domenica 31 gennaio 2016

Ciascuno si narri e si lasci narrare

"Una società plurale deve essere il più possibile inclusiva, ma non può rinunciare al simbolo se no perde forza comunicativa - ha spiegato Scola - Critico la laicità alla francese: non è pensabile creare uno spazio di neutralità, in cui tutti facciano un passo indietro sul tema delle religioni. Piuttosto, ciascuno si narri e si lasci narrare. Se aumentano i bambini musulmani, bisogna prendere qualcuna delle loro feste ed inserirle nella dimensione pubblica: spiegare, non vietare".

Sua Reverendissima Eminenza, mi scusi l'irriverenza: perché non iniziate nelle vostre numerose scuole paritarie cattoliche - finanziate cospicuamente dallo Stato - a narrare quello che più ritenete opportuno, come legittimamente già fate? Perché non festeggiate voi il ramadan o l'ashura, o anche queste feste già riconosciute dallo Stato italiano sì da invogliare studenti di religioni diverse a iscriversi nei vostri istituti?

Ha un nome molto bello

a Siu

Quando l'ho vista per la prima volta indossava una tuta da ginnastica e sulla felpa, al posto di una o più parole, ad altezza petto, comparivano tre numeri: 89 - 63 - 88.  Se non fosse stata spalle al muro, giuro, avrei guardato se sulla schiena avesse scritto anche il prefisso. Poi, data l'attesa comune, e un ascoltar distratto, entrambi, interlocutori diversi, mentre lei ha chinato lo sguardo sullo schermo del grande smartfono, ho compreso la ragione di quei numeri, anche se - a dire la verità - sarebbe occorsa una verifica per il numero di mezzo, evidentemente in difetto, legato probabilmente ai tempi della gioventù.

Quando l'ho vista la seconda volta era di schiena e camminava veloce lungo un corridoio interminabile. Indossava una giacca di pelle di camoscio, ne avevo una simile, da uomo, una trentina di anni fa, la feci su misura e la pagai un botto. Lei, si notava, la portava sbottonata e le punte della coda svolazzavano al suo incedere risoluto.

Quando l'ho vista per la terza volta era seduta. Indossava dei pantaloni di velluto beige a coste fini e un maglione di lana verde piuttosto brutto dal collo quasi alto. I numeri, anche se non c'erano, si vedevano meglio, anche quello sbagliato. Ha alzato gli occhi dallo smartfono al mio passaggio, probabilmente  mi aveva visto uscire dall'ascensore. Mi ha sorriso, un sorriso quadrato, rassicurante, ma gli occhi trattenuti in una velata timidezza. Chiaramente io ho sorriso nello stesso momento, forse una frazione di secondo prima per dare avvio al suo. Non le ho chiesto «Fa caldo, fa freddo, che tempo strano per essere inverno». No. Semplicemente il nome. Un bel nome che non avevo mai sentito.

Se e quando dovessi vederla una quarta volta ne domanderò l'etimologia e se andiamo a fare i saldi insieme, da Zalando.

sabato 30 gennaio 2016

Questo qualcosa

Io non sto bene per niente. C'è questo qualcosa qui dentro qui. Una specie di malessere. Vorrei incolpare il gorgonzola, il rosbif, gli zuccheri invertiti, i colpi di vento, la ruggine. Purtroppo non trovo alcun vero responsabile e resta solo lo specchio per indagare e vedere se sono colpevole a sufficienza per mandarmi al confino o esiliarmi.

Niente, sono tirato in ballo dalla vita anche se non voglio ballare. Si trattasse di godere, di suggere, di lievitare. E invece è un digrignare, un bestemmiare in corpo, un maledire, un torcersi, un rodersi, un impalarsi a torcicolli improvvisi che mi stoccafissano al muro della vergogna. Mi sento preso da mani enormi per il bavero e tratto su in alto per estorcermi una confessione. 
Sputa il rospo, sputa stocazzo.

Appeso a un sì e a un no nella tranquilla miseria occidentale, approfitto della funzione drenante della scrittura. Uscita di umori, qui raccolti a ludibrio semiclandestino.

Va già meglio: questo qualcosa non è più dentro qui.

via

venerdì 29 gennaio 2016

Brevi notizie family

Da quando hanno arrestato el Chapo il traffico internazionale di stupefacenti ha avuto una drastica riduzione, cosicché i tossicodipendenti sono costretti a sniffare Netflix.

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Per l'amministrazione governativa degli Stati Uniti d'America il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, è corretto.

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Nel vademecum degli organizzatori della manifestazione Family Day prevista per domani a Roma, si consiglia ai partecipanti di muoversi in gruppi da 2/3 persone e di non rispondere ai provocatori: praticamente è un tacito ordine a non farsi le domande tra sé, neanche quelle esistenziali.

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Quando il dito indica la luna, l'italiano guarda il dito e sa perché.

giovedì 28 gennaio 2016

Portar rimedio agli inconvenienti sociali

«Una parte della borghesia desidera di portar rimedio agli inconvenienti sociali, per garantire l'esistenza della società borghese.

Rientrano in questa categoria economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della situazione delle classi lavoratrici, organizzatori di beneficenze, protettori degli animali, fondatori di società di temperanza e tutta una variopinta genia di oscuri riformatori. E in interi sistemi è stato elaborato questo socialismo borghese.
[...]
I borghesi socialisti vogliono le condizioni di vita della società moderna senza le lotte e i pericoli che necessariamente ne derivano. Vogliono la società attuale sottrazion fatta degli elementi che la rivoluzionano e la dissolvono. Vogliono la borghesia senza proletariato. La borghesia si raffigura naturalmente il mondo ov'essa domina come il migliore dei mondi. Il socialismo borghese elabora questa consolante idea in un semi-sistema o anche in un sistema intero. Quando invita il proletariato a mettere in atto i suoi sistemi per entrare nella nuova Gerusalemme, il socialismo borghese non fa in sostanza che pretendere dal proletariato che esso rimanga fermo nella società attuale, ma rinunci alle odiose idee che di essa s'è fatto.

Una seconda forma di socialismo meno sistematica e più pratica cercava di far passare alla classe operaia la voglia di qualsiasi movimento rivoluzionario, argomentando che le potrebbe essere utile non l'uno o l'altro cambiamento politico, ma soltanto un cambiamento delle condizioni materiali della esistenza, cioè dei rapporti economici. Ma questo socialismo non intende affatto, con il termine di cambiamento delle condizioni materiali dell'esistenza, l'abolizione dei rapporti borghesi di produzione, possibile solo in via rivoluzionaria, ma miglioramenti amministrativi svolgentisi sul terreno di quei rapporti di produzione, che dunque non cambiano nulla al rapporto fra capitale e lavoro salariato, ma che, nel migliore dei casi, diminuiscono le spese che la borghesia deve sostenere per il suo dominio e semplificano il suo bilancio statale.

Il socialismo borghese giunge alla sua espressione adeguata solo quando diventa semplice figura retorica.

Libero commercio! nell'interesse della classe operaia; dazi protettivi! nell'interesse della classe operaia; carcere cellulare! nell'interesse della classe operaia. Questa è l'ultima parola, l'unica detta seriamente, del socialismo borghese. 
Il loro socialismo consiste appunto nell'affermazione che i borghesi sono borghesi – nell'interesse della classe operaia.»
Karl Marx, Friedrich Engels, Manifesto del Partito Comunista.

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Mi sembra sufficiente questo paragrafo per capire certe dinamiche. Aggiungerò soltanto qualche nota confusa.
La Svezia prevede di rimandare in Turchia ottantamila profughi. 
I profughi prevedono che poi, dalla Turchia, proveranno a ritornare di nuovo in Europa, passando per la Grecia e per l'Italia, alcuni per rimanerci, altri su a scorrere, interminabile periplo di carni. Per pochi fortunati estratti a caso: campo profughi in loco offerto da organizzazioni umanitarie finanziate da stati e benefattori bisognosi di sgravare surplus argenteo. Molti a pregare, altri a figliare, alcune a prostituirsi, taluni terroristi.
Gli accordi con l'Iran: vedi l'Italia, la Francia: nell'interesse della classe operaia (saranno contenti alla Peugeot, all'Airbus, alla Finmeccanica e sarà contento l'Iran di vendere alla Total e all'Eni qualche milione di barili).

