lunedì 5 dicembre 2016

Che giocatore

«Domani, domani tutto finirà».
Fëdor Dostoevskij, Il giocatore

Dice: «Ho perso» e quindi. Quindi stava giocando. Giocando una partita da solo. Solo perché non ha parlato al plurale, bensì alla prima persona singolare. Singolare ch'egli considerasse la riforma costituzionale proposta una specie di gioco. Gioco che aveva proposto a un Parlamento per sua natura poco costituzionale, giacché formatosi in vizio di una legge elettorale affatto incostituzionale. Incostituzionale era quindi in un certo senso pretendere di giocare la partita sino in fondo, come una sfida personale. Personale perché si è trovato in una posizione di giocatore forzato, buttato in campo da Giorgio Napolitano perché l'ex presidente della repubblica vide in lui,  piuttosto che in Letta, il campione che avrebbe realizzato la riforma della Costituzione meglio di chiunque altro. Altroché.
Dice: «Ho perso» e quindi. Quindi giocava soltanto lui, gli altri al governo erano tutti in panchina, soprattutto i parlamentari che approvarono, a maggioranza qualificata, la riforma bocciata ieri dal referendum, quei parlamentari che dovrebbero rassegnare le dimissioni seduta stante, col cazzo che lo faranno, ancora due anni di pacchia capitolina.
«Capito, Lina?».
Lina: «Sì, ho capito. Capito per esempio che considerare la politica un gioco è una cazzata. Cazzata perché immagina per assurdo se avesse vinto che cosa avrebbe vinto e che cosa la Repubblica italiana avrebbe guadagnato?».
«Guadagnato un cazzo, altroché».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Purtroppo questo non è un gioco qualsiasi, è una partita a scacchi in cui si sacrificano pedine umane e non pezzi di avorio o legno......