domenica 28 febbraio 2016

A scarpe sciolte

Ci girano intorno. Ne parlano perché la crisi è talmente evidente, quasi più del fatto che il Sole stia fermo e siamo noi a girargli intorno, tanto che persino ai più autorevoli scienziati chiedono di pronunciarsi pubblicamente sulla questione. 
Ma a sentire costoro, nella fattispecie uno dei più celebri, così esprimersi:

If machines produce everything we need, the outcome will depend on how things are distributed. Everyone can enjoy a life of luxurious leisure if the machine-produced wealth is shared, or most people can end up miserably poor if the machine-owners successfully lobby against wealth redistribution. So far, the trend seems to be toward the second option, with technology driving ever-increasing inequality.

non posso non notare, con rammarico, che il livello di comprensione del fenomeno capitalismo sia pari, se non addirittura inferiore, a quello che io ho della teoria delle stringhe.

Bene, è tutto. Adesso vado a legarmi le scarpe.

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Nota aggiunta tre ore dopo.
Mi sembra utile segnalare questo post

Un aiuto ai super ricchi

via
Sarebbe stato interessante che nel rapporto fosse stato registrato, per converso, pure il numero preciso dei super poveri, giusto per sapere se, com'è prevedibile, anch'esso sia in aumento e in quale percentuale rispetto all'anno scorso. Cioè a dire: ai geniali 568 self-made man, di cui le cronache narrano le gesta tessendone gli elogi per l'ingegno e l'acume dimostrato, sarebbe opportuno accostare i nomi e le vite di coloro ai quali viene estorto la sostanza del valore, nomi e cognomi di gente che i cantori dei figli di puttana del capitale reputano fortunati già così, perché in fondo i super poveri hanno un lavoro che gli permette di portare a casa i soldi per sussistere e mantenere in forze la forza che dai super ricchi viene legalmente comprata ma mai pagata abbastanza, soprattutto: mai pagata per intero.

- Ma perché vorresti sapere i nomi e i cognomi dei super poveri?
- Sogno di fare l'informatore per Superciuk.



venerdì 26 febbraio 2016

Poesia mia cara

Ho fatto morire la poesia, ho impedito che continuasse a rappresentarmi; sicché si è lasciata spegnere, consumare fino a perdere ogni voglia di andare a capo. Sono state le frasi i mandanti, non ci stavano più dentro la costrizione del verso, settenario o endecasillabo che fosse, ma anche verso libero, libero non ho mai capito da che cosa. Tuttavia, essendo eterea per definizione, e nonostante la conclamata corporeità del verso, ho lasciato la poesia disseppellita, a cielo aperto, tanto non puzza, non si decompone né marcisce, persino nelle discariche gabbiani e cornacchie la scansano, non sanno che farsene, non ha niente attaccato all'osso, punta ciccia, brandelli di senso forse, tutti volti a chiamare un po' d'amore, a tettarlo come se non ci fosse stato svezzamento ad aver messo fine alla beatitudine.

Poesia, mia cara estinta, come sei bellina così composta, rassegnata, le mani in grembo quasi a ricordare i tempi belli in cui a ogni rima ben fatta corrispondeva un muovere altrettanto ben fatto della mano (sempre dalle parti del grembo). Poi, a poco a poco, mi abbandonasti, decidesti che non ero più affidabile, che la voce s'era fatta troppo prosaica, quasi greve, a tratti maledicente. Chi in sé conserva un alone di purezza, prima o poi si stufa del chiacchiericcio quotidiano, della pretesa di almanaccare il presente con note dedicate all'insignificanza.

Dunque, ciao (non addio: gli anni, si sa, potrebbero riservare delle sorprese), ti lascio sospesa sulla superficie in cui ti ho seminato, contento e molto di non dovermi occupare della tua imbalsamazione.

giovedì 25 febbraio 2016

Love is in the air

«Ma quel che conta è che stasera tanti cittadini italiani si sentiranno meno soli, più comunità. Ha vinto la speranza contro la paura. Ha vinto il coraggio contro la discriminazione. Ha vinto l'amore.»

C'erano tre partite: ha vinto il Speranza contro la Paura e anche il Coraggio contro la Discriminazione. Ma anche l'Amore ha vinto. Contro chi non è dato sapere.
Facciamo delle ipotesi.
Contro l'odio? Ma che scherziamo? Non si è visto neanche volare uno schiaffo a palazzo Madama. Contro l'indifferenza? Maremma impestata: sono settimane che il cognome "Cirinnà" (sia detto col massimo rispetto nei confronti della solerte senatrice) tintinna come campana a morto sulle palle della pubblica opinione. Giuro che l'ho persino captato in un dialogo tra un benzinaio e un camionista mentre facevo rifornimento:

- Allora, che ne pensi della Cirinnà?
- La maiala di to mà.

Chi giocava, dunque, contro l'amore? I settantuno senatori che hanno votato contro il disegno di legge? O quelli che sono usciti dall'aula? O qualcosa di più (o di meno) comunque diverso, qualcosa che, in realtà, non è un avversario dell'amore, non lo osteggia o contrasta, anzi: lo favorisce e agevola...
È il figliodiputtanesimo, gran squadra materasso, quella che entra in campo con il compito precipuo di risollevare il morale perduto della squadra avversa in difficoltà da diverse giornate, soprattutto quando queste difficoltà pertengono a specifiche ruggini dello spogliatoio. Arriva il figliodiputtanesimo e riesce nel miracolo: ungere, ungere a fondo, sì che gli attriti vengano meno e la compagine si ricomponga.

I cazzi in culo, quando sono messi a piombo, fanno camminare tutti dritti in fila perbenino.


mercoledì 24 febbraio 2016

In forma letto

Stasera sono in forma, tanto in forma che potrei girare un film porno, da aiuto regista, quello che dirige le riprese nei passaggi intermedi, tra un amplesso e l'altro, coi personaggi vestiti che si scambiano battute abbastanza stupide, magari potrei fornire loro qualche suggerimento, «buone cose di pessimo gusto», come insegnava Gozzano, ma nei porno, si sa, è necessario arrivare presto al dunque, anche se il dunque è quello di sempre, stessa prammatica, stesso ripetere vano di gesti che muovono gli spettatori a compiere altri gesti, difficile guardare i porno come si guardano i telegiornali regionali in attesa delle previsioni del tempo, a occhi semichiusi e tanta voglia tanta di andarsene a letto. Vestiti.

martedì 23 febbraio 2016

Il Grande Biscotto

Spiare, da parte dei servizi segreti, presuppone una raccolta di informazioni che possono tornare utili alla bisogna, e tutto il materiale registrato dev'essere catalogato, persino i borborigmi intestinali.