Proposta per la Svezia: imponga all'Ikea di aprire una quindicina di negozi tra Turchia, Siria, Kurdistan e Iraq giusto per consentire a ogni capofamiglia profugo di arredarsi a modino la propria tenda.

mercoledì 27 gennaio 2016

Una coscienza faticosa e affaticata

In coda ad un'Amaca il cui soggetto è la polemica intorno alle offese sessiste e razziste scambiate da allenatori e giocatori di calcio, Michele Serra scrive:

«Conta invece, e conta molto, la novità, e proprio perché è una novità: la coscienza faticosa e affaticata, anche in un ambiente non sempre pensoso come quello sportivo, che la mentalità sociale è in movimento, che ciò che un tempo si diceva gratis oggi ha un costo etico, che ci sono nuove libertà e nuove dignità e ne conseguono nuovi problemi, di pensiero e di linguaggio. Siamo le parole che usiamo.»

Bene: io penso, invece, che in un ambiente pensoso e riflessivo come quello editoriale la mentalità delle élite non sia affatto in movimento, si arrocchi e faccia quadrato, per un verso o per un altro, a difesa del padrone - che non è altro che un eufemismo per indicare il movimento del capitale diretto sotto l'egida di particolari gruppi di potere.
Che la parola crisi sia bandita, che ogni spiraglio di alternativa al sistema cestinato. Riformismo è la parola d'ordine, perché il mondo è in movimento e quindi bisogna adeguare gli attrezzi del dominio ai bisogni del mercato (il vero Sovrano); oppure, alle brutte, come cantano da destra, si fa necessario il ritorno ai valori del passato, alla sacralità delle origini, al rifugio nell'autoritarismo.

Sempre e comunque a cincischiare sulle cazzate, i vari détour, gli scandaletti da bucaioli con gli zigomi tirati e le unghie incarnite. L'importante è distrarre l'attenzione del pubblico, fargli capire che ci sono nuove libertà e nuove dignità, si può essere omosessuali e disoccupati, zingari e vivere di stenti, tanto i nuovi problemi non sono tanto nuovi, ma gli stessi, aggravati. Per esempio, il pensiero deve accettare che i lavoratori sinora abbiano vissuto al di sopra delle possibilità che lo Stato poteva garantire. I pensionati sono diversamente giovani che rubano il salario alle generazioni future. È sacrosanto si facciano sacrifici, ci si dia una bella ridimensionata. 

«Siamo le parole che usiamo», scrive Serra, ma sottintende: «Siete le parole che vi facciamo usare»: in tanti abboccano, in movimento¹.

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¹ A proposito di movimento: anni fa, nel periodo in cui lavorai come corriere, mi capitò di passare una giornata lavorativa con un collega, se non ricordo male originario del basso Lazio, il quale, a ogni automobilista che nello scorrere del traffico rallentava, diceva: «Ma vattene a pijà 'nder culo camminando».

Palle in umido

Umido. Le palle lo soffrono. Stanno al chiuso, al calduccio ma, ciò nonostante, percepiscono l'aria che tira. Come le madonne tirate, soffiate a bassa voce, per invocare abbracci e carezze di madonne rinascimentali, belle, carnose, opulente, con le poppe impercettibilmente pronunciate espressione di una sensualità pudica.

Mentre aspettavo il mio turno per un colloquio sui minimi sistemi, ho visto passare della gente dagli occhi tristi e labbra serrate, tal quale a coloro i quali vorrebbero essere altrove, senza sapere dove. Anch'io vorrei essere altrove. Stavo pensando all'Isola di Tonga, per vedere se ingrasso.


Un signore sulla sessantina mi ha detto che ha giocato a calcio sino a quarant'anni e che non sopportava, come non sopporta ora, il gioco alla brasiliana, quelli che fanno la melina.

Io gli ho risposto che ho giocato sino a quattordici e che sopporto eccome le mele e le pere brasiliane.


Saremo davvero costretti a odiarci, gli uni gli altri, o saremo capaci di secernere un milligrammo di pietas dalla nostra bile?

È troppo grigio il cielo. Venga la notte, per distinguere.




lunedì 25 gennaio 2016

Al grande mercato

«Dobbiamo creare le condizioni per una presenza attiva degli imprenditori italiani ed europei in Iran, perché parte del mercato iraniano si offre agli investitori europei per accedere insieme al grande mercato che ci circonda». Il Sole 24 Ore

Anche il capo di stato di una repubblica islamica ha bisogno di vendere e comprare, di partecipare al meccanismo che tiene in piedi la baracca. Insomma, anche per coloro i quali hanno come faro la sharia importante è essere dentro e non fuori «al grande mercato che ci circonda», sennò sono fame e stenti, lo stato - anche quello di matrice teocratica - va a puttane, le leggi non le considera più nessuno, anomia pura, via libera al saccheggio e alla banda armata.

Oramai sono rimasti fuori in pochi dal grande mercato. Forse soltanto la Corea del Nord non esce a far la spesa e non fa entrare merci altrui a casa propria. Forse.

Lo scambio è pressoché globale. Quasi tutte le attività umane, anche quelle apparentemente collaterali che sembrano non essere coinvolte, sono finalizzate alla vendita e alla compera. La bilancia commerciale è l'unico idolo che riesce a convogliare su di sé adorazione unanime. 

Ma bando alla fisime: che cosa gli s'ha a vendere agli iraniani? La mia quota di genio imprenditoriale italico ha pensato queste.

domenica 24 gennaio 2016

Dobbiamo cambiare il modo in cui

"La crisi dei rifugiati, dalla mia personale prospettiva, un po' o la va o la spacca", ha spiegato la numero uno del Fmi. Allora le è stato chiesto se "la va o la spacca" per lo spazio di libera circolazione europea di Schengen. Lagarde ha risposto: "Sì, penso". In Europa l'integrazione dei migranti - spiega - potrebbe avere un impatto positivo sul Pil nell'ordine dello 0,2% in Europa. E aggiunge: "Dobbiamo cambiare il modo in cui guardiamo all'economia, ci sono molti fattori che non misuriamo bene". - Intervista a Christine Lagarde

Bene, proviamo a cambiare questo modo di vedere l'economia:

1.
«È un privilegio avere un lavoro precario e sfruttato, ma sono centinaia di milioni quelli che non hanno nemmeno questo tipo di privilegio, i più poveri tra i poveri. Ad ogni modo la guerra condotta dal capitale riguarda tutta quella umanità sul cui sfruttamento e sulle cui sofferenze fonda il processo di accumulazione capitalistico. I terroristi che ne sono a capo, che hanno dalla loro parte il denaro, i media di cui sono proprietari e la forza della legge, si sono riuniti in un loro covo in Svizzera (e dove sennò?). Non hanno bisogno di pezzi di carta e di timbri per circolare, non c’è frontiera o barriera che li possa fermare, anzi, viaggiano con jet privati o di Stato e sono accolti con onori e protetti in alberghi e residence extra lusso.»
Olympe de Gouges, 23 gennaio 2016

