lunedì 31 ottobre 2016

Prestare il fianco

Lei scoperse il fianco e lui – che era un fiancheggiatore – fece finta di non vederlo scoperto, guardò altrove cambiando discorso, tecnica retorica per la quale non era particolarmente portato, sarebbe stato meglio per lui restare zitto confidando nelle virtù taumaturgiche del silenzio.
Quando cambiava discorso, infatti, lo accusavano sempre di cambiare discorso e gli chiedevano perché lo faceva. Lui, tranquillo, rispondeva perché il discorso di prima stava prendendo una brutta piega... Non lo facevano neanche finire che gli rinfacciavano: «A che gioco stai giocando?».
Eppure non stava giocando alcuna partita, non si sentiva dentro ad alcun campionato, era lei che avrebbe voluto giocasse e dimostrasse a tutti che era un giocatore, così si sarebbe messa l'animo in pace perché avrebbe avuto una prova che lui, appunto, stava giocando, ossia mettendo in campo una strategia, una tattica per conseguire un risultato che una volta ottenuto avrebbe appeso come un trofeo per ricominciare daccapo.

Ma non era così – lei avrebbe voluto fosse così, ma non era. Lui avrebbe voluto dirglielo ancora una volta perché l'unica volta che glielo disse lei non gli aveva creduto. Le sembrava impossibile. Era stanco e lasciò perdere. Le fece credere in questa possibilità che si era inventata per darsi una giustificazione e lanciargli un'accusa. Un'accusa che la sua coscienza non temeva perché semplicemente non era vera. Si limitò a sorridere, per schernirsi e conferire un tono di leggerezza alla conversazione.

domenica 30 ottobre 2016

Preghiere

«Foslon Cassian, il priore americano del monastero di San Benedetto che nel 2000 raggiunse Norcia con l'idea di rimettere in piedi il monastero annesso alla chiesa crollata nel terremoto di stamattina, è il padre spirituale di Brunello Cucinelli, l'imprenditore perugino che nel 2012 ha quotato il suo gruppo a Piazza Affari. Stamani i ruoli si sono invertiti. Ed è toccato a Cucinelli confortare padre Cassian: “Sono afflitti. È comprensibile. Si sono salvati perché si erano trasferiti nel monastero fuori le mura. E continuano a ripetere che tutte le chiese sono distrutte”. Cucinelli, seppur rattristato, ricorda ancora il requiem di Mozart, inframezzato dai canti gregoriani, che per anni si è tenuto nella chiesa di San Benedetto all'inizio di luglio. “Suoneremo il requiem quando inaugureremo di nuovo la chiesa e il convento: sono affezionatissimo a questo luogo, e avevo aiutato i frati ad allargare le loro cellette, ristrutturare la cucina, imbiancare la sala da pranzo, creare una piccola fabbrica di birra. Glielo avevo promesso prima della quotazione in Borsa: pregate per me e se filerà tutto liscio finanzierò i lavori di ristrutturazione”, racconta sorridendo.» Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/m5Ro76

- Buonasera Dio
- Buonasera?
- È sera.
- Ah, già. Siete esseri viventi di un pianeta che gira su se stesso e, contemporaneamente, intorno a una stella. Dimmi, che vuoi?
- Se posso permettermi...
- Permettiti...
- ...Vorrei fare delle domande alle quali soltanto Tu, credo, potrai dare una risposta.
- Fai bene a usare il condizionale. Comunque dimmi.
- Ecco, vorrei sapere: i monaci benedettini hanno veramente pregato per la quotazione in Borsa della casa di moda fondata da Brunello Cucinelli?
- Sì.
- E se è filato tutto liscio è dovuto al fatto che Tu, o Altissimo...
- Altissima sarà tua sorella
- Insomma, l'ottimo esito della quotazione in borsa dell'impresa tessile di Cucinelli si è realizzato perché Tu hai soddisfatto le preghiere dei monaci?
- No.
- Nondimeno, sia i monaci che Cucinelli ti hanno lodato e ringraziato dell'aiuto.
- Sì, ma non dovevano, giacché io non ho fatto niente, io non c'entro.
- Nei giorni scorsi, i monaci hanno pregato perché non vi fossero nuove scosse di terremoto?
- Sì. Ma risparmiami la domanda successiva: io non ho fatto niente, io non c'entro, io non c'ero.
- Non era questa la domanda, ma la seguente: dato la terribile scossa di stamani, da stasera i frati pregheranno più Te o Cucinelli?
- Te lo dirò tra qualche mese.
- Buonanotte Dio.
- Buonanotte?
- È notte.
- Ah, già.

venerdì 28 ottobre 2016

Non fare niente

Non aveva fatto niente. Niente. Eppure. Eppure si sentiva colpevole lei stessa di qualcosa, non sapeva esattamente di che cosa, o forse lo sapeva, ma non osava confessarselo, confessarglielo, entrare nello specifico di un presentimento che forse condividevano, lui per manifestarlo come accusa, lei come scusa, anche se delle scuse lui non se ne sarebbe fatto niente, mentre delle accuse lei se ne faceva un cruccio, quello che aveva fatto, o meglio: quello che non aveva fatto, continuare ad amarlo, sarà per lui sempre una fonte di scorno, se per caso gli capitasse di scorgere nei suoi occhi un lucore che conosceva ma che non sarà dovuto al riflesso nei suoi occhi, non più, verso quelli di altri, forse, lo vedrà, lo intuirà, e la tristezza gli piomberà addosso come un cavalcavia. 
A lei dispiace, sì. E tanto. Non sa proprio in quale altro modo dirglielo, pur sapendo che non vale niente il dirlo e il crederlo da parte sua, perché questo non modificherà lo stato delle cose, non trasformerà la sua delusione in una soluzione condivisa.