- Da quando è diventato vegetariano, si sente una grande risonanza: ché non gliel'hanno cotti fagioli o ceci un paio d'ore con l'alga kombu?

- Ma no, che dici. Le spiate risalgono ai tempi d'oro della presidenza del consiglio dei ministri. Ora chi vuoi chi se lo inculi: Rovagnati?

lunedì 22 febbraio 2016

Love cult

Potrei con un certo preavviso dirti amore non ti ho mai dimenticato, così a scena aperta davanti a tutti, per cogliere te e tutti, pochi astanti, di sorpresa, vedere reazioni, espressioni facciali, magari spinte e sputi, strattonate e corse, qualche che cazzo dici ma sei scemo, e la piega di un sorriso che manifesta tutto lo scherno sotteso a quella frase da scena madre, ma non sono mica pazzo, ti ho dimenticato eccome, era necessario per sopravvivere degnamente e trovare altrove la falsariga degli stessi piaceri, quelli che indagavano nel profondo la tua essenza nelle settimane, no, settimane no, nei giorni sparsi di un mese sempre pieno di impegni, indisposizioni, lune di traverso, mestrui compresi e insomma tutto sommato sono in debito, me la desti molto meno di quanto la volli e, per converso, prendesti meno di quanto potevi ricevere, non siamo stati una coppia da parità di bilancio per capirsi.
Tutto questo discorso perché, comunque, mi fa sempre un certo effetto vederti, e per fortuna ti vedo di rado, ma così di rado che potrei persino a volte pensare che sei morta, e tu lo stesso potresti pensare di me, anche se c'è tra noi una grande differenza: se tu mi cercassi - e non mi cerchi beninteso - mi troveresti subito; se invece ti cercassi io, e non ti cerco, non ti troverei neanche con i moderni mezzi messi a disposizione dall'informatica; sei così sparita che, a volte, mi viene persino il sospetto tu sia mai esistita, e in questi casi, per solvere ogni dubbio, vado a rileggere quante volte mi scrivesti amore, e lo scrivesti così tanto che persino io, che sono uno scettico di natura, alla fine mi risolsi a crederti e fu proprio in quel momento che tu iniziasti gradualmente, ma inesorabilmente a sparire, ti era bastato indurmi in tentazione, farmi cadere nella trappola della fede, dell'amore che si fa pensiero fuori della carne, che sembra nella parola avere lo stesso equipollente che nel contatto. 
Fu a quel punto che mi sorridesti diversamente e a prendere un certo vantaggio, perché sapevi che avrei iniziato a pensarti a fondo anche quando non c'eri, soprattutto quando non eri con me; e in questo fosti saggia - io meno, giacché divenni un semplice fedele che non faceva altro che pregare per ottenere qualche concessione; per fortuna, bastarono poche settimane per diventare ateo nei tuoi confronti, un ateo serio, senza alcun livore o senso di rivalsa contro un culto che, in fondo, era limitato, senza t.

domenica 21 febbraio 2016

Rane meravigliose

«È meraviglioso come le istituzioni europee vadano nella direzione esattamente opposta all'unica che potrebbe rilanciare l'unità culturale, storica, etica e sentimentale dell'Europa.
Ma è meraviglioso anche come nella Ue sia sacra e intoccabile la circolazione di merci e capitali, mentre il welfare si ferma alle sue frontiere interne. Che impongono a ognuno di tornare a essere straniero appena passato il confine del suo vecchio Stato nazionale.
La peggior Europa - e l'Europa suicida.»

Che dire a commento dell'amara ironia gigliolesca?

1) Stante l'attuale, rantolante, sistema economico e produttivo capitalistico, ossia non prescindendo da esso, non si capisce come sarebbe possibile dare corso a un' Europa migliore - un' Europa vivida.
Ogni Stato, europeo e no, poppa valore dalla mucca del capitale. E il capitale ha un'unica maniera per fornire il latte allo stato: mangiare il lavoro. L'erba lavoro, tuttavia, è sempre meno nutriente perché - come insegna Marx e come spiega per il vulgo Olympe de Gouges
«una massa minore di lavoro può bastare per mettere in moto una massa maggiore di macchinario e materia prima».
e quindi

2) come si fa a pensare che
« l'unica speranza di qualsiasi idea d'Europa è quella di reinventarsi un welfare: federale, universale, senza frontiere.»
continuando a ritenere questo sistema economico e produttivo come il solo possibile, naturale, imprescindibile che l'umanità ha disposizione? In altri termini: come cazzo si fa a inventare un welfare universale se il capitale stesso - non avendo di fatto più vincoli - andrà a cercare di ottenere, seguendo la sua logica di sfruttamento, il poco "lavoro" produttivo anche in culo al mondo?
Leggiamo ancora il divulgatore par excellence:
«Va considerata anche un’altra circostanza di grande rilievo, della quale ho scritto ad nauseam, e cioè che col cadere del saggio del profitto, il capitale per la propria valorizzazione ha sempre meno riguardo per la spesa improduttiva, per il mantenimento di quei gruppi sociali che consumano senza produrre (o perché hanno esaurito il loro ciclo vitale utile al capitale), ossia senza contribuire alla realizzazione ed alla conservazione del valore. Riproduzione complessiva delle classi sociali e delle classi lavoratrici sono funzioni che il capitale ha delegato allo Stato, sempre più portatore degli interessi della borghesia imperialista. Il capitale non si preoccupa della riproduzione e della reintegrabilità della popolazione che non sia funzionale alla valorizzazione. Popolazione che potrebbe tranquillamente essere in vario modo soppressa.»
Per concludere: non nego che Giglioli faccia bene a denunciare e a indignarsi riguardo al fallimento del progetto politico immaginato dai padri fondatori dell'Europa unita. Il problema è, una volta di più, rifiutare di comprendere sino in fondo le ragioni di tale prevedibile disastro. 
Stando sempre sulla superficie non si pescano le cause profonde della crisi. Solo rane.

sabato 20 febbraio 2016

Eros e Thanatos

«Ciò di cui non si può teorizzare, si deve narrare». U.E.

Protagonisti
Una madre seduta su una poltrona che guarda un telegiornale del pomeriggio. 
Un figlio che è andato a trovarla per la consueta breve visita.

Scena. 
Un salotto.

Madre: «Vedi un po': quello che è morto aveva la mia età.»

Figlio: «Ma tu sei ancora viva.»

Madre: «Come?»

Figlio: «Niente. Se vuoi ti cambio il filtrino dell'apparecchio.»

Madre: «Sì. Probabilmente sarà sporco.»

Figlio: «Come me.»

Madre: «Come?».

Figlio: «Niente. Ecco fatto. [Restituisce l'apparecchio acustico alla madre]. Cosa ti fai per cena?»