2.
«In realtà non si tratta affatto di bloccare l'accesso di qualche "altro capitale a livello nazionale", al contrario, l'obiettivo dichiarato è quello di "mantenere aperto" il mondo alle multinazionali e non più al capitale "su base nazionale". E' proprio in questo che si riflette la distruzione della "sovranità". Lo Stato non è più il "capitalista globale ideale" di uno "stock di capitale nazionale", ma il capitale e lo Stato si separano sempre di più nel processo di crisi della globalizzazione. Gli interessi dei consorzi transnazionali non sono territoriali, ma mirati; lo Stato, al contrario, rimane basato sul paradigma territoriale. Gli Stati non possono più agire come istanze globali nell'arena capitalistica mondiale, ma solo reagire come pilastro riparatore e come polizia ausiliaria nei processi indipendenti dei capitali transnazionali, dal cui processo di valorizzazione rimangono dipendenti.
[...]
In queste condizioni di globalizzazione [...] l'isolamento delle regioni di crisi e il contenimento del flusso di rifugiati costituisce un interesse materiale concorrenziale perfettamente autonomo dello sciovinismo del benessere collettivo dei lavoratori salariati [guerra tra poveri, nota mia], dei dirigenti e della classe politica dell'Occidente. Nei limiti del modo di produzione capitalista, fa semplicemente parte dell'interesse superiore dello "imperialismo globale ideale" mantenere con la forza la forma capitalista dell'interesse in quanto tale, insieme ai suoi presupposti (prevedibilità delle relazioni giuridiche ecc.), benché, per la maggioranza dell'umanità, tale forma sia diventata impossibile da vivere o possa esprimersi ormai solo nella forma dell'economia di saccheggio. In questo modo si acutizzano i paradossi della relazione del capitale come relazione mondiale immediata; tuttavia, la razionalità interna capitalista e le motivazioni del suo interesse non scompaiono, ma assumono soltanto nuove forme.»
Robert Kurz, Exit, aprile 2001

3.
Un altro modo per guardare l'economia si può leggere, lateralmente, anche in questo post di Miguel Martinez, blogger fiorentino di lungo corso.

«E siccome siamo appena all’inizio della crisi e dell’inutilizzazione della maggior parte dell’umanità, diciamo pure che ci finiremo in tanti [all'Albergo popolare di Firenze]. Ho visto un sacco di gente proprio come te, che leggi queste parole, finirci, quindi non fare il finto tonto.»

Non faccio il finto tonto e neanche faccio il finto Madia che sbandiera licenziamenti con quella faccina linda da sceriffa vogliosa di far rispettare la legge. Penso soltanto che siamo in una fase storica che produce un'innumerevole quantità di scarti umani, semplici «fattori» che, chi comanda, non riesce «a misurare bene» e dunque gestisce mettendoli agli angoli, non ce l'hanno fatta poveri in questo bengodi di opportunità, è colpa loro, non gli è andata bene, hanno spaccato.

4.
«Oh, yeah. One final thing that deserve mentioning: this mechanism for keeping jobs from going away is what broke down in 2008 — so, yeah, we’re fucked

Porgi un'altra ingerenza

In questi giorni in cui si parla tanto della famiglia e in cui pensavo a trovare il modo per uccidere mia madre (mio padre è già morto) e farmi telefonare dal Papa, ho letto la seguente dichiarazione di Francesco I:
"Nel percorso sinodale sul tema della famiglia, che il Signore ci ha concesso di realizzare nei due anni scorsi, abbiamo potuto compiere, in spirito e stile di effettiva collegialità, un approfondito discernimento sapienziale, grazie al quale la Chiesa ha - tra l'altro - indicato al mondo che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione", avverte il Papa.       "La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo,- sottolinea il Pontefice - appartiene al 'sogno' di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell'umanità" - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/papa-no-confusione-famiglia-e-altre-unioni-f094d665-e206-422a-8a37-48831d2b6788.html
È chiaro che, secondo il dettato della Religione Cattolica, anche il matrimonio civile (solo in Municipio) tra un uomo e una donna, sia pure indissolubile, unitivo e procreativo, non appartiene al ‘sogno’ di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell'umanità.
Figuriamoci, allora, quegli altri tipi di unione scandalosa tra persone dello stesso sesso: sono veri e propri ‘incubi’ di perdizione dell'umanità sia per Dio, sia per la Chiesa.

Dunque, da un punto di vista prettamente cattolico, i sostenitori della famiglia tradizionale, in quanto contrari all'allargamento di diritti ad «altro tipo di unione», fanno bene a scendere in piazza per manifestare la loro contrarietà. Di più: essi farebbero bene a lottare affinché lo Stato italiano abroghi la legge che consente a due persone di sesso opposto di unirsi in matrimonio con effetti validi unicamente per il diritto dello Stato e non anche per la Chiesa.

Per contro, mi auguro vivamente che domenica prossima, in contemporanea al Family Day, i sostenitori delle Unioni Civili (in favore della legge-brodino Cirinnà che già ieri sono scesi numerosi in piazza), organizzino una manifestazione a sostegno del matrimonio dei sacerdoti di Religione Cattolica (il rialzo delle vocazioni!) e, allo stesso tempo, per la concessione del sacerdozio alle donne (ho voglia di tornare a confessarmi).

Chissà, forse sarebbe la volta buona che qualcuno Oltretevere impara a occuparsi degli ordinamenti suoi.

sabato 23 gennaio 2016

Doodle in regalo

Caro Google, 

a questo punto pretendo che quando muoio tu mi regali una cassa da morto. Ma vera, cazzo, vera, tutta accessoriata con la tecnologia all'ultimo grido (quella che - spero tra qualche decade - sarà disponibile, compresa la realtà fattuale dell'oltretomba. N.B. non voglio vergini).

Sai quasi tutto di me, dato che a te ho offerto una gran parte dei miei pensieri, dei miei desideri, dei miei turbamenti, delle mie soddisfazioni tutte espresse dentro una manciata di megabyte. E allora perché porca miseria mi riservi un troiaio di dolciumi del genere? Non mi ci potevi distendere una bella maja vestida, dato che desnuda è troppo chiedere a un bacchettone imbiancato come te, a farmi ciao con la manina e a dirmi «Buon compleanno, Luca», senza punto esclamativo del cazzo?

Al limite, anche un piatto di spaghetti del Fabbri a cacio e olio avrei preferito (e non ti chiedo peperoncino per dispetto al tuo doodle di ieri su Wilbur Scoville).

Non ci siamo, dunque. Devi calibrare meglio l'algoritmo. O più semplicemente: lascia perdere. Appartengo alla razza che guarda in bocca ai cavalli.

Cordialmente

venerdì 22 gennaio 2016

Que viva Timpanaro

Ho dei vizi, che a volte sfociano in mania: uno è di frequentare sovente biblioteche comunali del comprensorio interprovinciale dove abito e lavoro.
Vado, entro e cerco e trovo libri che aspettano me per avere una boccata d'aria, fredda, fresca o calda a seconda della stagione.
Oggi mi sono preso due Timpanaro che avevano proprio bisogno di dare ossigeno alla mia mente, uno dei quali, edito nella collana Saggi di varia umanità dell'editore Nistri-Lischi di Pisa, 1970, s'intitola Sul materialismo. Son tutto un fremito.
La bibliotecaria, più o meno mia coetanea (di lei ero segretamente innamorato quando facevamo le medie, ma lei non l'ha mai saputo e io me lo ricordo soltanto adesso per dare una nota di colore a queste note), scrivendo a mano la scheda da restituire insieme al volume, mi ha detto che di Timpanaro ricordava di aver letto qualche scritto su Leopardi, all'università.

«Questo però non lo conoscevo. Chissà di cosa parla».
«Letture da aspiranti marxisti».
«Marxista? E perché questa aspirazione?»

Già, perché.

«Perché mi sembra la teoria scientifica migliore per capire l'azione umana nel mondo», stavo per risponderle, ma le è arrivato un telefono addosso, il marito che chiedeva se doveva andare lui a portare il figlio al calcio. 

«Scusami, questioni familiari» mi ha detto prima di chiamare il figlio per avvisarlo di prepararsi che arrivava il padre.

Mentre parlava l'ho salutata con un gesto della mano e, scendendo le scale, nell'introduzione, ho scovato una risposta migliore.