Così ha deciso: farà il possibile per evitare di guardarlo negli occhi nelle non più frequenti occasioni in cui saranno costretti a incontrarsi. Cercherà di fingere una melanconia che non le appartiene, forzerà la piega delle labbra all'ingiù, come una madonna addolorata che non sa neanche più bene lei per quale motivo addolorarsi. Quanto sarebbe bello che trovasse lui per primo una donna, una compagna che a poco a poco albergasse nel suo cuore al posto suo. Non sa quanto concederebbe perché ciò accadesse. Non lo sa, e non osa neanche immaginarlo, probabilmente perché quello che vorrebbe per lui, accade adesso a lei, lo sente nei suoi pensieri che si confondono, nello sguardo perso al mattino mentre si lava il viso, quando sbadiglia e socchiude gli occhi e nella mente le si illumina un volto nuovo, dei nuovi lineamenti, una voce, una voce che l'accompagna nel silenzio della sera.

giovedì 27 ottobre 2016

Quando si inceppa il principio di realtà

Dopo il successo internazionale e la conquista di premi letterari importanti, da pochi giorni è uscito anche in Italia, per Adelphi, il romanzo La vegetariana, di Han Kang.

È la storia di una donna che decide prima di diventare vegetariana, poi vegana e, infine, di trasformarsi definitivamente in una pianta. Bella storia. L'avevo pensata anch'io, però a metamorfosi inversa. Dalla pianta all'uomo con l'ausilio di un intelligent design.

Dalla prevedibile storia melodrammatica di un finocchio dal pinzimonio al matrimonio civile, a quella teologico-politica di un carciofo alla giudia fulminato da un bengala russo sulla via di Damasco. Oppure ancora: dalla pannocchia transgenica che batte la Salaria, alla zucchina che lessata in un brodo di cialis resta ancora dura e vibrante.

È un mondo difficile per le piante. E tuttavia l'essere autotrofe garantisce loro una condizione esistenziale invidiabile rispetto a coloro che hanno da sbattersi i coglioni per la propria sussistenza, soprattutto per coloro i quali sono costretti a vendere - quando gli va bene perché c'è qualcuno che gliela compra - una parte consistente del proprio fare, del proprio essere.

«La via del fare è l'essere», diceva Lao-Tzu, se non ricordo male. Per una pianta vuol dire tutto e non vuol dire niente, soprattutto non significa una sega. Chissà se il finale del romanzo ne prevede una motore.

martedì 25 ottobre 2016

Nobel per la Pece

Ho letto questa notizia su Il Giornale. Io, dopo Putin, avrei aggiunto pure Assad.

Da un punto di vista strategico, non si può rimproverare all'America, e quindi al suo comandante in capo, di fare il gioco dell'America (e degli alleati più stretti dell'America; nello specifico della guerra in corso: Israele, Arabia Saudita, Qatar).

Quello che si può invece - e giustamente - rimproverare non tanto all'America ma al suo comandante in capo, è quello di non aver mai avuto cinque minuti di tempo, in sette anni, per telefonare a Oslo, al Comitato del Nobel della Pace e restituire il premio.

Perché da una persona intelligente, con una certa rettitudine morale, ci si aspetta di non essere presi per il culo. Perlomeno non fino all'ultimo, no.

lunedì 24 ottobre 2016

E divi

Uno dei pericoli maggiori che corrono i personaggi nazional-popolari in Italia è quello di lasciarsi fossilizzare da un'intervista di Cazzullo. È accaduto anche a Sorrentino, cazzi suoi.

Certo, uno non può essere scortese: se si presenta un importante inviato del Corsera, è difficile dire no. Ma, al contempo, non è necessario farsi mettere fango e sabbia addosso, da vivi. Si può essere sfuggenti, agili, evasivi, criptici. Saltare di palo in frasca. Evitare accuratamente il rimando al passato e, soprattutto, d'inciampare nella fogna del presente. Eccolo là, mani e piedi nella melma, a sentenziare sull'immobilismo degli italiani.

Tu sei immobile, come quelle cazzo di inquadrature immobili su volti che sono stereotipo puro, volti che non (mi) raccontano niente, volti che sono la cancellazione esatta del divenire. È evidente ti piaccia scimmiottare Parmenide; ne sia riprova il Papa giovane, opera patetica. Ho visto la prima puntata: mi ha annoiato più di una messa concelebrata.

E così apprezzi «la smodata determinazione» di Renzi «a cambiare l'atteggiamento rinunciatario di molti italiani. Disfattisti sino all'autoflagellazione»? 
Ti dirò due cose: meglio essere rinunciatari e autoflagellarsi le palle da soli che coi tuoi film; infine, più che quello rinunciatario (in fin dei conti innocuo), sarebbe preferibile cambiare altri atteggiamenti (assai nocivi) degli italiani: quello di essere guitti, furbi, scaltri. E vedi il titolo.

domenica 23 ottobre 2016

La solitudine

Ho letto un esteso articolo di Toni Negri che non sono riuscito del tutto a comprendere, anche per i richiami a certe correnti, tra cui l'operaismo, che conosco soltanto di striscio e rinterzo, quindi non posso fare una critica esauriente di quanto egli scrive, ma posso, se è permesso (è permesso?), dire in breve l'impressione che ho avuto, questa:

Negri non spiega per niente, sulla base della scienza marxiana, come funziona il sistema economico e produttivo capitalista e, di conseguenza,
Negri non fa neanche un accenno al fatto che restando dentro il sistema capitalistico nessuna rivoluzione è possibile.
Negri, infatti, parla – scusate la lunghezza della citazione, ma mi è necessario – di una fantomatica «ontologia della storia operaia».
«cioè di quell’essere costruito – sempre, continuamente – dall’uomo che opera, dal “lavoro vivo”, dalla soggettività moltitudinaria che componendosi, cooperando vive e produce. In questo quadro risalta l'ontologia marxiana dei rapporti di produzione: essa legge il mondo, riconoscendo in un’ontologia materialista e storica non solo le forme della sua produzione ma anche le leggi di un ordine stolto ed ingiusto che lo attraversano e di una divisione del lavoro, della ricchezza e della felicità che è frutto di subordinazione nel produrre e di gerarchia nell’esperienza/esercizio di potere. L’ontologia marxiana, dunque, è costituita e continuamente rinnovata dalla lotta di classe, dall’antagonismo materiale che distribuisce le consistenze dell’essere reale.»