Madre: «La solita minestrina dell'amore.»

Figlio: «Sarebbe?»

Madre: «Brodo di dado, pastina e una bella grattata di parmigiano.»

Figlio: «E basta?»

Madre: «Sì, tanto di fame non muoio».

Figlio: «Appunto: mangia.»

Madre: «Mangio, mangio: non ti preoccupare».

Figlio: «No, non mi preoccupo. Buonanotte. A domani.»

Madre: «Buonanotte. A domani.»

venerdì 19 febbraio 2016

Quanto pende dipende

Dopo aver letto un po' qui e un po' sul contenzioso tra Apple e Fbi, sono arrivato a una conclusione.
Se invece di ammazzarlo a cazzo di cane, avessero catturato Syed Farook vivo - e potevano farlo, visto che l'avevano inseguito e circondato (qualcuno arriva a dire persino che gli avrebbero sparato quando già aveva le manette¹, e comunque le manette gliel'hanno messe da morto perché forse poteva muovere le mani: misteri americani) - la questione non si poneva. O si sarebbe posta in altri termini: sarebbe stato più facile far parlare un detenuto con la persuasione o un tecnico informatico con la rettorica?
«So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio, poiché quant'è peso pende e quanto pende dipende».²

Infine. Concediamo che uno iPhone possa essere, per certi versi, una cassaforte inespugnabile. Ma se il tesoro resta inaccessibile una volta immessovi, non vuol dire che esso non possa essere stato comunicato, trasmesso e quindi, potenzialmente tracciabile e quindi individuabile.
I dati hanno senso soltanto nella comunicazione. Se sono taciuti e conservati, sono come i soldi nel materasso: non hanno, non possono avere corso.
E perciò: se i dati presenti nel telefono del terrorista sono entrati nell'apparecchio ma non sono mai usciti, è un po' come se non fossero mai esistiti.

Update 20 febbraio ore 13,10

Quando una mia idea, o ipotesi, coincide con quella espressa dopo di me da persone che ne sanno più di me e che di certo lo sapevano prima di me ma che insomma io sono riuscito a pensare come loro senza averlo letto prima, beh, mi sento particolarmente perspicace.

Esempio: pochi minuti fa, chez Paolo Attivissimo, ho letto la seguente traduzione del testo che accompagna un tweet di Edward Snowden sulla vicenda in oggetto:



1) L’FBI ha già tutti i tabulati delle comunicazioni del sospettato – con chi ha parlato e come lo ha fatto – perché questi dati sono già custoditi dai fornitori di servizi, non sul telefonino stesso.

2) L’FBI ha già ricevuto backup completi di tutti i dati del sospettato fino ad appena 6 settimane prima del reato.

3) Copie dei contatti del sospettato con i suoi colleghi – la cosa alla quale l’FBI afferma di essere interessata – sono disponibili in duplicato sui telefonini di quei colleghi.

4) Il telefonino in oggetto è un telefono di lavoro fornito dal governo, soggetto al consenso di monitoraggio; non è un dispositivo segreto di comunicazione per terroristi. I telefonini “operativi” che si ritiene nascondano informazioni incriminanti, recuperati dall’FBI durante una perquisizione, sono stati fisicamente distrutti, non “protetti da Apple”.

5) Esistono mezzi alternativi per ottenere accesso a questo dispositivo – e ad altri – che non richiedono l’assistenza del fabbricante.
Gimme five, Ed.

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¹ Sito di chiara matrice complottista che non link. 
² Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, Adelphi, Milano 1995

giovedì 18 febbraio 2016

Metterci la faccia


Pensavo anche.

Poi dopo me lo sono toccato e ho constatato che io, d'inverno, contrariamente al ceppo caucasico, non accresco nei glutei la riserva di grasso. Sarà perché squatto e stacco aumentando, grammo dopo grammo, i massimali? 

Può essere. Però 'sto pomeriggio, in palestra, c'era una da contemplazione. Io cercavo di deviare lo sguardo negli angoli più riposti e polverosi, negli ingranaggi, nelle pedane mobili, sui tappeti consunti, o in alto verso il paradiso dei ragni. Niente. La testa completamente in balia del magnete, come l'ago dentro la bussola. Perché allora rischiare torcicolli? Erano così belli, in fondo, quei leggings con vari Roy Lichtenstein a stampa (attrazione del post moderno).

«Oh, Jeff. I love you too, but...»

mercoledì 17 febbraio 2016

Le invasioni perbene

Vedere Daria Bignardi incaricata dirigere Rai Tre mi fa pensare al destino, al merito, alla carriera che trova compimento, alla letteratura come tiratura, all'arte come dissipazione, all'avanspettacolo, a Monica Vitti presa a schiaffi sonori da Giannini su uno scoglio, a uno scolio di Spinoza, come può uno scolio arginare il mare, ai ristoranti stellati d'anice, al vomito, all'alito di Edoardo Sanguineti dopo due pacchetti di Esportazioni senza filtro, a Castellito che si chiude in bagno a farsi una sega perché la moglie vuole un parere su una pagina decisiva del suo romanzo inedito, alle gocce di wc net che colpiscono le terga un attimo dopo l'evacuazione, al sistema fognario dell'aerea metropolitana milanese, alla dirittura morale di Maroni.

Soltanto da morti potremo sperare diventare zombi che prendono a brandelli la merda società. Tanti cicciolini e ciccioline dalla carne levigata dal fitness, dalla cucina vegana e dai gommage allo ylang ylang. 

Se li vedete ridere per raccontarci che stiamo tutti bene, voltatevi da un'altra parte o alzate gli occhi in direzione di Ganimede: ci sarà più soddisfazione che farsi incantare da un modesto Hot Bird.

martedì 16 febbraio 2016

Dell'imperturbabilità

Non so più come allontanarmi. Non esistono modi, qui, in questa conduzione. Quella specie di scorrere tranquillo tanto tranquillo non è. Cosa cerchi. Appunto, niente. Mi do del tu per perdere il filo della persona. Più si cresce e più ci si concentra sulla persona sbagliata: se stessi. È un guaio, ma è inevitabile. Ci hanno dato un corpo per servirlo, soddisfarne bisogni e fare a meno di quelli superflui sarebbe il meno, le palle piene non sarebbero un problema con l'estensione del dominio dei sogni. Il corpo ha delle necessità da soddisfare e di cui non ti puoi dimenticare. Sempre all'appello, peggio di una caserma. Anche il riposo non è un riposo ma un faticoso dovere. Il meno sono i denti, fosse tutto come i denti, potessi lavarmi il cervello come i denti sai che bella igiene mentale. Mi uscirebbero petali al posto di parole per decorare al meglio la presente inquietudine. Le corone di fiori dovrebbero essere per i vivi. Così le pompe: vitali. Eppure mi manca il quadro generale sul senso dello scorrere. Per ora tanta cornice, metri su metri a perimetrare un alcunché che, al momento, con qualche forzatura, potrebbe assomigliare a un Rothko. Se qualcuno volesse collezionarmi si faccia avanti, mi appenda al posto di quelle tristi imitazioni invetrate che fanno tanto ospedaliero. Datemi una chance, guardatemi ogni tanto, riflettete su di me il vostro pensiero diuturno (e notturno). Leggetemi Isaia¹ (30, 15) che mi dà tanta energia al còre:

Così parla il mio signore Iah

Nell'impassibilità
Nel non-agire
sta la vostra salvezza

Nell'imperturbabilità
Nel non-temere
giace la vostra forza

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¹ Versione di Ceronetti, Adelphi, 1981

lunedì 15 febbraio 2016

Dalla teoria alla pratica rivoluzionaria

Una conseguenza dei cambiamenti kulturali che er webbe ha determinato è il crollo delle vendite dei quotidiani di carta. Certo, esiste sempre uno zoccolo duro di lettori che non può fare a meno del fruscio mattutino e si reca in edicola ad acquistare la mazzetta. Ma non basta. [*] 
Resistono in pochi. Molti di quei pochi hanno il bilancio in rosso, risollevato dalle entrate pubblicitarie e dal finanziamento pubblico all'editoria.

Ma ora, voilà, abracadabra. 


Grazie a Julia Cagé, una sexy maga economista, tailleurino nero e golfino rosso, pollice e indice a sollevare la gravità della pensata, è arrivata la soluzione per «Salvare i media: capitalismo, crowdfunding e democrazia». O ciucciate le nespole, rosiconi economisti che non ci avete pensato prima, voi che pensavate bastassero giornali interamente online pieni di banner rompicoglioni per far scrivere articolesse a giovani e meno giovani illusi che la firma posta in calce possa dar lustro alle loro frasi messe in fila per far numero ad maiorem Dei gloriam. 

Julia Cagé: lei sì che è una genia della lampada. 

- Ma chi l'ha strofinata, la lampada, e da essa fatta uscire?
«La proposta [di Julia Cagé] ha il merito di essere ambiziosa, per quanto susciti alcune critiche fondate, e si pone come un paradigma per l'editoria del XXI secolo. Un po' come Thomas Piketty, compagno della Cagé, ha fatto con la sua teoria rivoluzionaria su capitalismo e aumento della forbice tra ricchi e poveri.»
Riscrivo perché non avete letto bene, ne sono sicuro:
«Un po' come Thomas Piketty, compagno della Cagé, ha fatto con la sua teoria rivoluzionaria su capitalismo e aumento della forbice tra ricchi e poveri».
Bene, adesso se proprio non volete tirare due o tre madonne secche che poi vi vanno di traverso, fate come me: prendete le forbici[ne] e datevi una spuntatina ai peli pubici perché dopo la teoria ci vuole anche un po' di pratica: rivoluzionaria.

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[*] Qui uno spassoso Phastidio sbertuccia gli ultimi brandelli di giornalisti zombi che pubblicano editoriali.

domenica 14 febbraio 2016

Varoufakis è vivo e lotta insieme a noi

L'intervista è interessante, ci sono anche analisi e proposte condivisibili. Purtuttavia, come tutti gli economisti che si tengono a debita distanza dall'unica teoria in grado di fornire una spiegazione esaustiva del perché della crisi generale del capitalismo [*], anche Varoufakis rimane intrappolato nella credenza che il vero responsabile della crisi economica e sociale che investe l'Europa e il mondo, sia l'idrovora del capitalismo finanziario:
«C’è una crisi generale della democrazia, nell’epoca del capitalismo finanziarizzato. Il capitale finanziario è nemico della democrazia, ovunque nel mondo, negli Stati Uniti come in Europa. Il problema è universale, per così dire. Ma c’è una specificità tossica per quanto riguarda l’Europa: non abbiamo una federazione con specifiche istituzioni democratiche, la stessa Banca Centrale Europea ha uno statuto assolutamente unico, non paragonabile ad esempio a quello della Federal Reserve. »
Ah se noi europei potessimo dar vita, per esempio, a
«un movimento che imponga alla Banca Centrale di cominciare ad acquistare il debito della Banca Europea per gli Investimenti anziché quello tedesco o italiano, per finanziare un ambizioso Green New Deal per l’Europa. Così, invece di stampare moneta per i circuiti del capitale finanziario, la creazione di moneta andrebbe a finanziare la cooperazione produttiva, a creare posti di lavoro in settori innovativi, ponendo al tempo stesso condizioni favorevoli per l’organizzazione e la lotta dei lavoratori e contrastando la mercificazione e la precarizzazione del lavoro.»
Eccolo qua, un altro proudhoniano del cazzo. 
Ma come si fa ancora a credere a simili fandonie? Possibile che la Storia non abbia insegnato niente? Niente. Il capitale finanziario non è, di per sé, nemico di alcunché. Se ne frega della democrazia che può anche stargli bene, anzi: l'importante per esso è riuscire a far soldi dai soldi. C'est tout. Piuttosto: l'idea stessa di nemico della democrazia e dell'umanità presuppone una sorta di caccia alla streghe, bruciate le quali si ritrova l'idillio perduto, che in realtà non c'è mai stato, se non nei troppo mitizzati anni del boom economico. Non si tratta, insomma, di vittimizzare e riformare. Niente del capitalismo può essere riformato perché esso stesso ha, in sé, le cause della sua rovina.
Se il capitale, da decenni oramai, si è concentrato sulla finanza non è per chissà quali misteriosi intrighi di avidi banchieri e finanzieri, magari ebrei. No. È perché investire soldi nella finanza, anziché nella produzione, è stato l'unico modo per salvare dal fallimento un sistema economico e produttivo che ha incontrato i suoi limiti strutturali di valorizzazione del capitale investito.