«La via principale [è] quella dello studio del capitalismo odierno, del proletariato odierno, del nesso tra capitalismo e imperialismo: di uno studio, ovviamente, collegato con l'azione politica e da essa costantemente verificato. [...] Tuttavia sarebbe anche [...] poco marxista chi pretendesse di ridurre il marxismo ad una sociologia rivoluzionaria, espungendone quegli aspetti di concezione generale della realtà che non costituiscono un residuo di metafisica ottocentesca, ma una componente essenziale di una dottrina che pone, nel senso più ampio possibile, il problema della effettiva liberazione dell'uomo».

Non sono tornato indietro a leggergliela. Tanto lo so che oggi con Marx si tromba poco.

mercoledì 20 gennaio 2016

La natura è un alibi

Una volta potevo ascoltarli, adesso non più di qualche coriandolo di frasi stracciate mi basta per capire che non stanno dicendo niente che valga la pena di ascoltare. 
Landini, Serracchiani sono soltanto meri esempi di parlare vano: discorsi politici all'apparenza contrapposti, eppure così simili nel fraintendere le cause della crisi. Si rinfacciano colpe, rintuzzano i colpi, tentano di proporre soluzioni, ma quali, se non hanno capito il problema.

Non l'hanno capito e non lo capiranno perché la loro comprensione è falsata da parole costrette dentro il sistema chiuso della merce prodotta secondo le leggi della logica capitalistica. 

Seppur con differenti modalità, il lavoro è al centro delle attenzioni per entrambi: che sia venduto o comprato nella maniera migliore purché il capitale ne assorba il (plus) valore, sì che la ruota della produzione, della vendita e del consumo giri ad un regime accettabile che garantisca soldi alla politica, al sindacato e alle altre frattaglie della rappresentanza.

Questo è il problema che non capiscono, perché è diventato sottinteso, naturale che gli uomini e le donne organizzino il loro ciclo vitale dentro tale schema senza speranza di uscirne.

Naturale...
«Se la miseria dei nostri poveri non è causata dalle leggi di natura, ma dalle nostre istituzioni, grande è la nostra colpa». Charles Darwin.

Seguire il particolare

Avendo perso di vista il generale, non mi resta che seguire il particolare. I suoi comandi. 

Lei ha due gambe, due braccia, un busto tutti coperti di abiti. La faccia invece è nuda ed è di discreta fattura. Luminosa. Ricorda la Madonna del fiore di Boltraffio. Gli occhi guardano distrattamente le spugne per rigovernare, mentre io mi concentro sui guanti di gomma, giallo cedrone. Lei avanza di un passo, giusto il tempo di guardarla di schiena (e non solo la schiena), con discrezione, seguendo appunto un tacito ordine. Lei sa che la sto guardando: lo indovino dal sorriso della nuca.
Le avrei fatto volentieri uno shampoo, anche senza guanti, a quella cesta di capelli ricciuti che se uno ha la fortuna di ritrovarseli addosso, adesso ch'è gennaio e fa freddo, non avrebbe bisogno di mettere una coperta in più sul letto.
Improvvisamente si volta, sorride complice - la complicità inutile di due che si occupano diligentemente di sussistenza, igiene e cura della casa - e, dalla corsia detersivi, passa a quella dei sanitari: gli scaffali peggiori perché un uomo e una donna possano far finta di avere interessi comuni.

martedì 19 gennaio 2016

Una voce alta e gretta


Famiglie a casa per dire in cosa no.

«​​Il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e sulla stepchild adoption è "una distrazione grave e irresponsabile" rispetto "ai veri problemi dell'Italia" e la manifestazione prevista il 30 gennaio a Roma è "condivisibile". La voce del cardinale Angelo Bagnasco si è levata alta e netta »

Alta e netta: la voce del cardinale.

Bassa e sporca, la mia. Non riesco a fare alcuna notazione di fronte a certi interventi, perché basta leggerli per rimanere segnati e incerti tra una folle risata in faccia e tante di quelle bestemmie da accendere l'aria, sì che il ciel notturno e sereno di gennaio s'illimpidisca come al passaggio d'una cometa.

«"La difesa della famiglia, la promozione della famiglia e l'invocazione di sostegni reali - che fino ad adesso sembra che non ci siano - dovrebbe essere voce unitaria di tutto il Paese, di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificato, ma l'obiettivo è assolutamente necessario perché le politiche familiari sono piccolissime". Parlando del disegno di legge Cirinnà, ha continuato il cardinale, "ci sono diverse considerazioni da fare ma la più importante è che mi sembra una grande distrazione da parte del Parlamento rispetto ai veri problemi dell'Italia: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare"»

«Di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificato». 

Una frase così illumina il cielo che neanche a Cape Canaveral.

«"Noi - ha proseguito - vediamo nelle nostre parrocchie una grandissima coda di disoccupati, inoccupati, di gente disperata che non sa come portare avanti giorno per giorno la propria famiglia". »

Orsù dunque cari omosessuali: mettetevi in coda anche voi per vedere se riuscirete a ottenere un po' di attenzione e l'intercessione cardinalizia nei piani alti della politica italiana.

Bagnasco dice anche altre cose. Ma finiamola qui.
Interessante è la coda dell'articolo di Avvenire nel quale si riportano i pareri delle seguenti categorie:

  • giuristi cattolici
  • notai cattolici
E i dentisti cattolici, i macellai cattolici, i ferrotramvieri cattolici non hanno voce in capitolo?


domenica 17 gennaio 2016

Etica vuole

Come ripete spesso Olympe de Gouges, lo stato italiano starà in piedi finché saranno pagate le pensioni e gli stipendi statali (e parastatali), più finché una certa quota di imprese riuscirà a reggere alla competizione internazionale. Dal ponte di comando sanno tutto ciò e, per sostenere il sistema, fanno principalmente due cose: legiferano per rendere più schiavo il lavoro e più libero il capitale; continuano a indebitarsi vendendo titoli del tesoro a un ritmo forsennato.

Ma la sostenibilità ha un prezzo che, per il momento, chi è sul ponte di comando (renziani e affini) pensa di pagare anche abbaiando contro gli sprechi, quelli degli statali soprattutto.
Spiega a Repubblica il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia: «Brunetta e i sindacati dicono sempre che le norme già ci sono. Ma a noi non interessa la norma come esercizio accademico, le leggi, secondo noi, devono incidere sulla realtà delle cose: chi truffa va a casa senza stipendio in 48 ore». E il diritto – come sottolineano in particolare i sindacati – di difendersi? «Se ti ho filmato che timbri per un altro, se timbri e vai a fare un altro lavoro oppure te ne torni a casa tua cosa c’è da difendersi? Etica vuole che in 48 ore sei fuori dalla pubblica amministrazione senza retribuzione».
Bu-bu, bu-bu. Abbaiatori.
Certo, qualche morso sarà dato e qualcuno - ahiloro - sentirà male: ben gli stava, visto che potevano timbrare e stare in ufficio a leggersi Aristotele o Spinoza (tanto chi gli rompeva i coglioni, la Madia?).
A ogni buon conto, tra un quarto di secolo o giù di lì, stante il blocco delle assunzioni, i demagoghi al potere non potranno né abbaiare né tantomeno mordere nessuno.
Pubblicato il Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato relativo al 2014 sugli stipendi degli statali. Le retribuzioni medie annue pro capite sono scese dello 0,5% rispetto all'anno prima. L'importo medio annuo si ferma a 34.348 euro, con 175 euro in meno rispetto al 2013. Solo nel 2008 troviamo un valore più basso (nel 2009 era a 34.522 euro).
L'età media dei dipendenti pubblici ha raggiunto nel 2014 i 49,2 anni, in aumento di quasi sei anni rispetto ai 43,5 del 2001.La Ragioneria generale dello Stato spiega che questo è l'effetto del blocco del turn over e della stretta sui pensionamenti; con la prosecuzione della stretta sulle nuove assunzioni "è pressoché certo che l'età media complessiva supererà i 50 anni forse già a partire dal 2016". Secondo la Rgs nel 2019 l'età media dei dipendenti statali sarà di oltre i 53 anni.