Negri, mi par di capire, non mette in discussione il capitalismo in sé, ma il fatto che tale sistema è ordinato da leggi ingiuste e stolte che determinano una iniqua distribuzione delle «consistenze dell'essere reale».
Ergo, per Negri, la lotta di classe serve a invertire le gerarchie, non a porre le basi per un diverso sistema di produzione (e consumo). La ricchezza sarà sempre data dal produrre merci, dal venderle, dal fare profitti ma nel ripartirli in modo più giusto ed equo. Anche i futuri operai felici dovranno vedersela con il mercato.
Ecco perché, continua Negri,
«Dentro questi intrecci e questi scontri si costituisce un paesaggio sul quale si sviluppano produzioni di soggettività e figure di emancipazione, adeguate alle forze materiali che le esprimono. Come si potrebbe lottare per una vita migliore e per un ordine più giusto se non si tenessero i piedi dentro un essere materiale che è comprensivo della vita (così come è data) e della possibilità/capacità/forza di trasformarla? Antagonismo e lotta di classe agiscono dentro la materialità dell’essere, non sono potenze che si iscrivono su una superficie il cui fondamento è immobile: sono potenze e movimenti del “tutto che c’è“, e lo segnano su una superficie che è anche un fondamento dinamico – sono potenze espressive di moltitudini di desiderio.
In buona sostanza, le «moltitudini di desiderio» dovranno esprimersi all'interno di un essere sociale già dato che prevede turni di lavoro comprensivi di progettazione, produzione, vendita e consumo, tal quale a quanto accade adesso, soltanto a passare all'incasso non saranno i capitalisti, ma - appunto - «potenze e movimenti del “tutto che c'è”.»
«Senza questa immagine, machiavellica, spinozista, marxiana dell’ontologia non si comprende come si possa sviluppare lotta di classe. Nella coscienza di ogni militante della lotta di classe vive questa laica religione dell’essere, si esprime questo rispetto delle potenze materiali, s’incarna l’emancipazione. È allo sviluppo di una teleologia materialista che qui assistiamo – dove il telos è costruito dalle lotte.»
Rispetto per le potenze materiali? Che vuol dire? Rispetto del capitale variabile nei confronti del capitale costante? Caspita che emancipazione. Caspita che bella religione laica del cazzo che si riduce a un comunismo camuffato da «antagonismo materiale che distribuisce le consistenze dell’essere reale», in pratica un sociologismo marxista semplice semplice che pensa di togliere il grasso del capitale e distribuirlo alle masse per un bengodi diffuso.

Questo ho capito. Se non ho capito un cazzo, ditemelo.

Poi, vabbè, Negri parla anche di altro, sempre rimescolando il concetto di moltitudine (che a me non va troppo a genio perché mi piacciono le poppe della Pausini).

giovedì 20 ottobre 2016

Secondo il sesso

Stamani ho visto due persone dello stesso sesso salire su un autobus. Lì per lì volevo protestare ma non me la sono sentita anche perché ero dello stesso sesso pure io e poi avrei fatto tardi al lavoro.
Faceva caldo dentro quell'autobus, e l'autista se ne stava beato in maniche di camicia mentre noi persone dello stesso sesso eravamo tutte ingiubbottate per evitare di beccarsi i primi raffreddamenti stagionali. Una persona dello stesso sesso, adulta, si è messa a protestare per il troppo caldo dentro l'autobus e l'autista si è limitato ad alzare le spalle e a mettersi un auricolare all'orecchio sinistro. La persona dello stesso sesso si è infuriata e ha iniziato a bestemmiare un dio dello stesso nostro sesso, dicendo che era un maiale, un cane, un boia, un ladro, e i passeggeri dello stesso sesso, che involontariamente ascoltavano tutti quegli epiteti, non potevano obiettare granché, anche perché è difficile aprire un contenzioso teologico dentro un mezzo pubblico stipato di gente dello stesso sesso.

Una signora dello stesso sesso, bella alta e dai polpacci muscolosi, le cui orecchie erano a un palmo dalle bestemmie, sbilanciata da una brusca accelerata dell'autista, ha piantato il tacco destro sull'alluce sinistro del bestemmiatore accaldato. Questi, senza indugio, ha rincarato la dose tirando in ballo anche la madre del figlio del dio da lui prima menzionato, apostrofandola di ingiurie e calunnie. Per fortuna la fermata della stazione, meta principale dei più, ha dato modo a molte persone dello stesso sesso di disperdersi, di dimenticare, per buona parte del giorno, di averne uno. Tranne nelle pause, per andare in bagno, a prendere ognuno contatto con la propria natura.

Una P di troppo


Abbiate ppazienza.

mercoledì 19 ottobre 2016

Corso accelerato di Storia Contemporanea



«Un paio di cose però sono sicure. Nel giugno 2011 gli Emirati, a nome dei Paesi del Golfo, offrono ad Assad aiuti equivalenti a tre volte il bilancio statale annuale di Damasco (allora 50 miliardi di dollari, quindi in totale 150 miliardi) per rompere l'alleanza politica, militare ed economica con Teheran. In cambio, oltre ai soldi, gli arabi del Golfo promettevano che sarebbe finita la rivolta cominciata a Daraa in marzo e che si era propagata a Damasco e Hama.
Il rifiuto di Assad è seguito da un segnale americano inequivocabile. Il 6 luglio 2011 l'ambasciatore Usa a Damasco Ford si reca da Hama e viene filmato mentre saluta calorosamente i ribelli anti-Assad. Mai si era visto un ambasciatore americano fare un gesto simile in un Paese ostile e soprattutto del Medio Oriente: i ribelli di Hama erano diventati la sua vera scorta. Il giorno dopo arriva in città anche l'ambasciatore francese. 
È cosi che la legittima protesta popolare contro un regime autocratico e brutale si è trasformata in una guerra per procura con la partecipazione attiva della Turchia, il beneplacito dell'allora segretario di Stato Usa Hillary Clinton e i finanziamenti dei sauditi e del Qatar.»