E poi: ancora con 'sta storia che lo Stato può regolare il Mercato. Suvvia:
Non è lo Stato che tiene per le palle il Mercato, ma viceversa.
Stampare denaro fuori dalla esigenze del Mercato conduce, presto o tardi, alla bancarotta:
«lo Stato decreta che la sua Banca Centrale crei "denaro improduttivo" a partire dal niente. Facendolo, si arroga, contro le leggi del sistema di mercato, il potere di creare denaro, cioè nega con la forza, in quanto polo politico, il predominio strutturale del polo economico. Il castigo arriva dopo, come si sa, nella forma dell'iper-inflazione. Dalla fine della prima guerra mondiale, questo fenomeno si è verificato periodicamente come conseguenza della creazione di denaro improduttivo da parte dello Stato, ed oggi è già diventato, in un numero crescente di paesi, una condizione strutturale permanente. Contro ogni illusione sul "primato della politica", si è dimostrato da tempo, nella pratica, che, a causa del denaro, lo Stato è un'istituzione fondamentalmente priva di autonomia nei confronti del mercato e che la politica, da parte sua, di fronte all'economia, costituisce una sfera anch'essa fondamentalmente sprovvista di autonomia.» Robert Kurz, Quattro tesi sulla crisi della regolazione politica.

Ma vabbè: che Varoufakis la pensi in un certo modo fa parte del gioco, ci sta, cosa si può pretendere da un professore di economia che insegnava negli Stati Uniti. Il problema sono gli intervistatori, i quali parlano di lotta di classe senza aver ben chiaro contro che cosa lottare, giacché - almeno mi pare - sembrano non aver capito granché della crisi della legge del valore. 
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[*] Si segnalano qui due mirabili post “tecnici”(1, 2), nondimeno godibilissimi, di Olympe de Gouges

sabato 13 febbraio 2016

Anche se noi lo vorremmo

«Siamo in una guerra perché il terrorismo ci combatte. Ci saranno altri attacchi e grandi attentati, questo è certo. La minaccia non diventerà minore, anche se noi lo vorremmo. La minaccia è “mondiale” e altri attentati terroristici in Europa sono una certezza». La previsione è del premier francese, Manuel Valls, che ne ha parlato in occasione della Conferenza sulla Sicurezza in corso a Monaco di Baviera. Il Sole 24 Ore - http://24o.it/E6yCeT


Penso che un primo ministro che parla così sia parecchio deficitario, non solo politicamente.

Ma, a fortiori, se parla così, lo fa perché è molto conveniente farlo, sotto vari aspetti: il primo, lo stato di emergenza permanente che l'essere in guerra comporta; il secondo, il fatto che, in una situazione di attacco, di guerra, chiunque osi mettere in dubbio l'azione politica governativa di contrasto al terrorismo e non solo, è e sarà considerato di per se stesso un collaborazionista.

«Il terrorismo ci combatte», dice Valls: anche le alluvioni e i maremoti ci combattono. Tuttavia, occorre distinguere: 
  1. il maremoto è un fenomeno naturale ancora impossibile da prevedere con esattezza; 
  2. per contro, riguardo alle alluvioni (altro fenomeno naturale) la meteorologia riesce a prevedere l'intensità delle precipitazioni con discreto anticipo, anche se questo non impedisce il fenomeno, amplificato vie più nei luoghi in cui la cementificazione e la degradante manutenzione idrogeologica - imputabili sicuramente alla responsabilità umana - sono imperanti;
  3. sulla natura del terrorismo non credo ci possano essere equivoci, ma se ci fossero equivocate pure a conferma della sua specificità. Nondimeno, ammesso e non concesso che il terrorismo sia imprevedibile come i maremoti, predirne il compimento non è di per sé prefabbricarlo, ossia programmarlo a misura di una perversa ragione di Stato che ha tutto l'interesse affinché il conflitto, la guerra sia la terapia intensiva più efficace per la malata società capitalista? In altri termini: il fondamentalismo islamico - per la cui analisi rimando a questo articolo per me piuttosto definitivo - è la giusta fumeria d'oppio 2.0 sia per i giovani occidentali figli d'immigrati di seconda o terza generazione perché fornisce loro «il materiale per una costruzione identitaria di demarcazione di individui interamente formati dal capitale (soprattutto giovani uomini, ma non solo), i quali spesso non hanno il minimo legame familiare o culturale con l'Islam, e che si contraddistinguono per il modo aggressivo in cui hanno effettuato la loro "conversione" contro l'ambiente che li circondava»; sia per quei giovani «che sono stati socializzati in uno stato di guerra permanente, a volte aperto a volte larvato, ed hanno interiorizzato la disposizione alla violenza che a tale stato si accompagna. E questo in fin dei conti fornisce il quadro per la creazione di personaggi eroici mitizzati, ai quali dei giovani, soprattutto (e non solo provenienti dalle regioni in questione), potrebbero e possono identificarsi. [...] L'islamismo militante è riuscito così ad acquisire lo statuto di una cultura di contestazione radicale, che gli fornisce un'enorme affluenza di adepti provenienti da tutto il pianeta, pronti a sacrificarsi.»
Insomma, quando Valls dichiara che «La minaccia non diventerà minore, anche se noi lo vorremmo», bisogna rispondere: «Lo vorreste una sega».

Cento volte meglio un antagonismo religioso di matrice fondamentalista, che un assenteismo di massa alle prossime elezioni. Nevvero?

Il sogno di Fidel


A questo punto penso che, dopo aver visto il Papa e il Patriarca sbaciucchiarsi e firmare protocolli d'intesa, a Fidel Castro non resti che farsi impartire un'estrema unzione congiunta.

venerdì 12 febbraio 2016

Rise di nuovo

Alcuni ore fa, durante una trasmissione televisiva di un canale Sky che non rammento e sul quale mi sono imbattuto per caso (parlavano di musica, dei Velvet Underground se non erro), una nota attrice italiana di terz'ordine, figlia di un noto attore e regista di second'ordine, ha risposto a una domanda fuoricampo che per lei la musica è qualcosa che la mette in contatto con la sua interiorità.

Ora che ci penso: non mi sono mai masturbato con lo stereo acceso. Mi sono perso qualcosa? 

***
Alcune minuti fa, nel tentare di aggiungere qualche commento a questo pensiero mio lubrico, sentendomi di molto squalificato, ho pescato dall'Uomo senza qualità quanto segue:

« Clarisse rise di nuovo. – Lui dice che da allora tutto si è complicato. Così come nuotiamo nell'acqua, nuotiamo anche in un mare di fuoco, in una tempesta di elettricità, in un cielo di magnetismo, in una palude di calore, e così via. Ma tutto è intangibile. Alla fine non rimangono che formule. E cosa significhino le formule umanamente non si può bene esprimere; e questo è tutto. Io ho già dimenticato quello che avevo studiato in liceo, ma in qualche modo combina. E dice anche che se oggi qualcuno vuole, come te o san Francesco, chiamar fratelli gli uccellini, non deve fermarsi a queste piacevolezze, ma esser pronto a gettarsi nella stufa, a infilarsi nel terreno attraverso una conduttura elettrica, o a guazzar nelle fogne giù per un lavandino.
Già, già! – interruppe Walter. – Prima i quattro elementi diventano parecchie dozzine e alla fine si naviga oramai su un mare di correlazioni e operazioni, su una rigovernatura di processi e di formule, su qualcosa di cui non si sa se sia una sostanza, un procedimento, lo spettro di un'idea o Dio sa che cos'altro! Ed ecco che tra un sole e un cerino non v'è più alcuna differenza e neanche tra la bocca e l'altra estremità del canale digerente! Ogni cosa ha cento lati, ogni lato ha cento correlazioni, e a ciascuna sono annessi sentimenti diversi. Il cervello umano per fortuna ha poi diviso le cose; ma le cose hanno poi diviso il cuore umano! »

Robert Musil, L'uomo senza qualità, Einaudi, Torino 1972 (Volume primo, traduzione di Anita Rho).

