domenica 11 dicembre 2016

Il messo (7)

Dopo Carlo, fu naturale per Marcello presentarsi; erano come fratelli loro due: coetanei, tranne le medie, sempre a scuola insieme, fino all'anno in cui entrambi si laurearono con lo stesso professore. Soltanto che Marcello, dopo anni di fatica sua e della famiglia che lo sosteneva, giocò subito la carta della tranquillità: concorso pubblico per ricoprire l'incarico di Direttore dell'Ufficio Edilizia del capoluogo di provincia dove risiedevano. E lo vinse. Chissà per quale fortunata congiunzione astrale (l'ipotesi più accreditata era la seguente: il suo precedessore era stato condannato per abuso d'ufficio e la nuova amministrazione comunale aveva il pallino dell'onestà).

Marcello era un vero e proprio castrone. In molti sospettavano – forse non a torto – che non avesse mai avuto un rapporto sessuale con una donna. Non che fosse omosessuale, affatto. È che non era mai riuscito a concretizzare una amicizia con una scopata. E quindi con l'amore. In realtà non aveva mai capito che cosa venisse prima: o scopare o l'amore, o forse venivano insieme, chissà. Era tanto gioviale con tutti, in particolare con tutte. Aveva un sacco di amicizie femminili: tutte le ex compagne del liceo lo invitavano periodicamente a cena, o al cinema, ma nessuna che gli avesse espresso il desiderio di andare a letto con lui: sembrava che non avessero davanti un uomo, ma un orso sorridente e confidente, e con quel comportamento, con quella fiducia che gli dimostravano lui non aveva mai avuto un'erezione, un momento in cui, per una volta, le labbra da sorridenti si fossero disposte nella dichiarata voglia di spiccare un bacio o di riceverlo. Una sola volta, alla festa per la maturità, durante il classico gioco della bottiglia, la più esuberante di tutta la classe gli mise una mano sulle palle, ma fu più una botta che una carezza e lui, in quel caso, rimase lì davanti a tutti come un allocco senza neanche replicare con una legittima – e forse anche attesa dall'interessata – palpatina di tette. Gli amici più intimi, compreso Carlo, avevano provato a dargli dei suggerimenti indiretti, senza mortificarlo troppo (era l'unico modo per farlo diventare triste, quello di insegnargli come fare a rimorchiare). Un giorno organizzarono anche un addio al celibato con tanto di spogliarellista escort – ma non ci fu verso: per non buttare via i soldi spesi, toccò proprio al futuro sposo approfittarne (e dire che si sarebbe volentieri sacrificato per Marcello).

La ragione per cui si trovava lì in quel consesso di persone che stimavano ritrovare un senso alla propria vita? Non lo sapeva neanche lui. Non riusciva neanche a esprimerlo come desiderio quello di incontrare una compagna di vita. E sicché, dopo aver ripetuto sorridendo chi era e quello che faceva, disse semplicemente che era in compagnia di Carlo e che gli piaceva l'idea di conoscere nuove persone.
«Dunque, tu non sei venuto per te stesso», gli chiese il prete con garbo.
«Beh, no: me stesso... tutti i giorni ho a che fare con me stesso».

Juliana, poco distante, sorrise per la prima volta.

3 commenti:

CalMaFdd ha detto...

Luca, bada a te, non lasciare questa cosa incompiuta perché io ti sto seguendo e sarebbe come, capisciammé, uno zampillo a vuoto per un inaspettato dietrofront

Luca Massaro ha detto...

Grazie. Ci sto provando, seriamente. Per ora, con le presentazioni, la cosa scorre. Che l'anima di Cortázar possa dipoi regalarmi qualche filo di trama.

Marino Voglio ha detto...

x tutti:

aho nun je mettete pressione che è peggio.
(limortaccivostra)