Un grande Alberto Negri

Che sagoma


Su Roberto, raccontagli di quella volta che gli americani liberarono Auschwitz.

martedì 18 ottobre 2016

Variazioni Lindenberger

Quando me la sono vista passare accanto col carrello della spesa ancora semi vuoto, ho avuto un sobbalzo: non era lei. Le assomigliava, ma non era, e io ho tirato un sospiro di sollievo per fortuna colpendo una confezione di stracchino. Dio però come le assomigliava. I capelli erano dello stesso colore, lo stesso taglio degli occhi, medesime l'inclinazione del naso e l'incerta definizione delle labbra. Quelle labbra così sottili che, quando si aprivano per un sorriso, davano la sensazione di un sipario che metteva in scena lo splendore dei suoi denti. Ma lei, che non era lei, non ha sorriso, infatti, le labbra sono rimaste sigillate, chiuse come da un piombino di un pacchetto di burro, di quelli che per aprirli senza strappare il foglio malamente, ci vuole un cacciavite. Di più: lei non mi ha degnato – e giustamente – di uno sguardo, mica poteva immaginare che io avevo pensato per un attimo che lei fosse lei e non lei stessa. Chissà se in tutti questi anni lei è diventata come lei si presenta qui e ora affacciata davanti al reparto latticini. Non credo. Altrimenti sarebbe lei a essere qui e non un'altra che potrebbe essere ma non è. È lei in potenza, ma, ahimè, io non sono la sua radice quadrata.

lunedì 17 ottobre 2016

Appunti usuranti

A lavoro usurante corrisponde un lavoratore usurato.
Quali parametri usare per stabilire con correttezza quali lavori sono usuranti e quali no?

È indubbio che alcuni tipi di lavoro siano più usuranti di altri. Sia in termini di consumo mentale che fisico.

Ma siamo proprio sicuri che qualche lavoro sia escluso dal concetto di usura?

Mettiamola in questi termini: quante persone lavorerebbero se potessero vivere senza lavorare, ossia senza vendere sul mercato del lavoro la propria forza, la propria capacità lavorativa?

Chi è che lavora per divertimento, per passare il tempo, per gratificare la propria condizione esistenziale?

Quante mani alzate vedete laggiù?

Riassumiamo: la maggioranza delle persone nasce in una condizione in cui, a un certo punto della vita, o vende la sua forza lavoro o si barcamena con mille espedienti, tipo dormire nelle stazioni, mangiare alla croce rossa, farsi il bagno nei bagni pubblici e cambiarsi i vestiti una tantum perché hai le mutande incrostate.

Io ho conosciuto alcuni di questi tipi umani e mi ci ero anche affezionato, tranne alla puzza.

Non lavoravano. A uno, al compiere dei 65 anni, perché aveva comunque fatto una ventina d'anni di lavoro, gli dettero la minima (prima campava con le mance dei preti). Se la fotteva in tre giorni di albergo per dormire e mangiare e poi punto a capo.

Non faceva lavori usuranti, no: ma era usurato fin nel midollo.

Io alle facce di cazzo sindacali con le trippe da cintura sbottonata dopo mangiato gli strofinerei le palle in terra così per fargli capire da dove vengono e dove vanno le usure.

Tra parentesi: io sono cattivo, ecco, almeno ci provo.

Per non parlare delle facce di cazzo di governative.

Vox populi, che è vox dei, dice non ci sono più soldi. Benissimo. Vedete perché sono cattivo? Perché non ci credo. I cattivi non credono a un cazzo e se incontrano un dio gli chiedono di aiutarli a discredere, a screditare il credo.

Il lavoro usurante dei giovani mortificati dai voucher e dal merdoso job act li mette naturalmente contro gli adulti a un passo dalla pensione perché vulgata vuole che la giustizia di ora provocherebbe ulteriore ingiustizia per chi la pensione – in previsione – proprio non l'avrà.

Guerriglie tra poveri morti di fame. Neanche i primi della classe, gli stronzetti che pontificano alla radio, se ne avvedono. E mettono contro partite iva e dipendenti, privato e pubblico, mai nessuno che infili un dito nell'occhio o nel buco del culo giusto.

Schermaglie volgari, giustappunto.

Io volevo dire stasera che tutto il lavoro erode (da Erode, gran figlio di puttana che eppure poteva non esserlo) e usura.

Solo coloro che sanno sfruttare, erodere, usurare al meglio il lavoro altrui (un lavoraccio anche questo, nevvero) vivono senz'attrito, in sospensione, perché evitano la vita che non desiderano.

Chi lavora non desidera lavorare, è costretto a lavorare. Farsi piacere il lavoro è una costrizione. Dice qualcuno che non sarebbe nessuno se non avesse il lavoro. O bravo bischero. Ma tu sei nato con il lavoro appiccicato addosso come i coglioni?

Articolo Uno: l'Italia è una repubblica fondata sui.

domenica 16 ottobre 2016

Ottava salvaguardia

«La classe possidente e la classe non possidente[*] rappresentano la stessa alienazione umana, ma la prima si sente a suo agio e confermata in questa auto-alienazione, sa che l'alienazione è la sua propria potenza che gli fornisce l'illusione di un'esistenza umana. La seconda si sente annichilita nell'alienazione, vede in essa la sua propria impotenza e la realtà di un'esistenza disumana».

K.Marx, F. Engels, La Sacra Famiglia o Critica della critica critica, 1845

In una situazione di crisi in cui, per dirla gramscianamente, «il vecchio sta morendo ma il nuovo non può ancora nascere», una delle migliori garanzie del vecchio (sistema di rapporti di classe) di continuare a esercitare «la sua propria potenza» è data dal fatto che la classe degli annichiliti - come ripete sovente Olympe de Gouges citando Marx - «per educazione, tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze del [...] modo di produzione» capitalistico.
Insomma: «Se siete schiavi è colpa vostra, naturalmente», dicono i padroni e gli schiavi stessi annuiscono. «Se hai più di cinquant'anni e sei disoccupato con più di trent'anni di lavoro alle spalle, che cazzo vuoi di più se non farti prendere per il culo da governo e sindacati? Su, fai il bravo: intanto vai a votare Sì al referendum come ordina la segreteria di partito, vedrai come dopo ti sistemiamo la vecchiaia a bordo di un'Ape».