Digitale spaziale

È stato salutato, con pressoché unanime entusiasmo, la nomina di Diego Piacentini (ex dirigente Apple e Amazon) a commissario Digitale per l'Italia.



Le sue prime parole pare siano state:
«Il cittadino al centro di tutto».[*]
Solo uno che da tanti vive lontano dall'Italia può dimenticare che il centro di tutto, in Italia, è un buco nero. Anzi due, in perenne collisione.

mercoledì 10 febbraio 2016

Gli strumenti di sempre

L'espressione artistica veicolata dentro la scrittura consente poche evoluzioni circensi, niente salti mortali al trapezio.
Sulla base di un velato autobiografismo, pennellare immagini e scavare parole affinché appaia un torso. Un torsolo, più facile.

***
La settimana delle mele melinda in offerta. Il Trentino svuota celle frigorifere inondando la penisola del suo frutto più famoso: gialle, rosse, verde, bicolore. La ricordanza delle spruzzatine fitosanitarie non m'impedisce di partecipare - gioioso - alla compera.

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Il blogger non è uno scrittore seriale nonostante scriva e pubblichi serialmente. Non è afflitto da esigenze editoriali, quindi il pungolo è cristallino come la brina, che repentina appare nei mattini sereni. Di tanto in tanto, si spera in un effetto galaverna per poi sparire negli inconsultabili elenchi del passato, vago ricordo di un pensiero espresso e disciolto, come brina al sole, appunto.

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Fin da piccoli ci insegnano che i settori economici sono tre più uno avanzato. Dunque, quando sento dire, dal direttore generale di turno, che la Rai prepara «le linee del piano industriale», credo sempre che i capistruttura saranno destinati ai turni di notte degli altiforni delle ultime acciaierie presenti in Italia, mentre i capiredattori delle sedi regionali a eviscerare polli d'allevamento presso l'Amadori o l'Aia (non in Olanda).

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«Una delle illusioni dei progressisti è quella di ‘saper’ guidare la Storia. La Storia se ne vendica portandoli dove vuole. Quanti tremiti, accensioni, spasimi, hanno segnato il corso di una vita troppo sensibile ai mutamenti delle contingenze e dei destini! Così, a forza d'aspettare il momento in cui sarebbe scattata la molla dell'azione, gli anni si sono sgranati in una penosa serie di choc, e in questi choc, ad un certo punto, si è concentrato per successive stratificazioni il sapore della vita stessa. Un'esistenza fatta tutta di pause grigie e di attese esaltanti finisce per smarrire il senso di sé: solo l'urto brutale di una realtà esplosiva può restituirla di tanto in tanto al calore consolante ed amico che dà esclusivamente l'illusione di partecipare all'azione. Ma il sapersi di nuovo vivo ha la stessa precarietà di tutte le altre illusioni in precedenza consumate. Gli strumenti del discorso e le parole della poesia restano infatti disperatamente gli stessi.» 
Alberto Asor Rosa, Alla ricerca dell'artista borghese (1968)¹.

***
Il passaggio dal Carnevale alla Quaresima mi ha sempre scombussolato perché il Martedì grasso mi dimentico sempre di mangiare la carne che destino alla vigilia nera delle Ceneri.
Ho un rapporto pressoché quotidiano con le ceneri (salvo i mesi estivi). Osservo con perizia la consumazione del combustibile ligneo arso nelle stufe. So riconoscere, dai resti, il tipo di albero bruciato. Il più facile e coriaceo è il castagno. Il più evanescente, l'abete.
Una volta, ero giovane, nel periodo in cui lavorai all'inceneritore consortile (quando ancora era in funzione) chiesi a un collega più anziano di me se sapeva qualcosa della cremazione. Mi rispose soltanto che le ossa venivano macinate dipoi, a parte, quand'erano fredde².

***
Vado a farmi una doccia così digito parole altrove.

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¹in Intellettuali e classe operaia, La Nuova Italia, Firenze 1973
² Questo ricordo mi sembra di averlo già scritto ma non ricordo.

martedì 9 febbraio 2016

Provare a uscirne


Una volta usciti, dall'amore, dalla politica, dalla voglia di agire per inseguire vanità, lo scorrimento quotidiano del vivere, costrizioni, doveri, impellenze a parte, si riduce a cercare piccole beatitudini riassumibili nel refrain del coro senza parole che segue, appunto, «per uscirne finalmente fuori».

Dura un attimo, beninteso. La realtà ti prende per la collottola, ti solleva e ti lascia sospeso nel nulla ad ascoltare ben altra musica. Piuttosto di merda.

***
Due anni trascorsi. Un governo frutto di una maggioranza parlamentare eletta con un sistema elettorale dichiarato incostituzionale, ma fa niente: prendiamoci tutta la legislatura farlocca per le riforme. Un presidente del consiglio che si arroga meriti di poco conto, di piccole illusioni, di retorica nazionalista di bassa lega, di umanitarismo farisaico, di internazionalismo provinciale. Nel video scorrono immagini di una presunta azione di governo utilizzate in funzione di un egocentrismo ai limiti del patologico, che neanche il videodiario di facebook sull'anno trascorso.

Ha pigiato: pubblica, condividi.

Anch'io. D'altronde non sono uscito, sono dentro.
_______
P.S.
Ho usato grandezza testo: large. Esagerato?

lunedì 8 febbraio 2016

La parte del problema

«La Turchia ha chiuso la frontiera ai profughi proprio per avere l'occasione di penetrare dentro la Siria e spezzare le linee di difesa dei curdi siriani che sono il loro obiettivo principale in quanto ritenuti alleati del Pkk. Ad Ankara dei rifugiati non importa nulla: il presidente Erdogan pensava di usarli come massa di manovra contro il regime di Damasco ed per estendere la sua influenza in Siria ma la resistenza di Assad e l'intervento della Russia hanno fatto saltare i suoi piani. Adesso la Germania va in soccorso di un governo islamico che ha aperto l'autostrada della Jihad e contribuito al caos siriano». Alberto Negri.