Morderanno se stessi, forse.

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A scanso di equivoci: so benissimo che, in rapporto ai dipendenti privati, i dipendenti pubblici hanno maggiori diritti (qualcuno potrebbe dire a giusto titolo: privilegi). So benissimo che tra lavorare per un prenditore di lavoro e lavorare per lo Stato ci sono delle differenze innegabili. Si potrebbero fare numerosi esempi. Ma questa storia del ciccino bello che fa la voce grossa sui singoli mentecatti che timbrano e poi non vanno al lavoro ha veramente fracassato i coglioni. Dirò di più: perché non osano i politici fare un discorso generale sul pubblico impiego? Perché rappresenta il più grande bacino elettorale di riserva. E non solo: vedete quell'importo di trentaquattromila e rotti euro (lordi) annui? Servono per: una partita di giro per finanziare lo Stato; per pagare la propria sussistenza (grande e piccola distribuzione, mobilità - domandate a Marchionne chi cazzo compra le Panda -), il turismo stagionale di massa; e, per i più parsimoniosi, per comprare obbligazioni subordinate all'Etruria. Rarissimi comprano kalasnikov.

Il punto è che lo Stato potrebbe anche fare a meno della metà dei dipendenti pubblici attualmente in carica (e in effetti almeno la metà è in sovrappiù soprattutto in certe zone e in certi enti di straordinaria produttività fancazzista) ma... e poi? Sarà questa la vittoria?

Manco per il cazzo, ciccini.

sabato 16 gennaio 2016

Lo scudo dei figli

Io dico, seguitando sulla linea delle vaiasse, che ieri sera a otto e mezzo, nei circa due minuti e mezzo che il canale televisivo digitato restasse quello, che Daniela Santanchè ha detto, in premessa a una replica a Gloria Origgi:  «Sono felice che mio figlio non venga a lezione da lei» e lo ha ribadito una seconda volta («Sono contenta che mio figlio non segua le sue lezioni») dopo che la filosofa l'ha interrotta perché si è sentita offesa.
Ma perché si è offesa? 
Se non ricordo male, Gloria Origgi, oltre ad aver replicato alla Santanchè: «Da chi ha imparato a insultare? Da Berlusconi?», si è lasciata scappare un equipollente «Anch'io potrei dire che sono contenta che i miei figli non siano in Italia [ella insegna e vive in Francia] a subire la politica di gente come voi» (mi è parso di capire così nella canizza).

Sticomitia di basso conio.

A bocce ferme - non quelle delle signore in oggetto - ho pensato che la miglior risposta alla presunta offesa della Santanchè poteva essere questa: 
«Sono triste per tutti quei maestri e quei professori dai quali lei è stata a lezione: da un punto di vista maieutico, hanno tirato su parecchia merda».

Comunque, secondo me, la frase della Santanchè non è offensiva, giacché quando ci si fa scudo dei figli, i primi a prendere le frecce sono loro, non i genitori. Infatti, e nemmeno tanto intrinsecamente, la Santanchè ritiene che - oh, poverino! - il figlio ventenne (leggo su wikipedia che ha avuto un figlio nel 1996), se frequentasse certe lezioni potrebbe rischiare di formulare pensieri diversi da quelli della madre o del milieu nel quale è nato e vissuto. Ora, provate a dire a qualsiasi figlio di buonadonna di vent'anni che temete per la sua autonomia di pensiero nel caso in cui andasse a lezione di filosofi liberal come quelle di Gloria Origgi. 

(Che io sappia, Berlusconi, un altro che i figli li ha tirati in ballo spesso, non ha mai obiettato a Barbara le sue frequentazioni filosofiche, comprese le lezioni di Cacciari e la tesi su Amartya Sen per la laurea triennale all'Università Vita-Salute San Raffaele; tanto immaginava che il milieu avrebbe prevalso, contropiede di Pato compreso).

Se ne avranno bisogno

«Mandel'štam non faceva nulla per andare incontro al lettore. Aveva bisogno di un interlocutore, di qualcuno che lo ascoltasse quando leggeva i versi appena composti, ma non del lettore. Non si preoccupava di educare il lettore come i simbolisti, né di arruolarlo come i futuristi e poi i “lefovci”. Credo che lo facesse perché portava rispetto al suo potenziale lettore, e se c'è la stima non c'è bisogno di educare né di arruolare.
Mandel'štam considerava il lettore uguale se non addirittura migliore di sé, e da lui si aspettava solo una “lettura partecipe”. Non usava nemmeno la parola “lettore”. Il grido di dolore del 1937: “Lettore, dolce consigliere, medico!” fu provocato dalla sensazione dell'isolamento forzato nei giorni in cui non solo non era possibile pubblicare i suoi versi, ma non li si poteva nemmeno leggere per strada agli amici, ai conoscenti, perché la maggioranza faceva finta di non riconoscerci. In condizioni più normali (non posso dire “normali”, perché non ne abbiamo mai viste), Mandel'štam parlava non dei lettori, ma degli uomini: “Gli uomini conserveranno le poesie, se ne avranno bisogno le troveranno da soli, trovano sempre quello di cui hanno bisogno”».


Nadežda Mandel'štam, Le mie memorie, Garzanti, Milano 1972 (traduzione di Serena Vitale).

venerdì 15 gennaio 2016

Si pensa a cercare di vivere

Nel vario scorrimento di vite che si consumano, la nostra assume giocoforza una centralità dalla quale le altre si irraggiano. 
Tutti siamo centri e tutti siamo raggi e facciamo girare a vuoto la ruota della vita.
Non nego vi siano degli scopi: alti e nobili per certuni, mediocri per cert'altri, comunque per tutti - in misura maggiore o minore - interrotti dalle necessità prime della vita.
Se fosse tutto facile, come respirare, una delle poche cose necessarie gratis.
Quasi tutto il resto: è un comprare, è un vendere. 
D'accordo: l'amicizia, l'amore, la pietà, l'avversione non rientrano nella lista; eppure anche tali affezioni si esprimono nell'ambito dello scambio merceologico, non ne sono affatto liberate.
Ogni vita è misurabile in termini di denaro, perché alcuna vita è aldilà di questo medium. Persino coloro che vivono ai margini della relazione - sia per eccesso, sia per difetto - sono dentro, non ne sono esenti.

Vediamo se con un poema di Danilo Dolci mi esprimo meglio.

«Noi non abbiamo la testa alzata
l'abbiamo dentro il sacco, operai,
non pensiamo niente
pensiamo solo lavoro lavoro lavoro,
un manovale cosa può pensare?

Alla mattina vai al lavoro
tutto il giorno sei su quella linea
per un pezzo di pane, tutto il giorno,
licenziamenti in vista, mi fuma la testa.
Dopo una giornata a faticare
anche la testa è stanca,
dentro, i figli te la fanno scoppiare,
e l'indomani ricominci da capo
senza un largo, un respiro,
non sono libero a infilarmi in discussioni,
certe volte mi vien voglia di morire.
Mia moglie dice - Non aver paura -,
non ha paura se ci penso io.
Il lavoro mi dà un poco di vita
ma me la ferma.

Nasce un uomo, vede quello che c'è alla luce,
cosa sappiamo?
Quello che non ti passa per le mani
si può immaginare ma non si capisce.
Quello che non ti passa per le mani
nella vita è di più.
Come può fare l'uomo per capire?
Si ha la mente confusa a districarsi.
Non mi piace il mondo - Si salvi chi può -,
se uno ha uno scopo, cammina.

