lunedì 26 dicembre 2016

Il messo (13)

«Perché sono qui? Mah... Ho smesso di bere, sono riuscito a liberarmi dall'alcol, a disintossicarmi grazie all'aiuto del gruppo AA e del Campral. Ecco: forse sono qui perché vorrei capire se, raggiunto questo obbiettivo, questa calma, questa vita di carciofi lessi succhi freschi e a letto presto addormentato con una penna in mano che tenta di riempire le caselle di un teatro giapponese, capire insomma, grazie questo gruppo radunato qui per vari motivi, se posso chiederle perdono, a lei che ho fatto di tutto per allontanare dalla mia vita, complicandogliela a non finire, trascinandola dentro la mia dipendenza, le mie pretese assurde, il mio sconfinato egocentrismo».

Era Walter a parlare. Dopo la chiusura del ristorante macrobiotico di cui era stato titolare, aveva vissuto (mangiato e bevuto) per due anni – felicemente, sembrava – all'incontrario di come si era imposto di vivere nei precedenti cinque: dopo il matrimonio con Paola, abbracciò il rigore alimentare della dieta Ohsawa, aprì appunto il ristorante (grazie ai soldi di lei) ed ebbe un discreto successo, ma poi, di colpo, il declino: un'ispezione sanitaria che notificò delle irregolarità nello stoccaggio e nella somministrazione degli alimenti, unito alla perdita graduale della clientela, lo portarono inevitabilmente alla chiusura dell'esercizio. Spiazzato e senza prospettive, cadde in una profonda depressione; la moglie chiese e ottenne la separazione e lui abbracciò il gusto del Pampero – cosa, quest'ultima, che lo precipitò, bicchiere dopo bicchiere, ai confini dell'estremo Yin.

Fu in tale stato che raccolse un seme del suo opposto, lo Yang, e con esso la forza di ritrovare stabilità ed equilibrio. In capo a pochi mesi – divenuto responsabile agli acquisti per la catena di supermercati Natura Forse – aveva in animo di chiedere a sua moglie di tornare insieme. Ma come? Lei aveva sempre rifiutato di ascoltarlo, ma questa volta non aveva potuto negarsi, dato che era lì, a testa bassa, ma lì.

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