[*]
Proletariato e affini, comunque tutti coloro che per sopravvivere non hanno altro mezzo che vendere la propria forza lavoro  o fare l'elemosina.

sabato 15 ottobre 2016

Foglie stupide

Ci sono sabato mattina d'autunno in cui si ha l'impressione di poter partire per un viaggio imprevisto, in una parte di mondo ignota, dove comunque si ripetono le stagioni, dove esistono quotidianità simili alla propria ma allo stesso tempo sconosciute, ritmi esistenziali che hanno le stesse probabilità di contenere la medesima quota di senso per cui vale la pena vivere – accontentarsi, per esempio, del disciogliersi dell'amido cotto di una castagna in bocca – oppure no, parimenti non averla, verificarne di colpo l'insensatezza, non riuscire a fingere o farsi bastare un frutto di stagione, disprezzare tutto e chiudersi dentro una sopravvivenza contrita, disperata, a tratti violenta, prigioniera dell'insoddisfazione.

Avanzando passi sopra un marciapiede di cemento eroso, lambito dalla luce diagonale di un sole stanco, Lucas osservò di lato un signore che scendendo dall'auto, dopo un'egregia scatarrata, sputò sull'asfalto i suoi umori, evitando poi accuratamente di pestarli nel chiudere lo sportello.
Speriamo tu li possa pestare dopo, mentre risali in macchina, incollandoli dipoi sui pedali dell'acceleratore o del freno.
Lucas non si lasciava spesso tentare dalle maledizioni; sapeva che erano utili soltanto alla propria coscienza, senza avere in alcun modo il potere di modificare il corso delle cose. Maledire, per lui, equivaleva soprattutto a un dire male e quindi a essere un maledicente. Ma in questo caso non era bello l'immagine del contrappasso?

La repentina mutazione autunnale delle foglie rende osservatori partecipi dello scorrere del tempo. Potessimo avanzare di pari passo, senza discrasie, verso una siffatta spoliazione programmata, posare sul terreno tutta la costruzione di pensiero stagionale che copre l'essenzialità del dire, lasciare ignude quelle tre o quattro cose di noi che forse luccicano e ci rendono riconoscibili, come quegli infiniti puntini bianchi nel cielo, ognuno col suo proprio nome, a sparare luce a cazzo nell'universo senza scopo.
Mi meraviglio che l'intelligenza abbia preso questa piega, pensò Lucas durante uno sbadiglio post prandiale.
Perché quando penso fitto fitto mi viene sempre sonno? I miei neuroni hanno il fiato corto?

Una foglia di fico cadde di lato a un lombrico accartocciato.

giovedì 13 ottobre 2016

mercoledì 12 ottobre 2016

Chimica redazionale

Tramite Cinquantamila, sito che offre in lettura un'ampia selezione di articoli dei quotidiani - selezione curata da Giorgio Dell'Arti (non si sa bene perché lui possa rendere disponibile a gratis quel che gratis non è, ma dato ch'egli appartiene all'ordine è probabile che tra cani non si mordano, boh) - ho letto una cronaca su un'inchiesta fatta da un giornale francese, Le Canard Enchaîne, su quanta chimica è presente nei vini francesi.
Tanta. 
Se vi interessa sapere quanta e quale, leggete qui.

Tuttavia non è di questo tema che voglio parlare, ma di come il giornalista chiude il suo articolo
«Ovviamente «cet auxiliaire chimique ne laisse aucun résidu dans le vin», insomma non c’è pericolo di avvelenarsi con un bicchiere di vino, ironizza il Canard Enchaîné. Che, però, non può esimersi dal ricordare che il vigneto è la coltivazione agricola in cui si utilizzano più pesticidi, almeno il 20% del consumo totale, e che non c’è nessuna norma, nessun disciplinare che obblighi a verificare le conseguenze di quest’uso massiccio di sostanze chimiche sul prodotto finale, cioè nel vino. In Italia, che ha 403 Dop, il discorso non è tanto diverso. Solo che da noi non c’è un Canard Enchaîne che lo scrive.»
Tale finale non descrive con spietata esattezza qual è lo stato dell'arte nelle redazioni dei giornali italiani? Il giornalista non sta lanciando un S.O.S. dal naufragio in cui versa il quarto potere nostrano tutto perso in cazzate e distintivi? È chiaro, infatti, che il giornalista, prima di scrivere l'articolo, abbia pensato: «Cazzo che bomba: invece di star qui tutto il giorno a scribacchiare su notizie redazionali, posso moi-même fare un'inchiesta su come si produce il vino in Italia, se cioè anche i nostri campioni Dop siano “dopati” di chimica tanto quanto i vini francesi. Evviva, adesso vado dal direttore e gli propongo subito di fare questa inchiesta...» dopodiché sia tornato amareggiato davanti al computer a scrivere platealmente «solo che da noi non c'è un Canard Enchaîne che lo scrive».

O forse no? Forse ha scritto tale frase in automatico, senza neanche porsi il problema di poter scrivere una vera inchiesta, tanto chi se ne frega, mi pagano uguale, i contribuiti me li versano, il tesserino ce l'ho così entro gratis alle partite e alla Citröen mi offrono una macchina con lo sconto, come faceva una volta e forse fa ancora la Volkswagen coi preti, tanto siamo in Italia, tutto fa brodo, anche quello schifo di vino pieno di chimica[*].


N.B.
[*] Attenzione: per amor della chimica non sono contro la chimica. Sulle posizioni alimentari la penso molte volte alla stessa maniera di Bressanini.

martedì 11 ottobre 2016

Difendersi dai sogni

Un tal Lucas si svegliò una mattina d'ottobre solfeggiando un mottetto montaliano, modificandone tuttavia parole e trama.
Lei ancora una volta era ritornata di notte a tormentarlo (anche se in quei frangenti tutto sembrava fuorché un tormento), a fargli credere, con il suo sorriso obliquo, che lei e lui avrebbero potuto appartarsi dietro quella porta, entrare poi in quella camera e prendersi in bocca avidamente con la stessa voglia, lo stesso appetito di ventenni che sfidavano laringiti acute e voci che si facevano via via più cupe – con lei che se ne restava incantata ad ascoltarlo crogiolandosi dentro qualche minima velleità edipica.
Lei era ancora una volta ritornata, come sempre a dargli l'illusione che fosse in cima ai suoi pensieri, tanto quanto l'orina che costrinse Lucas a scegliere se alzarsi e andare in bagno oppure se a resistere e dar corso al proseguimento posticcio del sogno, diventando regista di un film che non sarebbe mai stato proiettato.