Adesso che sono operaio guadagno di più
ho l'assistenza medica alla famiglia,
ho le marche per la vecchiaia,
c'è più sostanza dentro la famiglia.
Prima, inventando ogni giorno il mio lavoro
nelle campagne, sulla montagna,
la vita stessa mi faceva pensare tante cose.
Mi sono rimaste dentro tante domande
ma seppellite,
c'è qualcosa che mi si spegne dentro,
non ci posso arrivare,
si pensa a cercare di vivere».

da Poema umano, Einaudi, Torino 1974

giovedì 14 gennaio 2016

Pensieri a uovo

Si può sapere chi sei?
Un uovo.
Ti sbatti?
No, mi faccio in camicia.
Pottone.
Un granello di sale, un filo d'olio: inforchettami e vedrai.
Cosa vedrò?
Come esco dalla camicia, fluente, cremoso al punto giusto. Prepara il pane.
Ti assumo.

***
C'era il sole oggi e io non ero presente; nonostante l'avessi in faccia, facevo finta di non esserci, di non essere pronto a sostenere una breve conversazione sistemica sul futuro di un corpo celeste che emette luce e calore.
Le circostanze che hanno fatto sì che la vita fosse - riflettevo - rendono di me (di ognuno di noi) una sorta di principio antropico. L'importante è non prendersi troppo sul serio, smetterla di prenderla sul personale, lo dico anche a coloro che, come facevo anch'io un tempo, pensano ci sia un dio che, sulla base di determinati comportamenti umani, scateni certe conseguenze. E giù preghiere a prevenire. 
A proposito: da un punto di vista liturgico, alla masturbazione dovrebbe corrispondere un Atto di piacere. Provo a comporlo.

Mio Dio, mi compiaccio e mi beo
con tutto il cuore
delle mie mani
perché muovendole
ho meritato i tuoi certi piaceri 
soprattutto perché
non ho offeso nessuno
né i buoni né i cattivi

Propongo, con il tuo beneplacito,
di ripetere ancora
questi movimenti dell'anima
a ogni prossima occasione.
Amen.

***
Ho letto che i forestali saranno trasfusi nell'arma dei carabinieri: finalmente potranno fare le multe alla selvaggina vagante.

***
Quarant'anni fa usciva in edicola la prima edizione de la Repubblica. Nonostante tutto, auguri. 
È indubitabile che anche il giornale di Scalfari ha contribuito alla mia formazione culturale, assolvendo piuttosto bene al compito informativo ed educativo: non restare pedissequo alla linea editoriale.

martedì 12 gennaio 2016

Interruzione volontaria di comicità

Scorrendo veloce i titoli delle news, a un certo punto ho letto che la ministra Lorenzin ha mandato nuovamente gli ispettori. In Vaticano. Emorragia del comico.
«E per descrivere Bergoglio, Benigni ha poi detto: "È un rivoluzionario, come lo ha definito Eugenio Scalfari (presente in sala, ndr) che è un rivoluzionario anche lui. Fra rivoluzionari s'intendono».
Che il significato letterale sia andato a puttane - ma chi le paga? - è risaputo. 
Che il significato allegorico sia andato a dormire - con che sonnifero? - è sottinteso.
Che il significato tropologico sia andato a tropici - con quale volo? - è appurato.
Che il significato anagogico, infine, sia andato sotterra - con quale necroforo? - è stabilito.

lunedì 11 gennaio 2016

Blackstar e Pandistelle

D'improvviso, ieri pomeriggio, verso le sei e mezzo, mi è sovvenuto che era uscito l'ultimo disco di David Bowie, Blackstar, cosicché l'ho comprato, per 7,99€ dal Play Store di Google. Dipoi l'ho scaricato e ne ho fatto una copia cd per l'auto.
Dopo cena, mi sono fatto un orzo e, siccome avevo ancora un po' di appetito, vi ho inzuppato tre Pandistelle.

Stamani, andando al lavoro, ho messo appunto il cd e ho ascoltato soltanto tre canzoni, non di più, ché, data la complessità e il fascino della presente opera, la voglio scoprire e gustare a poco a poco.
Successivamente, dopo mezzogiorno, ho gettato un occhio ai feed sullo smartfono e ho visto pubblicate, su un tumbrl che seguo, varie immagini di David Bowie, tra cui questa.


Nooo, Bowie è morto...

Ritornando a casa, ho ascoltato una canzone di Bowie, poi basta, ho messo Satie. E ho meditato sul da farsi.
Mi sono fatto un orzo anche stasera, dopo cena, e vi ho inzuppato non tre, bensì sei Pandistelle. Ma l'ultimo di Cesare Cremonini, no, non ce l'ho fatta a comprarlo.

domenica 10 gennaio 2016

Economisti ganascia

Ken Rogoff, docente di Harvard con un passato di capo economista del Fondo Monetario Internazionale e di campione di scacchi, intervistato da Massimo Gaggi per il Corsera, ha dichiarato:

«L'Europa è effettivamente stretta in una morsa: da un lato i problemi economici del debito e degli elevati costi del sistema, dall’altro il nodo strutturale della demografia. Difficile crescere quando la popolazione diminuisce». 



Fonte Istat
In fin dei conti, la similitudine della morsa che stringe l'Europa è pertinente. Della morsa si può distinguere, correttamente, una ganascia, quella mobile, raffigurata dal debito e dagli elevati costi del sistema. Per contro, mi pare evidente, l'altra ganascia, quella fissa, non è costituita di certo dalla diminuzione della popolazione, bensì da qualcos'altro ben rappresentato e difeso da economisti laureati che insegnano a Harvad e lavorano per il Fondo Monetario o la Banca Mondiale che riescono sempre a persuadere la politica sulla necessità di determinate riforme. E il Capitale che gira il manubrio sulla testa della vite di manovra perché l'Europa esangue non scappi dalla stretta...

L'antisemitismo di sottofondo

«L'esperienza non fa sorgere la nozione d'ebreo, al contrario è questa che chiarisce l'esperienza; se l'ebreo non esistesse, l'antisemita lo inventerebbe». (pag. 11)


«Ricordiamoci che l'antisemitismo è una concezione del mondo manichea e primitiva in cui l'odio per l'ebreo prende posto a titolo di grande mito esplicativo. Abbiamo visto che non si tratta di una opinione isolata, ma della scelta globale che un uomo in una determinata situazione fa di se stesso e del senso dell'universo. È l'espressione di un senso selvaggio e mistico della proprietà immobiliare. Se vogliamo rendere questa scelta impossibile, non basta rivolgersi con la propaganda, l'educazione e le interdizioni legali alla libertà dell'antisemita. Dato che questi è, come ogni altro uomo, una libertà in una determinata situazione, bisognerà modificare fondamentalmente questa sua situazione. Basta infatti cambiare le prospettive della scelta perché tale scelta si trasformi. Non è che in questo modo si attenti alla libertà: ma la libertà decide su altre basi, in riferimento ad altre strutture. L'uomo politico non può mai agire sulla libertà dei cittadini; la sua posizione stessa gli impedisce di curarsene altrimenti che in forma negativa, cioè prendendo cura di non ostacolarla: egli agisce solo sulle situazioni. Abbiamo constatato che l'antisemitismo è uno sforzo passionale per realizzare una unione nazionale contro la divisione della società in classi. Si tenta di sopprimere la suddivisione della comunità in gruppi ostili gli uni agli altri portando le passioni comuni ad una temperatura tale da far fondere le barriere: poiché ciò nonostante le divisioni sussistono, in quanto le loro cause economico-sociali non sono state toccate, si tenta di riunirle tutte in una sola: le distinzioni tra ricchi e poveri, tra classi lavoratrici e classi possidenti, tra poteri legali e poteri occulti, tra cittadini e rurali, ecc. ecc. vengono riassunte tutte in quella di ebreo e non ebreo. Ciò significa che l'antisemitismo è una rappresentazione mitica e borghese della lotta di classe e che non potrebbe esistere in una società senza classi. Dimostra la separazione degli uomini e il loro isolamento nel seno della comunità, il conflitto di interessi, lo smembramento delle passioni: può esistere solo nelle collettività in cui un debole legame di solidarietà unisce delle pluralità fortemente strutturate: è un fenomeno del pluralismo sociale. In una società i cui membri sono tutti solidali perché tutti impegnati nella stessa impresa, non ci sarebbe posto per esso. Infine, dimostra un certo legame mistico e partecipazionista dell'uomo al suo “bene” che risulta dal regime attuale della proprietà. In una società senza classi e fondata sulla proprietà collettiva degli strumenti di lavoro, quando l'uomo liberato dalle allucinazioni del retromondo si lancerà infine nella sua impresa, quella di fare esistere il regno umano, l'antisemitismo non avrà alcuna ragione di esistere: lo si sarà colpito alla radice.» (pag. 104-105)