Dopo la fine del Carnevale, la Quaresima tedesca impone alla Merkel il sodalizio con Erdogan. Con l'occasione, la Cancelliera avrà venduto anche qualche panzer di ultima generazione ai turchi, sì che spianino meglio le resistenze curde.
L'Europa, la bastarda, sarà presto portata (abbandonata) all'Istituto degli Innocenti. Speriamo l'adotti qualche coppia omosessuale, che certamente sarà più riguardosa nel consumare amplessi “contronatura” in pubblico.


domenica 7 febbraio 2016

250 businnesman

L’ambasciatore italiano al Cairo Maurizio Massari alla trasmissione in Mezz'ora di Lucia Annunziata oggi ha raccontato il giorno del ritrovamento del ragazzo: «Dopo aver avuto la notizia che avevano trasportato Giulio all'obitorio del Cairo mi sono subito recato lì dove ho assistito alla scena drammatica del suo corpo che mostrava inequivocabili segni di violenza, percosse e tortura». «Avevamo appena iniziato il ricevimento per 250 businessman italiani e egiziani all'ambasciata quando verso le 20.15, un alto funzionario del ministero degli Esteri mi ha dato informalmente la notizia del ritrovamento del corpo di Giulio - ha raccontato il diplomatico - allora abbiamo deciso di sospendere tutto, il ricevimento e la visita del ministro Guidi, per rispetto nei confronti di Giulio e la sua famiglia». Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/EJfaJp


È probabile che se Al Si-Si fosse stato informato del fermo di Giulio Regeni, avrebbe telefonato alla squadra di sgherri di regime (ipotesi d'identità più probabile per i torturatori assassini, al momento) per dire loro di rilasciare il giovane uomo perché nipote di Berlusconi. 

Ma forse no. È plausibile che Giulio avesse scoperto ben più gravi e orride vergogne del regime militare egiziano. Un regime che ci fa comodo, a noi occidentali, bisogna confessarlo, perché impedisce, per il momento, un governo di matrice islamica a forte impronta anti-occidentale; ma soprattutto, permette: a) un eccellente tasso di sfruttamento della classe operaia egiziana, condizione molto attrattiva per i capitali in cerca di investimenti redditizi; b) ottimi interscambi commerciali (si ricordi, a mo' di esempio, che il piazzista Hollande ha venduto ad Al Si-Si, a prezzo di realizzo [?], la portaerei destinata in precedenza ai russi).

In memoria di Giulio Regeni - fissare per un momento l'immagine degli ultimi momenti della sua vita e piangere - è scorretto pensare che se invece del corpo di Giulio, fossero stati ritrovati i corpi torturati di dieci giovani egiziani, il ricevimento per 250 businnessman italiani ed egiziani all'ambasciata non sarebbe stato affatto sospeso?

sabato 6 febbraio 2016

Opzioni di formattazione



La formattazione che la piattaforma Blogger mette a disposizione dei blogger è piuttosto penosa e, a tratti, ingestibile. Non che io abbia pretese editoriali elevate, tuttavia che tra le varie opzioni sia assente la scelta dell'interlinea, ovvero che questa sia modificabile soltanto usando il linguaggio html, è una limitazione grave.
Di più: se mi permetto, come spesso accade, di copiar-incollare un testo che ho scritto prima su un normale word processor, quello che poi risulta in pubblicazione è affatto differente, in ispecie l'interlinea. E, altresì, la grandezza del testo, sulla quale si verifica l'assurdo che il sistema modifica la misura del carattere del testo dell'ultimo paragrafo (cosa che riesco a riordinare soltanto mediante l'html)

Altre ubbie:

Perché manca l'opzione

"Medium", misura che preferisco e che si ottiene soltanto attraverso una modifica dell'html?

Inoltre:

"Normale" non è normale, è piccolo.

E "Piccola" non è piccola: è più piccolo.

E "Più piccolo" è microscopico. 

E ancora:

"Grande" è una misura da urlo.


"Più grande" un'insegna da supermercato.


Domando: perché non optare per i numeri (esempi: 10pt (piccola) 12pt (normale) 14pt (medio) 16pt (grande)?

Infine, un accenno ai caratteri opzionabili:



Da notare: Arial, Helvetica, Trebuchet e Verdana risultano uguali, cosa scegli scegli. Così per Georgia e Times. Courier è un po' cesso differente.

Esempi:

Questa frase è scritta con Arial.
Questa frase è scritta con Helvetica.
Questa frase è scritta con Trebuchet.
Questa frase è scritta con Verdana.

Questa frase è scritta con Georgia.
Questa frase è scritta con Times.

Questa frase è scritta con Courier.

In pratica, la scelta ricade non su sette tipi, bensì su tre tipi di carattere.

Conclusioni: non cambio piattaforma per pigrizia. Spero però che qualche tecnico googoliano prenda nota e ponga rimedio.

Così Marino la smette di lamentarsi per la mia formattazione.

Aveva gli occhi tristi

Quando la conobbi, in circostanze ufficiali, aveva gli occhi tristi, anche se cercava di nasconderli con un sorriso lieve, di quelli che si fanno subito apprezzare per la grazia con la quale colgono le sfumature ironiche della vita.
Nonostante la tristezza, quindi, il suo sguardo non era respingente, rivolto in una smorfia contrita: lasciava aperta la finestra alle correnti d'aria delle altrui melanconie, non per farne accumulo, appunto, ma per spazzarle via col soffio della consolazione, o col temporale discreto delle lacrime.

Ieri l'ho rivista; aveva gli occhi accesi ed il paletot aperto – non faceva freddo – permetteva di notare l'elegante vestito nero a mezza coscia e le calze nere con presunti autoreggenti. I tacchi, poi, che seppur non eccessivi, le davano comunque uno slancio da inclinare in avanti la postura quanto sarebbe bastato per accennare la presa ai fianchi alla minima occorrenza. 

L'occorrenza c'è stata, c'è sempre un dislivello in questi casi a chiamare in causa mani pronte a sostenere e quindi a percepire se la presa sia ben recepita o provochi imbarazzo e/o disapprovazione.

Nessun di questi ultimi due. E sono stati perciò minuti belli: un refolo di vento a smuoverle i capelli e questi a nasconderle un sopracciglio, e la voce che s'è abbassata d'un tono, come a trattenere la trasmissione mia possibile di calore a mani ferme, distanti tra loro e separate dal magnete più potente per sollevare (oh, Gesù) il desiderio.


giovedì 4 febbraio 2016

La satira viva

Non ho letto l'articolo di Scanzi perché non ho mai letto un libro di Sgarbi (nè i libri della Gruber), quindi mi limito pregiudizialmente a segnalare che la replica di Daniele Luttazzi è - almeno mi pare essere - di una potenza d'urto che liquefa l'interlocutore, il quale avrebbe fatto meglio ad aspettare la Sagra del Cocomero di Alberoro, per rispondere.
E invece ha risposto e si preso pure un'altra non replica in faccia.