Lucas iniziò il solfeggio:
Recidi, forbice, quel volto
solo nella memoria che si affolla.
Fa’ pure del grande suo viso che non ascolta
la mia nebbia di sempre.

Un freddo cala... Duro il cazzo svetta?
È solo l'orina. Dopo lo scrolla
non più la tua cicala
ma la prima pugnetta di Novembre.

Dispiaceri

Sono sinceramente rammaricato di non riuscire a capire per quale ragione l'Accademia Svedese abbia dato il Nobel per l'economia al duo Oliver H. e Bengt H.

Ho letto in qua (HufPost)
Il Nobel è stato assegnato per la teoria dei contratti sviluppata dai due studiosi [...] I loro studi hanno tracciato una cornice complessiva per l'analisi di diversi aspetti nella scrittura dei contratti, ad esempio nel caso delle retribuzioni basate sulle performance degli alti dirigenti. Negli ultimi anni Hart e Holmstroem hanno anche approfondito molte applicazioni della loro 'teoria dei contratti', in particolare l'analisi degli accordi contrattuali ottimali pone le basi per definire le politiche in diverse aree, a partire dalla legislazione che disciplina i fallimenti fino all'impianto complessivo delle costituzioni degli Stati.
e in là (LaStampa)
I loro studi hanno tracciato una cornice complessiva per l’analisi di diversi aspetti nella scrittura dei contratti, ad esempio nel caso delle retribuzioni basate sulle performance degli alti dirigenti. Negli ultimi anni Hart e Holmstrom hanno anche approfondito molte applicazioni della loro `”teoria dei contratti”, in particolare l’analisi degli accordi contrattuali ottimali pone le basi per definire le politiche in diverse aree, a partire dalla legislazione che disciplina i fallimenti fino all’impianto complessivo delle costituzioni degli Stati. 
e così facendo, grazie al doppio copia incolla d'agenzia, posso soltanto indovinare almeno uno dei motivi per cui i due economisti hanno ricevuto il premio.
Infatti, se essi «hanno approfondito molte applicazioni della loro "teoria dei contratti", in particolare l'analisi degli accordi contrattuali ottimali pone le basi per definire le politiche in diverse aree, a partire dalla legislazione che disciplina i fallimenti fino all'impianto complessivo delle costituzioni degli Stati», non sarà mica che hanno contribuito, seppure in maniera indiretta, a suggerire l'«impianto complessivo» della riforma costituzionale promossa dal governo Renzi?

Lasciamo perdere.

A mio parere, molto più meritevoli del premio sarebbero stati coloro che hanno previsto le eccezioni agli stress test della BCE.



domenica 9 ottobre 2016

Il conto corrente del Bambino Gesù

"Nel mirino, in particolare, sono finite le movimentazioni di soldi pubblici erogati all'Ospedale Bambino Gesù. Gli investigatori hanno individuato il conto corrente nr. 400234314 acceso alla Banca Unicredit, in cui sono risultate accreditate, «con ordinante ministero dell'Economia e delle Finanze, ministero della Salute e Regione Lazio, fondi di elevato importo erogati alla struttura in qualità di Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) nonché rinveniente dalle procedure attuative della Legge 187/95 relativamente alle prestazioni erogate a favore assistiti del Servizio Sanitario Nazionale, in virtù del richiamato Accordo tra il Governo italiano e la Santa Sede ratificato con la L. 187 del 19 maggio 2012». Stando ai documenti investigativi «l'analisi della predetta documentazione ha consentito di evidenziare come parte dei fondi che vengono accreditati sul conto corrente acceso a favore dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù vengano poi girati dalla struttura, con disposizione di bonifici e/o giroconti, in parte a favore dell'Apsa» con l'obiettivo di compiere presunti investimenti finanziari."

Questa notizia - che probabilmente lascia immutati gli indici di gradimento degli italiani nei confronti della Santa Sede e dell'attuale Pontefice, il quale più volte ha lanciato accuse contro «questa economia [che] uccide» -, più che scandalizzarmi, mi pone questo dubbio: se a fronte di determinate «prestazioni erogate a favore assistiti del Servizio Sanitario Nazionale» lo Stato italiano deve rimborsare l'Ospedale Bambino Gesù è perché, sicuramente, la struttura sanitaria della Santa Sede ha offerto prestazioni sanitarie che hanno avuto un certo costo. Concediamo pure che l'ammontare di spesa delle prestazioni sanitarie offerte sia inferiore al rimborso erogato dallo Stato, che insomma il Bambino Gesù ci voglia pure guadagnare. Ma quanto per Dio?
Qui sembra che dei 91 milioni che lo Stato accredita nel conto corrente del Bambino Gesù, nessun euro sia destinato per ripagare le spese dei ricoveri, delle cure, degli stipendi dei medici e degli infermieri. Come cazzo fanno? Acqua di Lourdes? 
Misteri della fede.

Vacca scatenata

La misoginia è un male terribile, ma ancor più spaventosa è la misantropia tout court.