Jean-Paul Sartre, L'antisemitismo. Riflessioni sulla questione ebraica, Edizioni di Comunità, Milano 1964 (ed. orig. Paris 1947, traduzione di Ignazio Weis)

Ho cancellato dal mio elenco di lettura tal blog di AA.VV. perché, nonostante vi si trovino, a volte, spunti interessanti, il sito è permeato da un antisemitismo di sottofondo, sopratutto in certi autori che non vale la pena citare, che me fanno venì 'no sturbo e tanta voglia d'essere, contro essi, a mia volta, parimenti razzista. Di sottofondo.

sabato 9 gennaio 2016

Precisazione

A prescindere dal fatto che nessuno, fortunatamente, mi ha mosso il rilievo che temevo, me lo faccio da solo, in riferimento al precedente post in cui, partendo da una rapida analisi sulla disperata insanità mentale di coloro che compiono crimini in nome dell'Isis, ho tentato un parallelo con una pregressa (e insana mentalmente) disperazione mia, nella quale volli richiamarmi alla Brigate Rosse in un generico (e spropositato) spirito di rivalsa perché mi sembrò di aver subito - ma avevo torto - un'ingiustizia.

In altri termini: tengo a precisare che i giovani uomini (e donne, in percentuale notevole) che abbracciarono la lotta armata erano di pasta (e intelligenza) ben diversa dai giovani uomini (e rarissime donne) che vanno a combattere, uccidere e/o suicidarsi per uccidere in nome dell'Isis o Al Qaeda dello Yemen.

Pur non condividendole, comprendo le ragioni del terrorismo politico, anche se mai ho potuto giustificare e tollerare l'omicidio politico: in breve, non è uccidendo i rappresentanti dello Stato che si sconfigge lo Stato (guardiano dei rapporti di produzione), anche se all'epoca poteva dare l'impressione di poterci riuscire se le masse avessero seguito. Un rappresentante non è che una maschera facilmente sostituibile. Colpire il cuore dello Stato? Avranno sempre un organo di ricambio.

Non è mia intenzione riaprire un capitolo di storia, ma per spiegarmi meglio farò un raffronto tra il colpo di coda delle Br e gli attentati di Parigi.

Gli ultimi omicidi politici del terrorismo brigatista in Italia sono stati quelli dei giuslavoristi D'Antona e Biagi. 
Io rimasi malissimo e provai (provo) dolore per la vittima e manifestai (e manifesto ancor oggi) solidarietà con le famiglie.
Tuttavia, non si può negare che tali omicidi mirati avessero il seguente obiettivo: colpire le politiche liberiste sul lavoro - che furono di poi più facilmente avallate dalle legislature susseguenti - cercando in tale modo di convogliare su di sé il consenso politico delle masse per predisporre così le basi per una rivoluzione e la futura instaurazione della dittatura del proletariato.

Quali sono stati invece gli obiettivi degli attentati terroristici prima contro la sede di Charlie Hebdo e poi contro i vari luoghi di Parigi dove, lo scorso novembre, hanno effettuato la mattanza? In buona sostanza qual è il fine ultimo dei terroristi islamici? La creazione di uno Stato analogo all'Arabia Saudita (e affini) che segua la legge della Sharia.

Tra le due dittature, preferirò[*] sempre quella di tipo sovietico: almeno colà avrei la speranza di diventare un Brodskij.

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[*] In verità, non preferisco alcuna dittatura.

Prendere al volo i veicoli della disperazione

Sparsi sul globo terracqueo come il pepe e il sale nei piatti della cucina di masterchef, malintenzionati uomini (praticamente solo uomini) a mano armata compiono assalti inneggiando all'Isis.
Molti d'essi, sicuramente, utilizzano il merchandising dello Stato islamico perché è un brand attualmente molto in voga che offre un appiglio motivazionale che, per il momento, non è derubricato, con commiserazione, nelle tipiche patologie mentali che affliggono i giovani maschi depressi e disperati delle periferie del mondo.

Anzi: per quel può valere sentirselo dire da morti, da qualche parte nel mondo c'è chi li santifica e li considera martiri e questo, per le loro vite meschine, è già in sé un indice di elevazione.

Anch'io sono stato un giovane maschio e, un giorno, capitò anche a me d'essere disperato (depresso no, incazzato piuttosto). Ma non fu una disperazione d'amore (che ebbi anch'essa, ma risolsi diversamente, brandendo libri, giusto per dire). Parlo di una disperazione legata a una cocente delusione scolastica.

Veloce, spiego.

Sui quindici anni volevo smettere di andare a scuola. Volevo andare a lavorare da apprendista in qualche fabbrichetta per avere uno stipendio e comprarmi la vespa e portarci qualche ragazza con le poppe belle che, seduta dietro, me le appoggiava sulla schiena. L'unica che avevo portato con simili caratteristiche sul mio Sì Piaggio mi disse, dopo quella unica volta, che il mio motorino era scomodo, molto meglio erano le Vespe (ma com'erano comode le sue poppe).

E per questo volevo assolutamente smettere di studiare. E smisi di studiare a maggio tanto che, in prima liceo, fui bocciato.

Poi, dopo aver fatto tanto bestemmiare i miei genitori e anche per il fatto che non era così semplice trovare un lavoro (i miei coetanei che avevano interrotto gli studi lavoravano tutti chi per il padre, chi per lo zio, chi perché era già robusto abbastanza - non come me - per fare il manovale e fare la calcina), ripresi a studiare. Fu l'anno della svolta, perché trovai un prof d'italiano che mi invogliò allo studio della storia, della politica e della letteratura e m'impegnai tanto che, nel primo quadrimestre, ebbi una bella pagella. 

Poi, vabbè, mi rilassai un po' soprattutto nei confronti delle materie che non m'interessavano, ma a giugno pensavo che, finalmente, sarei stato promosso e avrei fatto contenti i miei genitori.

Quando, appunto a giugno, mi presentai a vedere le liste pubbliche degli scrutini appese alle porte finestre della scuola, vidi che non ero tra i promossi ma che mi avevano dato una materia. Una.
Fu una delusione tremenda che mi gettò in una subitanea disperazione perché non sapevo proprio con che faccia presentarmi davanti ai miei per dirgli quello che era accaduto, dato che si aspettavano quanto e forse più di me che fossi stato promosso.

Teso come una corda di violino, andai letteralmente fuori di testa e la prima cosa che feci fu di sferrare un pugno violento al vetro dov'era affisso il foglio coi risultati, urlando: «Bastardi!».
Uscì subito fuori il bidello che mi disse, chiaramente, «Sei impazzito?».
«No, non sono impazzito: sono una manica di stronzi. Agli ultimi colloqui mi hanno fatto persino i complimenti - per ficcarseli in culo - e adesso eccomi rimandato. Come glielo dico ai miei, adesso?» E giù a piangere e a urlare senza fine: «Bastardi, stronzi, bastardi...».
Una piazzata che radunò uno sparuto pubblico, per fortuna di soli studenti e qualche altrui genitore, comprensibilmente sorpreso e forse divertito dalla situazione. 
Stavo quasi per andarmene, continuando nel mio rosario d'imprecazioni, quando, da una porta laterale, uscì il preside per assistere alla coda della mia folle scenata. 
Il vederlo e l'associarlo alla causa della mia disperazione fu un tutt'uno. Fu forse per questo che, dominato dalla rabbia e desideroso di rivolta, gridai: «Ci vorrebbero le Brigate Rosse».