Mi domando quale altro frutto di febbraio possa adempiere alla funzione di metterci la testa dentro.

mercoledì 3 febbraio 2016

Bisbigli privati

[*]

C'è stato un momento nella mia vita in cui ho pensato che la vita avesse un senso; poi me lo sono dimenticato e adesso non ci penso più. Però, a dire la verità, anche se ci pensassi, a fondo, a quando pensavo che la vita avesse un senso e ricostruissi per filo e per segno le coordinate teleologiche che mi indirizzavano ad esso, beh, non credo che potrei scovare un granché, in quanto anche quando pensavo in quella maniera, vivevo a caso, pressoché senza senso, anche se davo a credere, e ci credevo io stesso, che la vita ne avesse. 

Nondimeno, senso o non senso, la vita va vissuta. Come avrete notato non ho scritto «la vita è degna di essere vissuta» perché la dignità, riguardo alla vita, è un pleonasmo.

La vita è qualcosa che è insufflato a forza, come aria in una bolla di sapone: si sta sospesi in attesa dello scoppio (ho un notevole subbuglio intestinale che stimola raffinate similitudini).

In base al percorso fatto nel segmento di tempo sinora concesso, posso affermare che, al momento, non avrei suggerimenti, consigli, massime, rivelazioni, percezioni di aver colto chissà quale mistero riguardo a quello che riguarda tutti i viventi: vivere. Sono affascinato tuttavia dall'informazione cromosomica, dalla composizione cellulare e dall'interazione di queste con l'ambiente (cultura, storia, società, classe). Perché ne escono fuori storie da raccontare a bassa voce nel silenzioso frastuono intergalattico che ci circonda. Bisbigli privati che muovono il simpatico di alcuni viventi smaniosi di farsi raccontare storie sul senso della vita. In molti alla ricerca di qualcosa in cui credere. Altri semplicemente per ridere. 

Conto su questi ultimi.

lunedì 1 febbraio 2016

Il sonno demografico

Ilvo Diamanti, sociologo, politologo, paratattico, ha scritto un editoriale pubblicato oggi da Repubblica il cui argomento è demografia
Quanto scrive è in gran parte condivisibile, tranne l'epilogo, che riporto,

«Io che, a 63 anni compiuti, mi considero (almeno) anziano, senza rimpianti e, anzi, con una certa soddisfazione, per aver conquistato il "privilegio" di una maturità avanzata, mi devo rassegnare. Alla condanna di non invecchiare. O meglio (peggio...), di non diventare adulto. Una minaccia che, come hanno rammentato di recente Ezio Mauro (su Repubblica) e Gustavo Zagrebelsky (in un saggio pubblicato da Einaudi), incombe su di noi. In particolare, sugli italiani. Abitanti di un Paese che non c'è. In un tempo che non c'è. Per questo dovremmo fare appello alla demografia. Leggerne le indicazioni e gli ammonimenti. Ma per non estinguerci, per non finire ai margini, dovremmo davvero chiudere le frontiere. Verso Nord. Per impedire agli immigrati - come ai nostri giovani - di andarsene altrove. E di lasciarci "a casa nostra". Sempre più vecchi. Sempre più soli. Sempre più incazzati. Con gli altri. Ma, in realtà: con noi stessi»

Chi dovrebbe impedire agli immigrati e «ai nostri giovani di andarsene altrove» e «di lasciarci “a casa nostra” sempre più vecchi, sempre più soli, sempre più incazzati con gli altri ma, in realtà, con noi stessi»? [Non fila più liscia la frase senza tutti quei punti-sincope del cazzo?]
Diamanti non lo dice.
Certo, in precedenza egli ha rammentato che le cause del calo demografico e del travaso migrante (Italia paese di passaggio) sono legate alla crisi economica e relativa crisi del welfare. Ma quale sia la natura di tali crisi... niente, non è argomento misurabile con gli standard di valutazione politologici e sociologici che di cui Diamanti dispone.

Sicché la nota autobiografica finale e pure la chiamata di correo di Mauro e Zagrebelsky risultano piuttosto stucchevoli.
Cosa significa, infatti, «dovremo fare appello alla demografia»?  Un figliare di più? Un accogliere un maggior numero di immigrati? Per fare che? Perché vengano a pulire il culo a noi quando si diventerà dei vecchi incapaci di pulirselo da soli? Quale altro lavoro, o meglio: quale altro vivere si prospetterà nelle lande italiane?
Inoltre, per curiosità, visto che c'è il link, sono andato a leggere l'articolo di Mauro che recensisce il saggio di Zagrebelsky. Scrive l'ex direttore di Repubblica:

«Anche oggi la generazione dominante si comporta come fosse l'ultima, nell'egoismo del consumo illimitato delle risorse naturali e delle fonti energetiche e nel consumo distorto delle risorse genetiche manipolate, delle risorse finanziarie che scaricano l'indebitamento di oggi sui cittadini di domani [...] Oggi l'uso proprietario delle risorse naturali rovescia quell'intenzione: la Terra sembra appartenere ai viventi per sempre, nel senso che non si sentono responsabili davanti al futuro.»

Ullalà! Generazione dominante? Quanti sofismi. Quante maniere per buttarla in vacca e non pestare i piedi ai padroni del vapore. Infatti, se la colpa è della generazione e non della classe, allora la colpa è di tutti - e se la colpa è di tutti non è di nessuno. Colpa nostra! Colpa nostra! Colpa nostra una sega.
Per la verità, il problema non sta nel trovare i colpevoli, quanto nello scoprire le cause che determinano il «consumo illimitato delle risorse naturali e delle fonti energetiche» e il «consumo distorto delle risorse genetiche manipolate, delle risorse finanziarie che scaricano l'indebitamento di oggi sui cittadini di domani». E quali sono queste cause recondite? L'egoismo generazionale? Ma vaffanculo, va. 
Eppure sarebbe sufficiente cambiare qualche parolina e anche Mauro (e con lui Diamanti e fors'anche Zagrebelsky) potrebbe essere scambiato per un rivoluzionario. Vediamo:

«Oggi l'uso proprietario delle risorse naturali [e dei mezzi di produzione] rovescia quell'intenzione: la Terra sembra appartenere ai capitalisti per sempre, nel senso che non si sentono responsabili davanti al futuro» se non per aumentare il valore del loro capitale. 

Basterebbe poco per capire che la demografia è una questione secondaria.