Tra colui che disse che alle donne può fare quel che vuole perché - dati i suoi soldi - le donne gli concedono quel che vuole, e colei che, per favorire certi gruppi di potere, si stracciò le vesti affinché Obama desse il via libera ai bombardamenti libici (insieme a quegli stronzi di Cameron e Sarkozy) perché Gheddafi morisse e imperasse - com'era prevedibile - il caos, sinceramente chi si merita di più un pugno in faccia?¹

²
¹ E vabbè, le donne non si picchiano neanche con un fiore. Con un fiorone?
² Non sono un animalista, ma credo che sia altamente scorretto offendere qualcuno paragonandolo a un animale. Lo so che è un uso invalso, ma proviamo a invalidarlo. Sei un cane, una capra, un maiale o un porco, una serpe, un verme, una gallina, un pidocchio, una topa, un tordo, un allocco... basta. Dire semplicemente: «Uomo, ti prenderei a pugni in faccia» è difficile perché si corre il rischio di picchiare se stessi?

sabato 8 ottobre 2016

Piangere se stessi

via
Sto male. Non riesco più ad aggiornare né ad annottare queste pagine come vorrei, o meglio: non so neanche se alla volontà corrisponda il vero. Mi sento prevedibile, mi sembra che ogni post dia l'impressione di una pagina già letta, come se questi pensieri buttati là nel mucchio non abbiano alcuna speranza non tanto di luccicare (dottore!), quanto di concimare non so bene quale cultura.
In breve: non penso di avere nulla da aggiungere; però non rinuncio ad aggiungere. 
Mi prendo qualche libertà, un giorno o due di permesso, senza rendere conto ad alcun datore di lavoro (casomai al latore di stocazzo), però mi rendo conto che se non aggiungo mi privo di un esercizio, di una ginnastica paradossale, di una fatica che non ha mai avuto - si badi bene - alcuna esigenza di essere ripagata da qualcos'altro se non dalla soddisfazione mia personalissima di aver suggerito qualcosa che, anche se non necessariamente mio, gratifica la mia intelligenza (ambulanza!).

Dei tre che mi leggono, due sono il pubblico (amici e passanti), l'altro sono io.

Per ora la mia faccia si riflette bene in questo specchio (fatemi una flebo).

giovedì 6 ottobre 2016

Unghie

Non so quante donne mi amano. Le ho contate: mi sono scheggiato un'unghia.
Mi sono colpito per schiacciare con un sasso una nocciola.
La nocciola però era buona, fresca, croccante al punto giusto per miei molari otturati. Per un momento mi sono immedesimato nei nostri antenati, gli homo la cui evoluzione aveva programmato denti appositi per la masticazione della frutta secca.
Poi ho guardato allo specchio la mia faccia triangolare e ho pensato a Proust.
Così ho masticato lentamente la nocciola sì da estrarne gli oli essenziali per far del bolo una piccola, non meno nobile madeleine.

Ora che ricordo - non avevo ancora la patente -, un sabato sera di autunno, una ragazza mi diede la stessa impressione deglutendo un po' di saliva di un bacio che durò più d'una mezz'ora, seduti in una poltrona riparata d'una discoteca di provincia. «Sai di nocciola» le dissi, credendo di farle un complimento. Lei invece, caustica, mi rispose che aveva soltanto fumato roba nera appiccicosa. «Sarà l'averla miscelata con la birra che ho prima bevuto», le dissi, per darmi un tono adulto. «Può darsi», ribatté dubbiosa e proseguì: «A proposito di birra: perché non vai a prendermene una?».

Quando ritornai c'era solo la poltrona e un assonnato amico che mi implorava di tornare a casa, era tardi, dovevamo fare l'autostop. 
Nel farlo alle rare macchine che passavano, mi accorsi che l'unghia del pollice era scheggiata.

mercoledì 5 ottobre 2016

Allegria

Il Sol dell'Avvenire


«Il mondo affonda in un mare di debito. A livello globale, il debito dei governi, delle famiglie e delle imprese ha toccato il livello record di 1.520 miliardi di dollari, oltre due volte e mezzo le dimensioni dell'economia mondiale, secondo un calcolo diffuso dal Fondo monetario nel suo Fiscal Monitor. "Il debito globale è ai massimi e sta crescendo", ha detto il direttore del dipartimento fiscale dell'Fmi, Vitor Gaspar. Per due terzi circa si tratta di debito del settore privato, che secondo il Fondo rappresenta un importante ostacolo alla ripresa mondiale e un rischio alla stabilità finanziaria.»

Ci sono vari modi per dimostrare la propria disonestà. Uno dei più rimarchevoli è quello di non spiegare le cose per bene, volutamente. Oh, non che mi aspettassi dal Sole 24 Ore la conferma della crisi irreversibile del capitalismo. Ma neanche credevo che tacessero per davvero come si compone il debito del mondo - il 225% del Pil globale! Stante così le cose come sono scritte, si sostiene che un terzo è dovuto al debito pubblico (e sia),  mentre due terzi al debito privato delle famiglie e delle imprese, senza bastardamente precisare come tali due terzi siano effettivamente ripartiti. Un terzo alle imprese e l'altro alle famiglie? Ma quando mai le famiglie del mondo intero avrebbero potuto così allegramente indebitarsi? E chi le avrebbe così tanto abbondantemente indebitate? Gli strozzini?
- Si chiamano banche, le quali, da un punto di vista del diritto societario, sono a tutti gli effetti delle imprese.
- E chi glieli dà i soldi (a interessi zero) alle banche per indebitar se stesse, le famiglie e le imprese?
- Il Santo Alleggerimento Quantitativo.
- Sempre sia lodato, amen.

La figlia di Ugo



Sono fragile: mi mantengo alto, distante dalle polemiche del giorno così frantumatici di parti nobili del corpo.
Come i rabdomanti, seguendo le vibrazioni di una bacchetta forcuta, individuano talvolta la presenza di acque sotterranee, io, usando un altro tipo di bacchetta non forcuta, ravviso (probabilmente a torto) la profondità troppo profonda di certe narrazioni, e per ciò stesso me ne tengo debitamente alla larga, in virtù (o in vizio) della summenzionata fragilità e, altresì, della mia innata predisposizione a stare in superficie.


martedì 4 ottobre 2016

La distruzione del Mocambo



Considerato che, fino a prova contraria, dell'insegnamento di economia, sinora, se ne sono occupati gli economisti, chi al posto loro dovrebbe essere chiamato in cattedra per insegnare l'economia della crisi?
Un esodato? Un cassintegrato? Un disoccupato? Un precario? Un pensionato? Un percettore di voucher? O, piuttosto, un curatore fallimentare?

«...e siam rimasti lì, chiusi in noi, sempre di più...»

lunedì 3 ottobre 2016

Astronomia elementare

La luce del Sole impiega circa otto minuti prima di raggiungere la Terra.
Alla luce di Sirio occorrono circa 8,6 anni.
Il buio in Siria, invece, persiste da più di quattro anni.
Accendiamo una luce.