Dissi proprio così.

Il preside, che conosceva mio padre, gli raccontò personalmente quello che era accaduto e come mi ero espresso e che rischiavo una probabile sospensione.

Per fortuna, le offese rivolte ai docenti non furono loro testimoniate dagli astanti, neanche dal bidello, una brava persona che aveva compreso la situazione. 
Restava la minaccia delle Brigate Rosse. Perché le avevo rammentate? 
Forse volevo solo un marchio riconoscibile che rappresentasse la mia disperazione.

giovedì 7 gennaio 2016

Come convolvoli


Non sono sicuro, non sono me stesso. Mi smungo e mi sfilo, entro ed esco, assorbo e disperdo, metto piede e lo tolgo, avanzo e indietreggio, cresco e decresco, nel senso che diminuisco elevandomi al cubo, mi sfaccetto, divento tutto rosso da un lato, ma negli altri cinque rimango multicolore.
Tra le piccole crepe dei polpastrelli e delle attaccature delle unghie applico la disciplina tantrica, per far star bene le dita mentre digitano frasi a caso, come queste. Almeno esse godono e, a volte, anche la mente a leggere se quello che ne scaturisce la smuove e la solletica.
Ho sempre pensato d'avere, forse presuntuosamente, una mente assai orgiastica che si eccita molto per le parole, in particolar modo da quelle che escono fuori dalle mani. Frasi come convolvoli, d'innumerevole specie. Quello che conta è la varietà più che la verità. La verità è triste e a me la tristezza fa girare le palle. E la testa. Per questo mi esercito a depositare petali: sono così ingannevoli, effimeri, inutili. 

mercoledì 6 gennaio 2016

Letteratura e vergogna

Florence Herni, Femme aux jacinthes, 1930

Sono così lontano da ogni pensiero letterario che mi vergogno. Vivo come se la letteratura non fosse, o fosse cosa morta, seppellita, che non vado mai a trovare al cimitero.
Voglio accendere un lumino, ricordare la defunta, portarle dei giacinti, non dei facchetti alla sua sinistra. Del padre: la letteratura giace alla sinistra del padre, o della madre, che la partorì dalla sua mente come Atena, Zeus.
Alcuni dicono che faccia finta, che stia semplicemente dormendo e sinceramente lo credo anch'io. La letteratura non può essere morta. Non si può, infatti, parlare di qualcuno che è assente in sua presenza. Sto esagerando o è solo una moina per accattivarla? Dirò meglio: per metterla in posa e fotografarla, svilupparla, stamparla e appenderla al muro di casa. Ma non riuscirò mai, con le parole, a descrivere la curva dei capelli che disegna il volto della donna coi giacinti.
«Potresti descrivere, ricordare qualcos'altro».
Era per questo che, poco fa, mi sono vergognato.

martedì 5 gennaio 2016

Lacrime e no

Ho visto Obama piangere e ho pensato che, è vero, la questione delle vendita libera di armi da fuoco in America è un grosso problema (mitragliare la parola grosso e sparare una pallottola alla parola problema: una questione ceronettiana che, se volete e siete curiosi vi spiegherò in calce nei commenti sennò amen), perché in America le armi sono più diffuse delle forchette e dei cucchiaini (i coltelli, essendo arma da taglio, non contiamoli).

E dopo ho visto a Melito di Napoli, in un bar, luogo in cui non so se le forchette ma i cucchiaini senz'altro sono più diffusi delle armi da fuoco, gli stessi cucchiaini che, probabilmente, i clienti del bar avevano in mano per girare lo zucchero dentro una tazzina di caffè, nello stesso momento che un giovane è stato sparato e quindi è morto ammazzato all'interno del bar di Melito, Napoli, Italia, uno stato in cui, contrariamente all'America, la vendita libera delle armi è proibita e l'autorità possono anche non piangere, a che serve.

lunedì 4 gennaio 2016

Compagno Sarko


Una delle più grandi mistificazioni è (ancora) credere che Marx, siccome difendeva i lavoratori, fosse un strenuo difensore del lavoro salariato. «Col cazzo», disse Madame la Marquise.
«Il lavoro è per sua essenza l'attività non-libera, inumana, asociale; esso è condizionato dalla proprietà privata e la crea a sua volta. L'abolizione della proprietà privata diventa dunque realtà solo quando è concepita come abolizione del lavoro». 
Karl Marx, Sul saggio di Friedrich List "Il sistema nazionale dell'economia politica", 1845

[via Palim-Psao]

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A parte, ma non “a parte”. Voglio segnalare un ennesimo post magistrale di Olympe de Gouges. Lo faccio anche per appuntarmi alcune precisazioni di ordine filosofico che mi sono assai preziose.

domenica 3 gennaio 2016

In difesa di Natali Cohen Vaxberg


La donna al centro è Natali Cohen Vaxberg, un'artista israeliana che la polizia di Tel Aviv arresta di tanto in tanto perché le sue performance consistono nel defecare sulla bandiera con la stella di Davide, ma non solo su quella. Ella è andata di corpo, con insolita verve “artistica”, sulle bandiere di nazioni arabe, europee, su quella americana, sulla russa... Persino su quella del Vaticano. Per il nostro tricolore, la prestazione era accompagnata da un bicchiere di vino rosso (chissà se un tre bicchieri del Gambero Rosso).
Qui c'è l'elenco alfabetico delle nazioni colpite e affondate (siete avvisati sul contenuto).

Segnalo l'«opera» della Cohen Vaxberg non solo perché mi piace il suo spirito (!) iconoclasta[*], ma soprattutto perché è la seconda volta che leggo su Haaretz un articolo in sua difesa, a dimostrazione che la democrazia israeliana (uno dei suoi poteri, il quarto) si preoccupa che venga difeso un particolare, seppur irriverente, diritto di espressione artistica.


[*]
Le bandiere - tutte le bandiere tranne quelle che ne negano l'essenza - sono il simbolo per eccellenza di ogni nazionalismo, di ogni tribù. Quale migliore espressione di superamento dello spirito di bandiera che cagarci sopra?

sabato 2 gennaio 2016

La dimensione social

A volte vedo nessi dappertutto, anche dove non ci sono. Sarà che non riesco più a distinguere le notizie, tra l'Iran che s'incazza con l'Arabia Saudita per via dell'imam sciita giustiziato e il Vaticano che attacca la Rai per via della bestemmia in diretta.

E penso: se nel 1516 ci fosse stata la televisione con i programmi che inseguivano a tutti i costi una dimensione social, a Taranto sarebbe già stato acceso un rogo per bruciare il buontempone che ha augurato buon anno a tutti, cattolici e musulmani compresi?

Comunque, per tornare sui quarantasette giustiziati in Arabia Saudita: complimenti vivissimi alle cancellerie occidentali che hanno richiamato l'ambasciatore saudita per chiedere spiegazioni sull'accaduto e protestare vivamente sul mancato rispetto dei diritti civili.

Complimenti mortissimi. 

Gli iraniani invece - è notizia di questi minuti - hanno iniziato ad andare a trovare direttamente i diplomatici.

Infine, complimenti pure a Erdogan per la marcia indietro su Hitler. «Il Führer fu un modello assolutamente negativo», ha precisato il presidente turco, consapevole che a Hitler fu impedito di completare lo sterminio ebraico. Infatti, le ambizioni di Erdogan nei confronti dei curdi sono di non rimanere a metà dell'opera.