di brutto la bancarotta, ma si sa chi l'ha salvata, poi aveva trovato l'escamotage dell'euro franco-alemanno per tutelare il marco, ma udite udite, chi frignava per entrare a ogni costo? Ma i nostri geni, 3 in uno, col cambio lira marco raddoppiato a nostro sfavore, ovvio. Adesso la fuhererin spadroneggia con noi e usa la Grecia come zerbino per via dei debiti olimpici, noi si sa che siamo sempre il 2 di coppe, gli altri campesinos o peones seguiranno a breve, al momento resiste la Francia.......ancora per poco, quando esploderà il bubbone dei cittadini islamici ivi residenti. Cronaca di una morte (dell'occidente) annunciata.

Anonimo ha detto...

Di annunciato nella storia v'è poco nel breve periodo.
In tutti i casi sarebbe opportuno che in qualche modo i "bubboni "scoppino quasi contemporaneamente in più parti.
Quello che manca è un coordinamento dei poveracci.
Nemmeno uno straccio di Sindacati Europeo esiste.
Ognun per sé e ovviamente a ognuno il suo "retta-mente" parlando per le plebi a cui la posizione si addice .

caino

Luca Massaro ha detto...

Hai pienamente ragione, Caino, riguardo all'assoluta mancanza di coordinamento e interesse comune di coloro che per vivere debbono vendere la propria forza lavoro.