«Alcune scuole di Aleppo est [...] hanno riaperto nelle ultime 48 ore ma "con enormi difficoltà logistiche e di sicurezza". Lo affermano sui social network alcuni gruppi di insegnanti e presidi di Aleppo est, la zona assediata dalle forze governative perché controllata da insorti. Nei quartieri orientali della città contesa sopravvivono, secondo l'Onu, circa 300mila persone tra cui circa 25mila miliziani. Ci sono circa 100mila minori e la maggior parte di loro non partecipano da tre anni a regolari anni scolastici.» Ansia

Effelunga

E Caprotti, Caprotti qui, Caprotti là, Milano dà l'addio a Caprotti, quanto è stato bravo Caprotti, che genio, che datore di lavoro, che formidabile recettore di grandi quote di reddito destinato alla sussistenza.

Chapeau Caprotti, una prece.

E tuttavia: pur comprendendo e approvando per certi versi quanto da lui esposto in Falce e carrello, se egli fosse morto da presidente di una cooperativa, non si sarebbe aperto alcun rebus sulla successione. 
Fottuti miliardi guadagnati succhiando plusvalore... E sia: fanculo Caprotti, foss'anche ti fossi guadagnato il regno dei cieli.

domenica 2 ottobre 2016

Brodo per conigli

[pag. 32]
«L'Italia offre un livello di retribuzione competitivo, che cresce meno che nel resto d'Europa, e una forza lavoro altamente qualificata. Un ingegnere in Italia guadagna in media un salario di 38.500 euro, quando in altri paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800» Linkiesta

È innegabile che al Ministero dello Sviluppo Economico, fors'anche memori della figuraccia rimediata dal Ministero della Salute, abbiano saputo scegliere dei pubblicitari di gran lunga più abili nel veicolare un messaggio che - data la mia particolare sensibilità al tema - reputo molto più subdolo e vergognoso del tentativo (fallimentare) della Lorenzin di promuovere la fertilità.

Qui ci si occupa del capitale umano adulto, già formato e pronto a entrare con sommo gaudio nel mercato del lavoro. 
Qui non si invitano persone a usare gli apparati genitali per svolgere funzioni procreative.
Qui si invitano aziende straniere a sfruttare la workforce italiana perché costa meno che altrove.

Vero Scalfarotto? 
[pag. 3]


Vai tranquillo: nella gara delle facce a culo, tra te e la Lorenzin non c'è partita.


sabato 1 ottobre 2016

La sostanza della politica

Durante il confronto tra Renzi e Zagrebelsky, c'è stato un momento in cui l'autorevole costituzionalista, dopo aver ricordato la nota similitudine che le costituzioni sarebbero come i vestiti (sintetizzo: per quanto belle e fatte su misura esse siano, se a indossarle sarà un corpo sociale deforme, anche «i vestiti prenderanno una forma deforme», vale a dire non si noterà lo splendore dell'abito, ma si denuncerà la ridicola miseria di chi lo indossa), e dopo aver chiesto al presidente del consiglio se, a tal riguardo, lui preferisce la forma o la sostanza (e Renzi ha risposto che preferisce la sostanza, ma poi, prendendo la palla al balzo, ha cercato di divagare iniziando un discorso con: «L'Italia è un paese meraviglioso». Al che Zagrebelsky l'ha guardato e gli ha detto «Ma che c'entra, non divaghiamo»), il professore ha dichiarato quanto segue:
«Io sostengo che una vera riforma della costituzione, intesa non soltanto come foglio di carta, ma della nostra vita costituzionale deve partire, deve procedere da una riforma della sostanza delle forze politiche, delle forze di governo, delle forze di opposizione, dalla capacità di chi governa» 
In precedenza, per evidenziare una delle maggiori pecche dell'attuale proposta di riforma, Zagrebelsky ha rilevato che essa non è una riforma condivisa, ma che si innesta in una profonda divisione delle forze politiche. La ricerca della stabilità “forzata” dalle regole è frutto di una «illusione di chi si sente debole e vuole delle regole che lo rendano forte».

Alla replica di Renzi che, invece, la stabilità di governo è un bene ripensando ai 63 governi in 70 anni di storia politica repubblicana, Zagrebelsky replica che il susseguirsi improprio dei governi a guida democristiana, era caratterizzato tuttavia da una indubbia continuità della politica della DC, partito che riusciva - coi suoi limiti enormi - a tenere comunque unite le varie anime del Paese - cosa che non riesce affatto all'attuale presidente del consiglio.

Ma ora basta riassumere, vengo al punto, pardon: alla sostanza.
Che cosa si intende realmente con «sostanza politica»? La capacità delle forze politiche, in particolare quelle di governo, di esercitare le funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione (formula del giuramento dei ministri).

Fino a che punto oggi tale esercizio è possibile? 

Premesso che l'interesse esclusivo della Nazione è sempre stato un pio desiderio, in quanto si sono privilegiati, fin dal principio, interessi particolari e non generali, c'è da considerare che quando c'era più trippa per gatti, qualche avanzo c'era persino per i sorci. Dato che ogni tipo di esercizio deve essere finanziato e che l'unico sistema per ottenere finanziamenti costanti per uno stato come l'Italia sono le tasse (di ogni genere); considerato inoltre che l'imposizione fiscale è rivolta al capitale (buona questa), al lavoro e al consumo, i quali fanno capo ad un unico modus operandi: il sistema economico e produttivo capitalista. E dato che, oggettivamente, tale sistema è in crisi, una inesorabile crisi di valorizzazione, allora - finalmente ci sono arrivato - la sostanza della politica è talmente aleatoria e inconsistente che sono soltanto i palloni gonfiati a dar l'impressione di incarnarla e di poterla esercitare.

La vera sostanza della politica oggi dovrebbe essere la constatazione che dentro questo sistema economico e produttivo, dentro un'organizzazione della vita sociale che è di fatto schiava del lavoro salariato e della produzione fine a se stessa, non ci sono più i margini per una politica che abbia realmente a cuore l'interesse generale del Paese. Più che attardarsi al tavolo delle riforme, la sostanza della politica reclama di imbandire la mensa della rivoluzione.